Sono ormai dieci anni che siamo sposati, io ed Enzo; e non abbiamo nessun motivo di recriminazione l’uno per l’altro: tutto è andato come nei nostri desideri e nelle previsioni di tutti; eppure, stasera, nel villaggio dove siamo ospiti in Calabria, qualcosa sembra frizzare nell’aria che non riesco a controllare.
Il primo elemento ‘diverso’ è la corte serrata che questo ragazzo, Andrea, animatore del villaggio, mi sta facendo sotto gli occhi di tutti e senza nessun rispetto per la correttezza e per l’educazione.
Mio marito sembra non accorgersene o addirittura provarci gusto, quasi che si divertisse a vedermi in difficoltà; e a me, per la verità, le sue sollecitazioni non dispiacciono affatto, visto che, mentre mi stringe oltre ogni lecito in un ballo lento che è solo una scusa per limonare in piedi, mi ha piazzato fra le cosce nude una mazza, coperta però dal bermuda, di dimensioni assolutamente imprevedibili per me, che tra l’altro ho conosciuto finora solo la verga di Enzo, mio marito, e non ho quindi termini di riferimento; lo strofinio di quell’asta contro la mia vulva, coinvolgendo direttamente il clitoride che è sollecitato in maniera pazzesca provocandomi brividi infiniti, mi ha portato ormai assai vicino ad un orgasmo epico che raggiungo trattenendo a stento un urlo feroce: non posso impedirmi però di sentirmi illanguidita fino quasi a svenire e Andrea mi deve sorreggere per non farmi cadere.
Quando mi lascia e torno da Enzo, sono rossa come un peperone, lo guardo incavolata perché non ha fatto niente per intervenire e glielo dico; mi risponde che dovevo solo respingerlo, che non l’ho fatto forse perché mi piaceva, come si è visto; ed in fondo, perché non pensare che lui si fosse eccitato proprio guardando quella scena.
“Se la metti così, vuol dire che domani lo porto a casa a cena e ci copulo davanti ai tuoi occhi!”
Dovrebbe essere una boutade, una falsa minaccia per costringere mio marito ad essere più rigoroso; lui ne ride quasi assai divertito, mi porta a casa e mi fa fare l’amore tutta la notte con grande entusiasmo.
“Adesso però ti faccio vedere io se ridi ancora, quando te lo porto in casa e mi faccio sbattere!”
Penso tra me e me; ed anche questa dovrebbe essere un’idea assurda, da dimenticare immediatamente.
Ma non è più un’idea assurda, la mattina dopo, quando vado a cercare Andrea, a bella posta, per invitarlo a cena nel nostro bungalow; lo dico ad Enzo e lui continua a ridere pensando ad una mia battuta infelice.
“Maledetto imbecille, vedrai se non cedi e non chiedi scusa, che cosa ti combino stasera. Giuro che mi faccio sbattere come un tappetino in tutti i buchi; poi saranno ca…voli tuoi, con le corna che ti troverai.”
Penso queste enormità; e non prendo neppure per un attimo in considerazione l’ipotesi di parlargli apertamente: ormai voglio solo che si penta di avere riso di me; alle nove, Andrea si presenta puntuale ed Enzo lo accoglie anche con cordialità ed amicizia.
“Cornuto, imbecille: vedrai che ti succede, tra poco!”
Ormai è guerra aperta, per me; ma lui neppure lo sa; e non mi rendo conto che sto sbagliando davvero tutto!
La cena scorre semplice e divertente; Enzo si allontana per qualche minuto, per andare a prendere altro vino al bar, Andrea mi incantona nel bagno, sposta soltanto il pareo e lo slip del costume: la sua mazza enorme mi è dentro la vagina ed io la accolgo con immensa gioia e goduria, mentre i tessuti del mio utero sembrano dilatarsi per accogliere il nuovo ospite; Andrea si sfila dalla vagina, mi fa girare e, senza lubrificazione, mi pianta la mazza nel retto: urlo dal dolore ma lui continua imperterrito a percorrere il canale intestinale finché i testicoli battono sulla vulva, perché è tutto dentro: scarica una lava di sperma nel mio intestino e si ritira rapidamente (troppo rapidamente, maledetto, quasi mi lacera mentre esce) e scappa via; uscendo vedo Enzo in un angolo: non so da quanto tempo sia lì e che cosa abbia visto, ma non me ne frega.
“Adesso sarai contento, cornutone! Peggio per te!”
Dico fra me e me, ma non riesco a dare ordine ai pensieri; so che potrei mettere tutto a posto semplicemente parlando, perché spesso mi ha detto che certe cose perdono peso se si fanno lealmente, insieme; ma da una parte non mi va di eseguire i suoi ordini, dall’altra mi vergogno troppo della mia stupidità; e taccio.
Peggio ancora, quella notte mi nego a lui; la mattina seguente vado in cerca di Andrea e mi faccio ancora possedere come una volgare baldracca; per tutta la settimana, non faccio che copulare con tutti gli animatori e con alcuni ospiti, senza requie, senza rispetto per nessuno, respingendo ogni avance di mio marito: sono ormai fuori dalla grazia di dio e l’unica cosa che so pensare è che non mi ha chiesto scusa di aver riso di me e di avermi invece fatto capire che voleva essere fatto cornuto; ed io lo accontento volentieri.
Quando torniamo in città, non c’è neppure bisogno di parlare: il solco che si è scavato tra di noi è ormai un abisso e non si può risanare: ogni giorno cerco di fargli capire che lo amo con tutta l’anima e che mi ha offeso il suo atteggiamento, ma lui evita qualunque contatto, insiste a chiedermi di parlare ed io, per risposta, lo faccio cornuto col primo che passa.
Non bastano le settimane e neppure i mesi; per tre anni vado avanti a farmi sbattere da qualunque imbecille mi passi davanti; il mio unico obiettivo è che Enzo si renda conto che ho bisogno del suo amore, cancelli con un colpo di spugna tutto quello che è successo a partire dalla Calabria e mi ricollochi nel ruolo di moglie affettuosa e devota che avevo: se non lo fa, io lo riempio ancora di corna fino a che non si arrenderà; lui continua a parlare di leggi, di morale e di divorzio; ho fatto sesso con un giovane avvocato che mi ha sbattuto ben bene e mi affido a lui per le pratiche che ritardino senza fine il divorzio; intanto, ci copulo con grande gusto fino a farlo diventare il primo dei miei amanti.
Per la verità, anche lui - mentre mi monta con grande perizia e con passione smodata - suggerisce di abbassare la guardia e di dialogare con mio marito; ma la condizione pregiudiziale, per me, è che lui ceda le armi, passi la spugna e mi rimetta sul trono della moglie fedele; anche il mio avvocato è convinto che chiedo l’impossibile e che alla fine mi ridurrò male; mio marito è straricco e può permettersi tutti i lussi che vuole, senza darmi un centesimo al momento del divorzio, perché non ci sono figli, perché non abbiamo proprietà o titoli in comune e soprattutto perché, alla luce degli eventi, sono stata io a scatenare la rottura: dopo la sentenza mi troverò su una strada senza lavoro, senza reddito e senza marito; gli dico di non preoccuparsi perché sono convinta che, alla fine, il cornuto abbasserà la cresta.
Enzo però deve aver preso altri percorsi, perché una notte, rientrando a casa dalle mie scorribande sessuali che non hanno ormai soste, lo trovo nudo davanti alla camera da letto che mi impone con ferocia di chiudermi nella camera degli ospiti perché sta facendo l’amore e non mi vuole tra i piedi.
“Maledetto, anche questa ti metterò nel conto, quando ti costringerò ad implorarmi di tornare ad essere la tua mogliettina affettuosa.”
Mi dico tra me e me; ma ormai sono solo io a credere che questa evenienza sia possibile: l’opinione più convinta è che perderò tutto, anche la libertà e la dignità, perché i miei mi hanno quasi ripudiata e non posso tornare da loro, un lavoro non l’ho mai fatto e l’unica strada sarà fare la prostituta su un marciapiede; ma sono disposta a tutto per massacrarlo, anche a farmi massacrare o a buttarmi sotto a un treno: tutto, purché si arrenda e mi ridia il mio posto; io l’amo e non può ignorare il mio amore, dopo averlo calpestato proponendomi di trasgredire con lui: neanche per un momento guardo alle infinite, enormi, vergognose trasgressioni che sto commettendo io; sono tutte nella logica, per me validissima, della vendetta!
