L’anno scorso, per la precisione ad agosto, andai in vacanza per una settimana a Corfù. Fu una vacanza travagliata dal punto di vista dell’organizzazione, saremmo dovuti partire in sei, di cui tre ragazze, il ragazzo di una di queste e un suo amico. Non avevamo ancora prenotato nulla, il tempo stringeva e se non ci saremmo mossi saremmo restati a casetta, cosa che volevo evitare. In mezzo al gruppo ci stava quella che ancora oggi è la mia migliore amica: Alessandra. Non vedendo una presa di posizione del gruppo riguardo al viaggio, io e Alessandra (che da ora abbrevierò con “Ale”) decidemmo di dare un aut aut: se entro tre giorni non fossimo arrivati a un punto in comune riguardo data e luogo, noi due avremmo fatto di testa nostra. Ovviamente andò così. Liberati dalla zavorra, io e Ale, che ha un anno meno di me (25 durante i fatti), prenotammo un’offerta che ci si era presentata: una camera di hotel a mezza pensione a Corfù. Il luogo non ci ispirava molto, è una meta ambita dagli studenti appena maturati e, nonostante avessi già avuto esperienze con ragazzi più piccoli di me (voi lo sapete bene), preferisco atmosfere differenti, meno turistiche e più avventurose. Ma non ci ero mai stata e l’offerta trovata era allettante. Prenotammo ufficialmente. Per chi non la conosce, Corfù è un’isola greca e per arrivarci, il tragitto migliore è via mare. Non ricordo gli orari precisi, ma la partenza era prevista nel pomeriggio per poi sbarcare la mattina seguente, e lo stesso per il ritorno. Ovviamente tutti pensiamo che due ragazze sui venticinque anni, in una delle isole più disibinite del mondo, potrebbero essere protagoniste di fatti poco condivisibili dai propri genitori. Beh, non è questa la situazione. Ovviamente ci divertimmo durante quelle giornate, ma fu una vacanza rilassante e non me la sento di scrivere di aver “troieggiato”. Tuttavia, non si può dire lo stesso dell’ultimo giorno, quello trascorso in barca. Avevamo prenotato una cabina, quindi, una volta entrate, ne prendemmo subito possesso. Eravamo in due, ma ce ne assegnarono una da quattro, non so perché, magari erano tutte così. Era molto stretta, ma ce lo aspettavamo. Vi erano due letti a castello distanti circa due metri e una porticina divideva il bagno con tanto di wc, lavandino e doccia. La nave era molto bella e carica di persone, durante il pomeriggio facemmo più di una volta un salto al bar della piscina (sì, ci stava una piscina sopra la barca), al ristorante per mangiare e anche alla mini-spa. La sera facemmo tappa a quella che doveva essere la discoteca della nave. Sorprendentemente era molto affollata.
Scusate, non vi ho descritto la mia amica. Ale, a differenza mia, è una ragazza molto alta, mi sorpassa di quasi venti centimetri. Ha dei fluenti capelli castani, che tiene spesso raccolti in una coda che le arriva a metà schiena. Ha un viso particolarmente allungato, con occhi scuri, un nasino appena pronunciato e labbra carnose. Senza dubbio è moto carina, ha avuto numerosi spasimanti, specialmente negli ultimi tempi. Tuttavia, ci assomigliamo per qualche particolare, tra cui il seno: entrambe abbiamo delle tettine. Portiamo una seconda scarsa, solo che su di lei si nota un pelino di più a causa della sua inconsueta altezza.
