Sandy si era svegliata molto presto. A dire la verità non riusciva più a riaddormentarsi, dopo che si era svegliata di soprassalto, forse per un rumore improvviso.
La strada era ancora deserta alle sei e mezza del mattino, ma lei si stava già infilando nella porta girevole dell’edificio in cui lavorava. La sua chiave elettronica da manager le permetteva di entrare e uscire a qualsiasi ora.
Il tailleur nero le stava a pennello, gli occhiali da sole erano inforcati tra i capelli sopra la testa. Il passo deciso sulle scarpe con i tacchi alti. La guardia notturna era ancora lì, avrebbe smontato due ore dopo, quando il turno del mattino gli avrebbe dato il cambio. Sandy si diresse con passo fermo verso l’ascensore.
La guardia la salutò e lei ricambiò alzando la mano, in un consueto gesto, mentre la sua attenzione veniva attratta da un’altra parte. Nel corridoio a piano terreno, stava camminando un’altro uomo: tuta blu da tecnico, berretto con visiera e cassetta degli attrezzi appesa a una spalla.
L’uomo in blu si fermò davanti all’ascensore e premette il pulsante. Sandy non si affrettò, ma con passo lento e deciso s’avvicino. Le porte s’aprirono e Sandy entrò per prima.
’Centounesimo, grazie’. disse, senza nemmeno guardare l’uomo con la tuta.
Le porte si chiusero e l’ascensore cominciò a salire. Sandy guardava avanti, sbirciava di tanto in tanto verso l’altra. Ma era decisamente più attratta dal numeratore digitale che segnava il numero dei piani.
All’improvviso l’ascensore si fermò. Il display del numeratore si oscurò e questo non era un buon segno. Passò qualche secondo, Sandy schiacciò il tasto dell’allarme, ma a quanto sembrava, anche questo era fuori uso. Cominciò a sudare. Improvvisamente l’uomo in tuta le prese un polso e lo torse dietro la schiena, obbligandola a girarsi verso uno degli angoli dell’ascensore.
C’era un seggiolino angolare ricoperto di velluto, così come le pareti laterali. Il pavimento era di moquette e sulla parete di fondo era stato inserito uno specchio. All’altezza dei fianchi c’era un leggero corrimano in ottone, perfettamente lucido, in cui ci si poteva addirittura specchiare.
L’uomo in tuta premette la faccia di Sandy contro l’angolo.
’Vieni indietro coi piedi’ ringhiòe Sandy si trovò spaesata, atterrita dal fatto che l’ascensore si fosse bloccata, non riusciva a ragionare e fece solo quello che l’altro le stava chiedendo. La sua indole battagliera da manager arrivista e schiacciasassi, se ne era rimasta a casa quella mattina.
Sandy, quindi arretrò con i piedi. L’uomo in tuta stava al suo fianco. Con un piede fece in modo che le gambe di Sandy si divaricassero.
’Scommetto che hai la fica rasata’.
Sandy non rispose, non sapeva che cosa dire.
’Allora? Ti ho fatto una domanda’.
Sandy annuì con la testa. La mano dell’uomo s’infilò sotto la gonna del tailleur e andò letteralmente a prendere e soppesare il sesso di Sandy.
’Scommettiamo che da oggi questa fica diventa mia?’
Silenzio.
’Mi piacciono le manager vacche come te, sai? Volete fare le dure e non aspettate altro che qualcuno vi dica cosa dovete fare’.
Sandy non capiva. Beh, certo, capiva cosa voleva dire l’uomo in tuta, ma non capiva perché tutto questo le stava piacendo e allo stesso tempo la urtava.
La mano dell’uomo in tuta si scostò dal sesso di Sandy e lo schiaffeggiò dall’alto al basso. Un mugolio di dolore misto a piacere uscì dalle sue labbra. L’uomo in tuta la schiaffeggiò ancora.
’Ti piace farti battere la fica, vero’?
