Non che vedesse di cattivo occhio la mia abitudine a stare dietro con interesse a Nicoletta, l’amica del cuore sin dall’infanzia, ed a ‘carpirne’, in qualche modo, i comportanti per decidere i miei; anzi era lei stessa a suggerirmi che agire d’intesa poteva rafforzare le scelte ed essere ancora più amiche; ma sottolineava anche che agire d’intesa non significava essere debole e condiscendete; trovava insomma che fosse poco prudente non assumere decisioni e dipendere dagli altri.
Non riuscivo a spiegarle che, per naturale costituzione, quando anche non potevo consigliarmi con Nicoletta, come minimo mi chiedevo lei come avrebbe fatto, in quel frangente, ed avrei comunque scelto sulla base di esperienze comuni, simili o assimilabili.
Specialmente per la nostra maturazione sessuale (e soprattutto in vacanza, dove certi processi erano più evidenti) era quasi una gara tra Ersilia (io) e Nicoletta a chi conquistava per prima il traguardo, sia che si trattasse di annunciare al mondo che, col menarca, eravamo ormai donne; sia che si trattasse di uscire la sera col ragazzo che per primo ti baciava in bocca con la lingua: anche se qualche volta c’era un piccolo o lungo intervallo tra di noi, si poteva definire senz’altro simultaneo il processo di maturazione.
Molto spesso, naturalmente, era lei che realizzava certe conquiste prima di me ed io mi dovevo adeguare a lei, per raggiungere lo stesso livello: così fu quando la vidi strusciarsi, mentre lo baciava, con il pube contro quello del ragazzino del momento e avvertii, dallo sguardo, che aveva raggiunto l’orgasmo di cui avevamo tanto parlato; immediatamente dopo, catturai al volo il corteggiatore più promettente, mi feci stringere a ballare un lento e godetti nel sentire il suo ‘coso’ gonfiarsi contro il mio ventre e stimolare la mia vulva finché non mi sentii squarciare la pancia da un insolito piacere che mi avvisò di essere anch’io ‘venuta’ con un orgasmo fantastico.
Analogamente, quella sera in discoteca che la vidi allontanarsi con fare ambiguo col suo ragazzo verso i bagni, presi il mio filarino e li seguimmo: quando lei, mentre si baciavano, gli infilò le mani nel pantalone, tirò fuori il pene e prese a manipolarlo con gioia, io seguii pedissequamente i movimenti e dopo neanche dieci minuti scoppiavo di gioia interiore vedendo lo sperma spruzzare dal membro del mio ragazzo e inondarmi le mani che, come aveva fatto Nicoletta, portai alla bocca per goderne il sapore acre che mi fece esplodere un nuovo orgasmo.
La stessa ‘disponibilità parallela’ ci sostenne quando per la prima volta ci avventurammo in una fellatio con un membro ormai ben maturo e quando, dopo, ci decidemmo a farci penetrare analmente, con qualche dolore ma con grande entusiasmo e piacere.
Insomma, la nostra emancipazione crebbe in parallelo, fino alla sera che Nicoletta mi avvertì che, dietro le barche arenate, avrebbe concesso a Filippo la sua verginità, perché convinta che lui sarebbe stato il suo ragazzo sempre; in parte perché ne ero fermamente convinta, in parte perché lo faceva lei per prima, risposi che anch’io mi sarei fatta sverginare da Claudio che amavo alla follia.
Tutto andò meravigliosamente, quella sera: dopo che ci fummo appartati dietro le barche, come ormai facevamo spesso, e dopo aver manipolato a lungo i sessi come era nostra abitudine, quando Filippo sfilò a Nicoletta prima il top, per accedere alle sue tette e manipolarle a lungo, e poi la minigonna e il perizoma denudandola completamente sulla tovaglia stesa sulla sabbia, anche Claudio mi denudò con leggerezza, delicatamente e con tutta l’allegria che il suo desiderio e la mia condiscendenza concedevano.
Quando mi si stese addosso, nudo pure lui, con il membro stretto tra il suo ventre e il mio, sentii che colavo come una fontana dalla vulva che non avevo mai sentito così eccitata e pronta; quando il sesso si spostò tra le cosce e la punta premette contro la vagina, ebbi un momento di terrore per il male che poteva farmi o per le conseguenze che potevano derivarne; ma avevo tanta voglia di sentirlo dentro, tanta smania di non essere da meno della mia amica, che già era stata profondamente penetrata dal suo ragazzo, che strinsi i denti e spinsi io stessa il pube per farmelo entrare nella pancia.
Provai un attimo di dolore, quando l’imene saltò; ma io sentii anche, a fianco, il piacere del bastone di carne che visitava i recessi della mia femminilità; e il piacere che ne derivò trasformò il grido, che era nato di dolore, in un urlo di piacere che costrinse Claudio a chiudermi la bocca con un bacio per non farmi sentire anche da chi stava passeggiando sul corso; quel bacio mi trasmise tanta libidine e tanto amore che esplosi in un orgasmo infinito.
Eravamo all’ultimo anno di liceo e il successivo settembre avrebbe segnato l’inizio della nostra avventura universitaria: naturalmente, io e Nicoletta avevamo scelto la stessa sede, la stessa facoltà e gli stessi corsi, per essere sempre insieme, fino alla fine del percorso di studio; e, in qualche modo, ci accodammo ai nostri ragazzi che quel percorso lo avevano avviato un anno prima.
I quattro anni universitari scivolarono agevoli e senza molte scosse: insieme, io e lei eravamo una vera forza della natura e gli ostacoli diventavano tutti agevoli da superare, sia quelli che ci poneva il corso di laurea, sia quelli che la vita ci offriva di tanto in tanto; comunque, non avevo smesso di adeguarmi a lei nelle scelte, sia quelle spicciole di ogni giorno sia quelle più importanti e decisive; la particolarità era costituita dal fatto che, quando avevo colto il meccanismo, poi lo possedevo e me lo gestivo da sola, al punto che certe volte andavo assai al di là delle sue indicazioni; ma anche questo contribuiva a rendere interessante e produttiva la convivenza.
Ben presto, Claudio cercò di inserirsi in questo meccanismo, cominciò ad entrare nelle mie decisioni ed imparò a piegare alle sue scelte la mia tendenza a seguire le sue indicazioni e ad adeguarmi per coincidere con lui.
Per la frequenza all’Università, nella vicina città, Filippo e Claudio avevano affittato due posti letto in un appartamento con altri due che si laurearono quell’anno: io e Nicoletta occupammo il loro posto, quando se ne andarono; e per quattro anni vivemmo comunitariamente; ma solo in poche occasioni ci capitò di fare l’amore nella stessa stanza e ci trovammo di nuovo a condividere il piacere del sesso alla presenza degli altri due, anche se ciascuna coppia per se.
Una sera, però, venne un amico di Filippo a cena e, dopo cena, si ritirarono tutti e tre nella loro camera; dopo poco, avvertii rumori inconfondibili di attività sessuale: incuriosita, andai ad incollare l’occhio alla serratura e mi resi conto che, nel letto, i tre erano nudi e Nicoletta si occupava dei due in contemporanea; in particolare, la vidi succhiare il sesso dell’ospite mentre Filippo la prendeva da dietro; dopo un poco, i maschi si scambiarono di posto.
Con un certo imbarazzo, la mattina seguente ne parlai alla mia amica mentre andavamo in facoltà: osservò soltanto che amore e sesso non coincidono e che lei dava al suo ragazzo tutto l’amore del mondo ma che, se qualcuno le chiedeva sesso e se Filippo era d’accordo a lasciarglielo fare - ma soprattutto se partecipava personalmente - lei non aveva problemi a dare sesso ad un altro che fosse in grado di partecipare ad una simile gestione dei rapporti: nello specifico, era stato il suo ragazzo a chiederle se ci stava a fare sesso per una sera anche con l’amico, senza che questo incidesse sul loro amore; lei aveva accettato e lo avevano fatto.
La cosa mi lasciava dubbi e perplessità; e cozzava non poco contro un mio inconscio fondamentalismo; ma la determinazione di Nicoletta e la sua convinta separazione tra sesso e amore mi suggerirono di tacere i miei dubbi, forse legittimi, ma non certamente giustificabili alla luce dell’amicizia che ci legava da sempre.