Tornando alla discoteca, quella sera ci divertimmo, avevamo incontrato un folto gruppo di ragazzi sui venticinque-trenta anni, i quali erano evidentemente su di giri. Tra questi vi era Manuel, che non si può non descrivere con l’espressione “gran bel fusto”. O “figo da paura”. Sarà stato alto un metro e novanta, aveva capelli marroni e selvaggi che si univano a una folta barba, anch’essa selvaggia, ma non così lunga da hipster. Lo notammo perché la camicia sbottonata mostrava un tripudio di carne e peli che poche volte si osserva dal vivo. Addominali, linee scolpite come da un artigiano, pettorali, poi con quei capezzoli che venivano scoperti e ricoperti con i movimenti delle braccia… insomma, trasudava sesso e di certo aveva tutta la componente femminile della sala rivolta contro. Durante la serata riuscimmo a catalizzare la sua attenzione, ci presentammo, ci offrì da bere, non solo lui però, anche altri suoi amici. Io e Ale non pensavamo cose particolari, ci stavamo godendo la festa. Quel gruppone non sembrava voler chiudere la serata, avevano tutti intenzione di fare after, o comunque collassare per lo sfinimento, e noi non eravamo da meno. Tuttavia, a un certo punto, la discoteca annunciò l’imminente chiusura e il gruppo stava per dividersi in sottogruppetti, dato che c’era chi voleva continuare a bere, chi infrattarsi con il partner e via dicendo. Saranno state le una e mezza, quando, maledicendo tutti i drink bevuti, dovetti scappare in bagno: <>
<> Mi rassicurò lei. Certo, avrei preferito che fosse venuta con me, soprattutto perché barcollavo, ma entrambe eravamo poco lucide e avrà avuto la testa annebbiata. Così mi avviai, feci quello che tutti fanno quando la natura chiama e uscii dal bagno. Una volta fuori trovai Ale dietro la porta.
<> Ridacchiai.
Avevo la mente completamente offuscata, non realizzai se quello di Ale era timore o senso di colpa: <>
Devo dire la verità, ci rimasi male. Anzi, ero proprio invidiosa. Devo aver taciuto per un bel pezzo, mentre inghiottivo quel bottone amaro. Cioè, lei aveva rimorchiato il ragazzo più figo dell’universo e a me toccava dormire da sola in una squallida cabina durante il ritorno della vacanza. Ma vaffanculo. Però c’è da dire che la colpa non fu sua. Non ci potevo fare niente se era lei a fargli provocare l’erezione. In più era stata gentile, gli avrebbe detto di no per stare con me, forse nessun’altra amica l’avrebbe fatto.
<>
<>
<>
Così arrivammo davanti alla nostra cabina, aprii la porta e le cedetti la chiave, consapevole che tanto non sarei andata da nessuna parte.
Ero più che alticcia e in più, quell’evento mi aveva abbattuta. Mi era presa la sbronza triste, ma per fortuna sarebbe durata poco. Mi misi in intimo (faceva caldo), lavai i denti e mi buttai sul letto. Probabilmente non passò mezzo minuto prima che caddi tra le calde braccia di morfeo.
Ciò che accadde quella notte mi rimarrà sempre impresso nella memoria.
Mi interruppe il sonno il rumore di qualcosa che era caduto in terra. O aveva battuto contro qualcosa? Ero ancora nel dormiveglia, non realizzai se fosse un sogno o meno, mi passò per la testa che potesse essere Alessandra che rientrava in camera, ma non dissi niente. Credo che non mi riaddormentai del tutto, o forse sì, ma per poco tempo, non saprei dirlo. Mi ricordo bene che iniziai a udire un flebile suono molto acuto e strozzato, come se qualcuno lo stesse emettendo dalla gola e con la bocca chiusa. Era pianissimo, ma mi rimbombava nelle orecchie con il silenzio della cabina. Sembrava venire dal muro che avevo accanto (a sinistra, mentre a destra ci stava l’altro letto a castello). Provai a non farci caso, ma il suono sembrava non smettere mai. Affievoliva, a tratti si smorzava, ma non smetteva. Ormai il sonno era passato, non sapevo che ore fossero e avevo lasciato il cellulare nella tasca dei pantaloncini. Decisi così di andare a vedere l’ora. Pigiai l’interruttore che avevo poco sopra la testa per accendere la luce della cabina, girai la testa e sgranai gli occhi prima ancora di capire realmente ciò che avevo davanti.
Manuel, il figo che a quest’ora avrebbe dovuto scopare selvaggiamente quella stambeccona di Alessandra, stava effettivamente consumando un amplesso sopra di lei… nella nostra cabina! I mugolii che sentivo provenivano da lei, dato che aveva entrambe le mani impegnate a tapparsi la bocca.