Ancora due colpi, forti, veloci e poi un terzo ancora più forte, dopo il quale la mano rimase lì, aderente al sesso ormai bagnato.
La mano si fece largo sotto l’elastico del perizoma sottile. Due dita entrarono senza esitare
.’Per essere una manager sei piuttosto stretta. Sai’? Tolse le dita.
’Vediamo, ora facciamo uno scambio culturale’.
L’uomo in tuta blu frugò nella borsa di Sandy.
’Bello questo cellulare. Lo tengo io e in cambio ti do il mio che è più anatomico’.
Prese il proprio cellulare dalla tasca anteriore della tuta. Lo passò delicatamente sopra il perizoma. Poi lo passò sotto l’elastico e lo infilò nel sesso di Sandy.
’Ecco’.
L’uomo in tuta digitò un numero sul cellulare di Sandy e il telefono inserito cominciò a vibrare. Sandy si accasciò quasi.
’Eh no! Devi stare bene in posizione. Ti piace eh, un bel telefono vibrante nella fica’?
Ridacchiò.
‘Quando avremo finito qui, te lo terrai lì. Io ti chiamerò tutto il giorno. Dovrai alzarti e con classe andare in bagno, levarlo e rispondere. Io ti darò delle istruzioni e poi lo rimetterai nella tua fica pelata. Intesi’?
Sandy annuì con la testa.
’Ah, dimenticavo. Ogni volta prima di metterlo a posto, lo pulirai bene con la tua lingua da puttana’.
Sandy annuì ancora, mentre il telefono continuava a vibrare.
’Per ricaricarlo lo lascerai dov’è. Semplicemente attaccherai il filo al telefono e poi a una presa’.
Una breve pausa.
’E ora, vediamo un po’ cosa c’è da aggiustare qua.'
Scostò il perizoma dal solco tra le natiche.
’Direi che un bel cacciavite può andare’.
L’uomo in tuta aprì la cassetta degli attrezzi e scelse il cacciavite con il manico più grosso. Avvicinò il manico alla bocca di Sandy.
‘Dai usa la tua lingua per lubrificarlo’.
Sandy non sapeva cosa le stesse succedendo e obbedì. Leccò il manico del cacciavite, fino a quando non fu abbastanza coperto di saliva. Poi l’uomo in tuta lo fece scivolare sotto il tailleur e lo presentò davanti all’ano.
’Spingi un po’ in fuori, zoccola’.
Sandy si sforzò, spingendo.
’Brava’.
L’uomo spinse il manico del cacciavite lentamente, fino a farlo entrare completamente nell’intestino di Sandy.
’Hai un bel culo sai. Vieni ancora indietro’.
Sandy arretrò ancora. L’uomo guidò la punta del cacciavite verso un foro nel pannello di controllo dell’ascensore.
‘Ecco. Ora è bloccato. Facciamo vibrare il telefono e tu ti scopi il culo con il cacciavite’.
Compose ancora il numero.
’Lo senti il telefono che ti vibra dentro? Dai, avanti a indietro, scopati il culo con quel bel manico’.
Sandy si muoveva. Le piaceva. Sentiva nascere dentro di lei il suo essere vacca, come le aveva detto quell’uomo.
‘Forza, voglio vederti godere come una cagna. Perché tu sei una cagna, vero’?
Sandy annuì e continuò a farsi scivolare nell’ano il manico del cacciavite, mentre il telefono vibrava e le procurava insaziabili sensazioni. La sua voce uscì, finalmente, in gemiti di piacere irrefrenabili.
’Allora, cagna. Di chi sono questa fica e questo culo?’
‘Sono tuoi’.’
Bene. E ricordalo’.
Sandy venne urlando il suo orgasmo nell’ascensore. L’uomo la fece rivestire.
’Ora vai al lavoro, fai la brava puttana. Ti chiamo io per darti direttive’.
’Sì Signore’. Si limitò a dire Sandy e uscì sul 101° piano.

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