“Hai optato per una prostituta?”
Chiedo ironica al mattino, a colazione.
“No, quella l’ho cacciata dalla mia vita; queste sono donne che mi danno sesso e si prendono amore!”
“Amore!?!?!? Come osi, vigliacco, parlare d’amore a me che per amore ti sto odiando; nemmeno devi pronunciarla quella parola, se non è per riabbracciarmi, dimenticando quello che è successo in questi ultimi anni!”
Se solo avessi avuto un barlume di buonsenso, avrei smesso di scontrarmi con un muro che mi stava sfasciando: nel desiderio di fargli del male, con le corna che gli piantavo e che ormai non interessavano neppure i pettegolezzi delle ‘comari’, io mi prendevo sanguinose sberle morali che mi facevano diventare lo zimbello di tutti, la prostituta che sfruttava il marito per umiliarlo e cornificarlo.
La seconda volta che mi incontro con lui nel corridoio di casa va ancora peggio perché addirittura sta facendo l’amore in tre nella nostra camera da letto.
“Porca miseria, adesso ci incontriamo ogni mese, anche in casa? Dio, che sto facendo? Che sta succedendo? Ho distrutto tutto? Come si può rimediare?”
Non so che pesci pigliare, per la prima volta mi vedo perduta di fronte all’abisso che io stessa ho scavato; ma non riesco ancora ad uscire dalla logica perversa che, se non cancella gli ultimi anni e mi accoglie a braccia aperte, non smetto di offenderlo, umiliarlo, cornificarlo.
Stavolta devo parlargli, perché mi arrivano in continuazione messaggi e telefonate con cui mi chiedono quanto prendo per certe pratiche sessuali a casa mia: pare che da un sito porno risulti che faccio la prostituta in casa e che sono molto richiesta; l’avvocato mi ha suggerito di parlargli perché, essendo la casa di sua proprietà, viene chiamato direttamente in causa e con quella situazione, precipitano le possibilità di rinviare il divorzio, per l’oltraggio che viene arrecato, per mia responsabilità oggettiva, a mio marito e al suo buon nome.
Non so niente, naturalmente, ma non mi crede e mi accusa di ogni bassezza: in pratica, io sono veramente una meretrice, non solo per i ricchi regali che alcuni amanti mi fanno, ma soprattutto perché vivo parassitariamente alle sue spalle mentre lo riempio di corna: e questo è vero, in buona sostanza; ma io aspetto ancora che cancelli in un solo colpo i danni fatti da me e mi riprenda con se per l’amore che gli porto; rifiuta di parlare con l’avvocato e impone che mi rivolga al suo studio legale, che si limita a documentare le mie colpe e chiede al giudice di accelerare i tempi della sentenza di divorzio.
Ormai è tempo di smettere con il sesso ad oltranza che ho praticato, senza risultato, per tre anni e più; decido che divento casta e morigerata per riguadagnarmi il suo amore e convincerlo a prendersi il mio, che conservo intatto solo per lui, ed a restituirmi il ruolo di moglie che, nella mia logica, è solo mio.
Invece, in quel periodo mi trovo a dover constatare che si è piantata in casa un’estranea, una tale Consuelo, con la quale mio marito ha una particolare frequentazione, specialmente nel letto dove vive notti infuocate di cui devo sostenere i rumori e le urla che mi arrivano fino alla camera degli ospiti dove sono stata costretta a ‘rifugiarmi’ se non voglio essere cacciata via a forza dalla casa che non è mia e da dove può buttarmi fuori facendomi passare tre giorni fuori casa e denunciandomi per abbandono del tetto coniugale: non ho neppure le chiavi di casa e, se uscissi per decisione autarchica, rischierei di rimanere fuori per sempre.
“Povera stupida, almeno ti fossi costruita un’alternativa, con uno dei tanti tori da cui ti sei fatta sbattere.”
Adesso nessuno è disposto ad aprirmi la casa, se ne avessi bisogno; l’unico su cui posso sperare, per la sua bontà, per la sua nobiltà di spirito, per la sua generosità, è mio marito, non so ancora per quanto tempo: io mi sono illusa di obbligarlo a riprendermi con se, nella sua casa, nel suo cuore, nel suo letto, nella sua vita; e adesso devo impuntarmi per non farmi buttare sul marciapiede, a rischio veramente di fare una brutta fine.
Ormai sono alla canna del gas; ma, tragicamente, il tarlo di averla vinta sul ‘maschio oppressore’ non mi abbandona; e continuo a crogiolarmi nella mia tigna, mentre perdo sempre più terreno.
Invece, il rapporto tra Consuelo ed Enzo è saldo e ricco anche nella vita quotidiana; ormai lei possiede le chiavi delle sue scelte: lo ama molto, anche se si rifiuta di ammetterlo, forse per non bruciarsi con una disillusione; ma anche lui è particolarmente coinvolto: non so dire se l’ama più di quanto ama me, ma certamente ne è pazzo e farebbe qualunque cosa per lei.
“Maledetto imbecille, perché non concedi a me un poco di quello che a lei dai con tanta larghezza? Perché non sei buono, come sei con lei, anche con me che per dieci anni ti ho amato come la luce dei miei occhi? Dimentica le corna di questi anni e proclamami tua moglie a tutti gli effetti: giuro che ti amerò per sempre!”
In questi miei vaneggiamenti, dimentico che Consuelo gli fa fare l’amore come a lui piace, raccontandogli episodi di copule sue con la dolcezza di chi parla a un guardone e lo rende partecipe delle sue emozioni, come se fossero in tre a copulare.
Io questo l’ho escluso preferendo fargli le corna e trasgredire per conto mio e non accetto affatto, nei miei vaneggiamenti di ripresa del ruolo di moglie, di fare l’amore in quel modo che lei realizza con tanto amore!
Ci incontriamo con buoni esiti, io e Consuelo, e riesco a diventarne amica: non mi perdona niente, neanche lei, degli errori commessi; e più volte mi sollecita ad essere più ‘compagna di vita’ e più ‘innamorata’ di mio marito, se davvero voglio fermare il corso della pratica di divorzio; ma anche a lei contrappongo la determinazione, per lei completamente campata in aria, a vincere la guerra contro il ‘maschio maschilista’ e ridurlo a più miti consigli; mi dice fuori dai denti.
“Carissima, tu ne hai combinate così tante che altri uomini ti avrebbero fatto ammazzare da un killer se non volevano finire in galera per averti ammazzata. Dici cose senza capo né coda, senza prospettiva. Se non scendi dalla torre, cadi male.”
Naturalmente, non mi arrendo e cerco di giocare di fino, inducendola a coinvolgermi nei loro giochi amorosi; ingenuamente, aderisce alla richiesta e per ben due volte mi fa stare con loro sul letto di camera, mentre si preparano a fare l’amore: una prima volta, quando mi invita a prendere in bocca il fallo che Enzo le teneva piantato nella vagina, oppongo che io non faccio certe trasgressioni; naturalmente, mi dimostrano che mento: mio marito sa bene cosa ho fatto con lui ed ha sentito voci di quel che ho combinato con altri; la seconda volta, cerco di prendere in bocca il membro, mentre lui amoreggia con la sua donna; mi caccia via irritato e mi obbliga a chiudermi nella camera per gli ospiti: inutile dire che la mia rabbia diventa ancora più feroce e che, testardamente e stupidamente, minaccio, tra me e me, di caricare tutto su un conto che so benissimo non sarà mai nemmeno presentato.
Una mattina che siamo andate al supermercato, vediamo una signora che, all’ingesso, chiede l’elemosina di qualche bene di consumo soprattutto per i tre figli; poco più in là, un uomo male in arnese cerca di nascondere il viso quanto può; riconosco in lui uno dei piccoli imprenditori che mi hanno posseduta nei primi tempi delle mie ‘folli giostre’; lo sussurro a Consuelo che si rivolge quasi amorevolmente alla donna chiedendole se era la moglie che io ho cornificato, insieme a suo marito; la poveretta dice che è stato Enzo a ridurli sul lastrico, dopo aver saputo che cosa abbiamo combinato: solo allora, forse, mi riconosce e mi guarda con schifo, come si guarda un essere viscido e ripugnante.
Consuelo prende il telefonino e parla a lungo; alla fine, da alcune banconote alla donna e le dice di andare all’ufficio di mio marito che risistemerà le cose, in nome dei bambini; la invita a perdonare a quell’imbecille del marito e a dimenticare un piccolo episodio che non deve rovinare una famiglia; l’altra non smette di baciarle le mani e di piangere come una fontana.
