Senza bisogno di dirlo, il giorno successivo mi svegliai con la voglia di rifarlo. Penso che tutti ci siamo passati, no? Dopo un’ottima scopata, si ha voglia di rifarlo. E poi avevamo fatto una scopatina giusto per conoscerci e io lo avevo nettamente sottovalutato, ma sarei tornata con un’adeguata consapevolezza e questo mi avrebbe dato più stimoli. Era sabato mattina, non avevo alcunché da fare se non risistemare la tesi, ma ero a buon punto. Lui ovviamente era a scuola, ma gli scrissi comunque.
- Ciao, ti va di rivederci oggi? -
- Ciao, sì, tanto non sono andato a scuola -
- E come mai? -
- Non ne avevo voglia, ieri dopo che sei andata via mi sono addormentato e mi sono svegliato da poco -

Erano le 11:30. Aveva dormito più di 12 ore. L’avevo prosciugato. Mi misi a ridere.

- Allora vengo da te subito -
- Benissimo! -
Uscii di casa e andai da lui. Mi fece entrare, mangiammo qualcosa, dopotutto era mezzogiorno passato, e ci mettemmo a vedere la tv sul divano in sala. Lui non parlava, ero sicura che aveva voglia di toccarmi, ma non sapeva come dirlo. Mi veniva da ridere, ma mi trattenni.
<> dissi con una certa malizia.
<> rispose lui.
In bagno non ci andai, girai l’angolo, mi spogliai completamente, buttai gli abiti in terra e tornai da lui.
<>
Rimase a bocca aperta, con un filo di bava che gli colava. Credo fossero le prime tette che vedeva in vita sua. Scoppiai in una fragorosa risata e forse lui ci rimase male, ma non mi importava.
<> Dissi mentre indicavo le mie tettine.
<> Balbettava lui.
<> Lo provocai.
<>
A me faceva troppo ridere, avevo ormai capito che era un dolce e tenero sfigatello, ma che si era ritrovato un pisello da far invidia al più arrogante maschio alfa.
<>
Non se lo fece dire due volte, come una madre con il proprio neonato, gli accarezzavo la testa mentre lui passava da un capezzolo all’altro con passione.
<> Gli sussurrai. Poi gli afferrai il pacco senza avvertimento, lui sussultò, perse l’equilibrio e finì seduto sul divano. Mi misi a ridere di nuovo e lui si imbronciò. Gli slacciai la cintura, lo aiutai a togliersi pantaloni e boxer. Ne uscì il solito pisellone a mezz’asta. Mi misi in ginocchio di fronte a lui e cominciai un lavoro a due mani, come il giorno precedente. Volevo che lui mi chiedesse di prenderlo in bocca, volevo sentire la sua voce tremolante pregarmi di farlo.
<> Cominciai il discorso.
<> Disse lui
<> Il suo cazzo si indurì tutto di un botto, avevo colpito il tasto giusto.
Non aspettai più, dalla mia bocca partì automatica una leccata lungo tutta l’asta e in risposta vidi che un tremolio, più simile a una scossa elettrica gli partì dai piedi fino ai capelli.
“Adesso mi viene in faccia” pensai. Ma niente. Si vede che aveva un ottimo self control.
Iniziai a stuzzicargli la punta dell’uccello con la lingua, cercavo di entrare in quel buchetto, per poi spostarmi tutto intorno, come fosse un gelato che si stava sciogliendo. Dalla sua bocca uscivano sospiri e gemiti:<> Mi decisi a prenderlo in bocca, ma la difficoltà era molta. Il suo glande non entrava. Provai a spalancando le fauci e con la lingua di fuori: niente. Non mi arresi, dovevo solo fare un po’ di prove, ma nel mentre, guardandolo in faccia, mi venne in mente un pensiero.
<> Esclamai.
<> Era incredibile quanto sembrasse una puttanella in calore in questa situazione. La risistemazione delle gerarchie tra di noi mi fece tornare la giusta attitudine per continuare a spompinarlo. Presi fiato, chiusi gli occhi e aprii la bocca più che potevo e ingurgitai il suo cazzo fino al mio limite. A mia sorpresa ce la feci a mettere in bocca tutto il glande, ma niente di più. Alzai gli occhi, vidi che mi guardava inebetito, cercai di accennare un sorriso e gli feci l’occhiolino. Lui per risposta chinò la testa all’indietro e sospirò. Io ormai ce l’avevo in bocca e non l’avrei lasciato tanto presto. Mai con nessuno mi era venuta tutta questa voglia di pompino. Muovevo la lingua affannosamente dentro la bocca, mentre con le mani lo segavo e cercavo di spingerlo invano sempre più dentro. Sentivo il gusto salato del liquido preseminale e la saliva che mi colava giù dal mento. Presi a fare avanti e indietro con la testa. Nel limite del possibile ovviamente. Alberto prese iniziativa, mi strinse i capelli dietro la nuca con la mano destra e diede piccole spinte alla mia testa per inserire più in profondità il suo cazzo. Non mi disturbava, anzi, mi iniziava a piacere.