Rimasi a bocca aperta
Manuel ruotò la testa per guardarmi, bloccando tutto il resto, probabilmente per l’imbarazzo.
Ale… beh data la sua espressione, probabilmente stava per venire e io, accendendo la luce interruppi l’orgasmo. Sotto sotto godetti di averle interrotto tale piacere.
<> Dissi con un tocco di acidità.
Manuel e Alessandra si guardarono negli occhi. Finché quest’ultima disse rivolta verso l’uomo: <>
Il selvaggio tirò fuori il pisello dalla passera glabra di Ale, la quale fece una smorfia e richiuse le gambe di colpo e con un piccolo brivido. Lui si mise poi a sedere sul letto. Aveva ancora il pene in erezione e lo squadrai. Non era particolarmente lungo, da moscio me lo immaginavo come quello di qualche statua tipo il David di Michelangelo. Ma tutto intorno era ricoperto di peli. Un’enorme foresta nella parte pubica. Non so perché ma mi immaginai quest’uomo completamente nudo con una camicia a quadri aperta e un’ascia da taglialegna.
Lo seguì nei movimenti Ale.
Ora li avevo entrambi nudi e seduti di fronte, mentre io stavo stesa sopra il letto in intimo rosa. Il pene di Manuel iniziava a smosciarsi.
<>
Mi accigliai: <>
Manuel non trattenne una risata.
<> Dissero Ale e Manuel.
Cercai di elaborare un piano nel più breve tempo possibile: <>
<> Ale disse quest’ultima parte al suo partner, ma rivolta verso di me con occhi spiritati.
Manuel aggiunse timidamente con la sua voce grave: <>
Ascoltai senza replicare e continuai a guardare Ale con la sua stessa espressione.
Ale alzò la mano e la portò delicatamente intorno al gioiello flaccido di Manuel, il quale non si aspettò quella mossa e sussultò. Evidentemente la mia amica voleva farsi perdonare un po’ di cose.
Manuel ebbe un attimo di imbarazzo, per poi tornare a suo agio. Allungò le braccia all’indietro e si stese per metà.
Vedevo la mano di Ale fare su e giù sul quel pisello peloso senza fretta. Ale ha delle mani molto grandi, proporzionate alla sua altezza, il pene di Manuel veniva coperto interamente da esse (come vi dicevo, aveva dimensioni normali) per poi spuntare sul davanti mentre si induriva.
<> Usciva profondo dalla bocca di Manuel.
Feci scivolare la mano sinistra dentro le mie mutandine rosa orlate di pizzo e con lo sguardo fisso sul pisello di quel bronzo, iniziai a sfiorare il clitoride con la punta del mio ditino.
Manuel si tirò su e diede un bacio appassionato ad Alessandra mentre lei aumentava il ritmo della sega. Vedere quell’ammasso di muscoli e peli pubici mi eccitò. Molto. Il cuore mi esplodeva tra le costole e lo sterno. Se non avessi agito, quei due sarebbero tornati a scopare e avrei perso la mia seconda opportunità con lui. Dalla foga di quel bacio si vedeva bene che Ale lo eccitava da morire.
Scesi dal letto e mi fiondai tra le gambe di Manuel, feci lasciare la presa ad Ale e infilai in bocca quel cazzo duro.
Stavo facendo un pompino a un ragazzo, mentre aveva la lingua nella bocca della mia migliore amica. Mentre poco prima quello stesso uccello era dentro la sua fica. Alzavo gli occhi e vedevo le mani di Ale farsi strada per i peli del petto di quel figo e stringere i suoi pettorali sporgenti.
Succhiavo forte. Sapeva di sesso. Arrivavo in fondo a toccare la peluria del ventre con il naso, tornavo sulla punta e ricominciavo. Volevo che mi notasse. Volevo sembrare migliore di Ale.