Nell’estate tra il secondo e il terzo anno dell’Università, decisamente a metà percorso (eravamo puntualissime nel seguire i corsi, io e lei), decidemmo di non tornare come pecorelle alla solita località marina dove avevamo consumato gli anni migliori (vi avevamo anche trovato enormi soddisfazioni, pensavo; ma non osavo dirlo); e la scelta fu verso una nuova esperienza, il campeggio, grazie alla disponibilità che un amico di Filippo, Carlo, aveva di una tenda grande per quattro posti e di una piccola per due.
L’ipotesi iniziale era di andare insieme tre coppie, Filippo e Nicoletta, io e Claudio, Carlo e la sua ragazza che non ancora avevamo conosciuto; ma i calcoli saltarono presto perché la ragazza all’ultimo momento lo piantò per andarsene in Spagna con un tale venuto in Italia per Erasmus, che lei aveva conosciuto, di cui si proclamava pazzamente innamorata e che proprio in quei giorni tornava a Barcellona.
La piccola tragedia personale rischiava di ‘bruciare’ la nostra ipotesi di ‘vacanza alternativa’ perché era Carlo a garantire le tende; ma Claudio riuscì a convincerlo che l’unico modo per reagire alla delusione era venire in vacanza con noi e cacciare il ricordo di lei tra le cose da buttare via; Carlo non resistette molto e alla fine si andò in Istria in un campo naturisti, vecchio sogno di tutti gli studenti italiani degli ultimi decenni.
Il soggiorno era previsto per due settimane e tutto avrebbe dovuto svolgersi nella massima serenità; per la disposizione negli spazi, inizialmente era previsto che noi quattro avremmo occupato la tenda grande e Carlo con la ragazza quella da due; alla luce degli eventi, non cambiava niente e Carlo avrebbe occupato da solo la tenda piccola; passò serenamente la prima settimana di soggiorno, durante la quale per potere copulare ogni tanto, Filippo con Nicoletta e Claudio con me, bisognava fare i salti mortali per appartarsi in una delle due tende; di notte, era poco opportuno darsi da fare con l’altra coppia a fianco.
Una sera, dopo cena, Claudio mi prese da parte e mi chiese se ero disposta ad accogliere Carlo nella nostra tenda, mentre quella piccola restava disponibile per Filippo e Nicoletta che potevano copulare in pace.
“E noi?”
Chiesi forse ingenuamente.
“Noi, se ti va, potremmo fare qualche gioco a tre …”
Mi allontanai da Claudio quasi indignata; andai da Nicoletta e le riferii del colloquio.
“Ti ho già detto cosa pensavo di queste situazioni; io lo farei perché amo Filippo e mi fa piacere fare qualcosa di trasgressivo con lui. Tu valuta cosa ti suggerisce l’amore per Claudio …”
Ero molto incerta e si leggeva facilmente nei miei comportamenti.
Claudio mi venne vicino, mi abbracciò dolcemente.
“Ersilia, non ti chiedo di fare niente che tu non voglia; l’amore fra me e te è completamente fuori discussione; niente lo può scalfire, soprattutto un episodio di puro sesso che si lava via come le scorie che può lasciare: se ti va, a me fa piacere guardarti fare sesso con un altro e amarmi come di più non si può; mi fa piacere dare a Carlo un momento di piacere nello stato d’animo in cui si trova; mi piace trasgredire un momento per tornare all’amore di sempre. Tu decidi per te.”
“Sistemiamoci come dici tu; poi in tenda vedremo …”
Cenammo tutti insieme e, al momento di sparecchiare e di rigovernare ai lavatoi comuni, Nicoletta mi disse abbastanza brutalmente.
“Se vuoi sperimentare la forza che puoi avere sui maschi, dominali tutti e due, stanotte, dagli il sesso che tu vuoi dare, imponi la tua femminilità e vedrai che, alla fine, ti sentirai anche orgogliosa di te e di come pieghi ai tuoi voleri i maschietti.”
Forse fu la frase che mi diede la spinta decisiva; ma mi sentiti quasi in dovere di annotare.
“Se tutti e due i nostri amori hanno di queste idee, perché non ci hanno mai proposto di farlo noi quattro?”
“Perché spesso anche le cose lapalissiane ci possono sfuggire: neanche tu o io ci abbiamo mai pensato; forse perché non c’era la chiarezza che, sicuramente, domattina ci sarà: da allora, forse, si potrà anche pensare a farlo tra di noi, prima che con altri.”
Andammo a passeggiare un poco, dopo cena, e Claudio fu particolarmente premuroso ed affettuoso, segno che ci teneva molto al rapporto a tre che aveva proposto; infatti, quando ci ritirammo nella tenda e ci stendemmo a dormire, contrariamente alle altre sere, cominciò immediatamente a carezzarmi; mi accoccolai contro di lui, dandogli le spalle e lasciando che una sua mano mi scivolasse sul sedere e sulla schiena, per spostarsi davanti sul seno, mentre l’altra mi accarezzava una natica e si spostava dentro il pantaloncino del pigiama per afferrarmi un gluteo e inserirsi delicatamente nell’ano, prima, e nella vagina, poi, che trovò già largamente rorida e grondante.
Carlo si era disposto sull’altro sacco a pelo, di spalle a me; Claudio mi fece rotolare sulla schiena e si chinò a succhiarmi un capezzolo, dopo aver sollevato il top che mi copriva il seno: cominciai a gemere, prima per effetto della sua succhiata, poi caricando i toni per risvegliare l’appetito sessuale di Carlo, che finalmente si girò supino e innalzò al cielo un obelisco di carne meraviglioso, assai più grosso di quello del mio fidanzato, che non era affatto piccolo.
Eccitato dalla vista, il mio amore mi fece girare di nuovo su un fianco e mi abbassò il pantaloncino mettendo a nudo il sedere premuto contro il suo ventre; Carlo, quasi avesse ‘sentito’, si girò verso di me; Claudio mi prese il braccio destro e lo stese verso il nostro ospite; Carlo si sfilò di colpo il pantaloncino col quale era andato a dormire e la sua mazza poggiò sulla mia mano: lo cominciai a masturbare con gusto: mi piaceva la sensazione di calore che quell’asta mi procurava.
Piegandosi verso di me mi attirò verso di lui, mentre Claudio tirava il sedere verso il suo membro; mi piegai ed alla fine mi trovai col sesso del mio ragazzo in vagina, mentre, dall’altra parte, mi dedicavo completamente alla masturbazione dell’amico.
Non so dire cosa mi desse più piacere, in quel frangente, se l’asta del mio amore che percorreva la vagina e l’utero scatenandosi contro la cervice con orgasmi violenti a raffica; o se il membro del suo amico, semplicemente tenuto in mano e masturbato delicatamente e forse per questo più eccitante, anche considerando le dimensioni extra che aveva e che mi invitavano a immaginare penetrazioni violente e profonde.
Decisi tra me e me che almeno una fellatio poteva praticarla, a quel punto; infilai una mano tra le cosce e, come lo stesso Claudio mi aveva spesso suggerito, presi i testicoli e li strizzai, per bloccargli l’orgasmo; mentre lui si riprendeva dalla fitta dolorosa che sapevo di avergli provocato a bella posta, io abbassai ulteriormente la testa finché le mie labbra incontrarono la cappella di quel membro meraviglioso che avrei voluto stringere nella mia vagina o forse anche nel retto, conscia di quanto dolore potesse procurarmi e quanto piacere darmi; lo succhiai a lungo, quasi coordinandomi idealmente con Claudio per ottenere un orgasmo simultaneo che non dispiacesse a nessuno dei tre: ci riuscii e li sentii esplodere, uno nella gola, direttamente, e l’altro nell’utero, con una simile intensità di eiaculazione e di piacere.
La mattina seguente dissi chiaro a Claudio che, se non voleva mettere a rischio il nostro rapporto, ritenesse l’esperimento concluso: aveva avuto la trasgressione, mi aveva condotto dove voleva; ma da lì, basta, se non voleva rischiare che mi affezionassi ad un’altra verga e dimenticassi la sua: bluffavo, evidentemente, perché, come aveva suggerito Nicoletta, dopo che avevo lavato le scorie, dell’episodio mi restava solo la sensazione di aver consumato qualcosa di buono, come a pranzo un cibo o al bar una bevanda; l’amore era altra cosa; per questo, chiedevo a Claudio di non caricare la vicenda.
Nella settimana successiva, quando tornammo a dormire nella grande tenda con i due amici, come era nel mio costume ero già pronta a gestire le cose a modo mio e avrei voluto tentare un qualche approccio per fare una bella esperienza con Nicoletta e il suo ragazzo; ma lei mi bloccò immediatamente: con Carlo ancora intorno, poteva essere pericoloso per gli equilibri di amicizia; rinunciai malvolentieri e mi riservai di riprendere il discorso una volta tornati in città.