<> Mi chiese.
Cercai di dire un secco “NO”, ma mi uscirono una serie di mugolii e rumori sciacquosi: <>
Alberto, non sentendo una risposta negativa, afferrò la mia scatola cranica con la mano sinistra e ora che ne aveva pieno possesso iniziò a tirarmi contro il suo ventre. Iniziai a sbracciare e mugolire, ma tutto ciò che afferrai furono le sue gambe. Iniziai a vedere scuro, lacrimare, probabilmente lui vedeva le mie pupille sparire verso l’alto e il respiro divenne affannoso e difficoltoso.
<> Mi incoraggiò lui.
Ma io non ne potevo più, trasalivano conati di vomito, provai a deglutire per far passare il suo cazzo in gola, ma era troppo grosso. Ci riprovai, ma fui interrotta dai conati. Non respiravo più. Strinsi le unghie contro le sue gambe pelosette più che potevo, ma non lasciava la presa. Alberto si tirò in piedi e io venni spinta e mi ritrovai con il culo sul pavimento freddo. Riprovai a deglutire un’ultima volta. Sentii il pisello che mi si allargava in gola e sprofondava.
<> Esclamò.
Riuscii a riprendere fiato con il naso, ma non vedevo quasi niente, ero piena di bolle di saliva e lacrime in faccia. Capii di essere arrivata in fondo perché il mio naso da porcellina era pigiato forte contro il suo ventre. Rimasi in quello stato per del tempo che non saprei quantificare. Smisi di fare versi con la gola, presi un altro bel respiro con il naso, alzai la mano destra verso la faccia di Alberto e lo mandai affanculo. Stranamente si mise a ridere lui questa volta, si vede che gli spuntarono le palle proprio in quel momento. Repressi la stizza che mi era salita furiosa e invece di staccarmi, chiusi gli occhi e rimasi con il suo cazzo in gola. Le mani lasciarono la presa delle sue gambe e le portai piano piano dietro il suo sedere. Aprii gli occhi, volevo vedere l’espressione della sua faccetta sbarbata mentre gli infilavo l’indice e il medio nel culo.
Dire che sussultò non rende l’idea. Il cazzo mi si smosciò in bocca, cacciò un urlo da ragazzina: <> La sua voce acuta da soprano precedette la mia risata più grassa.
<> Ironizzai con cattiveria e malizia.
<> Piagnucolava.
<> Gli sussurrai mentre infilavo l’anulare. Lui cercò di districarsi, ma fui più rapida, con l’altra mano gli afferrai le palle e dissi: <> Alberto si paralizzò.
Riuscii a infilare tutte le dita, pollice compreso. Gli allargai il buco del culo e lo chiamai puttanella. Stranamente lo presi più come un gioco che una vendetta. Era arrivato a scoparmi la bocca nella maniera più brutale, ma riuscii a rimetterlo al suo posto e vederlo smosciare mi eccitò da morire. Estrassi la mano.
<>
<> Piagnucolò mentre si accarezzava le natiche.
<>
Sembrava veramente triste.
<> Mugolò.
<> Sdrammatizzai.
Lo feci mettere sul divano sopra di me, con il cazzo moscio in mezzo alle mie tette. Partiva da poco più in alto dell’ombelico e riuscivo a succhiarlo nonostante fosse floscio, ma lo stuzzicavo più con le mani che con la bocca.
<> Domandai.
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<>
<>
<>
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<>
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>
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<> Disse con un ghigno da schiaffi.
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Rimasi a bocca aperta
<>
Vidi che quella situazione lo aveva fatto eccitare, il suo cazzo iniziava a ingrossarsi e mi premeva contro una guancia.
Lo spinsi per ribaltare la situazione e mettermi sopra di lui. Alberto si stese, capì che volevo cavalcarlo e mi lasciò campo libero. Impugnai il pisello a circa metà e lo premetti per infilarlo nella mia passerina, ancora non abituata a quelle dimensioni. Alberto ridacchiava della mia goffaggine, ma ero troppo concentrata per replicare. Ci riuscii e arrivai a toccarmi la mano con cui stringevo il suo pene. Continuavo a muoverlo e muovermi sopra di lui per ambientarmi. Mollai la presa e con le mani mi sostenevo sul suo ventre. Iniziavo a subire le sue dimensioni, lo sentivo pulsare dentro di me, sentivo scendere umori dalla fica come se avessi avuto un rubinetto aperto e Alberto aveva cominciato piano piano dei movimenti regolari con il bacino. Mi stavano cullando, avevo gli occhi socchiusi, la bocca semi aperta, da cui respiravo pesantemente, mentre lui non emetteva gemiti. Probabilmente stava godendo nel vedermi così, probabilmente iniziava a compiacersi nello scoparsi una più grande di quasi dieci anni. Ma non mi importava. Non sapevo quanto ne avevo preso dentro di me, non me lo sentivo tutto, ma ero in paradiso e stavo venendo dolcemente. Aprii gli occhi, avevo bisogno di più contatto fisico, quindi mi distesi sopra il petto di Alberto, il quale stava continuando a dare dei graziosi colpetti: le spintine che facevano uscire e rientrare il pene. Probabilmente lui non aspettava altro, perché appena mi chinai, lui piegò le gambe e inarcò il bacino, facendomi entrare, a tradimento, tutto il suo cazzo dentro di me, esattamente come il giorno precedente.