Manuel prese iniziativa. Si alzò con le labbra ancora serrate a quelle della mia amica. Ale fece per alzarsi, ma lui la prese per i capelli e la accompagnò, senza strattonarla, ai piedi del suo uccello, che però tenevo in bocca io. In quella posizione mi dovetti adattare meglio all’altezza, poiché non arrivavo bene al suo membro, quindi mi misi accovacciata.
<> Disse ruffianamente.
Manuel comandava le nostre teste con delicatezza, accarezzandoci come dei teneri gattini. Nonostante la sua mole, sapeva come toccare una ragazza.
Prima dava una leccata una, poi l’altra lo teneva in bocca per un po’. Il liquido preseminale si fondeva con la nostra saliva e creava fili che non si staccavano quando il pisello cambiava bocca.
Sentivamo Manuel godere del nostro lavoro: <<…Oooohhh… Aaaaah…>>
Si chinò poi per darci un bacio a entrambe contemporaneamente, non gli importava di sentire il sapore di cazzo dentro la sua bocca. Quando si tirò su, io e Ale ci stavamo ancora baciando e lui infilò l’uccello tra le nostre bocche. Con le callose mani tra nostri i capelli, cominciò a scopare una fica fatta dalle nostre labbra.
<> Dicevo io.
<> Rispondeva Ale.
Non saprei dire quanto tempo restammo a farci scopare le bocche.
Inaspettatamente Manuel mi prese per i capelli e, in modo più brutale di prima mi tirò dietro di lui, in modo da avere solo Ale che continuasse il lavoro di bocca. “Le piace proprio questa stronzetta” pensai “Ma che ci troverà mai?” Voleva un pompino solo dalla mia amica, ma era strano: nonostante mi avesse spostato dietro di lui, non mi aveva lasciato i capelli. Iniziò a darmi fastidio, stavo per chiedergli di mollare la presa, ma sentii la sua grossa mano, che aveva più o meno la dimensione della mia faccia, lasciarmi i capelli e afferrarmi la nuca come una palla da baseball e tirarla violentemente verso il suo sedere.
Girai la testa prontamente, in modo da attutire l’urto contro le sue chiappe pelose con mia guancia.
<> Urlai. Non volevo finire in mezzo al suo culo, non mi era mai passato per la testa di fare una cosa del genere.
Manuel, dal canto suo, era molto forte, cercavo di scansarmi, di districarmi in qualche modo, ma la sua presa era ferrea, mi aveva afferrato la testa e se non avessi collaborato credo che saremmo rimaste ancora lì. I peli delle natiche mi graffiavano le guance, il fastidio iniziava a diventare insopportabile, così rilassai tutti i muscoli solo per un secondo per trovare una posizione più comoda. In quel modo regalai la mia faccia, e tutti gli organi di senso annessi, al culo peloso di Manuel. Aveva il fondo schiena massiccio e duro come il legno, incastrò per bene la mia testolina tra le chiappe, come una nocciolina tra lo schiaccianoci. Iniziai a mugolare: <> Talmente tanta era la puzza. Sbracciavo come una libellula. Non respiravo. Avevo il volto serrato in una smorfia per ritrarre il più possibile le labbra.
Iniziai a sentire mugolii ancora più forti dei miei provenire dall’altra parte del gigante e mi venne in mente un pensiero volante “chissà com’è messa Ale?”
Non ce la feci più, La riserva di ossigeno nei miei polmoni era terminata. Mi stavo abbandonando all’idea che se non avessi voluto morire dentro il culo di uno sconosciuto, avrei dovuto almeno respirargli flatulenze intestinali.
Liberai quel poco di aria rimasta dentro di me e aspirai automaticamente a pieni polmoni. Non fu mortale. Il puzzo di merda c’era ed era pungente, conati di vomito trasalirono, ma non così forti come temevo.
Sentivo forti vagiti provenire da davanti, i soliti:<> E dato che io mi ero acquietata, pensavo che Ale fosse finita in un girone peggiore, ma non riuscivo a immaginarlo.
<> Ordinò Manuel accompagnandomi con una ulteriore spintarella della nuca contro il suo ano.
