Un fratello le aveva mandato un messaggio whatsapp in cui c'era scritto: SEI PROPRIO UN GRAN PUTTANONE ROBERTA. TI VOGLIAMO SEMPRE COSÌ TROIA.
Ma era una goccia nel deserto di critiche che era piovuto. A parte quelli che si erano segato vedendo suo padre e salvatore che la fottevano altri componenti della sala avevano subito cancellato ogni contatto con la famiglia. Erano ufficialmente degli appestati, dei maiali, degli incestuosi.
Anche Giovanni non riusciva a prender sonno, ormai questa cosa che stava succedendo gli aveva completamente preso il cervello.
Non provava né rimorso né vergogna, erano anni che voleva fuggire dalla setta, solo non avrebbe mai immaginato un epilogo incestuoso per potersi mettere dietro le spalle 50 anni di testimoni di geova.
Erano le 4 di notte, Roberta non riusciva proprio a prender sonno. Continuava a rigirarsi nel letto accaldata, si era tolta il pigiama, era rimasta tette di fuori tra le lenzuola, con indosso solo le mutandine.
Il sonno non accennava a comparire, il caldo era sempre più incessante, le voglie sempre sulla pelle.
La manina di Roberta scivolò sotto le mutandine, iniziò delicatamente a toccarsi, prima contornando la figa con piccole carezze, poi entrando con decisione nella carne nuda con le dita. Si sentiva già bagnata ed in estasi.
Cercó sul comodino qualcosa di più grosso da potersi infilare per godere di più ma non trovo nulla di utile allo scopo. Doveva comprarsi un cazzo di gomma, ancora non ne possedeva uno.
Giovanni guardava l'ora dallo schermo del telefonino. Le 4 del mattino. Doveva far qualcosa, era inutile stare a letto come un salame. Si alzò senza far rumore, Enrica stava ancora dormendo.
Andò in cucina, bevve un sorso d'acqua dal rubinetto, aprì il frigorifero e prese uno yogurt. Mangiando lo yogurt gli venne una succulenta idea perversa. Aprì di nuovo il frigo e cercó delle grosse verdure. Trovò un bel paio di enormi zucchine verdi e se le mise in tasca.
Con passo felpato si diresse verso la camera da letto della figlia. Appoggiò l'orecchio alla porta per controllare se la figlia stesse dormendo. Giovanni si eccitó all'istante. Dalla camera di Roberta provenivano dei gemiti inequivocabili. Sua figlia si stava masturbando, ne sentiva la passione e la forza sin dal corridoio, sin da quella porta chiusa che lo divideva da un'altra irresistibile porcata.
Roberta si stava ancora sgrillettando al buio quando suo padre entrò nella stanza. Giovanni fece gesto alla ragazza di restare in silenzio, nessuno in casa doveva sentirli. Dopo le scopate condivise con la moglie il figlio aveva voglia di fottersi Roberta da solo in santa pace, senza doverla condividere con altri corpi, altre mani.
Giovanni si avvicinò al letto e accese l'abatjour. Non voleva scomparsi la figlia completamente al buio. Voleva goderne il corpo per la bellezza e sensualità che riusciva a trasmettere e sua figlia in questo era una dea. Il corpo affusolato e sodo di una trentenne ancora non consumata dagli uomini e dal tempo. Le tette della ragazza erano due montagne rosate con in cima due enormi capezzoli rossi, incendiati dalla passione. Il corpo della ragazza era tutto un fremito, la mano destra continuava il lavoro tra le gambe senza fermarsi un secondo, quelle dita morbide e raffinate stavano facendosi sempre più largo in quel suo bel buco carnoso e invitante che era la figa.
