I RACCONTI SEGRETI
( LE PERVERSIONI E L'AMORE DI UNA GIOVANE DI BUONA FAMIGLIA )
CAPITOLO 1
Era mattina. L'ennesima mattina. Una vita costruita sullo scandirsi noioso e imperturbabile dei “driiin” della sveglia.
Alessandra si era svegliata come ogni maledetta mattina. Anche quella mattina.
Di quante cazzo di mattine era composta l'esistenza?
Quante altre “mila” volte avrebbe dovuto svegliarsi prima di capire che era stata veramente una grande fregatura quella di essere stata messa al mondo?
Ogni mattina era uguale a quella precedente e quella precedente era uguale a quella precedente ancora. Come in quel film con Bill Murray dove ogni giorno tendeva a ripetersi all'infinito...
“Un loop temporale del cazzo” - pensava Alessandra.
Odiava la mattina, odiava profondamente tutte quelle noiose mattine che da vent'anni vedeva e sentiva chiuderle la vita in una scatola. Era diventata per lei un'ossessione. La stessa parola, “mattina”, racchiudeva in sé tutte le cose peggiori che la vita potesse riservare. Alessandra, poco più di vent'anni, una vita già segnata e decisa, non da se stessa, ma dai propri genitori.
Quella “mattina” non era diversa dalle altre.
Suo padre l'aveva svegliata, presto, come ogni domenica. Bisognava andare in adunanza, fare quegli odiosi sorrisi di circostanza e mostrarsi profondamente interessati alla parola di Dio. I suoi genitori erano molto severi, ligi come pochi in quella religione, in più il padre essendo un pastore della comunità doveva dare buon esempio e costringeva ad una vita integerrima e monastica l'intera famiglia. Da bambina aveva paura di pronunciare quelle tre paroline, “testimoni di geova”. La gente si allontanava spaventata prima ancora che proferissero parola. Crescendo quei termini le avevano messo meno angoscia ma comunque le avevano indirizzato la vita verso percorsi ben precisi. Percorsi che odiava profondamente. Erano strade senza via d'uscita. Senza una via d'uscita razionale. Ma cosa c'era di realmente razionale in quella vita?
Si nasceva, si viveva, si moriva. Non tutto necessariamente in quest'ordine.
Per Alessandra la vita era composta da quelle quattro mura che delimitavano la sua stanza e dalle quattro mura che la ingabbiavano due o tre volte alla settimana in quella che veniva chiamata Sala del regno. Una gabbia protettiva, non una gabbia dorata. Una gabbia è sempre una gabbia. Come un animale allo zoo o come un uccellino.
Vent'anni, tutta una vita da vivere e ancora tante delusioni da vedersi cadere addosso come una violenta tempesta in mare aperto.
Suo padre l'aveva fatta svegliare presto. Era ancora tremendamente assonnata quando aveva aperto gli occhi. Nemmeno il tempo di riconciliare l'animo con il cinguettare degli usignoli che già bisognava pensare all'adunanza. Quanto odiava andare in adunanza. Era come settimanalmente passare davanti ad un plotone d'esecuzione.
“Pum” - e simulava con le dita della mano il gesto della pistola portata alla tempia.
Dopo aver fatto colazione, Alessandra si lavò per bene i capelli, si mise il vestito bello della domenica e seguì i genitori in macchina, pronta per sorbirsi le maledette due ore di adunanza.
Le ragazze della sua età passavano il sabato sera a divertirsi con le amiche e con i ragazzi, magari andavano al cinema, mangiavano una pizza, andavano a concludere la serata in qualche pub. Le sue coetanee “del mondo” lo facevano. Tutti i sabato sera. Benedetti sabati del mondo. Lei aveva passato il sabato sera a prepararsi la “Torre di guardia” con i genitori. Una rottura di coglioni colossale. Tutti i sabato sera la stessa identica storia. Invitavano qualche famiglia di fratelli a casa, si mangiava una pizza oppure sua madre si metteva ai fornelli e preparava qualche manicaretto, poi dopo una bella cenetta tutti insieme ci si metteva attorno al tavolo del soggiorno e ci si preparava la rivista per il giorno dopo. Quanto odiava quei “sabati”. Quasi quanto odiasse le “mattine”. Quasi quanto odiasse le “domeniche mattina”.
Le ragazze normali passavano il sabato sera a divertirsi, lei a far già vita da “vecchia”. Le altre ragazze, quelle “del mondo”, quelle “fortunate”scopavano già da quando i primi pruriti adolescenziali si erano fatti insistenti. Alessandra a malapena trovava il coraggio di accarezzarsi le parti intime quando si faceva la doccia, altro che scopare. Già un bacio, nel mondo dei testimoni di geova era una grossa trasgressione. Un pensiero “erotico” che balenava in testa era parificato ad un grosso peccato. Impurità le chiamavano. A lei mancava un rapporto stretto e quotidiano con quella magica parola: impurità. Le ragazze normali, quelle a cui avrebbe voluto somigliare avevano probabilmente passato il sabato notte col proprio fidanzato a far l'amore e si sarebbero svegliate a mezzogiorno la domenica seguente, non come lei che alle sette del mattino doveva essere in piedi, quasi fosse destinata ad un perenne addestramento militare.
Erano Testimoni di Geova. Sfiga più grande non poteva capitarle nella vita. Poteva nascere atea, figlia di comunisti, figlia di tossicodipendenti, figlia di narcotrafficanti, di gente che viveva sotto i ponti e non aveva nemmeno il denaro per mettere insieme il pranzo con la cena. E invece era nata in una famiglia di testimoni di geova.
Nascere in Italia, vivere gli anni del “tutto sfrenato”, del “tutto all'eccesso” in una famiglia che ancora pretendeva di seguire i precetti scritti millenni prima era praticamente una condanna a morte. E Alessandra si sentiva una condannata a morte.
Per una ragazza di vent'anni, nel pieno del proprio sviluppo ormonale, fisico e sessuale era una grossa limitazione. In pratica le si imponeva di “non vivere” secondo i propri vent'anni. Questo turbava e annientava la già debole personalità di Alessandra. Aveva avuto una adolescenza difficile, sempre guardata a vista da mamma e papà. Difficile scoprire “l'altro sesso”, impossibile fare quelle prime esperienze che formano il carattere di una persona, che la modellano verso l'età adulta. Solo qualche volta era riuscita a trasgredire, violando di nascosto le regole ferree della comunità. Qualche sigaretta, qualche bacio rubato in stazione a dei compagni di classe.