Quando ci siamo allontanate, le chiedo cosa è successo; mi dice che veramente Enzo, persa la pazienza per le mie intemperanze, ha cominciato metodicamente a martellare tutti quelli che si sono resi colpevoli, con me, delle sue corna: un gran numero di persone è letteralmente scappato dalla città perché il ‘maglio della vendetta’ ha prodotto situazioni come quella che abbiamo visto, di fallimento totale delle attività che ha preso di mira; molti sono ridotti sul lastrico e si vocifera addirittura di suicidi, per non parlare di famiglie sicuramente distrutte dal vento di vendetta: io non mi sono mai resa conto del reale potere di mio marito; solo adesso ne ho una qualche visione ed ho paura, tanta paura, di avere svegliato un gigante buono che diventa molto cattivo.
A tavola, Consuelo prende di petto Enzo e lo accusa di disumanità, di miseria morale, del massacro di mogli e bambini vittime, come lui, dell’imbecillità di una sola persona: vorrei reagire, perché vengo caricata di tutte le colpe; ma preferisco tacere, perché stavolta ad essere nera come la pece è la sua donna, contro la quale non posso vantare niente se non la mia inesperienza e l’imbecillità di cui, appunto, mi accusa.
La cosa più sorprendente è che Enzo le da perfettamente ragione e, anzi, chiama il capo del suo ufficio legale per imporgli di fermare tutte le iniziative di vendetta che colpiscono bambini e mogli, di operare per creare il massimo dell’offesa ai colpevoli e il minimo del danno agli innocenti: nella mia ottusità, mi ostino a chiedermi perché sia così tenero con lei e così duro con me, senza neppure valutare per un attimo che io quelle cose non le farei mai, perché non so farle e perché non sono capace di pensare in armonia con mio marito; quando decidono di riappacificarsi facendo l’amore, mi aggrego e chiedo di stare almeno a guardare.
Consuelo si mette a ridere.
“Insomma, chiedi di fare tu quello che lui aveva chiesto a te, in armonia, in amore, in complicità. Ti rendi conto di quali assurdi sei capace di costruire? Speri ancora veramente che lui deponga le armi perché tu continui a sparare imbecillità?”
Naturalmente, mi offendo e me vado nella camera degli ospiti da dove li sento fare l’amore con un entusiasmo, con una libidine, con un piacere urlato a squarciagola che non ho mai né vissuto né sentito raccontare; li odio con tutte le mie forze e mi auguro che possano morire facendo l’amore; poi mi rendo conto che non è una maledizione, ma un augurio e non so più cosa pensare; mi appisolo sulla visione di Enzo che mi possiede da dietro, a pecorina, mentre io succhio un membro sconosciuto; ma non riesco a prendere sonno, perché in camera da letto la giostra corre ed io la sento distintamente.
Mi denudo, vado da loro, salgo sul letto e mi abbarbico, da dietro, ad Enzo che sta succhiando i capezzoli a Consuelo, tutti e due stesi di lato; gli pianto la vulva contro il coccige sul quale struscio il clitoride in cerca dell’orgasmo; lei si stacca un momento da lui e gli chiede se vuole il racconto di quella volta che tradì Bernardo, il suo compagno, facendo un casino; Enzo, senza staccare la bocca dal capezzolo che succhia, le fa cenno che gli piace molto; non appena lei comincia a parlare, mi prende un autentico tremore, in primo luogo perché vedo dal vivo come lei riesce a dargli l’amore ‘trasgressivo’ che lui chiede, ma anche perché sospetto che voglia fare dei riferimenti a noi.
Infatti Consuelo dice che sono in un villaggio turistico in una località balneare (capisco subito che è la Calabria; e senza dubbio lo coglie anche Enzo); che lei si è presa una sbandata per un animatore e, visto che Osvaldo l’ha provocata ad una trasgressione leggera, lei ha invitato a cena l’animatore e ci ha fatto sesso, in piedi, nel bagno, facendosi penetrare anche analmente; che il compagno l’ha rimproverata per quella sciocchezza e che lei, per ripicca ha cominciato a tradirlo con chiunque incontri per strada, che l’ha cacciato dal suo letto e dal suo cuore; punta sul vivo dalla narrazione, concludo io.
“Scommetto che da allora lo hai riempito di corna e che non riesci più a trovare il bandolo per sciogliere il garbuglio dei sentimenti e degli eventi!”
“Già! Adesso bisognerebbe sapere dove porteranno la tigna, la stupidità, l’orgoglio: se io volessi superare l’empasse con il mio uomo, basterebbero la chiarezza, l’umiltà e l’amore; se invece voglio far vincere la testardaggine, lo scontro, l’imbecillità, da un giorno all’altro arriverà la sentenza del tribunale e il mio matrimonio sarà un inutile ricordo, perso in milioni di ricordi meravigliosi o squallidi.”
Il commento di Enzo è semplice e lapidario.
“Mi sai dare molta più eccitazione e amore con i tuoi racconti da escort che con queste false tragedie di seconda mano!”
Mi intima di uscire dalla camera e mi ritrovo di nuovo da sola: per la prima volta in tutta la faccenda, ho la certezza che avrei perso tutto e cado in uno stato desolante di prostrazione; dormo poco e male.
La convocazione del giudice arriva inattesa e sorprendente, anche se era risaputo che mancavano giorni, forse ore: ci sono tutti in tribunale, anche Consuelo che giuridicamente non ha nessun ruolo, ma che Enzo considera la sua vera compagna alla quale si appoggia anche per le sue decisioni: mio malgrado, devo ammettere che merita la fiducia; bastano pochi minuti per dare lettura delle conclusioni del giudice che dichiara sciolto il matrimonio senza nessuna pretesa dalle parti; il mio avvocato, alla luce anche di quanto è capitato ad altri occasionali amanti, sparisce in un baleno; mi accorgo di essere rimasta assolutamente sola: le uniche persone che mi rimangono come riferimento sono quelle che hanno più diritto ad odiarmi, mio marito e la sua nuova compagna.
Le lacrime mi rotolano dagli occhi incontrollate: la paura di dover finire a prostituirmi sui marciapiedi è un mostro in agguato, fuori della porta del tribunale; Consuelo mi vede, mi abbraccia, appoggia la mia testa sulla sua spalla e mi sussurra.
“Vedrai che non ti lascerà sola; abbi fiducia e spera. Se ci riesci, amalo; ne ha bisogno, ma nel modo che piace a lui.”
“Non ci riesco: non voglio fare quello che lui vuole, ma solo quello che decido io.”
“Che Dio ti aiuti. Io non posso più!”
“Oh Dio, perché sono cos’ str …? Sto cacciando via l’unica persona che poteva aiutarmi? Perché mi comporto così, maledetta me? Non potevo stare zitta e aspettare un altro momento per chiarire?”
L’ho pensato con un attimo di ritardo, perché ormai il tarlo arriva prima di me; e perdo puntualmente le occasioni della vita; ora rischio di fallire completamente, come quel signore al supermercato ridotto all’elemosina da che era un imprenditore!
“Consuelo, adesso mi vuoi sposare?”
“Dio mio, lo ha detto! NOOOOOOOOO sono io tua moglie, sono io che ti ho dato la verginità, che ti ho amato per dieci anni, basta solo che ti arrendi e mi ami come una volta, cancellando qualche corno. Non sposare quest’altra; ama solo me!”
Lo dico solo dentro di me: ormai sono folle e non ragiono più; nell’aula del tribunale dove il mio matrimonio è stato cancellato, ancora mi ostino a credere di essere l’unico grande amore di mio marito che invece può ora stesso far celebrare il suo matrimonio da un giudice di pace. Dio, dio, che devo fare?
“Enzo, sei assurdo, nel tribunale dove ora stesso un tuo matrimonio è stato cancellato chiedi di avviarne un altro? Io ti amo e sono certa che tu mi ami: perché dobbiamo farlo certificare da un foglio con timbri e marche da bollo, se poi possiamo cancellarlo quando non ci convincesse più? Ti sposerei se potessi avere un figlio tuo e potessimo affidare a lui il compito di testimoniare il nostro amore; ma io non posso avere figli; quindi, perché sposarci? Io ti amo da morire e sono certa del tuo amore: che bisogno abbiamo di certificarlo con un atto pubblico? Forse perché vuoi legarmi al tuo potere economico? Io non lascio, per il momento, la mia attività; poi, vedrò cosa fare ma non sarò mai la moglie asservita al marito ricco!”