Di tutta l’esperienza maturata nel campeggio per nudisti, mi restava in fondo la convinzione della netta separazione tra sesso e amore che avevo sperimentato; ma, contrariamente a Nicoletta che sembrava crederci fino in fondo, io restavo dell’opinione che l’amore fosse un arbitro più importante dei rapporti umani e capivo anche che era amore quello che animava noi quattro: di fronte all’ipotesi di fare l’amore (non di fare sesso o di copulare) con Nicoletta e Filippo, sentivo che avrei potuto sbizzarrirmi nella sessualità senza perdere quel pizzico di amore che tra noi si era cementato nel tempo e che sicuramente avrebbe illuminato l’eventuale incontro.
Aspettavo, perciò che qualcuno dei ‘trasgressori convinti’ mi venisse a proporre di fare l’amore con i nostri amici perché cominciavo ad avere voglia di sentire, almeno per una volta, la passione di Filippo che, anche rispetto a Claudio, era certamente assai più delicato e desiderabile come amante; ma non mi dispiaceva l’idea di sperimentare con Nicoletta un rapporto che portasse la nostra amicizia e l’amore, che sottintendeva chiaramente, a tracimare in un’esperienza saffica che fosse un completamento di quel sentimento.
Per il momento eravamo troppo impegnati nello studio per lasciarci travolgere dalla passione per il sesso sfrenato e ci limitammo a vivere le storie di coppia ciascuno nel suo orticello, attenti piuttosto ad approfondire bene un esame che a preoccuparci di una serata pazza di sesso o di amore; sapevo anche che talvolta Claudio non era poi così fedele come cercava di fare apparire, ma avevo imparato a collocare nell’elenco ‘episodi di sesso’ le sue piccole fughe e non gli davo molto peso; per parte mia, il desiderio di amore mi faceva ritenere soddisfatta di quello che avevo, forse perché non mi ero mai preoccupata di cercare altro: il mio bisogno di sesso era ampiamente soddisfatto dalle lunghe serate di amore che Claudio mi dedicava, anche se aveva passato il pomeriggio forse a copulare con un’altra.
Conseguimmo la laurea, contemporaneamente tutti e quattro, come si poteva facilmente scommettere, perché noi ragazze ci avevamo messo più grinta, più costanza e più impegno ed eravamo arrivate alla fine insieme a loro che un annetto lo avevano lasciato per strada; e perdemmo ancora un anno per fare tirocinio presso uno studio legale, stavolta separati per necessità, e superammo anche l’esame di Stato per avviarci alla professione.
La condizione economica dei miei genitori mi venne in soccorso ed acquistarono un grosso appartamento in centro dove realizzammo una struttura condivisa, tentando l’azzardo (pazzesco, secondo alcuni) di cinque giovani laureati che si proponevano in studio associato per entrare nel vivo di un’autentica lotta a crearsi spazio vitale in un campo a quel tempo ancora con buone prospettive: Claudio fu l’elemento trainante, insieme a Nicoletta (erano loro i due spericolati); io e Filippo ci mettemmo la tenacia e un’ottima preparazione (eravamo stati sempre i più attenti e studiosi); si aggregò Davide, poco più giovane di noi, che ci aggiunse un entusiasmo straordinario.
Le cose dopo pochi mesi cominciarono a funzionare; in capo a due anni, avevamo un’attività avviata che ci garantiva un’esistenza dignitosa: decidere di sposarci fu quasi una naturale conseguenza e, come tutti in fondo si aspettavano, lo facemmo contemporaneamente; il regalo dei miei genitori fu un appartamento in centro accompagnato dall’impegno a sottoscrivere un accordo per la separazione dei beni: non c’era ancora un clima da divorzio facilitato, ma non si fidavano molto; io non mi opposi, perché mi sentivo sicura di me ed anche di Claudio; lui stette zitto, perché le esperienze all’Università gli suggerivano che non avrei fatto tante storie per gli amorazzi che continuava a coltivare.
Sostanzialmente, due coppie borghesi (ciascuna di due avvocati che lavoravano insieme) avviavano il loro percorso di vita borghese, senza slanci e senza fronzoli, lungo un benessere che era in quegli anni la punta più alta del desiderio di giovani che si affacciavano alla vita.
Il massimo della ‘trasgressione’ erano le cene che quasi settimanalmente organizzavamo, per lo più in casa nostra, perché il mio appartamento godeva di uno splendido panorama sulla città su una balconata, che diventava quasi una terrazza, tanto era ampia, sulla quale passammo le serate più belle delle primavere e delle estati di quegli anni; tutti i sabato, ci si trovava in quattro o qualche volta anche con altre coppie di amici e, è più spesso, con Davide che si faceva accompagnare di solito da qualche bella recente conquista; normalmente, si finiva per bere un poco e poi ci si abbandonava a racconti, aneddoti, barzellette e stupidaggini varie, quasi mai uscendo dall’alveo di una correttezza quasi monacale; ma, ogni tanto, Nicoletta e, più ancora Claudio si lanciavano in digressioni più ardite fino all’erotismo verbale o alla pornografia raccontata.
Poi venne la serata speciale, quella che avevo soffocato nel profondo delle memorie ma che, senza rendermene conto, coltivavo da sei o sette anni: eravamo solo noi quattro ed avevamo bevuto un poco di più; Filippo, ragionevolmente, fece osservare che, pur trattandosi di un percorso urbano (abitavano all’altro capo della città) non se la sentiva di mettersi al volante ‘allegro’ come lo aveva reso qualche bicchierino in più; Nicoletta propose di lasciare la loro auto sotto casa e di chiamare un tassì; Claudio fece osservare che la nostra stanza degli ospiti era in grado di dare ospitalità a ben altro che una coppietta che si era già stretta in una brandina da campo; manco a dirlo, in breve persuase tutti.
Mentre sbaraccavo il tavolo sul terrazzo e sistemavo le stoviglie in cucina, notai con stupore che Filippo si era bloccato nel corridoio e guardava verso la nostra camera; incuriosita, mi accostai e guardai dalla stessa parte: mio marito e sua moglie erano stretti un abbraccio tentacolare che non prevedeva solo gli inguini che si torturavano strusciandosi, ma anche le mani che frugavano il seno e il sesso di lei, il sesso di lui ritto come un obelisco di cemento: abbracciai Filippo e gli afferrai tra le labbra la bocca, succhiandogliela come con una ventosa, mentre il mio corpo si appiccicava a lui fino a fondersi: la solita Ersilia si lanciava nella gara con Nicoletta e chi fa meglio; e cominciai a possedere Filippo, con la bocca, con le mani, con gli occhi, con le parole: trovai la forza di confessargli che da anni languivo dal desiderio di farmi dare da lui l’amore dolce che tante volte gli avevo visto dare a sua moglie e che non mi era mai riuscito di avere da mio marito; stringendomi con una dolcezza che mi scioglieva, mi confessò che anche lui da anni desiderava avere da me quell’amore dolce e casto che sua moglie non riusciva più ad esprimere avendo caricato il sesso di eccessiva importanza.
Ci dirigemmo alla camera degli ospiti e lasciai che mi spogliasse con lentezza e delicatezza, assaporando la mia pelle a mano a mano che la scopriva: non volli restare passiva e lo cominciai a spogliare a mia volta, leccando e succhiando ogni brandello del suo corpo che si scopriva; quando presi tra i denti un capezzolo e lo torturai delicatamente, lo sentii gemere con una passione mai avvertita e presi a succhiarli tutti e due, alternativamente, con autentico amore, sentendomi colare tra le cosce a mano a mano che lui gemeva sempre più forte e la sua verga si rivelava una signora mazza che si collocava tra le cosce, contro la vulva e mi stimolava piacere ad ogni minimo brivido.
“Filippo, ho paura …”
“Perché hai paura? …”
“Se andiamo avanti così, io mi innamoro di te e non reggo più Claudio; tu sei troppo più dolce, troppo più delicato, tu sei troppo più … amore, ecco. Ho paura di innamorarmi di te, adesso!”
“Ersilia, anche tu mi stai dando tanto, tanto amore: lo sento, lo vivo, lo vedo, lo assaporo. Ma il nostro amore è pulito e noi siamo due persone oneste. Io ti amo … davvero … con tutto me stesso. Ma sono sposato con Nicoletta e so che, tra voi due, lei è quella che ha bisogno di me, di un calmiere, di un sostegno … come tuo marito ha bisogno di te. Proprio perché siamo più forti, noi ci ameremo, questa notte, come nessuno mai più si amerà al mondo; ma domani mattina dobbiamo, capisci ‘dobbiamo’ essere gli sposi pazienti che siamo sempre stati. Te la senti di perderti per una notte nel nostro amore?”