Ultimamente, con la maggiore età aveva trovato qualche lavoretto per mantenersi i piccoli vizi, la pizza con le amiche, la ricarica del telefonino. C'era un ragazzo che le piaceva. Un ragazzo “del mondo”. Un ragazzo che sembrava interessato a lei. Era alto, palestrato, un fisico attraente, uno sguardo malandrino. Alessandra aveva capito subito che questo ragazzo provava interesse per lei. Quel tipo di interesse. Quell'interesse che nasce con lo scambiarsi il numero di telefono e finisce col trovarsi l'uno dentro l'altra, tanti gemiti e tanti liquidi corporei addosso. Quel tipo di interesse che non avrebbe mai potuto sperimentare perché era vietato dalle regole della comunità. Il sesso era contemplato solo tra persone sposate. Questo richiedeva geova ai propri adoratori. Alessandra non avrebbe comunque mai potuto frequentare quel ragazzo. Le regole della comunità non lo permettevano. Non avrebbe dovuto averlo nemmeno come amico, figuriamoci se avrebbe potuto “presentarlo” ai propri genitori o ai fratelli della sala del regno come una persona con cui stava uscendo. Nel suo piccolo mondo fatto di “casa”, “sala” e “predicazione” le uniche frequentazioni con l'altro sesso consentite erano da rivolgersi esclusivamente a “fratelli”, quindi a persone già dedicate a geova e alla sua organizzazione. Un ragazzo “del mondo” era da escludersi a priori. Sarebbe stata una cattiva compagnia, si sa, i ragazzi al di fuori della loro comunità cercavano solo una cosa: il sesso!
Il sesso! Quella magica parola. Quella magica parola che ancora non aveva messo radici nel suo vocabolario.
Quanto avrebbe voluto trovarsi la sera con le amiche, davanti ad un bel bicchiere di birra e pronunciare quelle frasi “scioccanti” come: “Ragazze, ieri sera ho fatto sesso!”.
“Ho fatto sesso!” - Una frase del genere risultava ancora pudica e generosa verso gli insegnamenti ricevuti sin dalla tenera età.
“Ho scopato” - questa si come frase rendeva più l'idea di quel che avrebbe voluto provare.
Un paio di volte aveva avuto la tentazione di toccarsi la sotto, sotto le mutande. Le sue amiche e compagne di scuole lo facevano. Lei ovviamente non poteva. Non che non volesse, anzi, la tentazione era sempre stata forte. Non poteva perché la masturbazione era da considerarsi un grave peccato. Si poteva anche essere allontanati dalla comunità se si confessava un peccato simile. La paura di essere scoperta a masturbarsi o di sentirsi poi costretta a confessare questa grave colpa le aveva sempre frenato gli istinti sul nascere.
Le sue agili dita ogni tanto avevano attraversato il confine tra il pizzo delle mutandine e i primi peli pubici che le disegnavano una bella inesplorata giovane fighetta profumata. Si bloccavano però sul più bello, quando poco prima di infilarsi nella carne tremolante le apparivano le decine di moniti ricevuti dal podio e indirizzati a tutti i giovani delle congregazioni.
La pratica della masturbazione era severamente vietata. Come tutte le pratiche sessuali erano da fuggire.
Con sua madre e suo padre non poteva parlare di certi argomenti considerati tabù.
L'unica volta che avevano parlato di sesso in famiglia era stata umiliante e l'avevano messa a disagio.
Non avevano parlato di “sesso”. Avevano parlato di tutto ciò che lei doveva “non fare”. Le avevano inculcato le direttive dell'organizzazione sin dalla tenera età. Con l'età adolescenziale e poi col raggiungimento dell'età matura erano passati allo step 2.0 delle direttive. Quelle che riguardavano la sfera sessuale di una persona.
Avevano preso pari pari le frasi trovate nelle riviste che studiavano. Avevano buttato giù su un foglio tutte le regole che doveva rispettare, in pratica era una lista della spesa sulle pratiche a cui non doveva nemmeno avvicinarsi.
Non poteva praticare:
Sesso orale
Sesso anale
Bestialità
Masturbare genitali altrui
Autoerotismo
Guardare Film Porno
Omosessualità
Le sue compagne di scuola alle superiori facevano ben altro, erano molto esperte riguardo il sesso, era lei quella “rimasta indietro”. Diventata maggiorenne poi lo spazio infinito del sesso regalava ulteriori emozioni, ulteriori pratiche, ulteriori dettagliate conoscenze. Per tutte le ragazze e i ragazzi che conducevano una vita normale ovviamente. Non per Alessandra, non per chi era nella stessa condizione di Alessandra. Se già un mezzo bacio con la lingua era da considerarsi azione “meritevole di riprensione” il praticare solo una di quelle cose che le avevano insegnato a non fare era condannarsi seduta stante alla “disassociazione” e alla distruzione eterna. Anzi immediata.
“Che poi” - pensava Alessandra - “La tentazione di praticare il sesso orale o il sesso anale poteva anche esserci in un giovane o in una giovane. Ma la bestialità proprio no. Quale persona sana di mente avrebbe avuto il coraggio di farsi una scopata con un animale?”
Le pesava la propria inesperienza, le pesava la propria “verginità”. Verginità per dovere e non per piacere. Era sempre stata l'ultima, sempre relegata in fondo al carro della compagnia, che poi, i suoi genitori le impedivano spesso e volentieri di frequentare i “non Testimoni di Geova”. Era la strada diretta che conduceva al peccato, dicevano i suoi. Quelli “del mondo” pensavano e facevano tutte quelle schifezze che allontanavano le persone da Dio, e loro da buoni “proseliti” di questa anacronistica religione credevano ciecamente a quegli insegnamenti. Così Alessandra aveva passato l'adolescenza ad essere presa per il culo dai compagni di classe perché ritenuta strana; ed era una grave ingiustizia non poter vivere la propria crescita come tutte le altre ragazze. Alessandra era pure una bella ragazzina da adolescente, ai ragazzi non dispiaceva. Aveva un bel viso conturbante, degli splendidi capelli corvini, un fisico mozzafiato. Più di una volta si era sentita gli occhi dei ragazzi addosso e più di una volta si era sentita i commenti e le frasi sconce che alcuni le rivolgevano. Un po' la turbavano e un po' la elettrizzavano. Essere il sogno erotico o il pensiero fisso di un ragazzo non doveva essere poi così male. Era segno di “potere”.