Con enorme ribrezzo tirai timidamente fuori la lingua e cominciai a farmi spazio tra i peli perianali. Si accorse che avevo deciso di collaborare, poiché sentii la sua mano grufolare tra i capelli e tirarli ora più su, ora più giù… Ormai avevo la mia lingua completamente dentro il suo ano, stava durando troppo, non ce la facevo più, sentivo i polmoni e lo stomaco combattere, ogni tanto provavo a prendere un sorso d’aria, ma ottenevo soltanto merda. Aumentai il ritmo. “Vuole che gli ripulisca tutto il cazzo di intestino?” Pensai. Manuel liberò un urlo gorillesco: <> Ma lì per lì non ci feci caso. Ero sul punto di vomitare, mi precedette il solito tremito che parte dal diaframma e mi scosse la testa. Fu solo in quel momento che Manuel mi stappò dal suo culo con un “PLOP” e mi schiantò in terra. Presi aria a pieni polmoni e riuscii a deglutire l’enorme reflusso. Respiravo affannatamente con la bocca spalancata che sapeva di merda: <<…Aaaaah… Aaaaah… Aaaaah…>>
Sputai. Sentivo i mugolii di Alessandra diventare acutissimi: <>
Io ero ansimante a terra, ma ancora collegata al suo culo da fili di bava come catene. Vidi Manuel afferrarsi una chiappa, divaricarla e liberare un sonoro “PRAAT” a poco più di venti centimetri dalla mia faccia. “MAIALE” pensai. Volevo dirlo, ma non avevo forza per proferire parola.
Dopo di me venne gettata a terra Alessandra, la vidi che si stringeva il collo e dalla bocca e dal naso le stava scendendo denso liquido giallastro. Aveva la faccia completamente nera di mascara scolorito e gli occhi venati di rosso. Quel gigantesco maiale le era venuto in gola. Non mi aveva mai raccontato di qualcuno che le fosse venuto in bocca, né tantomeno in gola.
<> Iperventilò Ale.
Gattonai vicino a lei per vedere come stava, le sorressi la testa, era tutta viscida e appiccicosa. Mi fece compassione.
Ale ritrovò presto la parola e aggredì Manuel: <>
<> Rispose lui con la solita voce densa.
<>
<> Si giustificò.
Difesi a spada tratta la mia compare, ma sotto sotto non riuscivo a dare completamente torto a Manuel. Lo avevamo stuzzicato in maniera forte, ce lo eravamo immaginato nudo per tutta la sera. Forse essere sottomesse da lui era ciò che volevamo.
Mi cadde l’occhio su Manuel. Aveva ancora il cazzo ben ferreo. Vidi anche che tutti i suoi peli pubici erano impregnati di sperma e probabilmente della saliva di Ale. Mi eccitò un casino e, mentre loro due battibeccavano, mi avvicinai a quel Bronzo di Riace. Gli afferrai il pene duro.
Ale si sbalordì: <>
Mi voltai, mi feci scappare un sorrisetto malizioso e mi girai nuovamente. Iniziai a segarlo. Poi mi accovacciai e lo presi in bocca. Cominciai a leccarlo sul glande. Lo ripulivo dalla saliva di Ale, sentivo sapori dolciastri e salati, acidi e amarognoli. Passai all’asta e andai a finire su quei peli scuri pieni di chiazze biancastre.
<> sussurrò Alessandra impressionata.
Manuel prese a parlare: <>
Sapevo che lo aveva detto per poterla riavere, ma mi lasciai comunque scappare l’accenno di un morso su quel pisello da porco.
<> Soffrì Manuel.
Manuel con un inaspettato gesto (da cavaliere?) ci sollevò una per volta come se non pesassimo più di pochi grammi e ci mise a sedere sul letto al di sopra di quello di Ale. Quest’ultima, stranamente, stette al gioco senza lamentarsi. Ne seguì una delle migliori leccate di passera della mia vita. Cominciò da me, sentivo la sua soffice lingua penetrarmi e solleticarmi tutte le interiora.
<>
Passò poi ad Ale; quando aveva la sua grossa faccia in mezzo alle nostre gambette, non lasciava asciutta la fighetta dell’altra, le sue grosse mani da fata ci accarezzavano la gattina cullandola come nessuno aveva mai saputo fare.