“D’accordo: bisogna essere saggi ed amarci con equilibrio (bell’ossimoro, amore ed equilibrio insieme!); però, innanzitutto, questa notte sarà tutta per me e non permetterai a tua moglie di rubarmi nemmeno un momento; secondo, se dovesse prospettarsi di nuovo questa situazione, non ti tirerai mai indietro, mi amerai per quello che potrai ancora e ancora. Prometti?”
“Si, amore; prometto!”
Quando mi spinse delicatamente sul letto, Filippo diede fondo a tutto il repertorio di dolcezze, di carezze appassionate, di leccate, morsi, amorosi tocchi di cui era capace e mi fece continuamente rabbrividire di dolcezza quando la sua lingua passava dall’ombelico al clitoride, dalla vulva all’ano; quando mi accarezzava con dolcezza le mammelle e le aureole, mi succhiava delicatamente i capezzoli e poi si fiondava sull’ano e me lo penetrava con forza anche con più dita.
Mi entrò dappertutto: e scoprii che la sua mazza era per lo meno invidiabile dalla metà degli uomini, visto che le sue dimensioni supervano di gran lungo la media statistica della dotazione di un maschio italiano; lo sentii violentarmi la cervice dell’utero con colpi forti accompagnati da frasi d’amore e poi scivolare dolcemente nella vagina accarezzando tessuti già avvezzi alla penetrazione eppure stimolati come fossero vergini; fui io stessa a chiedergli di penetrarmi analmente per sentirlo più intensamente; e strinsi forte lo sfintere intorno alla sua asta per fargli sentire che era mio, che era il mio retto a prenderlo e a succhiare da lui la linfa dell’amore: me ne diede tanto, di sperma, eiaculando più volte in vagina, nel retto, in bocca, sulle tette.
Raggiunse tre grossi orgasmi, nell’arco della notte, e mi fece determinatamente assaggiare la sua crema meravigliosa, per farmi sentire il sapore del suo corpo, del suo amore; io lo bevvi con grande amore e non mi preoccupai di contare gli orgasmi: non ci sarei riuscita, tanto erano frequenti, dolci, sorprendenti, sconvolgenti; mi limitai a godermeli e a lasciarmi andare alla passione più sfrenata; probabilmente, quella notte amai il marito della mia amica più di quanto avessi mai amato mio marito; ma non provavo nessun rimorso.
Forse, nel corso della notte qualcuno degli altri due, andando in bagno, si affacciò nella nostra camera e ci vide, non so se mentre facevamo l’amore o quando già avevamo ceduto al sonno; ma l’unica cosa che provavo, al risveglio, era la sensazione di qualcosa si celestiale che avevo intravisto, poi sfiorato e che mi aveva lasciato un segno profondo, ma non mi poteva e non mi doveva cambiare; accarezzai Filippo che dormiva al mio fianco, e lo baciai teneramente sulla fronte, prima, e sulle labbra, poi; mi sussurrò qualcosa che poteva anche essere ‘Amore’ e per tale lo presi; poi andai in bagno, mi ficcai sotto la doccia; chiusi (immaginai di chiudere) nella scatola di latta (quella che avevo da bambina e che era scomparsa dio sa quando, dio sa dove) il ricordo di quella notte e andai in cucina a preparare il caffè per i ‘belli addormentati’.
Nello studio degli associati, Davide era il più giovane, quello che solo da pochi mesi era entrato a far parte della ‘squadra’ per la stima che aveva per lui Filippo che ne aveva caldeggiato la cooptazione; era molto vivace, sia come intelligenza e spirito nel lavoro, sia come comportamento di vita; e non mi dispiaceva prenderlo talvolta in giro per certa sua vivacità di rapporti: ogni volta che veniva a cena da noi, si presentava con una ragazza nuova, quasi sempre bellissima, pur essendo chiaramente molto distaccato e coinvolto solo parzialmente in un sentimento.
“Come fai ad essere sempre così ‘presente’ con le ragazze che frequenti. Non mi pare che qualcuna ti sia più cara di altre.”
Cercai di provocarlo.
“Ersilia, non sei stata tu una volta a fare quella sottile distinzione fra sesso e amore?”
“Appunto: dal tenore dei tuoi rapporti, mi pare che l’amore sia proprio il grande assente. Sono solo sessuali i tuoi rapporti con quelle ragazze?”
“Carissima, tu che ne sai del mio amore? Qualcuno ti ha per caso confidato che sono innamorato di una bella impossibile?”
“Per questo, chiedo a te!”
“E se la risposta ti dovesse infastidire? Stai provocando una mia confessione ma non puoi prevederne gli effetti.”
“Vuoi dire che sai anche amare?”
“Cos’è l’amore per te? … Io credo che sia soprattutto afflato, comunicazione, partecipazione emotiva … Se è così, io ti sto amando, qui, ora, perché ti sto raccontando quello che nessuno sa e tu cerchi di entrare nei miei pensieri segreti … vuoi la verità? Ce l’hai!”
“Dai, sii serio: non vorrai farmi credere che sei innamorato di me!?!”
“Vedi, se cerco di dire la verità la butti in vacca. Come posso parlarti con amore, se mi preferisci buffone?”
“Questo non te lo consento! Io ti voglio bene; forse sono anche un pochino innamorata di te; non tratto nessuno da buffone; ma parlare d‘amore è troppo!”
“Perché ti sei votata a uno che ti riempie di corna e non riesci ad accettare che un altro soffra dal desiderio di adorarti come meriti? Scusami, stiamo andando troppo fuori. Sappi solo che sono un tuo devoto ammiratore e che, in qualunque momento, per te ci sono, per qualunque cosa tu avessi bisogno.”
“Davide, grazie; ma io amo Claudio, nonostante tutto. Mi dispiace per te. Cerca di dirigere meglio i tuoi interessi.”
La dichiarazione di Davide mi aveva sconvolta: mi diventava sempre più difficile da accettare l’amore per Claudio che ormai non rispettava più niente; dopo essersi scatenato per anni in una febbrile caccia alla vulva nuova e fresca da conquistare, adesso si era preso un’imbarcata notevole anche per Nicoletta e, da sei mesi circa, non passava sabato senza che i nostri amici venissero a casa per la cena, ma soprattutto per il dopocena, che diventava una travolgente galoppata nel sesso sfrenato in cui restavo coinvolta soprattutto io che in Filippo avevo trovato un amante straordinario, per cui il gioco che Claudio credeva di portare avanti per se diventava l’occasione per me di realizzare il mio sogno di amore tenero e delicato che mi allontanava continuamente da lui, col quale ormai avevo anche rari amplessi, visto che la mia tensione era tutta al sabato sera, quando mi potevo rifugiare in braccio a Filippo.
C’era da fare i conti, però, col carattere volubile di mio marito che, dopo sei mesi, cominciò ad essere annoiato della stessa minestra e voleva rinvigorirne almeno il sapore, inventandosi altre soluzioni.
La palla venne lanciata in campo un sabato sera, alla fine della cena, prima di fiondarsi, come sempre, addosso a Nicoletta e lasciarmi sola con Filippo: osservando che era finanche noioso continuare a vedersi, come in un rituale, sul terrazzo del nostro appartamento, propose di rinnovare l’abitudine spostandoci a cenare, per esempio, in un club privè; non sapevo molto di queste strutture, ma Nicoletta osservò immediatamente che nei privè non si andava solo per cenare: lo frequentavano soprattutto quelli che amavano il sesso libero e, perché no, spinto, visto che si potevano fare cose particolari e spesso inaudite.
Chiesi a Claudio che intenzioni avesse e lui si limitò a ribadire che voleva semplicemente ravvivare i nostri incontri che si erano banalizzati e che qualche trasgressione sessuale non era poi la fine del mondo; gli feci presente che io facevo solo l’amore, che odiavo il sesso fine a se stesso e che non ero disposta a schiavizzarmi ai suoi capricci.
“Tu puoi anche startene a casa; ci resterai per sempre ed io farò la mia strada.”
Stavo per scattare; Filippo mi fermò.
“Ersilia, io sarò sempre con te. Ti basta questo?”
Non potevo negare che con lui sarei andata anche all’inferno; Claudio decise per tutti ed organizzò.