Il “potere” che poteva esercitare quella cosa pelosa in mezzo alle gambe, quella cosa pelosa che ancora nessun maschietto aveva provato. Quella “cosa pelosa” che Alessandra aspettava ardentemente di poter utilizzare il più presto possibile, per poter esercitare il suo potere sui maschietti. Ora che era una donna, che aveva superato indenne gli anni difficili della pubertà e della adolescenza aveva davanti a sé una vita costellata o di privazioni, se avesse continuato a seguire i Testimoni di Geova, o di grandi soddisfazioni se avesse dato libero sfogo ai propri sentimenti, ai propri istinti sessuali.
Anche i fratelli della sua età se la mangiavano con gli occhi. Spiritualità e voglia di figa andavano di pari passo per i giovani virgulti della congregazione. Non passava inosservata Alessandra e lei faceva di tutto per non passare inosservata. Quando poteva si metteva un abitino un filo più succinto, una gonna un filo più corta, una scollatura un poco più seducente. In assemblea o al congresso estivo aveva stuoli di ammiratori che le facevano la corte. Lei sorrideva beota un po' a tutti, in attesa che una stramaledetta anima gemella si presentasse al suo cospetto promettendole amore eterno. Le sarebbe bastata una scopata nei parcheggi, ma doveva mantenere un certo aplomb familiare, bisognava rimanere sul “romantico-teocratico”. Cosa c'era poi di romantico nello sposarsi con un testimone di geova e promettersi una vita intera piena di adunanze e predicazione ancora dovevano spiegarlo.
Fu a metà della “Torre di Guardia”, mentre il padre spiegava all'uditorio un passaggio biblico piuttosto ostico, che avvenne il fattaccio. Si alzò dalla sedia cercando di fare meno rumore possibile, sorrise gioiosamente a tutte le vecchiette sedute dietro lei e raggiunse a brevi falcate il bagno posto all'ingresso della Sala del Regno. Marco era lì, a fare l'usciere, come lei era annoiato a morte dalla vita che i genitori l'avevano costretto a fare. Si scambiarono uno sguardo, uno sguardo ingenuo e complice allo stesso tempo. Fuori dalle grandi vetrate dell'ingresso il sole sembrava illuminarli come due divi del cinema. Alessandra non aveva mai fatto caso a quanto fosse carino Marco. Si, forse era un po' timido e taciturno, ma sotto quel bel completo grigio si potevano intravedere i muscoli potenti di un atletico ventenne.
Marco pensava spesso ad Alessandra. A casa, da solo, quando nessuno poteva vederlo o sentirlo. Prendeva allora in mano il cazzo e iniziava a masturbarsi venendo puntualmente tra le proprie mani. Quanto avrebbe voluto fare lo stesso ma con Alessandra accanto. Non potevano, le ferree regole dei TdG non contemplavano il sesso prima del matrimonio come attività da poter fare. E loro, per sua somma sfortuna erano capitati in quella assurda religione senza aver avuto possibilità di scegliere. Ci erano nati e non potevano andarsene, i genitori erano ferventi TdG e nessuno di loro avrebbe acettato una vita diversa per i figli. Erano legati a questa religione per la vita. Schiavi di un “credo” al quale non credevano e che facevano finta di seguire, per non perdere tutto quello che avevano guadagnato fino a quel momento: amicizie, parenti, compagnie.
Alessandra era in bagno già da un paio di minuti. Dietro le pesanti porte a vetri che dividevano l'ingresso dalla sala principale si sentiva il vociare dell'oratore che spiegava ogni paragrafo della “torre di guardia” con dovizia di particolari. Tutti noiosi, tutta roba vecchia trita e ritrita. Informazioni inutili e dannose, buone solo per convincere la gente a buttare nel cesso la propria esistenza. Infatti la sala del regno, anzi le sale del regno di tutto il mondo erano popolate solo da “vecchietti” o persone che nate nella “verità” non avevano potuto far altro che stare in questa comunità. Il rischio di perdere tutto era troppo grande. Una comoda bugia era sempre comunque meglio dell'ostracismo e di una vita isolati dai propri cari o amici.
Nessuno poteva vederli, tutti i fratelli erano impegnati ad alzare la mano e a commentare, le porte erano chiuse, nessuno avrebbe mai sospettato nulla. Quella domenica poi mancavano diversi fratelli quindi l'unico “usciere” di ruolo era Marco, che presiedeva il suo ruolo con poca voglia proprio li all'ingresso della sala del regno.
Marco si fece coraggio ed entrò nel bagno. Alessandra era appoggiata alla porta di uno dei bagni interni come se lo stesse aspettando appositamente. I suoi lunghi capelli nero corvino erano ancora più belli che nei suoi sogni, quei sogni in cui lei gli sbatteva la figa in faccia e gli chiedeva di leccare quei bei peletti morbidi e setolosi.
Marco chiuse la porta dietro se, attento a non fare alcun rumore. Alessandra si avvicinò e portandosi il dito alla bocca fece il gesto del silenzio. Aveva un buon profumo, il profumo di carne giovane, quel profumo di dolcezza e castità che tanto piaceva ai giovani maschietti delle congregazioni. Aveva veramente un bel corpicino sensuale. I capelli lunghi cascavano lucenti sulle spalle e contornavano un viso angelico, raffinato. Era la classica ragazza “da sborrarle in faccia”, questo pensavano di lei i ragazzi ai tempi delle superiori, questo pensavano i maschietti che la incontravano per strada o con cui lavorava ora che era più grande. Anche i fratelli nella loro finta ingenuità pensavano quello. La bellezza del viso di Alessandra attirava seghe e voglia di sporcarle il viso di sborra.
