Mirca lasciò che lo scroscio della doccia la colpisse in pieno: il volto rigato di lacrime, i capelli umidi e appiccicosi di sudore, il collo, le spalle… si sedette per terra, quasi si raggomitolò, tirando le ginocchia al petto e abbracciandole, con il getto dell’acqua bollente che le accarezzava i capelli e la schiena, la fronte sulle ginocchia sussultava ad ogni singhiozzo.
Più cercava di scacciare il pensiero, più questo s’intrufolava subdolo nella sua mente; le immagini di quello che aveva appena passato si susseguivano libere ed insistenti nella sua testa, come tanti flash accecanti.
Rivide l’uomo accanto a sé, come se si fosse materializzato all’improvviso nel suo appartamento. Come aveva fatto ad entrare? Cosa voleva? Un ladro, un topo d’appartamento… con una tuta attillata nera e un passamontagna, chi si credeva di essere… Diabolik? Non sembrava avere neppure un’arma, solo un borsone nero. “Dammi i soldi”. Il tono di voce era duro e perentorio, gli occhi di ghiaccio. Era più alto di lei di oltre 20 cm, le spalle larghe, il fisico muscoloso e atletico. Lei restò inebetita a guardarlo, quasi indispettita dall’intrusione, ma appena lui le prese un polso e le torse il braccio dietro la schiena, ordinandole di muoversi, capì immediatamente perché quell’uomo non aveva bisogno di armi… le sembrava di essere di burro, tanto era forte quella stretta.
Un altro flash. Lei inginocchiata per terra a prendere i soldi dal doppio fondo dell’ultimo cassetto del comò, lui in piedi accanto a lei. Si ricordava perfettamente di quando aveva alzato la testa, con un fascio di banconote da 50 euro in mano e si era trovata faccia a faccia con l’inguine dell’uomo, la cui tuta stretta lasciava palesemente intuire che madre natura lo aveva ben dotato anche da quelle parti… Sicuramente era arrossita al pensiero, tra l’altro anche poco opportuno, data la situazione; forse lui se n’era accorto e quindi si era sentito autorizzato …
Poi non ricordava molto, si vedeva immobilizzata a letto, con i polsi ammanettati alla testiera, le gambe divaricate con le caviglie legate dio solo sa con cosa, forse spago, ai lati del letto. Poteva muovere un po’ le gambe, non tanto da chiuderle, né tantomeno per calciare. Un pezzo di nastro adesivo le impediva di urlare.
Altro flash. Un lucchichio nella quasi oscurità della camera. Cominciò a dimenarsi terrorizzata, ma la mano aperta di lui si appoggiò sul suo stomaco, premendo. Si fermò, in preda al panico, con il cuore che martellava insistentemente. Sentì il metallo freddo sulla coscia e rabbrividì, chiuse gli occhi e il bruciore delle lacrime si fece intenso. Quasi sospirò di sollievo quando si rese conto che le forbici affilate stavano lacerando la stoffa dei suoi pantaloncini corti, e non la sua pelle. Prima un fianco, poi l’altro. Glieli sfilò con garbo, da sotto, come se stesse togliendo un pannolone ad un bambino piccolo. Sentì le mani di lui accarezzarle l’inguine, delicatamente, seguendo con la punta delle dita i bordi del minuscolo tanga che indossava, infilandosi tra le sue natiche, percorrendo il sentiero che la sottilissima striscia di stoffa tracciava… procurandole una scarica di piacere tanto intenso quando inaspettato. Il top senza spalline subì la stessa sorte dei pantaloni. Non portava reggiseno e il contatto con i polpastrelli delicati di lui fece immediatamente inturgidire i piccoli capezzoli.
Flash. Il profumo dell’olio per massaggi le riempiva le narici, arrivando direttamente al cervello, il quale trasmetteva al suo corpo sensazioni strane… Non riusciva più a controllarlo, a controllarsi. Sapeva che stava per essere violentata da uno sconosciuto che era penetrato chissà come in casa sua, e nonostante ciò il suo corpo provava piacere. Il massaggio totale che le stava facendo unito all’odore intenso dell’olio la stavano lentamente eccitando. Cominciava ad assaporare le carezze circolari che partivano dalle caviglie, sostavano sulle sue cosce tornite, si concentravano sulla pelle delicata dell’inguine, ancora coperto dal tanga; proseguivano lente sulla pancia, risalivano lo stomaco, si soffermavano insistenti sui seni piccoli e ben fatti…
Il dito di lui infilato sotto il tanga ormai umido. Le forbici che tagliano anche quello, lasciandola completamente nuda. Le mani che massaggiano con l’olio anche il monte di Venere e le grandi labbra depilate. Ora poteva percepire distintamente il profumo dell’olio mescolato a quello della sua eccitazione. Il contatto improvviso della lingua con le sue carni più tenere e nascoste la fece sussultare. Il bacio voluttuoso che lui le stava donando, mentre con le mani continuava la sua opera sul ventre e sui seni, le procurò ondate di piacere così intenso che si rese conto di mugolare, dietro il nastro adesivo. Cristo, se ci sapeva fare… Eppure non poteva essere, non poteva lasciarlo fare. Era uno sconosciuto, un ladro, un maniaco; anche se non stava usando la forza, era comunque violenza quella che lei stava subendo. E poi, chi ha detto che non stava usando la forza, in fondo, l’aveva legata al letto, per quello poteva permettersi di farle quello che stava facendo… poteva permettersi di farla godere contro la sua volontà. Sentì due dita farsi strada ed entrare in lei, mentre con le labbra le succhiava il clitoride in maniera… eccezionale, finché lei, inarcando la schiena e mugolando, si lasciò andare all’orgasmo che cercava di reprimere.
Ancora un flash. Il corpo nudo di lui, forte e possente, con quel membro eretto, grosso e duro. Continuava a strusciarglielo tra le cosce, intuì che stava armeggiando con un preservativo, poi la penetrò lasciandola senza fiato per qualche secondo. Si sentiva aperta e piena, mentre lui si sdraiò su di lei e prese ad entrare e uscire, baciandole contemporaneamente il collo. Cercò di aggrapparsi a lui con le gambe, prendendo il ritmo e assecondando le spinte. Più lei mugolava, più lui aumentava la potenza e la frequenza delle spinte, prendendo ad ansimare, in un crescendo di corpi intrecciati, sudore, ansimi… finché i loro orgasmi esplosero quasi contemporaneamente.
Si era rivestito in fretta, se n’era andato mettendole in mano la chiave delle manette, dopo aver raccolto l’olio, le forbici e lo spago.
Le ci volle un po’ per riuscire a liberarsi, ma prima di correre ad infilarsi sotto la doccia, diede un’occhiata al comò: i suoi soldi erano ancora là. Accanto, un bigliettino con scritto: “Sei stata fantastica. Tornerò a trovarti.”
Sotto il getto dell’acqua calda, Mirca pianse di vergogna e di umiliazione per la violenza, ma soprattutto per aver provato piacere. E il bigliettino? Era una minaccia o una promessa? Rabbrividì.
Cominciò a strofinarsi energicamente, quasi a voler cancellare quello che era appena stato, come per eliminare l’odore di lui, di lei, dell’olio… finché a forza di strofinarsi tra le cosce si procurò un ulteriore orgasmo che la lasciò esausta, appoggiata al muro della doccia con le gambe spalancate, con l’acqua che continuava a scorrere sulla sua pelle.

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