Il successivo lunedì mattina, nello studio associato, notavo una certa animazione, perché si era sparsa la voce della ‘spedizione’ e Davide aveva qualcosa da considerare sull’argomento; mi bloccò in sala d’attesa e mi chiese lumi; gli dissi che Claudio aveva deciso autarchicamente di fare quell’esperienza e che non mi ero opposta per quieto vivere.
“Ersilia, posso chiederti un impegno formale?”
“A che proposito?”
“Dimmi solo se sei disposta ad affidarti a me, ti prego.”
“Va bene; se dovessi essere in difficoltà, mi ricorderò che tu per me ci sei e ti chiamerò.”
“Non so se dal club privè ti riuscirebbe.”
“Ma che ne sai?”
“Amore, io ci vivo in quei locali; io lì vado a caccia delle mie prede e vado a cercarci la tua sostituta, che però non esiste. Io conosco quelle realtà: credimi, se ti dico che è un mondo pieno di trappole infide. Ti chiedo solo, in qualunque momento ti dovesse risultare necessario o anche solo utile, chiedi ad uno degli addetti di chiamare Davide: li riconoscerai perché hanno una divisa e ti assicuro che chiunque di loro mi porterà da te in pochi minuti. Giurami che lo farai, appena aprirai gli occhi.”
“Davide, non ti capisco, ma mi fido di te. Se ne avrò bisogno, ti chiamerò e, ti aggiungo, mi fiderò ciecamente di te. Se non lo hai ancora capito, io sono la persona più indecisa del mondo e devo sempre appoggiarmi a qualcuno. Finora i miei riferimenti sono stati Nicoletta e Claudio: adesso sento che sono tutti e due lontani; mi aiuta un poco Filippo ma è troppo legato a Nicoletta. Se questa esperienza dovesse essere un altro fallimento, sarai tu la vittima della mia debolezza.”
“Non sto neanche a discutere quanto poca autostima hai e quanto questo ti danneggi; se diventerai la mia compagna, ti aiuterò io a cambiare. Per ora mi accontento di sapere che, quando ti faranno sfiorare il burrone, mi chiamerai ed io sarò il supereroe che ti salva all’ultimo momento.”
“Stupido, adesso provi la scena della ragazzina in pericolo e del suo piccolo innamorato che la salva? Non sono ancora decisa ad affidarmi completamente a te, che oltretutto sei così giovane. Vediamo cosa c’è dietro l’angolo; poi, se sarà il caso, griderò aiuto e il mio Lancillotto arriverà a salvarmi dal drago.”
“Quale sarà il mio premio?”
“L’amore della bella castellana; e ti assicuro che vale la pena.”
“Lo so, lo so bene; e farò di tutto per conquistarlo.”
Che le cose non seguissero il percorso che mi era stato raccontato emerse quasi subito, quando sentii Nicoletta che parlava al telefono e fissava appuntamenti per il sabato deciso per la visita al privè; chiesi con chi avesse parlato e lei mi suggerì di non preoccuparmi perché pensavano a tutto lei e Claudio: mi ero sempre fidata di loro ed ora non ci sarebbe stata ragione per dubitare; ma osservai il viso di Filippo e dalla smorfia che aveva fatto mi resi conto che mi stavano imbrogliando, contro la sua opinione apertamente contraria; chiamai Davide nel suo ufficio e gli chiesi di incontrarmi nei bagni; non esitò anche se sentivo perfino dalla voce nell’interfonico la sua perplessità.
“Cosa diamine succede? Cos’è quest’incontro clandestino?”
Eravamo nell’antibagno; entrai in uno dei bagni, lo feci entrare e chiusi la porta; lo abbracciai con violenta passione.
“Amore, adesso so che davvero sei l’unico mio amore possibile: hai ragione, mi stanno preparando una trappola per costringermi a fare sesso con qualcuno che non conosco …”
Piangevo; Davide prima mi asciugò a baci il viso dalle lacrime, poi chiese spiegazioni.
Gli dissi che dalle strane telefonate di Nicoletta avevo dedotto che l’invito era anche ad altre coppie e il mio sospetto era che Claudio volesse una serata di sfrenata libertà sessuale, in cui tutti avrebbero dovuto copulare con tutti; e lui sapeva per certo che io non avrei accettato mai; sperava che, nella convulsione del momento, mi piegassi al dictat per non sollevare scandalo; non sapevo cosa fare e chiedevo consiglio a lui.
“Amore (posso cominciare a chiamarti amore?) niente di grave: va’ con loro, entra nel locale; dopo il cordone d’accesso, ciascuno è un libero cittadino che non può essere obbligato a niente: è la legge del locale; io sarò là, appena oltre il cordone; vieni via con me e tuo marito saprà che sono il tuo amore, il tuo cicisbeo, il tuo cavalier servente; non potrà fare niente, anche perché il titolare è un cliente tuo, gli stai curando una brutta causa.”
“Chi è costui? Io non ne so niente.”
“Perché, come al solito, lasci che Claudio se ne occupi e si prenda i meriti. Prima di uscire, faresti un poco d’amore con me, qui, adesso?”
“No, amore; comincio ad essere innamorata di te, comincio a dipendere da te, la mia vita si lega alla tua; ma non voglio che sia un momento di terrore a farmi decidere. Sabato sera faremo l’amore per la prima volta e, se lo vorrai, anche per sempre. Adesso ho bisogno dell’amico fraterno.”
Mentre lo dicevo, lo baciai con una passione che non ricordavo di aver mai provato prima.
“Bugiarda! Era questo che ti chiedevo; e tu sapevi già che mi avresti dato questo amore. Non preoccuparti: ce la farai.”
In ufficio, Davide mi fece vedere la pratica del proprietario del privè e mi ricordai che avevo appuntamento con lui proprio quel giorno, ma a riceverlo era stato Claudio; entrai come una furia nel suo ufficio, incurante di chi era con lui.
“Questo cliente è molto scorretto: dieci mesi che lavoro alla sua causa, ha un appuntamento con me e non si presenta. Io finirò per rinunciare.”
Urlavo, quasi; il signore seduto di fronte a mio marito, si alzò compito.
“Signora, io sono qui da dieci minuti e stavo parlando con l’avvocato …”
“Ah, bene, avvocato, questa è la pratica, da questo momento se la sbrighi lei …”
“Ersilia, aspetta, io cercavo di non caricarti di eccessivo lavoro …”
“Ah, poveretto, che buon samaritano!!!!!! Io ero qui a girarmi i pollici e lui mi alleggeriva la fatica!!!! Venga nel mio ufficio e impari a rispettare le persone almeno più di quanto lo fa quel cafone di mio marito!”
Ci restò molto male, Claudio, perché mai avrebbe previsto una reazione dura da parte mia; tacque per non mettere in dubbio la serata al privè a cui teneva molto; mi dedicai alla pratica del signore che fu molto disponibile e mi assicurò tutta la sua amicizia.
Arrivò finalmente il sabato tanto atteso e, alle otto di sera, ci recammo con la mia auto al privè: eravamo, come sempre, noi quattro; ma, al tavolo del ristorante, scoprii che Claudio aveva invitato altre due coppie, i cui maschi non erano poi neppure sgradevoli e conoscevo già di vista: mi diede un enorme fastidio scoprire che mio marito aveva data già per scontata la mia adesione non solo alla cena ma anche ad un imprevedibile dopocena; inoltre, mi angosciava la spudoratezza con cui corteggiava apertamente la moglie di uno dei due, una bellissima donna che mi scatenò improvvisamente il dubbio di essere diventata vecchia e inutile, caricando di nuvole nere il senso della mia scarsa autostima; anche Nicoletta sembrava contrariata dalla situazione che necessariamente la relegava ad un ruolo subalterno,
Quando, poco dopo le nove, la cena fu consumata e la ‘banda’ si avviava ad una camera di cui Claudio aveva chiesto la chiave, mi rivolsi ad uno degli assistenti e gli chiesi se poteva chiamare Davide perché Ersilia aveva bisogno di lui; mentre i miei commensali si davano da fare per organizzare la ‘loro’ serata, vidi il mio giovane amore arrivare dall’ingresso e mi precipitai verso di lui abbracciandolo quasi come un salvatore; Claudio mi guardò torvo e mi si accostò prendendomi per un braccio; ma un buttafuori comparve d’incanto e lo allontanò.
“Signore, qui ognuno è libero di fare le sue scelte.”
“Ma lei è mia moglie …”
“Per noi è solo una utente, anzi una VIP, che è libera di fare tutto quello che le pare; le vostre rogne ve le grattate a casa o al massimo, in tribunale.”