Nei sogni di Marco, le loro avventure sessuali finivano sempre con lei inginocchiata che dopo un bel bocchino si faceva venire copiosamente sul viso. Marco sognava di poter sborrare sul viso di Alessandra e di averla li, sotto di se, coi capelli sporchi che colavano sperma per terra, sui vestiti.
Erano ormai viso contro viso. Marco sentiva il respiro alla menta della bocca di lei. Quanto avrebbe voluto che il suo cazzo fosse al posto di quella caramella alla menta. Lo voleva, lo voleva da tempo. L'avrebbe fatto finalmente. Era nella sua bocca lei lo annusava, ad occhi chiusi, sfiorandogli prima la giacca, poi la camicia, poi la cintura. Marco sentiva l'eccitazione salire fin su nel suo corpo. Il suo cazzo stava diventando sempre più duro e lei se ne accorse. Cresceva a dismisura, non riuscendo più a contenersi dentro l'involucro dei pantaloni. Quel cazzo era come un animale in gabbia e necessitava acquistare libertà. La libertà che voleva quel cazzo era altra però, non voleva la libertà di stare da solo ma voleva finire in un'altra gabbia, più umida, più porca, più seducente. Quella gabbia senza sbarre era la figa di Alessandra. Ma anche la bocca di Alessandra andava benissimo. L'importante era poter entrare nel corpo umido e sexy di quella giovane “sorella”.
Le piaceva quel gioco e continuava a toccargli i vestiti, se lo accarezzava tutto, con dolce ambiguità. Le piaceva sentire l'eccitazione scorrere potente nel corpo di lui. Le piaceva poter dominare gli istinti sessuali di quel ragazzo.
Lui prese la mano di lei e la mise all'altezza sul suo cazzo, lei non sembrava volerla ritirare anzi, con un sorriso malizioso continuava a fissarlo e pian piano gli toccava il cazzo. Era la prima volta che in pratica stava facendo una sega a qualcuno. Che emozione. Finalmente si sentiva “donna” e non solo una “femmina”.
Alessandra era terribilmente eccitata, sentiva quel grosso cazzo pulsare sotto le mani. Come tutte le brave ragazze Testimoni di geova non aveva mai fatto sesso, nemmeno una carezza aveva mai rivolto a un maschio. Il cazzo era una nuova eccitante scoperta.
Aprirono la porta di uno dei bagni interni, entrarono e senza far rumore chiusero il mondo dietro loro. Fuori da quel bagno c'era tutto quello che li aveva limitati nel corso della vita. Quel mondo del cazzo in cui era “peccato” fare un “pensiero sconcio”. Un mondo nel quale avevano più rispetto per chi era accusato di pedofilia rispetto a chi da giovane qual'era non riusciva a contenere gli impeti sessuali tipici dell'età. Tanti giovani erano stati disassociati perché avevano scopato. Molti loro coetanei e coetanee avevano dovuto abbandonare amici e famiglia per aver fatto sesso prima del matrimonio. Come si poteva resistere, a poco più di vent'anni, al richiamo naturale del sesso? In compenso già da tempo si vociferava che ci fossero molti fratelli accusati di cose veramente schifose come la pedofilia e nessuno nella congregazione e nell'organizzazione aveva mosso un dito. Quello era un peccato, quello era un reato. Violentare dei bambini inermi era una cosa che faceva rabbrividire non due ragazzi che consenzienti decidevano di scopare. Alessandra era a conoscenza delle porcate che a livello internazionale stavano facendo i Testimoni. Internet ne parlava da anni, le cause di risarcimento a favore delle vittime di abusi sessuali da parte di membri dei Testimoni erano ormai all'ordine del giorno.
Si baciarono, un lungo bacio silenzioso, non dovevano far rumore altrimenti se li avessero scoperti sai che scandalo. Quella era la cosa probabilmente più porcellinosa mai accaduta in una sala del regno, o questo pensavano i due ragazzi.
Alessandra si inginocchiò, stando attenta a non farsi male, lo spazio era comunque angusto. Le sue manine ingenue in un attimo diventarono espertissime. Aveva vent'anni, certe cose doveva per forza saperle fare. La natura le aveva messe nel suo DNA.
Slacciò la cintura del vestito di Marco e tirò fuori l'uccello con la mano destra. Non aveva mai visto un cazzo e quello era così grosso, così lucido, tutto lì davanti ai suoi occhi. Chiuse gli occhi e iniziò ad annusarlo tutto con candida curiosità. Passò la punta del suo nasino delicato su tutta la lunghezza del pene di Marco, era così soffice al tatto, così delicato all'olfatto. Arrivò ad annusarlo fino a dove il cazzo terminava in due palle gonfie e pelose.
"Che odore strano e invitante, l'odore del peccato" pensò. Marco le prese la testa e la avvicinò sempre più al suo cazzo, lei avrebbe voluto legarsi i capelli ma non c'era tempo.
Iniziò a succhiare dolcemente il cazzo di Marco, prima infilandone un pezzetto in bocca e poi tutto fino a farselo arrivare in gola. Sentiva i conati di vomiti e la pressione delle mani di Marco sulla sua testa.
Ormai non potevano più tirarsi indietro, li avrebbero disassociati se li avessero scoperti e quindi era meglio godersi il momento fino in fondo.
Succhiava forte lei e ansimava lui. Marco non avrebbe resistito ancora molto, quel pompino magistrale lo stava facendo venire. Era anche molto meglio di come se l'era immaginato. Alessandra succhiava veramente con gusto, ogni tanto tirava fuori la lingua e leccava il cazzo di Marco come se fosse un cono gelato. Lo tirava su in alto con la mano e passava la lingua lungo tutto il cazzo del ragazzo. Sentiva la potenza di quell'uccello che stava per esplodere in tutta la sua carica naturale di sborra ed eccitazione.
Lui avrebbe voluto venirle in faccia, sui capelli, imbrattarle il vestitino ma poi che imbarazzo sarebbe stato per lei tornare a sedersi in mezzo agli altri ricoperta del suo sperma. Decise allora di venirle in bocca, senza avvisarla, si, quella era la soluzione migliore. Ed era una delle immagini che gli scorrevano in testa, a casa, mentre masturbandosi sognava di Alessandra.