Enzo si rivolge al capo del suo studio legale che non lo lascia nemmeno parlare.
“Capito! Domani un’indagine interna farà sapere quale ruolo può essere affidato a tua moglie con garanzia di stipendio idoneo al ruolo sociale; vuoi che ci occupiamo anche della tua ex moglie?”
Interviene Consuelo.
“Si, avvocato, per favore; provveda anche per Nicoletta; poi le darò qualche indicazione. Enzo, non so se e quando ci sposeremo; ma io sono e resto la tua compagna; scusami se qualche volta usurpo il tuo potere; non puoi amare Nicoletta e non la amo neanche io; ma non lasciamo nessuno solo sul marciapiede; poi ti presento l’idea che mi sono fatta. Possiamo andare a casa, finalmente? Nicoletta può venire a stare con noi, finché si sistema?”
Mi avvio con loro; camminando, prendo una mano di lei e me la porto alle labbra; mi sposta indignata.
“Che ca…volo fai? Sembri una bambina indecisa e piagnucolosa; sii donna e affronta la vita.”
“Se ho ancora una vita, me lo consenti solo tu …”
Entriamo in casa ed io schianto di peso sul letto, piangendo tutte le lacrime che mi restano; sento che i due parlano, in cucina e mi metto ad ascoltare; Consuelo chiede se c’è posto tra il personale della fabbrica costruita vicino al paese dove abitano i miei; Enzo risponde che, se non c’è, si inventa; lei allora gli fa presente che tornare al mio paese e lavorare lì sarebbe la soluzione ideale per tutti; all’obiezione che i rapporti tra me e i miei si sono interrotti all’inizio delle mie ‘giostre’, che i miei vissero come un affronto a loro a al loro buon nome, Consuelo risponde che comprare la casetta in cui vivono e regalarla come testimonianza dell’affetto di un ex genero, che non si sente umiliato dalle corna della loro figlia, li ammorbidirà molto e risolverà i problemi.
Ho paura che la maledetta abbia ideato la soluzione ideale per farmi fuori e restare padrona del campo; ho ancora una sola freccia, al mio arco; e decido di giocarmela.
“Che pensereste se ti chiedessi di farmi fare un figlio e di tenermi con voi come madre di tuo figlio? Non era questo che avevi proposto prima?”
“Per fare un figlio, bisogna essere in due e metterci tanto amore.”
“Io ti amo, da sempre e senza cambiare mai; sono certa che anche tu mi ami …”
“Ancora insisti a imporre la tua interpretazione come unica possibile? Per fare un figlio, non basta amarsi, bisogna FARE l’amore, io devo entrare dentro di te e immettere tanto amore, tu devi prendermi dentro di te e darmi tanto amore.
“E allora?????”
“Hai visto come mi fa fare l’amore Consuelo? Credi di riuscire a farlo anche tu?”
“Con le trasgressioni? Neanche a pensarci …”
“Ecco perché non ci penso e ti invito a non pensarci; accontentati del posto di lavoro e torna al paesello: forse ti rifai anche una verginità e trovi chi ti ama come preferisci tu.”
Sono passati più di due anni, quando torno in quella casa; l’occasione è stato un incontro di maestranze dello stesso pool di aziende di cui fa parte il gruppo di Enzo; mi sono ritrovata, quasi per caso, a fianco di Consuelo, ormai dirigente di una sezione importante della fabbrica in cui siamo state assunte insieme, e lei mi ha detto del figlio che hanno avuto tramite una ragazza (ex escort anche lei) che ha accettato di farsi inseminare da Enzo, con l’assistenza diretta della ormai moglie, che ha seguito da vicino la gestazione e il parto ed ora è la madre più affettuosa del mondo.
Dopo il parto, la ragazza si è ritirata nella tenuta che ha acquistato coi soldi dell’utero affittato e Consuelo è felice di essere la madre legittima e putativa (anche se non può essere naturale) del loro Francesco, per il quale Enzo stravede.
Inevitabilmente, le devo chiedere perché con me non ha funzionato e cosa ha invece fatto funzionare l’affitto.
“Per ottenere l’inseminazione, Enzo e Teresa hanno fatto l’amore per più di due mesi, prima che lei rimanesse incinta (tu se preferisci dici pure che hanno fatto sesso o che hanno copulato, visto che si trattava di una escort; io che ero presente ti assicuro che hanno fatto tanto amore da rendermi gelosa: e non sono una che si perde facilmente!); per dare tanto amore, Teresa gli ha parlato a lungo e molte volte dei suoi rapporti mercenari, lo ha fatto eccitare come uno stallone infuriato, al punto che anche io mi sono masturbata, ascoltandola, ed ho avuto una serie infinita di orgasmi, quasi senza accorgermi che stava facendo l’amore col mio uomo, con mio marito, con il sesso che ora è mio e che ho prestato a lei perché si inseminasse e potrei prestare, con molto rammarico, solo a te e al tuo amore, se diventasse compatibile col mio uomo. Questa è stata la chiave che ha reso possibile l’affitto. Ma con te è come parlare del sesso degli angeli: non ci capirai mai niente, se non è successo qualcosa che ti ha cambiato.”
“Posso parlarti col cuore in mano? Non è successo niente: saranno tre anni che non ho nessuna pulsione sessuale; ecco, forse in questo qualcosa è cambiato; sono diventata fedele alla memoria di mio marito: se qualche volta in questi tre anni mi sono masturbata, è stato perché ricordavo l’amore che mi faceva fare Enzo quando eravamo felici; di quello che è successo dopo, forse vigliaccamente, ho cancellato anche la memoria; ma di lui, del suo fallo soprattutto, di noi che ci amavamo e lo facevamo in ogni momento e dappertutto, ho un ricordo nitido e carissimo; scusami se possono disturbarti queste cose, ma mi hai chiesto e ti ho risposto. Non è cambiato quasi niente; anzi, una settimana fa mi è capitata una cosa strana. Un ragazzo dell’ufficio, di quelli da copertina, che fa sbavare tutte le donne, mi tampina da mesi e vorrebbe che facessimo l’amore: lui non sa cosa vuole dire fare l’amore per una donna che l’ha fatto con Enzo anche una sola volta. Insomma, ci prova; ma io non ho nemmeno l’idea più lontana di farlo con qualcuno che non sia tuo marito: lo amo ancora troppo. Mentre si sforzava di stuzzicarmi, è arrivato a dire che l’avrebbe fatto con tutto il cuore anche se gli avessi imposto di farlo in coppia col mio amore: lui mi avrebbe penetrato da dietro, a pecorina, ed io avrei masturbato il mio amore; lui avrebbe eiaculato nel preservativo e, una volta uscito, di lui non sarebbe restata traccia e forse neppure un vago ricordo; invece, avrei fatto eiaculare il mio amore sulle tette, così dopo mi sarei spalmata lo sperma su tutto il corpo e mi sarei leccata anche le dita. Vedi; se come l’ho raccontato a te adesso, lo avessi raccontato a mio marito anni fa, oggi io sarei ancora felice con lui e, purtroppo, non ci sarebbe niente per te; invece, tu sei felice con lui e non c’è niente per me.”
“Ti è capitato di pensare che, nonostante tutto, questo racconto potrebbe essere la cucitura della crepa tra te ed Enzo? Hai mai pensato di fare l’amore con me e con lui insieme? Ti fanno ancora rabbrividire le nostre ‘trasgressioni’?”
Sono stanca di passare per stupida; non le rispondo: mi avvicino e cerco di abbracciarla per dimostrarle che, per esempio, non mi fa paura l’amore saffico; ma Consuelo pare non disposta a concedermi spazio; si sottrae e mi allontana con garbo ma con decisione.
“Che diavolo ti succede? All’improvviso sei tu che ti comporti da talebana?”