Lo spinse via con malgarbo ed io mi fiondai tra le braccia di Davide, che mi accolse con calore, con amore e con tanta passione, riempiendomi il viso di baci.
“Vuoi restare qui o preferisci che ti accompagno da qualche parte?”
Si era avvicinato il proprietario, mio cliente, e mi disse con un sorriso.
“Se avete bisogno di uno spazio privato, la suite VIP è a vostra disposizione.”
“Davide, ti va di festeggiare qui la nostra luna di miele?”
“E lo chiedi? La chiave della suite?... “
Gliela consegnarono e vi ci recammo come ragazzi in fregola alla prima copula della vita.
Davide rivelò una dolcezza mai incontrata e, soprattutto, riuscì a fare l’amore facendomi sentire padrona del suo corpo: anziché possedermi come ogni maschio, con la pretesa di dominare i miei organi, i miei pensieri, le mie emozioni e scatenarsi con violenza su tutto quanto stimolasse la sua sessualità, riuscì a darmi il senso che fosse la mia vagina a prendere la sua verga, a catturarla nell’utero e a mungerla fino a raccoglierne la crema dolcissima che spruzzò al colmo del piacere; quando lo presi in bocca e lo succhiai, veramente avevo l’impressione fisica di dominare le sue emozioni, di controllare i suoi brividi e le sue reazioni e, quando sentii che era sul punto di eiaculare, mi fermai a bella posta e lasciai che scemasse la sua potenza per riprendere da capo, in bocca, prima, e nell’ano poi, dove lo feci penetrare solo risucchiandolo nell’intestino e carezzandolo in una strana irresistibile fellatio anale.
Ci amavamo veramente con tutto il corpo, quasi con tutta l’anima; sentivo che Davide era tutto dedicato a me: non muoveva muscolo senza favorire il mio piacere, quasi mi leggesse nel pensiero e nella libidine; accompagnava le penetrazioni con frasi dolcissime che mi carezzavano il cervello, il cuore, l’anima, mentre lui mi illanguidiva con carezze dentro e fuori del mio corpo fino a farmi godere senza fine.
Più volte fui costretta a chiedergli tregua, perché il suo modo di amarmi era eccezionale, immenso, quasi mortale, tanti erano gli orgasmi che mi strappava alle viscere col suo amore.
Non mi ero mai sentita così, in tanti anni di vita con Claudio e di amore anche molto intenso: il mondo sembrava assumere una dimensione diversa e mi trovavo sconvolta in tutti i miei valori.
Mentre ci rilassavamo dopo un lungo assalto, gli chiesi a bruciapelo.
“Lo faresti un figlio con me?”
“Se a monte di questa richiesta c’è la convinzione che da questo momento sono il tuo uomo, che chiudi la storia con tuo marito, qualunque sia l’esito, e che possiamo costruire una vita insieme, allora sono felicissimo di essere il padre non solo di uno ma di tutti i figli che vorrai; non appena smetterai la pillola, faremo l’amore senza cautele e di inseminerò immediatamente. Ma devo sapere che, da quel momento, potrò prendermi cura del mio amore e del figlio che avremo. Pensi di poterlo fare?”
“Oh, caro il mio maschietto razionale!, scusa se non arrivo a formulare pensieri così alti: io ti ho chiesto di darmi un figlio ma non avevo pensato a mio marito … stupido arrogante!”
“No, aspetta; non volevo offenderti. Tu mi hai fatto toccare il paradiso, ma io ancora non mi convinco che sei vera, che sei mia, che stiamo amandoci; cerca di capirmi: fino a due ore fa, tu eri irraggiungibile, intoccabile; ora parli di avere un figlio insieme. Capisci quanto sono sconvolto?”
“Ma tu riesci a cogliere che veramente mi sono scoperta innamorata di te e che un figlio è il primo, enorme legame che intendo costruire con te? Forse Claudio ci farà una guerra senza quartiere, perché è un maschio maschilista e arrogante: può darsi che il divorzio me lo faccia penare per anni: è un buon avvocato. Ma un figlio non lo può fermare, è una cosa tutta nostra e dovrà accettare che sia TUO figlio anche all’anagrafe, anche se lui si ostinerà a rimanere mio marito quando io vivrò con te, amerò solo te e vorrò solo te. Capisci perché voglio un figlio da te? Per essere completa come donna: un figlio ti realizza, sempre; per essere la TUA donna ancora prima che lo dicano le carte; per costruire una famiglia: io, il mio uomo e nostro figlio che avrà il nome di uno dei tuoi genitori, come è nello stile della tua cultura. Capisci adesso?”
“Manca molto a cominciare?”
“No; fra meno di una settimana avrò il mio ciclo; passato quello, cominceremo a darci da fare per nostro figlio.”
“Ti adoro, Ersilia!”
“Cosa facciamo? Restiamo qui tutta la notte, anche a dormire? Oppure andiamo via, a casa tua o a casa mia?”
“Casa mia è piccola, anzi minima: ci sto solo io con il mio amore per te.”
“E non riusciresti a ricavarmi un piccolo spazio per me e per il mio amore per te?”
“Tu entrerai sempre nella mia realtà, qualunque sia la sua dimensione! Se ti va, possiamo andarci e restare fino a domani; forse avrai qualche problema coi ricambi … “
“Possiamo passare da casa mia e ‘occupare’ la camera degli ospiti anche quando rientrerà Claudio; oppure recuperiamo il necessario per domani e per lunedì e poi ci trasferiamo da te senza rischiare di scontrarci con lui. Preferisco che scegli tu, anche se ho una mia idea precisa.”
“Io ti vorrei nella mia casetta di marzapane; e tu?”
“Anch’io vorrei rifugiarmi nella favola del tuo spazio risicato per riempirlo del mio amore … “
“Secondo te, siamo abbastanza ridicoli così fanciulleschi, favolistici e stupidi?”
“E se invece ti proponessi che siamo dolcissimi, innamorati e quasi vergini, almeno nel modo di rapportarci, al di là delle vicende fisiche?”
“Direi che hai ragione e che sei bellissima quando diventi la regina della mia favola.”
“Tu già sei stato il mio Lancillotto, il Superman che mi è venuto a rapire in volo quando ero sul burrone … “
“Per favore, la smettiamo e andiamo a casa?”
Intanto, ci stavamo rivestendo e, appena pronti, lasciammo la suite, consegnammo la chiave a un addetto e filammo via con la sua auto; passammo da casa mia dove misi in una borsa un po’ di ricambi e ci andammo a ‘imboscare’ nel suo miniappartamento che davvero era molto poco attrezzato, in perfetta linea con la vita di uno scapolo; ma aveva quel poco che ci apparve indispensabile: un letto grande, un bagno più ampio dell’angolo cottura e un frigo ben fornito.
Piombammo addormentati non appena appoggiammo i corpi sul letto e solo a mattino inoltrato potemmo fare una doccia, insieme naturalmente, e preparammo un caffè ristoratore.
Per pranzare, scegliemmo la trattoria che per Davide era abituale e ci godemmo un pranzo delizioso non solo per la qualità delle pietanze tipiche ma anche, forse, perché condito con tanto amore e con le affettuosità che ogni momento ci scambiavamo, baciandoci in continuazione, accarezzandoci una mano anche mentre mangiavamo, dicendoci mille stupide dolcezze che ci incantavano.
Dopo pranzo, decisi di passare di nuovo da casa per aggiornarmi sugli avvenimenti: trovai la mia macchina nel garage, ma l’appartamento risultò totalmente vuoto; l’assenza di alcune valigie e di molti capi di abbigliamento di Claudio mi diedero la certezza che era partito, forse col nuovo amore: lo speravo, in fondo; ma mi era difficile rendermi conto che avesse accettato così facilmente una batosta insopportabile per il suo carattere; Davide volle tentare qualche indagine: mi chiese di parlare con Filippo e Nicoletta, i quali mi confermarono che mio marito si era accordato con la bella mogliettina per partire, nella stessa mattinata, per un convegno di cui nessun altro sapeva niente: senza ammetterlo pubblicamente, Nicoletta lasciò intendere che era stata una scusa per lasciare anche lei ed andare in vacanza con il suo nuovo amore.