Alessandra succhiava, succhiava forte e più succhiava e più le piaceva. Le piaceva sentire le mani di lui comandarle la testa e tenerla lì a fargli il più bello e godurioso dei pompini. Quando la sborra calda le attraversò la gola fu un momento di estasi assoluta per entrambi.
Si sentiva finalmente realizzata. Il suo primo incontro con un cazzo era finito con un bellissimo ingoio.
Si alzò, si pulì la bocca con la mano e guardando Marco si sentì una donna, una donna vera.
Finalmente si era realizzata, un po' in ritardo rispetto alle ragazze della sua età ma ci era arrivata pure lei al primo fatidico pompino. Ora la strada sarebbe stata solo in discesa.
D'ora in avanti avrebbe succhiato cazzi e non fatto la pioniera.
Far pompini dava molta più soddisfazione a se stessa e al prossimo rispetto alla predicazione.
L'ideale, pensava Alessandra, sarebbe stato far pompini in predicazione anziché distribuire quello cazzo di riviste noiose.
Le persone sarebbero state molto più felici e avrebbero apprezzato di più i testimoni di geova, ne era sicura.
Con un saluto silenzioso si lasciarono dietro le spalle il bagno del peccato, lui tornò alla sua posizione di guardia come usciere e lei dopo essersi sistemata un po' allo specchio e riassettata la gonna rientrò in sala e andò a sedersi vicino a sua madre.
Ti sei persa una bella spiegazione, dov'eri Alessandra - chiese sua madre.
Avrebbe voluto risponderle ma l'avrebbe profondamente ferita e turbata se le avesse raccontato come aveva spompinato Marco nei bagni della sala del regno.
Seguì distrattamente la conclusione dell'adunanza.
Non aveva più la testa per pensare a quelle cazzate. Non aveva più la testa per seguire le noiose spiegazioni su cose accadute millenni prima. Cosa le importava di Mosè, di Levitico, di Esodo, di Giosuè o cose del genere quando tra i pensieri aveva solo e solamente la sua prima emozionante esperienza sessuale. Incompleta ma già soddisfacente.
Il cantico e la preghiera conclusiva passarono inosservati agli occhi di Alessandra.
Guardava fissa nel vuoto, con un leggero sorriso disegnato agli angoli delle labbra.
Quelle sue belle labbra che finalmente avevano assaporato il gusto tanto ardito e tanto ambito dello sperma maschile.
Dopo anni di “mattine”, “adunanze” e “domeniche”, per la prima volta Alessandra era contente di aver partecipato ad una adunanza.
Per la prima volta aveva realmente sentito un brivido.
Un brivido caldo, umido e appiccicoso.
E non arrivava dall'alto dei cieli quel brivido ma dal basso di un pantalone slacciato nei bagni di una sala del regno.
Il brivido del peccato era entrato in lei. Dalla porta principale.
Finita l'adunanza tornarono a casa, ma prima di mettersi a tavola coi genitori, Alessandra andò in bagno, si guardò allo specchio e vide quanta bellezza il suo viso riusciva a sprigionare.
Aveva proprio quella “faccia da sborra” che dicevano ai tempi i suoi compagni di classe delle superiori. Si rendeva conto di aver davvero un bel corpo che ispirava sesso e un viso che eccitava seduta stante ogni rappresentante del genere umano maschile.
Si cercò in bocca il sapore dello sperma di Marco, lo trovò e volle tenersi quel momento tutto per se. Si ripromise di succhiarglielo di nuovo la domenica successiva... E dopo, e dopo ancora... Quello era il suo progetto per il futuro. Esplorare quanto più possibile la natura umana del sesso in tutte le sue enormi sfaccettature. Si toccò in mezzo alle gambe, aveva bisogno di sentire quelle emozioni ancora nella sua passera. Con Marco si era bagnata a sentire il contatto col pisello. Le mutandine erano ancora umide dei propri umori. Con le dita cerco la fessura sotto i peli e si fece un bel ditalino e venne ancora, appoggiata al lavandino del bagno.
La voce di sua madre la chiamava per il pranzo.
“Che palle” - pensò.
Si lavò le mani col sapone, si rinfrescò pure il viso e andò a pranzare coi genitori.
CAPITOLO 2
Alessandra era ancora profondamente scossa.
Erano già passate più di due settimane e Marco non l'aveva ancora richiamata. Forse era confuso o imbarazzato per quel primo pompino fatto di nascosto nei bagni della Sala del Regno? Aveva bisogno di una boccata d'aria e di parlare con un'amica. Ma a quale amica fidata poteva raccontare quel che aveva fatto?
Da una parte si sentiva sporca, in difetto, la vita che si era scelta sin da adolescente prevedeva un certo rigore morale, rispettare il proprio corpo concedendosi ad un solo uomo e solo dopo il matrimonio. Far pompini non era nemmeno previsto nella vita di un testimone di geova. Il sesso orale era considerato una cosa sporca, peccaminosa, adatto solo alle ragazze poco di buono o alle prostitute. Le statistiche parlavano di una gran parte di donne che praticavano il sesso orale senza problemi. Negli anni 2000 ogni tabù sul sesso era definitivamente caduto. Sia gli uomini che le donne praticavano e amavano l'antica arte della Fellatio. Nei testimoni di geova il sesso era una delle cose più difficili da affrontare. Le riviste non solo stabilivano i precetti sessuali da seguire, addirittura gli anziani di congregazione erano invitati a scoprire se all'interno delle congregazioni si facevano attività sessuali non contemplate dall'organizzazione. L'unico sesso ammesso era la classica posizione del missionario, ovviamente tra persone sposate. Al di fuori di quello tutto era peccato. In pratica le cose più divertenti del sesso non si potevano fare, nemmeno contraendo il matrimonio. Uno si sposava per fare almeno le porcate e si trovava si e no a dover fare una sola posizione e per tutta la durata del matrimonio. Per chi non era sposato il “sesso” doveva essere tenuto lontanissimo dai propri pensieri. I giovani vivevano in pratica in un costante stato di paura perché dovevano reprimere tutti quegli istinti propri dell'età. Niente pompini, niente carezze, quasi niente
baci. Già un bacio con troppa lingua era da considerarsi sconveniente. Quei pochi giovani che avevano terminato le scuole superiori ( perché pure la cultura, come il sesso, erano da considerarsi parte di un disegno diabolico ) chiedevano di fare i Pionieri Regolari ( dedicare almeno 70 ore di predicazione al mese ) proprio per dedicare la propria giovane vita ad un'attività che li allontanasse dai pensieri del sesso. Stare a casa a riposare o andare a lavorare intorno ai vent'anni voleva dire mettere la propria mente a disposizione di Satana, il quale avrebbe trovato il modo, tramite colleghi di lavoro o internet per sviare le giovani menti dei Testimoni di geova e condurli verso la via del peccato, e ovviamente alla morte. Perché scopare portava alla morte come fine ultimo.