“No, cara, non puoi neanche sognarti cosa è la vita sessuale mia e di Enzo, ora che può dare sfogo alle sue ‘turpi voglie’, per dirla con Guccini, ma soprattutto ora che può contare su una compagna esperta, disponibile, premurosa e attenta ai suoi bisogni. Il problema sei sempre tu e la tua mutevolezza: tra dieci minuti starai di nuovo reclamando il tuo diritto alla tua visione della fedeltà, della castità, dell’amore. Ti conosco e devo dirti: vai per la tua strada e facci fare la nostra. Ti abbiamo salvato dall’abisso, ti abbiamo offerto una prospettiva: sei in salvo e stai bene. Il nostro compito si esaurisce qui. Adesso ci dobbiamo occupare di noi, di Enzo soprattutto, che ha già sofferto tanto per colpa tua. Tu non ce la fai a capire; ma certe mazzate lasciano un segno dentro, che non si vede ma ti logora con gli anni. Lui non è ancora guarito, perché il tempo non è stato ancora sufficiente. Non ti voglio impedire di incontrarlo; ma se rinunciassi mi faresti un piacere e lo faresti soprattutto a te e al tuo orgoglio, perché non ancora ha dimenticato e non vuole perdonare. Sai bene cosa succede quando decide di fare male a qualcuno; nel caso, chiedi al tuo avvocato che adesso è addetto alla fotocopiatrice nell’ufficio legale di Enzo.”
Una strana partita 4 (il punto di vista di Consuelo)
Non sono affatto una ragazza ‘semplice’, a quindici o sedici anni: anzi, vivacissima e solare, ma anche tenace e volitiva, pronta a cogliere le occasioni per godersi la vita.
Bernardo entra nella mia esistenza come un ciclone, all’improvviso; e non mi da scampo, col suo amore aggressivo e prepotente, caldo e irresistibile.
Ci perdo la testa, prima, poi le verginità, tutte, perché non riesco a dirgli quei ‘no’ che con tanti ragazzi mi sono apparsi semplici e decisivi.
Quando mi blocca sulla spiaggia, vicino ai pattini arenati e mi bacia, sento rivoltarmisi le budella, il mio corpo freme e si sconvolge, il mio amore sembra esplodere di voglia, di piacere, di sesso: non l’ho mai fatto e non so neppure esattamente cosa sia, ma l’idea che stia per farmi fare l’amore mi brucia le capacità razionali; voglio che mi prenda, che lo faccia subito, qui, adesso; sento la sua verga contro la vulva e comincio a colare come non mi è mai capitato; sento la sua mano scorrere le mie natiche, stringere i glutei e infilarsi nel vallo, alla ricerca del buchino che raggiunge, carezza, solletica con la punta di un dito e poi penetra con forza; dalla vulva continuano a venir giù fiotti di umori incontrollati, forse sto squirtando, ho paura che sto facendomi addosso la pipì ma non voglio fermarmi.
Lo voglio dentro, voglio che mi spacchi tutta, voglio che mi apra fino al cervello e mi faccia sua; ma riesco solo a sussurrare ‘ti amo’ e lo sento irrigidirsi ancora di più, avverto che la sua asta preme sulle grandi labbra: ha spostato lo slip ed ora il suo sesso è lì all’imbocco della vagina, che preme per entrare; lo abbraccio con forza e lo bacio con amore; lui spinge un poco verso l’alto, una fitta bruciante dentro e lui è penetrato in me; una vampa di calore mi inonda e mi brucia i sensi; credo di avere perduto i contatti con la realtà, mentre affondava nella vagina fino all’utero; vedo il cielo ruotarmi addosso e farmi volare nell’infinito: lo amo da morire, è mio e sono finalmente tutta sua.
Ha solo quattro o cinque anni più di me, ma già è maturo come un adulto e capace di gestire la sua vita, quelle di alcune aziende per cui lavora e quelle di alcuni amici che a lui si appoggiano fiduciosi che non darà mai un consiglio sbagliato o un esempio cattivo.
Non sono in grado di negargli niente: quando mi fa piegare in ginocchio e mi offre la verga, dura come un palo, davanti alla bocca, invitandomi a succhiare, non accenno a nessuna reazione: semplicemente apro le labbra e faccio entrare la cappella, la lecco un poco, poi ci gioco con la lingua perché sento che freme e si agita mentre lo faccio; mi penetra fino al limite e copula con la mia bocca fino a spruzzarmi in gola il suo seme; quando, qualche giorno dopo, mi fa girare e piegare a novanta gradi davanti a lui so, da quel che mi hanno detto, che vuole prendersi la mia verginità anale; gliela do, con tutto il cuore, con l’anima, con tutto l’amore di cui sono capace; capisco che sono totalmente e solamente sua.
Mio padre, soprattutto, ma anche mia madre e mio fratello, cercano in tutti i modi di impedirmi di fare scelte forse troppo rapide e decisive; ma sono irrefrenabile e, in capo a pochi mesi, vado a vivere con lui nella ‘casetta dei nani’ (come mi diverto a definirla nei nostri giochi amorosi) che si è fatto costruire alla periferia estrema della città, dove l’abitato sparisce di colpo nella campagna incolta, prima delle zone coltivate.
Più volte, in quei pochi anni, pensiamo seriamente di sposarci, per dare un assetto alla nostra vita, specialmente dopo che raggiungo la maggiore età e posso assumere quella decisione liberamente; ma bastano ogni volta pochi elementi di riflessione per renderci conto che non è necessario: o perché al nostro amore non servono documenti pubblici; o perché l’atto stesso diventa un documento di sfiducia verso la tenuta del rapporto; o perché non cambia niente, se l’amore si esaurisce: insomma, preferiamo il ruolo di ‘compagni di vita’ a quello di ‘marito e moglie’.
Bernardo lavora come libero operatore per conto di molte aziende per le quali cura i rapporti con l’esterno, preoccupandosi tanto dell’immagine quanto dei servizi di comunicazione esterna: questo lo rende molto dinamico ed agile nei rapporti con tutti, specialmente con molte agenzie che si occupano di incontri, convegni e simili; in particolare, mi affascinano i rapporti con le agenzie che forniscono escort, figure mitiche per la mia giovane età; spesso chiedo a Bernardo di accompagnarlo quando, per particolari convegni, incontri e riunioni o simili, è prevista la presenza di escort, soprattutto quando ci sono quelle che costano un occhio della testa per l’alta qualità.
Ad affascinarmi è soprattutto la vita privata delle escort, quasi sempre studentesse universitarie, talvolta anche di ottima famiglia, che si prestano (per qualcuno si prostituiscono) a quel lavoro per il gusto di acquistare un vestito firmato o un particolare accessorio; molte cercano di guadagnare per mantenersi agli studi e non mancano quelle che devono anche aiutare la famiglia: tutte, comunque, hanno dietro una storia che mi diverto ad indagare.
L’altra cosa che mi sollecita è la provenienza: tutte o quasi abitano in città; ma l’agenzia ha sede in un altro centro lontano molti chilometri; e le ragazze svolgono il lavoro in alberghi disseminati lungo la piana, spesso anche molto lontani tra di loro; la perfetta organizzazione dell’agenzia fa sì che possano raggiungere le destinazioni agevolmente, con auto dell’agenzia stessa, quando necessario; o con mezzi di trasporto pubblici e spese rimborsate.
Quasi inutile dirlo, mi affascina soprattutto la loro vasta cultura, che consente di parlare diverse lingue (i convegni sono sempre internazionali, come i visitatori - clienti), di muoversi con eleganza, di conoscere le regole di comportamento: paradossalmente, almeno rispetto alla nostra opinione, non sono particolarmente esperte nell’arte amatoria, anche se i rapporti sessuali pagati fanno parte del ‘pacchetto’ offerto dall’agenzia.
Le prime volte che le incontro, mi incanto e cerco di studiarmele: tra le altre cose, godo di una grande rapidità di apprendimento e, dopo poche occasioni, sono in grado di utilizzare movenze, linguaggi, espressioni, formule al loro stesso modo: insomma, sono potenzialmente un’ottima ‘escort in nuce’ che però il mio Bernardo non ha nessuna intenzione di far emergere, benché gli abbia chiaramente detto che quella esperienza potenzierebbe di molto la mia autostima; per i rapporti sessuali, è il classico caso in cui ‘una lavata, un’asciugata e non pare neppure usata’ come recita il detto popolare.
L’occasione che ci fa ‘ladri’ è l’improvvisa defaillance di una ragazza proprio un fine settimana in cui è ospite un’importante delegazione americana che rappresenta per tutta l’economia del territorio un elemento imprescindibile di riferimento per il rilancio dell’export: dopo decine di tentativi di sostituzione, Agnese, la titolare dell’Agenzia, chiede a Bernardo se me la sarei sentita di fare quel salto; lui risponde molto reticente, io dico semplicemente che, se la sente lei di rischiare e se mi da le giuste dritte, posso affrontare l’impegno con energia e buona volontà; la cosa più difficile è persuadere il mio compagno; ma, in quell’operazione, ho troppe frecce all’arco: mi basta commentare che, in fondo, solo di qualche copula si tratta e che il nostro amore non viene assolutamente sfiorato; deve cedere per forza, anche perché ne va del suo lavoro, innanzitutto.