Chiesi a Davide se preferiva restassimo a casa sua o potevamo trasferirci, con più agio, a casa mia; scelse il ‘nido d’amore’, come lo definì; e potevo essere solo d’accordo; prelevai alcuni incartamenti che mi sarebbero serviti il giorno dopo in ufficio, tornammo nel miniappartamento e passammo il pomeriggio a fare l’amore come se non dovesse esserci più un domani: tra il serio e il faceto, mentre ci rilassavamo da un ennesimo meraviglioso amplesso, gli feci notare che il numero di volte in cui ci eravamo accoppiati in una notte e mezza giornata era quanto una coppia normale realizzava nell’arco di un paio di mesi.
“Ma tu parli di coppie che non hanno all’interno una regina dell’amore ed anche del piacere, come c’è nella nostra coppia: tu sbanchi tutti i record, a cominciare dalla bellezza.”
“Sta zitto, che solo ieri sera, davanti alla nuova fiamma di mio marito, ho sentito che sono vecchia e rischio di decadere …”
“Ma davvero?!?!?!?! Meno male che ci sono io qui, a raccattare i cocci di questa bellezza tramontata; altrimenti avrebbero dovuto rottamarla e poi mi toccava andare a recuperare i pezzi e rimetterli insieme per dimostrare che, rattoppata, era ancora la più bella del reame!!!!!”
“Dai, non scherzare, sto invecchiando e si vedono già le rughe.”
“Ti piace tanto essere adulata? Vuoi sentire che sei straordinariamente bella, affascinante, dolce, amabile, … tutto insomma? Va bene, te lo dico fino ad annoiarti; ma perché invece non ti metti davanti allo specchio e non vedi quanto sei bellissima anche senza trucco, totalmente naturale, assolutamente mia? L’unico specchio utile è quello in bagno: andiamoci e così ti faccio fare l’amore sotto la doccia.”
Davide fece quello che aveva promesso: anche l’amore sotto la doccia fu un momento di entusiasmo irresistibile e non riuscii a sottrarmi al fascino di succhiarlo con gusto, in ginocchio ai suoi piedi, mentre l’acqua ci scorreva addosso e ci lavava anche le brutture che avevamo sopportato; mi esplose in bocca con dolce violenza e bevvi fino in fondo il suo amore, non ne lasciai una goccia, perché sapeva tanto di buono.
La seconda notte che trascorremmo insieme fu un poco più pacata, perché eravamo coscienti che l’indomani si tornava al lavoro e ad impegni forse più gravosi, considerato che Claudio non ci sarebbe stato e che sugli altri due era difficile dire quanto affidamento si potesse fare, dopo la notte non si sa quanto ‘brava’ trascorsa al club privè.
Non ci astenemmo dal fare l’amore, anzi ne facemmo tanto e ancora in tutti i modi: riuscimmo anche a prendere sonno abbastanza presto, intorno alle due, e alle sette e mezza la sveglia ci strappò al riposo e ci propose la solita giornata di ferro; Nicoletta e Filippo arrivarono in ufficio ancora stravolti e, per di più, c’era qualcosa tra di loro che li turbava e che trasmetteva il disagio anche a me: provai a chiedere, ma si chiusero in un silenzio che mi risultava quasi offensivo, specialmente quando fu lui a negarsi; non si toccò nemmeno sfiorandolo il problema dell’assenza di Claudio.
Decisi di rimboccarmi le maniche e di affrontare da sola i compiti dell’ufficio; ma mi sentivo soffocare dall’ansia; chiesi a Davide di venire da me e di starmi vicino; lo fece in silenzio ma mi guardava con severità; fui costretta a chiedergli di parlare senza molestarmi ancora con lo sguardo inquisitore.
“Amore, se vuoi che ti aiuti, devi consentirmi di essere brutale … OK: diciamo che hai tre possibilità davanti a te … La prima è che ti metti al servizio di un grande avvocato, ti fai assumere per fare fotocopie, ricerche d’archivio e lavoretti che consentano all’avvocato di essere grande: lo hai già fatto, involontariamente, con tuo marito, che risultava efficientissimo col tuo lavoro … Ma non è questa la soluzione che vorrei per te; e non credo che tu la voglia.“
Lo guardai con una ferocia che lo avrebbe forse incenerito, se non fosse stata mitigata dal mio amore per lui.
“La seconda soluzione, forse proponibile ma non ammirevole, è che ti assuma tu tutto il peso delle responsabilità, che decida di diventare tu un grande avvocato e che prendi finalmente le fila di tutto, dai conti della serva ai problemi di delicatezza internazionale. Ce la puoi fare, perché sei grande anche se non lo vuoi sapere, perché sei ‘inesplosa’ e puoi essere una grande sorpresa … “
Lo guardai ironica.
“Mi ci vedi? …”
“Io ti ci vedo con estrema chiarezza; resta da capire quanto reggeresti lo stress.”
“Hai detto tre opzioni. La terza? … “
“Mi hai fatto entrare nel tuo amore perché avevi bisogno di appoggiarti; mi hai lasciato entrare nel tuo letto perché ti dessi amore; lasciami entrare nel tuo ufficio, cominciamo a lavorare insieme, ripeto INSIEME, alla pari, senza inganni e prevaricazioni; lavoriamo insieme e forse potrò fornirti l’appoggio di cui hai detto che hai bisogno. Forse insieme riusciamo a creare un grande studio legale e tu ti farai valere per quello che veramente sei, un grande avvocato.”
“La smetti di adularmi? Davvero credi che ce la posso fare?”
“Io sono nato cattolico e ho frequentato il catechismo. Il CREDO è la mia preghiera di base; e credo in te, nel tuo amore, nella tua determinazione. Tu puoi farcela ed io voglio esserti a fianco.”
“D’accordo.”
Chiamai l’amministratrice e le chiesi di portarmi i registri generali.
“Ersilia, oh, scusi, avvocato …”
“Ornella, cosa è cambiato che dal tu con la tua vecchia amica Ersilia passi al lei con l’avvocato?”
“Adesso sei tu il capo; finora avevi solo incarichi formali … “
“Chi ha detto questa stupidaggine?”
“L’avvocato Rossi, Claudio, tuo marito … “
“Il mio ex marito, per l’esattezza. Lui quindi mi ha sempre classificato figura di contorno alla sua attività? …”
“Si … lui parlava così … Io non ne ho colpa … “
“Ornella, sai parlare ancora a una vecchia amica? … Non esitare; dimmi quello che sai.”
“Poco da dire; Claudio ne faceva di tutti i colori e molti registri hanno pecche e falle che se arriva un’indagine tu vai in galera, perché nominalmente sei la titolare mentre le beghe le faceva lui. Se non vuoi avere rogne, fai sistemare questi registri da un esperto e cerca di risanare l’ambiente … “
“Tu non ce la fai a risanarli?”
“No; troppo gravoso per me, ci vuole uno specialista.”
“Amore, ci penso io; c’è una persona di fiducia che possiamo interpellare.”
“Amore?! Allora … voi due …?”
“Ti turba?”
“No, mi rende felice, ci rende felice.”
“Chi sarebbero i ‘ci’? A Chi ti riferisci?”
“A tutti gli impiegati. Claudio aveva solo una cosa in mente, il sesso; per quello ne faceva di cotte e di crude.”
“Parli di molestie sul posto di lavoro?”
“No, questo no; per lui le impiegate erano troppo poco, lui mirava alle grandi professioniste …”
“… anche in certe specifiche attività …”
Il commento di Davide era duro ma Ornella condivise.
Cominciava una nuova fase, per la quale forse l’aiuto di Nicoletta e Filippo sarebbe stato necessario.
Dovevo però rompere il muro di silenzio che avevano creato intorno.
Difficile stabilire il sentimento che aleggiava nella stanza, quando Filippo e Nicoletta vennero nel mio studio, convocati da me, per parlare della situazione nuova ed inedita venutasi a creare; quando entrarono, Davide era ancora con me e mi teneva una mano sulle spalle; Nicoletta affrontò subito l’argomento.
“Ma … voi due …?????”
“Si, noi due ci amiamo; io ora sto con Davide e quando il giudice avrà sancito la separazione verrà a vivere con me; voglio anche un figlio da lui.”
“E Claudio?”
Filippo era il più imbarazzato.
“Dov’è Claudio? Qualcuno di voi lo sa?”
“E’ in vacanza con la troia …”
C’era astio nella voce di Nicoletta.
“Nico, amica mia, cosa ti succede?”
Non riuscivano a parlare; Davide si allontanò e Nicoletta sbottò.
“Sono incinta!”
“Davvero?!? Come sono felice!! Auguri di cuore!”
“Io sono impotente …”
Confessò Filippo.