Dopo un tempo che non saprei quantificare, sollevò nuovamente Ale, la portò sul letto sottostante e cominciarono a copulare. Non riuscivo a vederli. Mi sentivo come una ragazzina che sentiva i genitori scopare nella camera accanto. Dopo una manciata di secondi, Ale sembrava sull’orlo di un orgasmo: <> Pochi secondi dopo alzò il tono: <>.
Il volto di Manuel comparì dai piani bassi, mi prese e mi portò giù. Mi mise a pecorina sopra Ale, ma con la faccia sopra la sua passerina glabra. La mia ovviamente, (che non è completamente rasata, un giorno ve la descriverò per bene) stava sopra il suo viso.
<> Suggerì Manuel.
Mi era già capitata un’esperienza calda con un’altra ragazza, ma non con la mia migliore amica! In ogni caso ero in piena tempesta ormonale, e senza pensarci affondai la tutta la mia bocca nella sua adorabile passerina. Sentii che Ale sussultò, la sua faccia scattò all’insù, colpendo il mio bacino e data la situazione, lei mi imitò. Sentivo baci appassionati contro le mie labbra. <> Mi lasciai sfuggire.
Manuel si avvicinò al mio bacino, e, a tradimento, lo sentii come una supposta troppo grossa che entrava da dietro. Mi infilò il suo cazzo da statua medievale nel culo. <> Gridai, ma solo perché non me l’aspettavo! Il suo pisello non era diverso di quello dei ragazzi che avevo avuto (con le dovute eccezioni) e io ovviamente avevo già sperimentato e domato il sesso anale. Dopo il fastidio inaspettato iniziale, ci presi gusto e cominciai a muovermi a ritmo. “Certo che da lei ha preso la fica e da me il culo, si vede proprio che lei gli piace di più” ragionai dentro di me.
Mi cavalcò per molto tempo, potevo sentire il “TAP- TAP - TAP - TAP” del suo bacino contro il mio culo e gli schiocchi della lengua di Ale. Respiravo con affanno, ma senza troppa fatica. Io e Ale continuavamo a scambiarci leccate di fica. La sua topina era molto simile alla mia, a parte i peli. Mi piaceva, era… regale, ordinata, se qualcuno l’avesse vista, avrebbe pensato che fosse di una qualche duchessa del nord Europa.
Bloccandosi con tutto il suo membro dentro di me, Manuel si liberò: <> Sentii una calda sensazione piacevole nel retto. Rimanemmo in quella posizione qualche minuto. Manuel ci mise un po’ a svuotarsi completamente e quindi a farcirmi del tutto. Tirò fuori il pisello, sentivo quel serpente uscirmi fuori. Questa volta, dopo l’eiaculazione, il pene gli si stava smosciando.
Ale stava finendo di dare le ultime pennellate alla mia gattina, quando, d’un tratto, lei stessa ruppe il silenzio: <> Lo spazio era molto ridotto e fare qualsiasi movimento richiedeva tempo.
<> Incalzava Ale.
<> Le chiesi a voce alta, mentre avevo un piede sul pavimento e uno ancora sul letto. Vidi anche che Manuel era piuttosto lontano e non poteva aver combinato alcunché, anzi essendo fuori portata, si precipitò anche lui a vedere cosa accadesse.
<> Ale mi travolse come un fiume in piena, finii col culo per terra e vidi lei che si tirava su dal letto per poi scappare al bagno. Non realizzai subito che aveva la faccia irriconoscibile. Dalla fronte al mento sgocciolavano sul suo corpo, sul letto e dappertutto schizzi marroni con rivoli biancastri. Capii che quando Manuel aveva tirato fuori il pisello dal mio buchetto, doveva essere sgorgata in piena faccia di Ale tutta la sborra che mi aveva spruzzato Manuel, con annessa la cacca presente nell’ultimo tratto dell’intestino.
Manuel si mise a ridere. Sentivo Ale che vomitava in bagno. Mi misi a ridere insieme a Manuel.

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