Alessandra aveva accuratamente evitato in quei difficili anni di alimentare i propri pruriti sessuali. Aveva resistito stoicamente ad “avances” e tentazioni varie. Aveva smesso di leggere libri e di vedere determinati film proprio per non cadere in tentazione. Si sa, i film, i romanzi e la musica possono offrirti subdolamente la voglia di trasgredire.
Ma era giovane, come poteva soffocare quei benedetti istinti che madre natura le aveva messo in corpo? “E che corpo” - pensava Alessandra. Mica un corpo qualsiasi. Sia in sala del regno che in giro quando predicava si giravano tanti maschietti a guardarle il culo. Ora che era più attenta a certe tematiche si chiedeva se poi qualcuno di questi maschietti andasse a casa a masturbarsi dopo averla vista. Le piaceva immaginare che qualcuno non riuscisse a controllarsi e dall'eccitazione veniva direttamente nei pantaloni. Marco le era venuto in bocca, che buon sapore lo sperma... Ci pensava continuamente.
Michela era la sua migliore amica.
Migliore amica per modo di dire. Non si calcolavano da adolescenti, le reciproche antipatie tra i genitori le avevano relegate agli angoli opposti della congregazione, si salutavano giusto per quieto vivere e per non dare pane ai pettegolezzi che le volevano dipingere come due ragazzine costantemente divise da una insana rivalità.
Arrivarono i 18 anni per entrambe e per qualche miracolo divino tra le famiglie si stabilì una specie di amicizia, una “non belligeranza” di comodo, chiamiamola pure una “tregua armata”.
Entrambi i padri delle ragazze erano rinomati anziani della congregazione, le giovani figliole due fiori delicati che si stavano trasformando in raffinatissime donne.
Michela era alta e snella, quasi come Alessandra, persino il taglio e il colore dei capelli erano simili. Non erano due gocce d'acqua, ma la somiglianza era notevole.
Le due ragazze si passavano si e no qualche mese e una taglia di reggiseno, per il resto erano comunque molto simili. Alessandra voleva raccontarle di come aveva succhiato il cazzo a Marco ma la folle paura di essere denunciata agli anziani dall'amica del cuore la rendeva insicura e vulnerabile. Aveva voglia di liberarsi da questo peso che le bloccava lo stomaco.
Fecero due passi lungo il naviglio, parlarono di tutto e di niente come succede in questi casi, nessun accenno ad argomenti piccanti o strettamente personali, solo un fiume vorticoso di pensieri a caso che oscillavano tra Justin Bieber, la voglia di mare e l'ultima serie tv vista su Netflix.
In lontananza intravidero Marco e un altro fratello che stavano predicando. Alessandra divenne rossa in viso e l'amica se ne accorse.
Ti piace quel ragazzo, lo vedo...
Ma cosa dici mai...
Ti piace vero Alessandra? Non far la timida...
Alessandra annuì chinando la testa per l'imbarazzo, non si aspettava La domanda, buttata poi lì a bruciapelo, come una coltellata nel cuore.
Si capisce?
L'avevo intuito Ale, sei strana da qualche tempo, sospettavo ci fosse di mezzo un ragazzo...
E che noi...
Noi cosa Ale?
Noi...
Michela era divertita e incuriosita dall'imbarazzo di Alessandra.
Su dai parla non tenermi sulle spine...
Noi … non so come dirtelo...
Non dirmi che vi siete baciati?
Alessandra voleva sprofondare nell'asfalto e scomparire, non sapeva come uscir fuori da questa conversazione.
Se ti racconto una cosa prometti che non lo dici a nessuno?
Spara Ale, fidati. Siamo amiche.
Beh... È come se l'avessimo fatto Michela.. .
Michela strabuzzò gli occhi, si sistemò i capelli per riprendersi dalla notizia e rise fragorosamente davanti all'amica. Alessandra non sapeva se Michela la stesse prendendo in giro o se fosse contenta per lei e per quello che le stava confidando.
Cosa vuol dire È come se l'avessimo fatto? L'avete fatto o no?
Se te lo dico poi tu vai a denunciare la cosa agli anziani? Guarda che poi se mi disassociano non possiamo più essere amiche.
Scherzi Ale? Se andassi a far la spia mi sentirei una stronza. E poi anche io scopo con un ragazzo, cosa credi? Mica voglio fare la verginella a vita.
Alessandra si sentì improvvisamente rincuorata, non era più sola, non era più in balia del rimorso e del peccato. Poteva finalmente condividere con l'amica quella magica esperienza.
Dai racconta, son curiosa. Dove l'avete fatto?
Sai Michela, è un po' imbarazzante ma... È successo due settimane fa in sala.
In sala?
Si, durante la Torre di guardia che stava conducendo mio padre. Ci siamo chiusi in bagno, lui faceva l'usciere all'ingresso, nessuno ci ha visto e...
Cazzo Ale, non ci siamo accorti di nulla di là. Come avete fatto? Cazzo sei un mito. Perversissima.
...prima ci siamo baciati.. Poi...
Poi?
Poi ci siamo chiusi nel bagno come ti ho detto, lui mi era davanti. Mi sono inginocchiata, non l'avevo mai fatta prima una cosa del genere...
Neanche alle superiori Ale?
No Michela, che dici? Sono una ragazza perbene io...
Guarda che son cose normali Ale. Abbiamo 20 anni, abbiamo delle voglie di cazzo da soddisfare... E poi dai racconta, l'hai preso in bocca?
Si... Che vergogna Michi. Marco ha un cazzo enorme, non pensavo potesse essere così grande e duro. L ho messo tutto in bocca, fino alla gola...