“Oh dio, allora … Claudio … è stato lui? Perché, Nicoletta? Almeno cautelarti …”
“Non salire in cattedra anche tu; ho sbagliato ed è stata solo colpa mia; torno al paesello e chi s’è visto s’è visto …”
“No, amore, tu non puoi andare via; il figlio voglio riconoscerlo io; sarà mio figlio; sarà figlio del nostro amore: che c’entra quel vigliacco?”
Rientrò di colpo Davide, allarmato, e andò a spegnere l’interfonico.
“Sei pazza? Avevi l’interfonico aperto; ho sentito tutto; meno male che non c’erano altri …”
Filippo era avvilito.
“Quindi sai tutto …”
“Senti, Ersilia, cosa ricordi di Fedro?”
“Che diavolo vuoi che ricordi in questo frangente?”
“Avvocato, fai male a non ricordare; vatti a leggere la favola dell’agnello e del cane.”
“Davide, per favore, scendi dalla cattedra e spiega ai poveri mortali.”
“Dunque in quella favola, un cane pastore rimprovera un agnello sperduto perché cerca la madre nel gruppo sbagliato; l’agnello gli risponde qualcosa che vi prego di appuntarvi. Non è madre quella che ti concepisce per un raptus di passione, ti partorisce su un sasso e ti abbandona; madre è quella che ti prende quando sei piccolo e indifeso e ti protegge da tutto e da tutti perché da solo non ce la faresti, che ti difende poi dai lupi e dagli altri aggressori, che darebbe la vita per te e ti vede crescere con orgoglio e con amore. Ho bisogno di spiegare?”
“No, caro amico; hai detto tutto; io spero che voi due abbiate una vita comune intensa e spero che possiamo essere amici come lo siamo sempre stati con Ersilia e, nonostante tutto, anche con Claudio.”
Vado a baciare con affetto enorme il mio amore.
“Quindi lo spermatozoo che ha vinto la corsa non interessa a nessuno e non pesa niente; il padre è chi si preoccupa per questa creaturina sin da adesso che è un esserino informe, infinitesimale, nel grembo di una madre che tu hai amato e che forse ami ancora …”
“Senza il forse, Nicoletta: io ti amo adesso due volte, per te che ho sempre amato e per questo figlio che, se tu vuoi, è sin da adesso nostro figlio che io seguirò ogni giorno della tua gestazione, che amerò come amo te per tutta la vita.”
“Cosa ho fatto io, per meritare questo tuo immenso amore?”
“Perché non provi a chiederti cosa puoi fare adesso per ricambiarlo, questo amore? Hai pensato che forse la maternità ti obbliga necessariamente a cambiare vita e, soprattutto, ad amare infinitamente Filippo come infinitamente lui ama te? Hai pensato che potresti impegnarti di più per voi, piuttosto che per i tuoi pruriti di utero?”
Sapevo di essere stata cattiva, ma stavolta Nicoletta l’aveva proprio meritata e, su questa strada, non ero affatto disposta a seguirla; Filippo interruppe l’imbarazzo che si era creato tra noi.
“Ci avevi chiamato per un motivo preciso, immagino.”
“Si; sto prendendo coscienza dei problemi dello studio e mi accorgo con dolore che Claudio non era la persona onesta e corretta di cui ero innamorata, ma un volgare imbroglione che aveva travolto anche me nei suoi maneggi …”
“Che diavolo dici? Claudio non poteva essere un disonesto; farfallone, forse, ma mai disonesto!!!!”
“Ormai non devo neppure chiederti più se sei innamorata di lui; e questo forse mi fa più male di ogni cosa: non perché te ne sei innamorata, ma perché ti sei fatta persino inseminare senza parlarne una volta con me, che credevo di essere la tua amica del cuore. Okay, adesso ti faccio parlare con Ornella e lei ti dirà fino a che punto sono in pericolo, io capisci, non lui che ha fatto le frodi, perché sulla carta teneva me alla direzione e nei fatti brigava con tutti i ladri della città.”
Nicoletta cercò di obiettare; Filippo la fece tacere.
“Ersilia, perdonami: io sapevo delle sue malefatte e nemmeno io, che mi considero ancora tuo amico e innamorato, non te ne ho mai parlato. Ci siamo illusi che le cose sarebbero andate a posto da sole; ora sappiamo che la nave rischia di affondare: è così?”
“Non so; Ornella dice che uno specialista può raddrizzare le cose, pagando qualche multa; stiamo cercando qualcuno che ci aiuti.”
“Io conosco uno; ma anche Davide lo conosce; Nicola potrebbe risolvere tutto.”
“Si, Ersilia, è l’amico di cui ti parlavo; rasserenati: insieme e con la grinta, ce la faremo.”
“Si, dai Ersilia, abbi fede; vedrai che supereremo lo scoglio: so che ti fa più male ammettere che ti eri sbagliata a giudicare il tuo ex marito; ma è il momento della forza e della solidarietà: io sono con te, Davide mi pare abbastanza innamorato per darti un valido aiuto; in tre ce la facciamo.”
“In quattro, deficiente! Io non mi faccio lasciare all’angolo; ho fatto qualche errore di troppo, ma ti amo e voglio un bene dell’anima alla mia grande ed unica amica; adesso voglio bene anche a questo ragazzino fastidioso, visto che è l’amore di Ersilia; cominciamo ad esaminare i casi ‘scottanti’ che ha trattato Claudio e vediamo se ci sono scorie pericolose di cui liberarsi.”
“Prima, però, ti andrebbe di farti abbracciare e di lasciarti fare gli auguri per il VOSTRO bambino?”
“Con tutto il cuore, Ersilia, con l’amore di sempre.”
Filippo trovò ancora un’ultima battuta per Davide.
“Prima che le malelingue te lo facciano scoprire, sappi che io ed Ersilia un poco ci amiamo; anzi, diciamo che siamo qualcosa più che amici; insomma parliamo di un’amicizia che tracima nell’amore; ma ci vogliamo tanto, tanto bene e la tua eventuale gelosia si spunterebbe contro la nostra limpida coscienza.”
“Ma tu ce la fai a reggere anche il mio amore per te, per Nicoletta, per vostro figlio? Io non parlo per predicozzi; amo Ersilia e tutto quello che è dentro, intorno e accano a lei; io amo la mia donna e quelli che la amano con la stessa loro intensità. Amore, quanto pensi che ci vorrà per pareggiare la maternità con Nicoletta? O avete smesso di gareggiare?”
“Aspetta fine mese, poi ti costringo a fare gli straordinari per inseminarmi; e, se mi va bene, saranno due gemelli e vincerò io.”
Ridemmo di cuore, nonostante la cappa di difficoltà.
Non fu agevole come pensavamo, il lavoro; e ci impegnò assai duramente, al punto che spesso fummo costretti a pranzare o a cenare a panini, in ufficio, scartabellando faldoni e facendo emergere porcate impensabili che il mio ex marito (ormai lo sentivo così) aveva distribuito in giro stuzzicando appetiti pericolosi e coinvolgendo ingenui innocenti; in capo ad un mese di lavoro indefesso, riuscimmo a fare pulizia e lo studio tornò ad essere il centro di onestà che avevamo in mente quando gli demmo vita, da ragazzi quasi; per festeggiare, andammo a cena a casa mia e ci trovammo sul terrazzo, in quattro come un tempo, con la variante di Davide al posto di Claudio; il primo imbarazzo lo provocò Nicoletta, che aveva evidentemente già dimenticato le promesse di cambiare.
“Com’è questo tuo amore a letto, Ersilia? Regge il confronto con il tuo ex?”
“Nico, le gare esistono solo nella tua mente bacata: io non metto a confronto due membri o due modi di usarli; io parlo di amore, quello vero, anche asessuato se si potesse.”
“Ma non si può e quindi dici solo parole. Come è a letto Davide? Me lo fai assaggiare?”
Davide era basito, non essendo abituato a quel linguaggio; mi sentii in dovere di giustificare la mia amica e di spiegare al mio uomo.
“Nicoletta mette tutto sul piano del confronto e della gara: distingue l’amore dal sesso ed afferma di riuscire a dare in contemporanea sesso ad un estraneo ed amore a suo marito, salvo poi trovarsi inseminata dal terzo incomodo … “
“Questa è una carognata che ti potevi risparmiare. Io ho perso la testa per Claudio perché lo usavo per un transfert; io sapevo che Filippo non mi poteva inseminare ed ho sempre sognato, facendo sesso con tuo marito, che ci fosse il mio al suo posto e che mi inseminasse, per sesso interposto. Era una
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