<> Urlai a squarciagola.
Me lo sentivo dentro, rigido, era diventato una parte di me. Ma poi me lo sfilò fuori di colpo e senza avvertimento lo rispinse con cattiveria. Mi abbracciò, impedendomi libertà di movimento. Ero completamente bloccata, e lui come un trapano aveva cominciato a sforacchiarmi.
<<…AH! AH! AH! AH! AH!...>> Io stavo urlando, non me ne rendevo conto, ma gridavo e sudavo a più non posso, mentre lui emetteva gemiti più sordi e meno regolari: <<…Uh... Uuuh... Uuuh...>>
<> Ero un bagno di sudore, piangevo mentre sentivo il suo cazzo che colpiva ora l’utero, ora il diaframma, ora le ovaie, ora lo stomaco…
Poi di colpo rallentò e mi disse, mentre era tornato a scoparmi dolcemente:<>
Ci misi alcuni secondi per riprendermi: <>
<>
In quel momento mi sarebbe andato bene tutto, mi bastava recuperare la libertà di movimento: << Sì sì va bene!>> Mi liberò dalla presa, mi alzai con difficoltà e mi misi a quattro zampe sopra il divano.
Lui non esitò a entrare. Quella che prima era una passerina da pieno titolo di duchessa, ormai era spalancata come la fica di una prostituta. Lo sentii penetrarmi piano piano ed uscirmi altrettanto piano, le sue mani mi accarezzavano il sedere, forse anche lui preferiva così. La tregua non durò molto, sentivo che a tratti il ritmo aumentava, io gli urlavo: << Fai piano!>> E lui si quietava nuovamente. Sentivo le sue mani che mi accarezzavano la schiena, le cosce, i capelli e perfino le tette. Stavo per venire, avevo cominciato a respirare sempre più affannosamente:<> E lui mi dava retta, raggiungendo così l’orgasmo. Un tremito mi percorse lungo tutta la spina dorsale, emanai un leggero “Aaah” strozzato e acuto e infine mollai la presa con le braccia, lasciandomi cadere con la faccia sul divano. Sarei voluta restare in quel modo per tutta la vita, il suo pene era diventato ormai un tutt’uno con me.
Mi aiutò a distendermi in posizione prona e senza tirare fuori il suo gioiello dalla mia passerina. All’improvvisò, però, diede un colpo fortissimo di reni ed entrò completamente.
<> Urlai con tutta la forza che avevo.
Sentivo i colpi delle sue anche sul mio culo “TAP-TAP-TAP-TAP-TAP”
<> Mi sussurrò.
Strinsi e morsi il divano, non urlavo neanche più, le vene del mio collo stavano per esplodere, sentivo quel cazzo arrivarmi in gola, non sapevo neanche se stessi sentendo dolore o godimento. Ormai non c’erano mezze parole, il ragazzetto, poco più di un bambino, mi stava sbattendo come un tappetino, ero venuta prima io e anche lui aveva trovato il modo di godere. Mi cominciarono a tremare le gambe, stavo per avere un altro orgasmo e molto più forte del precedente. Avevo ritrovato l’uso della parola e come in preda a una possessione urlai: <> E lui aumentava il ritmo, non sapevo la forza che potesse tirare fuori.
<>
Cominciò a sculacciarmi, ne contai quattro finché disse: <>
Ebbi un attimo di lucidità. Non aveva messo il profilattico. Stavamo scopando, anzi, mi stava scopando senza protezione. Con un lampo di genio dissi senza pensare:<> Non so perché lo feci, non avevo permesso a nessuno di fare una cosa del genere, forse l’istinto mi consigliò questa opzione per evitare una gravidanza indesiderata. Mi prese per i capelli, mi buttò in ginocchio e, a due centimetri dalla punta di quel cannone, fece fiottare contro il mio viso uno, due, tre, quattro… Non so quanti schizzi di sperma. <> La voce del suo orgasmo. Gli occhi mi bruciavano. Sentivo un sapore amarognolo e salato in bocca e la puzza di sborra penetrava a forza nei polmoni. Gocce calde colavano dalla faccia sul mio corpo. Rimasi di ghiaccio e cercai in tutti i modi di reprimere lo stimolo del vomito. Non ci pensai troppo. Aprii gli occhi, mi buttai piena di sperma contro Alberto per baciarlo in bocca e restituirgli il favore.
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