Cazzo Ale che porca. Sicura fosse il tuo primo pompino? Io che ne faccio almeno uno a settimana da un bel po' di tempo ci ho messo molto più tempo di te a farmelo cacciare in gola!
Davvero Michela? E con chi scopi? Non immaginavo...
Il primo è stato un fratello conosciuto al mare. Ci siamo piaciuti subito, in Sala lì dove andiamo in villeggiatura. Con la scusa di uscire in servizio ci siamo imboscata in macchina e me l'ha fatto vedere. La prima volta gli ho fatto solo una sega, che schifo, tutto lo sperma sulle mani mi son ritrovata. Poi nei giorni successivi ci siamo spinti sempre un po' più in là, qualche pompino, lui mi toccava, le tette, mi metteva le dita nella figa, io lo prendevo in bocca, insomma cose del genere... Sempre il pomeriggio con la scusa del servizio, facevamo un po' di predicazione e poi mi portava con la macchina in un posto isolato e ci davamo dentro di brutto. Con lui ho perso la verginità. Sul sedile posteriore di una automobile!
Ma non ti sei sentita sporca, a disagio? Ci insegnano che queste cose dio non le approva.
Non mi sono sentita a disagio. Al massimo ero tesa perché le prime volte avevo la paura di non essere capace, quell'imbarazzo li insomma.
E ti è venuto subito naturale?
Ale, son cose che abbiamo dentro. Quando un maschio ci vede sa già dove deve e dove vuole entrare. Anche noi femmine se vediamo un cazzo sappiamo cosa vogliamo farci. La cosa più difficile è stata mettere il cazzo in bocca le prime volte perché aveva un cattivo odore. Poi dopo, la seconda volta ero già abituata. Anzi, un consiglio, portati sempre dietro le mentine così se ti capita di fumare una sigaretta o fare un pompino poi hai la bocca profumata e i tuoi non se ne accorgono. Rimane l'odore di cazzo in bocca dopo un pompino. Continua dai, voglio sapere come avete fatto li in bagno.
... Ho continuato a succhiare fino a quando non mi è venuto in bocca. Che strano sapore lo sperma...
Sei proprio una porca amica mia, lasciatelo dire!
Devo vergognarmi?
Assolutamente no. Anzi meriti un premio. Primo cazzo tenuto in mano in vita tua e già hai fatto un pompino con ingoio. Sei da record. Ma avete fatto anche il resto o solo un pompino?
Non c'era tempo per il resto, dopo il pompino son ritornata a sedermi vicino a mia madre.
E nessuno si è accorto di nulla... Ah ah ah... Se qualcuno lo venisse a sapere sconsacrano la sala.
Mi sentivo tanto a disagio per quello che avevo fatto... Mi sentivo in colpa, mi sentivo sbagliata...
Ti è piaciuto succhiare il cazzo a Marco?
SI...
E allora non devi sentirti in colpa. Hai fatto quel che credevi giusto e ti è pure piaciuto. Guarda che chi più chi meno i giovani delle congregazioni scopano tutti. Basta poi non farlo sapere agli anziani. E se ti chiedono qualcosa nega sempre.
Tu con chi altri l'hai fatto?
Con alcuni ragazzi più grandi, non li conosci, non sono fratelli. I fratelli son sfigati comunque, inesperti su certe cose. Vanno bene giusto per fare pratica all'inizio, come hai fatto con Marco, ma poi c'è bisogno di qualcosa di più interessante.
Tipo?
Ogni tanto mi vedo con uno della palestra. Con lui si va sul porno davvero. Scopiamo di brutto, me la fa bruciare la figa. E mi ha insegnato un sacco di porcate, mi ha sborrato in faccia, ha insistito per infilarmelo nel culo. Non sai quanto è perverso sto qui. E mi lecca la figa mentre gli faccio una pompa, facciamo io sopra lui sotto, che goduria Ale... Ultimamente poi ha sta fissa di farci i video mentre scopiamo... Mi ha ripreso mentre ingoio, mentre me lo sbatte in culo... Con lui son diventata la porca che ora conosci....
Guarda Michi, Marco e Gianni ci hanno visto, stanno venendo qui? Che facciamo?
Vuoi una mentina Ale? O pensi di cavartela da sola?
Se dio esiste amica mia, Marco mi bacia e poi mi chiede di scopare... Ho voglia di fare le cose che fai tu... Dammi una mentina va, che ho casa libera... Mi fermo a comprare i preservativi o ne hai uno?
Tieni sorella e ringraziami...oggi ti faccio diventare donna una volta per tutte... È ricorda, nel dubbio... Fallo venire sempre in bocca che non resti incinta.
Marco e Gianni arrivarono come se nulla fosse, Marco salutò le ragazze mentre Gianni se le guardava senza parlare. Era più grande di tutti loro, potevano essere tutti figli suoi.
Alessandra e Michela erano veramente due belle ragazze, l'aveva notato anche nell'ultimo periodo che stavano crescendo come “donne”.
Marco era un po' timidino come ragazzo, non ci avrebbe mai combinato nulla, pensava Gianni. Lui invece da uomo maturo qual'era sapeva bene come dovevano essere interessanti quelle due ragazze. Erano davvero delle belle fighette. Tette non troppo grandi ma a punta, i vestiti aderenti e scollati lasciavano tanto all'immaginazione. Michela non portava nemmeno il reggiseno, Gianni aveva notato le punte irte dei capezzoli disegnare un bozzolo sulla camicetta. E avevano veramente un culetto da favola queste due ragazze.
“Peccato davvero” - pensava Gianni, - “Aver abbracciato questa cazzo di religione che ti vieta tutto... altrimenti...”
CAPITOLO 3
Era già sera. Il giorno sembrava essere volato via in un baleno. Marco era ancora in automobile, sotto casa di Marianna, fari accesi ad illuminare la strada, la radio appena appena accesa con quel poco di volume a rendere meno silenziosa l'attesa.
Marianna era ancora muta, impietrita, fissava il cruscotto e per la tensione si mordeva coi dentini bianchi il labbro superiore. Stringeva con tanto vigore il labbro che quasi le sembrava di sentire il sapore del sangue scivolarle sulla lingua e poi in bocca.
- Scusami. Non volevo.