Mi viene affidata una persona assai avanti negli anni, oltre gli ottanta, che però è anche la più autorevole e determinante del gruppo: sicché, le cautele e le attenzioni di Agnese non si contano; pare che il vecchio abbia indicato proprio me come accompagnatrice e devono accontentarlo; per tutto il venerdì sera, quando vengono a cena, sono io a preoccuparmi di lui e riesco a farlo arrivare in camera ormai ubriaco, perdutamente innamorato dei miei seni e dei miei fianchi coi quali minaccia di fare sfracelli: tra jet lag da viaggio lungo, eccesso di alcool tra aperitivi e cena, peso degli anni e stanchezza, il vecchio John riesce a malapena a sdraiarsi sul letto e a lasciarsi spogliare.
Non ha una brutta dotazione inguinale; anzi, per un anziano è anche ben fornito; allora mi prendo carico io di fargli assaggiare tutto il mio corpo strusciandogli sotto il naso, sul sesso, sulle mani, soprattutto le mie parti più ‘odorose’ che appositamente non lavo anche quando vado in bagno, sicché i miei afrori lo convincono che sta possedendo, e a lungo, la più bella donna d’Italia, con gemiti fanciulleschi che si odono per tutto il corridoio, anche perché forse gli piace comunicare quanta gioia sta prendendo dal mio amore; riesco anche a farmi penetrare, a smorza candela, perché la grossezza del membro mi consente di infilarne in vagina una buona parte; lascio correre sul lenzuolo il suo sperma perché le tracce, l’indomani, gli diano la certezza di avermi posseduto come sta sognando nei fumi dell’alcool.
Dormo saporitamente, quella notte, e mi sveglio alle prime luci dell’alba, perché non ho chiuso le finestre e non sopporto la luce, quando dormo; è un bene, perché ho il tempo per fare in bagno le mie funzioni corporali e tutti i lavacri di cui ho bisogno; quando il mio ‘vecchietto’ accenna a svegliarsi, lo aggredisco con una fellatio: per Bernardo è un risveglio angelico che mi chiede ogni volta che può; immagino che il vecchio John ne sarà felice; ma non posso prevedere che vada in brodo di giuggiole come in realtà fa; e, appena sveglio e ristorato da un’abbondante colazione, annuncia al mondo di essere stato nel paradiso terrestre; Agnese mi guarda con un’aria interrogativa; sfiorandola, riesco a sussurrarle.
“Solo una copula stentata ieri sera e una fellatio stamane; ma lui crede molto di più!”
Mi rifila uno scappellotto sul sedere per comunicarmi la gioia; la giornata trascorre nell’inerzia più totale perché i delegati sono in visita a strutture industriali e la nostra assistenza non serve fino all’ora di cena, quando metto in atto la stessa manfrina della sera precedente e lo porto in camera che quasi dorme; anche la domenica scivola via, perché una visita agli scavi lo debilita abbastanza, ma è arcifelice dell’esperienza culturale e, soprattutto, di quella amatoria; al momento di salutarmi con tanto di lacrime agli occhi per la grande gioia che gli ho fatto provare, mi accorgo che la busta contiene diecimila dollari, assai più di quanto mi aspetti e di quanto concordato con l’Agenzia.
Ne parlo con Agnese che non sembra meravigliata: il vecchietto che mi è stato affidato è uno dei più ricchi imprenditori americani, uno al quale i milioni escono dalle orecchie, abituato forse a pagare fior di bigliettoni per prostitute di scarsa qualità e che si è esaltato quando si è visto proporre una ragazzina quasi verginale, per di più attenta, disponibile e che, a suo avviso, gli ha anche dato amore: mi suggerisce di tenermi cari quei soldi, ma di non illudermi che sia sempre così: la fortuna del principiante viene una sola volta; comunque, mi dice, a nessuna delle ragazze è andata male e quasi tutte hanno guadagnato sui tremila dollari.
“Senti, Agnese, checché ne dica Bernardo, se ti capitano di questi colpi, ricordati che hai a disposizione una ragazzina apparentemente semivergine che ti fa fare un figurone. Io ci sono, se ti serve.”
Capita ancora che Agnese mi chieda di partecipare a un fine settimana di convegno, tre o quattro volte nei due anni successivi che trascorro con Bernardo; ed ogni volta la paga è straordinariamente ricca; poi la sorte sembra cambiare direzione fino a quel maledetto giorno che la polizia arriva a casa a comunicarmi che Bernardo è stato travolto da un carico sbilenco in un cantiere e che non ce l’ha fatta.
Anche se non ci siamo sposati, mi trovo nella condizione della vedova a soli vent’anni; anzi, peggio, della vedova non ho nessun diritto perché non mi spetta niente delle liquidazioni dal servizio e dalle assicurazioni, devo lasciare la ‘casa dei nani’ che viene presa dai familiari; e rischio di finire sotto i ponti se, al funerale, Agnese non mi avvicinasse, offrendosi di ospitarmi per il tempo necessario a riprendermi e mi proponesse di fare da professionista l’attività in cui mi ero cimentata, con successo, da dilettante; le dico di si su ogni fronte le chiedo un po’ di tempo per riprendermi; mi è vicina come una madre.
Sfruttando tutte le possibilità che quel lavoro mi offre, in pochi mesi riesco ad affittare l’appartamento in centro dove vivrò a lungo, a garantirmi una vita serena per un po’ di tempo ed a risparmiare anche qualcosa per eventuali incertezze future: quattro o cinque giorni a settimana, lavoro per Agnese o per altre Agenzie simili; un paio di clienti ‘speciali’ me li riservo per incontrarli a casa mia, con la massima discrezione; il trand della mia vita si assesta su un binario buono e prosegue con quel ritmo per alcuni anni, durante i quali rimango quasi una sconosciuta nel mio stesso condominio dove si parla di me come di una ‘signora’ di cui si sa assai poco.
Quando, aprendo la porta al suono del campanello, mi trovo di fronte l’inquilino dell’appartamento sotto al mio, mi viene quasi un colpo: non mi sono preoccupata di vestirmi, perché ho un appuntamento di lì a poco; e la mia vestaglia non copre niente, anzi lascia ammirare tutto, come dimostra l’imprenditore del quinto piano che sbava sul mio seno in bella vista; lo faccio accomodare e cominciamo a parlare di una storia complessa e difficile dalla quale preferirei restare fuori, se non sapessi che quel signore è uno dei più grossi industriali della zona, uno per il quale Agnese e gli altri organizzano quasi ogni mese incontri internazionali di altissima qualità.
La vicenda di cui mi parla non tocca però l’attività di escort o quella industriale ma la sfera privata sua e quella di sua moglie, una tipa tutta da capire, stando a quello che mi dice; in sostanza, alla fine ci accordiamo che possiamo anche collaborare in molte direzioni: quella strettamente sessuale, perché ha bisogno di fare l’amore in un certo modo, stuzzicandosi con la presenza fisica di altri maschi, o con il racconto di altre mie copule; quella più generalmente emozionale, perché vuole che lo renda partecipe del mio lavoro in veste di segreto guardone, salvo copulare (lui insiste nel dire ‘fare l’amore’) subito dopo; sul piano dei suoi casini personali, spostando la mia attività ‘domestica’ nel suo appartamento, per incastrare in un’accusa di prostituzione la sua infedele mogliettina.
Forse mi risulta immediatamente simpatico; forse non voglio respingere un personaggio di cui so che ha molto potere nel territorio; forse prendo immediatamente in odio sua moglie che, dietro un atteggiamento talebano, nasconde una spudorata trivialità che la porta a riempirlo di corna sbandierandole a tutta la città; forse mi diverte molto l’intricata complessità di quelle vicende; sta di fatto che accetto la collaborazione e, addirittura, cambio l’appuntamento col mio cliente e lo sposto all’appartamento inferiore, con lui che fa da spettatore segreto.
Esaurisco nella nuova location le due ore fissate col mio cliente, con lunghissime copule e diversi orgasmi a cui corrispondo ufficialmente con due dei miei, di cui uno è decisamente artefatto; dopo la mia attività standard, mi dedico a lui che sceglie di fare l’amore in cambio dell’ospitalità: trovo fra le sue cosce un randello di rara grossezza, con mia enorme sorpresa, perché l’atteggiamento della moglie mi aveva suggerito una scarsità quasi patologica.