Suo padre la guardava e la accarezzava, stava crescendo il lui la voglia di infilare il cazzo in uno dei buchi della figlia ma non voleva rovinare quel momento intimo tra i due. Roberta cercava lo sguardo drl padre, voleva che gli occhi del genitore fossero tutt'uno coi suoi mentre quel ditalino infuocato stava consumandole forza ed energie. Più Roberta si penetrava con le dita, più in Giovanni cresceva il desiderio di possedere la figlia. Doveva controllarsi, la ragazza non era ancora venuta, doveva godersi quello spettacolo genuino fino alla fine. La ragazza si mordeva le labbra, inarcava le gambe, apriva e socchiudeva le cosce, inarcava collo e schiena alla ricerca della posizione perfetta per concludere la masturbazione. Suo padre le sfiorava i capelli, accompagnandola nel ditalino con degli incoraggiamenti erotici sottovoce.
La ragazza era venuta. Le dita bagnate, il corpo ormai stanco giacevano sorridenti vicini al padre.
Giovanni aveva un'idea per continuare quel gioco perverso. Guardò negli occhi la figlia e tirò fuori una delle zucchine che aveva preso in frigorifero.
"Infilati questa Roberta"
La ragazza guardó l'ortaggio. Ero molto più tozzo e voluminoso delle sue dita, l'avrebbe fatta godere ancora di più.
"E tu papà cosa fai mentre mi infilò la zucchina nella figa?"
"Ti guardo Roberta. E mi masturbo. Voglio venirti in bocca poi"
La ragazza accettò, la situazione era provocante e maliziosa. Si legò la folta criniera bionda lasciando scoperte due belle spalle magre e invitanti. Le tette a punta guardavano negli occhi il padre, quei due capezzoloni rossi come il fuoco erano pronti per quella nuova esperienza sessuale.
Roberta infilò la punta dell'ortaggio nella figa, con delicatezza, non prima di averlo riempito di saliva per farlo scivolare meglio tra le cosce.
Giovanni si era denudato dalla vita in giù e aveva cominciato a segarsi l'uccello. La ragazza non mostrava remore a infilarsi la zucchina nel corpo, quel bel bestione verde andava su e giù per la figa come fosse un dildo o il vero cazzo di un uomo.
Il godimento era reciproco. Giovanni si masturbava con energia, in piedi, accanto al letto. Il cazzo era diventato talmente grosso e carico di eccitazione che Roberta fu tentata di prenderlo in bocca, abbandonando la zucchina al suo destino, cosa che poi fece qualche minuto dopo, alzandosi di scatti dal letto e inginocchiandosi di fronte al padre.
Giovanni prese allora la chioma della ragazza, mentre Roberta, col cazzo in gola succhiava il padre con tutta l'energia rimasta quella notte.
I capelli di Roberta erano stretti tra le possenti mani del padre. Il volto, prima bianco e angelico era paonazza e colava saliva dalla bocca, il padre stava spingendo il proprio arnese con forza nella bocca della figlia. La ragazza riusciva a prendere respiro solo quando il padre lo permetteva e Giovanni, carico di eccitazione si trasformava in un porco violento e insaziabile in questi frangenti. Non stava solo scopando la bocca della figlia, con quella foga incontrollabile stava sfogandosi di una vita del cazzo passata a non farselo succhiare per anni. Ora, tutte in una volta, le sue manie perverse stavano confluendo in quel pompino che Roberta stava facendo. Roberta succhiava in apnea, aspettava il fluido caldo del padre tra i denti per poter riprendere la respirazione. Suo padre non avvisó nemmeno, il getto caldo le entrò senza preavviso nella bocca, finì giù nella gola e poi nello stomaco. Giovanni tenne forte la testa della figlia attaccata al suo cazzo per non permetterle di sputare.
Accompagnò il gesto sottovoce con un: "Ingoia troia di papà, ingoia da brava puttana Roberta".
Mandata giù la sborra Roberta si sentiva sempre più unita e complice col padre. Finalmente lo stava rendendo felice.
Poi ognuno in camera propria cercó di addormentarsi.
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Aggiunto: 4 anni fa
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Incesti
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