Enzo (così si chiama) non solo è ben dotato, ma è anche eccitatissimo per avermi visto copulare con gusto e si eccita fino all’impossibile, a mano a mano che, come abbiamo concordato, gli parlo delle mie copule professionali, descrivendogli organi, attività, sensazioni ed emozioni: l’orgasmo che gli esplode è così potente da scatenare anche il mio, che non è frequente, specie dopo una sessione lunga con orgasmo compreso, esattamente come è avvenuto poco prima.
Quando lo saluto, si fa promettere che lo avrei invitato ad un rapporto a tre, a casa sua: non ho difficoltà a promettere perché so che periodicamente viene a trovarmi una persona che ama quel genere di incontri e che non avrà nessuna difficoltà a farlo in un ambiente nuovo, purché la sua identità rimanga protetta: qualche mese dopo, riesco a mantenere l’impegno; ma a quel punto siamo già entrati in una particolare intimità per cui posseggo anche le chiavi della sua casa e mi muovo liberamente tra i due appartamenti; solo la moglie (e mi appare fin troppo strano) non mi capita di incrociarla, benché talvolta usi la loro casa quasi per l’intera giornata.
Ogni volta che ‘lavoro’ in casa sua, avverto preventivamente Enzo che, quando a sera rientra dall’ufficio, mi viene a chiamare in casa mia, se non sono già nella cucina di casa sua; ci trasferiamo in camera e fornichiamo per tutta le serata: gli ho suggerito di montare un’attrezzatura da ripresa per avere le immagini dirette delle mie performances sessuali; ma mi oppone che ascoltare dalla mia voce è il massimo del godimento che vuole realizzare, perché significa partecipare più intensamente alle mie emozioni; infatti, i suoi grandi orgasmi e le sue eiaculazioni più belle li registro quando gli racconto nei particolari le copule della giornata; rivivere quei momenti è per lui ancora più che essere con me mentre lo faccio, e il mio racconto, talvolta perfino emozionato, per lui vale infinitamente di più; intuisco che si sta innamorando di me; e forse anche io di lui.
Dobbiamo addivenire alla conclusione che forse è più semplice e logico che mi trasferisca con lui, rischiando anche di incrociare sua moglie; ma ne è tanto felice che la moglie si rivela addirittura un non-problema: lo facciamo e, dopo una sorta di ‘rodaggio’ per le improvvise incursioni di Nicoletta (sua moglie), arriviamo alla determinazione che si vive in tre sotto lo stesso tetto, che io ed Enzo siamo padroni dell’appartamento intero per tutte le nostre esigenze, compreso il mio lavoro da escort; e che a lei è riservata solo la camera degli ospiti, visto che non cucina e che non ha nessuna idea circa la conduzione di una casa: lei esce la mattina per andare dai suoi amanti, Enzo va in ufficio, io resto padrona di tutto; a sera, io e lui facciamo gli sposini e ci amiamo veramente mentre ceniamo in cucina; raramente partecipa Nicoletta; poi dormiamo nel letto grande, lei si sistema nella camera per gli ospiti.
Finché arriviamo ad un decisivo faccia a faccia, nel corso del quale non manco di dire a Nicoletta tutto intero il mio pensiero sulla assurdità del suo punto di vista, delle sue prospettive, delle sue attese; lei continua ad affermare che il ‘maschio maschilista’ prima o poi dovrà arrendersi al suo amore e lei tornerà ad essere la moglie fedele ed amata; ribadisco le mie riserve sulla fattibilità del suo sogno, ma restiamo sulle posizioni individuali; quando arriva l’avviso che sarà emessa la sentenza sul loro divorzio, la mogliettina è ancora in attesa che il suo maschio ceda le armi e le conceda il trionfo: quando il giudice legge le conclusioni e dichiara sciolto il matrimonio, l’unica cosa che sa fare è cadere in una crisi depressiva decisamente grave, ma senza provare neanche per un attimo a cambiare il suo pensiero dominante.
Di fronte alla solitudine a cui la vedo condannata per la fuga di tutti, amanti ed amici, che adesso sono terrorizzati da una sorta di grande vendetta di Enzo contro ciascuno di quelli che sono stati complici della moglie a fargli le corna, mi sento intenerire e chiedo espressamente a quello che adesso è apertamente e convintamente il mio uomo di non lasciarla sola, per favore; quando mi chiede di sposarlo, davanti a tutti, gli spiego che non ho motivi per farlo, perché il mio amore non ha bisogno di carte bollate; perché la fiducia e l’amore sono le uniche guide per la nostra vita; perché lo farei solo se potessi dargli un figlio, ma non posso perché sono sterile; infine perché sono economicamente debole e subalterna e non voglio che il matrimonio diventi una schiavitù al marito ricco.
Seduta stante, ordina che mi sia assicurato un posto degno nelle sue aziende; chiedo che la stessa cosa faccia per la sua ex moglie, per la quale decidiamo la sistemazione nel vicino paesello dei genitori, presso i quali lei torna a vivere, ‘addolcendone’ la rabbia (scattata per le intemperanze della figlia) con il regalo del loro appartamento dall’ex genero che non rimprovera più niente a Nicoletta; qualche tempo dopo, mi accordo con Teresa, una giovane escort dell’Agenzia, perché accetti di essere inseminata da Enzo, in cambio di una tenuta dove andrà a vivere dopo il parto: nasce Francesco che diventa a tutti gli effetti nostro figlio; a quel punto ci sposiamo con convinzione e comincia per lui una nuova vita, con la paternità, con la nuova moglie e, grazie anche a lei, con una vita sessuale intensa, con le trasgressioni da sempre desiderate e che avevano provocato la rottura con Nicoletta, oppostasi ferocemente alle sue richieste per andare invece a praticare, alle sue spalle, una libertà sessuale equivoca e ingiustificabile.
Ho smesso la mia vecchia attività, sia quella privata in casa, sia quella delle Agenzie; mi resta tutto il tempo che voglio per dedicarmi ad una sessualità che costruiamo insieme, io mio marito: forte delle mie esperienze precedenti, non ho difficoltà a cogliere i suoi desideri, ancora prima che li manifesti; e, poiché io amo molto sia il mio uomo che il sesso in tutte le possibili declinazioni; decidiamo insieme di avviarci a pratiche che gli consentano di sfogare tutto il suo desiderio di rapporti ‘diversi’; dal momento che mi sono familiari tutti i posti dove si può fare l’amore in allegria e sicurezza, diventiamo frequentatori abituali di locali, dove il piacere è il pilastro della stessa esistenza.
La prima volta che andiamo in un club privè, Enzo è assalito da mille dubbi, primo fra tutti la possibilità di essere riconosciuto e di sollevare uno scandalo: basta però dimostrargli che, in certi ambienti, tutto avviene al coperto di una maschera che garantisce anonimato: si scioglie in un sorriso godurioso che indica chiaramente quale aspettativa abbia costruito intorno all’ipotesi di una ‘serata brava’.
Entriamo prima di cena e passiamo le prime ore al ristorante, dove si cena anche meravigliosamente; subito dopo, su sua precisa sollecitazione, accetto di farmi trasportare da un ragazzo molto ben dotato su una pista da ballo dove si limita a limonare con me fin quasi a penetrarmi in piedi, ambedue vestiti (poco, ma vestiti); lo fermo con decisione e, rivolta ad Enzo, gli chiedo che intenzioni abbia, quali preferenze e con chi; mi puntualizza che non vuole fare niente senza di me e che si affida a me per ogni decisione: lo guido ad una sala semplice, con un grande letto al centro e tante persone sedute intorno, nude; mi spoglio in un attimo e mi stendo sul letto, invitandolo a venirmi addosso; esita un poco, poi si denuda, sale sul letto e mi penetra in vagina, quasi a freddo; sorrido e lo accarezzo facendogli osservare che non mi ha neppure ‘scaldato’ un minimo, poi gli circondo la vita con le gambe che intreccio sulla sua schiena; ma in quella posizione, non è possibile sbizzarrirsi gran che.
“Amore, se vuoi che io faccia sesso almeno con un altro, in questa posizione non posso fare molto: preferisci prendermi in vagina, nell’ano o in bocca?”
Sembra quasi stordito dalla domanda e sono costretta a spiegare.
“Vedi, amore, in questa situazione, io supina e tu bocconi su me, ho libere le mani e la bocca per prendere un’altra mazza; tu hai idea di che cosa vorresti fare? Vuoi sempre che faccia sesso con un altro, insieme a te?”
“Si, si; è questo che voglio: amore a me e sesso ad un altro!”
“Perfetto: cerca una posizione che mi consenta di darmi anche ad un altro, per favore.”
Finalmente prende coscienza, si sfila da me, si sdraia supino e mi invita a gesti a cavalcarlo da sopra; quando mi calo sulla sua asta ormai allo spasimo dell’erezione, mi bacia appassionatamente e mi suggerisce.
“Scegli chi ti deve prendere analmente: non farti male; scegli con gusto e buonsenso.”
Mi viene da sorridere per le superflue preoccupazioni di lui; ma capisco che sentirsi all’improvviso arbitro del mio corpo lo porta ad un eccesso di premure; individuo un ragazzo con una dotazione non eccessiva e gli faccio cenno; si avvicina, sale sul letto, si lubrifica e mi penetra nel retto, già ingombro, indirettamente, della mazza di Enzo che mi riempie la vagina fino all’utero; non posso fare a meno di lasciarmi andare ad una passione che mi assale di colpo.
“Enzo, amore mio; sono piena di te, mi stai riempiendo da ogni parte, ti ho nel ventre, davanti e dietro; fammi godere a lungo, riempimi d’amore; poi, se vuoi, fammi anche morire, ma lascia che goda questo momento così intenso!”
Lui non riesce a parlare, tanto è evidentemente emozionato; si limita a baciarmi; sento le sue mani su tutto il corpo che mi trasmettono amore attraverso l’epidermide, sento la passione liquida scivolarmi come saliva dalla sua bocca alla mia e dalla mia alla sua: sento di amarlo come non ho mai amato.
“Sei mio, amore; e io sono tua, contro qualunque logica, contro qualunque principio; ti appartengo e mi appartieni; giuro che ti uccido se non mi ami così tanto fino alla fine dei giorni!”
“Amore, sto per scoppiare; sto per scaricarti dentro tutto il mio amore.”
“Aspetta, Enzo; prima ti faccio godere nell’intestino; ecco, stai per godere da tutte le parti, ed io sto godendo con te oooooooraaaaaaaaa!”
Esplodiamo insieme, io e loro; spingo via il ragazzo e mi dedico al mio more, senza consentirgli di staccarsi da me: godermi il suo corpo dopo l’orgasmo è una cosa che avevo quasi dimenticato, ma che con Bernardo facevo sempre ed era il segno distintivo delle nostre copule; con mio marito, adesso, è il sigillo ad un amore tanto intenso da bruciarmi il cervello.
Impieghiamo un poco a riprenderci, tanto è stato violento l’impatto con questo primo orgasmo; poi gli indico un gabbiotto dove è possibile darsi una sciacquata e dove io mi libero dei residui di sperma in tutto il corpo; mentre lo guido lungo i corridoi del privè, gli chiedo come vuole continuare a possedermi insieme ad un altro o ad altri; non ha molta esperienza e devo precisargli che, saltando le sale di sesso estremo, non ci restano che quelle di scambio, dove le possibilità di avere un altro che mi possieda mentre lo fa lui sono abbastanza limitate, perché ci sarebbe un’altra lei da soddisfare; quelle di libera copula dove lui potrebbe non accettare che io ne goda altri quattro, addirittura, mentre faccio l’amore con lui; o il glory hole dove il viso dell’altro non compare perché nascosto dietro una parete; sceglie quest’ultima soluzione e fino all’alba non facciamo che fare l’amore e giocare col sesso fino alla noia; usciamo però esaltati dall’esperienza che ripeteremo molte volte.
Due anni dopo, ad un incontro di dipendenti, incrocio di nuovo la ex moglie, anche se avrei preferito farne a meno: per altro verso, però, mi fa comunque piacere parlarle e la invito a casa dove conosce nostro figlio Francesco; sembra rendersi conto finalmente che l’elemento di ostacolo alla felicità di mio marito era proprio lei; ma ho una paura fottuta che si sia presentata per tentare, come ha fatto per anni, di riprendersi quello che ritiene il suo posto dopo avervi rinunciato disprezzando, offendendo, umiliando, sporcando tutto; cerco di farle presente che non c’è più spazio per le sue stupide illusioni, in un mondo ormai stabilizzato e felice; ma non esita a far capire che vuole tornare all’attacco, sperando in una qualche debolezza di mio marito.
Quando cerca un approccio saffico con me, per tentare di convincermi che, essendo cambiata, ora può tornare alla carica con le sue pretese di vittoria sul ‘maschio maschilista’, la sposto con fastidio e le dico con chiarezza che non ce n’è più, che siamo felici e che forse sarebbe meglio se non incontrasse Enzo per non turbarne l’equilibrio; ma, ovviamente direi, lei ha già deciso che quello è il suo obiettivo e non si ritirerà senza provare, almeno, di riconquistare il ‘suo’ amore.
Enzo arriva all’ora di pranzo, ma non è da solo; rimane molto sorpreso quando vede Nicoletta; fa comunque le presentazioni, del nuovo direttore della filiale dove lavora la sua ex moglie, quindi in pratica, il diretto capo di lei; e, ovviamente, della sua ex moglie che ora è una dipendente di quell’ufficio; Nicoletta non ha esitazioni e sferra diretta il suo attacco.
“Sono venuta per chiederti se mi fai fare un figlio tuo!”
Mio marito, pur rendendosi conto che la matta fa sul serio, cerca di sdrammatizzare.
“Ti prego di non scherzare su questi temi. Fare un figlio è una cosa seria e delicata.”
“Perché? Se hai affittato un utero per averne uno, perché non dovresti concedere a me la gioia di averne uno dal mio eterno grande amore?”
Vedo che Enzo sta telefonando; ad alta voce chiama la polizia e avverte che la sua ex moglie, in condizioni di alterazione, sta disturbando la quiete nostra e di nostri ospiti con accuse terribili quando inverosimili.
“Lo ha detto Consuelo che l’hai fatto con una ragazza compiacente!”
E’ il nostro ospite, suo dirigente da domani, a riprenderla.
“Signorina, lei può anche ignorare la legge perché per il suo lavoro non serve una laurea; ma l’italiano lo deve conoscere ed anche bene, per stare allo sportello: utero in affitto è una accusa di reato; ragazza compiacente è un’indicazione morale.”
“Consuelo, ma non sei stata tu a parlare di utero in affitto?”
“Come sempre, sei talebana e vale solo quello che capisci tu; ho volgarizzato un concetto per abbassarlo ai tuoi livelli di comprensione; tu lo fai diventare un’accusa di reato. Sei ignobile, moralmente tarata, incapace di qualunque relazione umana. Non ti dico quello che provo nei tuoi confronti, altrimenti lo fai diventare un reato!”
E’ arrivato intanto un commissario di polizia che si scusa, quasi, con mio marito e chiede conto dell’accaduto.
“La signora mi ha detto che il figlio che hanno è nato da una ragazza che non c’entrava e che è stata pagata per questo!”
“Signora, si rende conto che sta muovendo un’accusa assai grave e che se non può dimostrare le sue affermazioni, rischia la galera per diffamazione?”
“Ma lo ha detto lei …”
Enzo è andato nel suo studio; torna con un faldone, estrae dei documenti e li illustra al commissario.
“Questo è l’atto di nascita con l’indicazione della madre e del padre naturale; queste sono le dichiarazioni giurate mia e della madre da cui risulta che il bambino è frutto di una breve relazione extraconiugale; questa è la sentenza del giudice che attesta che il bambino è frutto di una libera relazione tra cittadini consenzienti; e questa è la deliberazione con cui la madre naturale sceglie di non tenere presso di sé il bambino che viene affidato a me, padre naturale e a mia moglie, madre putativa. Vede qualcosa di illegale in questi documenti?”
“Ingegnere, capisco la situazione della signora, moglie divorziata che, di fronte alla sua nuova moglie, ha perso le staffe ed ha detto la prima cosa che le è passata per la testa. Ora sta a lei decidere se denunciarla per diffamazione o soprassedere come mi risulta che ha fatto per anni.”
“Io sono convinto che Nicoletta dovrebbe ricorrere alle cure di un centro specializzato in psichiatria; ma questo non lo
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Aggiunto: 4 anni fa
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Etero