Marianna si girò verso Marco. Non era un cattivo ragazzo, non aveva cattive intenzioni e questo lo capiva da come si era ammutolito dopo aver fatto quella richiesta qualche minuto prima, arrivati sotto casa di lei. Lei ci era rimasta veramente di merda, non si sarebbe mai aspettata una richiesta del genere da Marco. Non al primo vero appuntamento. Non da un fratello zelante e premuroso come lui.
6 Parole. In tutto 6 parole per distruggersi una promettente carriera teocratica e infilarsi nel vicolo cieco della disassociazione.
Non volevi quindi chiedermi quel che mi hai chiesto?
È stato Satana che mi ha confuso le idee - provò a giustificarsi lui arrampicandosi sugli specchi.
Marianna non se la sentiva di uscire dall'auto ora, così senza aver chiarito quel momento di inevitabile imbarazzo.
Prese un grosso respiro, si girò per guardarlo dritto negli occhi. Voleva vedere una sua reazione.
Marco. Tu dai la colpa a Satana? Tu mi hai chiesto di succhiarti il cazzo. Mi hai chiesto di succhiarti il cazzo qui in automobile sotto casa dei miei genitori. Ti rendi conto della gravità della cosa? Come fai ad avere questi pensieri in testa Marco? Sei un brillante servitore di ministero, vieni da una buona famiglia... Proprio non capisco.
Marco la guardò e si sentì veramente a disagio.
Con Alessandra era stato molto più facile l'ultima volta, qualche settimana prima. Lei addirittura gli aveva fatto un pompino con ingoio nei bagni della Sala del Regno. Pensava tutte le sorelle della congregazione fossero così, santarelline all'apparenza e poi porche nel privato. E lui aveva accettato di uscire con Marianna proprio per ripetere quella bella esperienza avuta nei bagni della sala del regno. Era tornato a casa su di giri quella domenica, non aveva nemmeno pranzato, era andato subito a spararsi una bella sega in cameretta ripensando a come Alessandra lo aveva preso in bocca in quella maniera.
Marco coltivava la passione della pornografia in segreto. Suo padre l'avrebbe ammazzato di botte se l'avesse scoperto, sarebbe stata una grave onta per la sua famiglia. Erano troppo perbene e troppo in vista per permettersi un simile scandalo.
All'inizio era stato un capriccio adolescenziale, poi era diventata un'abitudine quotidiana. Sceglieva con cura i filmati su youporn con cui masturbarsi, in gran segreto, nella sua cameretta.
I genitori non sospettavano nulla, Marco era un giovane promessa della Sala, dicevano avrebbe fatto grandi cose nei Testimoni di geova. Qualcuno aveva azzardato l'ipotesi che fosse addirittura il più in gamba tra i giovani nominati dei Testimoni di geova. Nel giro di qualche anno sarebbe diventato persino un anziano, come suo padre.
Ma non conoscevano il suo lato più oscuro e perverso. Troppe restrizioni sessuali adolescenziali l'avevano corrotto raggiunti poi i vent'anni, tutte le tentazioni sessuali cominciavano a farsi largo nei suoi pensieri.
I filmati su youporn l'avevano stufato a un certo punto. Gli piaceva vedere le scene di sesso anale, i filmati amatoriali con i pompini e le sborrate in bocca e in faccia.
Nelle sue fantasie, mentre chiudeva gli occhi per masturbarsi, si rincorrevano le facce delle sorelle giovani che conosceva.
Per venire aveva bisogno di segarsi sulle foto di Alessandra. Per fortuna lei aveva quel provocante profilo instagram dove con dovizia quotidiana postava ammiccanti foto in bagno, in camera da letto, ai giardini.
Le foto al mare erano le più succose perché si intravedevano le tette e quel culetto rosa lo faceva impazzire. Avrebbe voluto possederla ogni notte e puntualmente veniva.
Aveva ancora in mente quel pompino che lei gli aveva fatto in sala qualche tempo prima.
Chiudeva gli occhi e tornava con la mente a quella posizione. Lui in piedi a tenerle la testa appoggiata al suo cazzo e lei che con ingordigia andava su e giù con sapiente maestria.
Quel giorno il cazzo gli era arrivato in gola dall'eccitazione. Sentiva il gemere ansioso di lei mentre il cazzo si inumidiva tra le sue labbra. Sentiva il suo respiro farsi sempre più affannoso mentre il cazzo si spingeva sempre più giù nella gola.
Avrebbe voluto fare come nei filmati su youporn, venirle sulla faccia e vederla soddisfatta leccare ogni goccia di sperma con la lingua. Alla fine, senza avvertirla preferì optare per l'opzione più pulita, le era venuto in bocca, sentì un getto caldo fuoriuscire dal cazzo e adagiarsi su quella calda lingua carnosa.
Si erano rivisti di sfuggita pure la mattina precedente mentre era in servizio con Gianni.
Lei parlottava con Michela, chissà se le aveva raccontato di quel bel pompino che aveva fatto.
Avevano parlato 5 minuti poi Gianni era troppo ansioso di finire il territorio ed erano scappati via, nuovamente a citofonare. Lui se non fossero scappati via a predicare di nuovo sarebbe venuto nei pantaloni di velluto, alla sola vista di Alessandra gli era diventato duro.
Pure Michela era caruccia, il viso da porcellina in calore l'aveva. Gianni rimaneva sempre estasiato da Michela, pur avendo più del doppio della sua età. Gianni però era ancora un bell'uomo piacente nonostante i capelli brizzolati e gli anni che correvano verso i 50.
Ma come guardava le tette di Michela ieri. Secondo Marco ci avrebbe voluto fare un giretto tra quei seni caldi e giovani. Faceva già abbastanza caldo e Michela non si era affannata molto per coprirsi decentemente. Dalla camicetta si intravedeva quel bello spacco suadente che divideva in due il giovane petto. Le tette di Michela non erano enormi ma erano belle pienotte e a punta, terminavano con due bei capezzoli duri come il marmo. E ieri la troietta non portava il reggiseno... si vedeva che voleva farsi guardare. Anche in sala Michela portava raramente il reggiseno, qualche volta, mentre faceva il microfonista era rimasto con lo sguardo dritto sulle tette della giovane amica mentre le passava l'asta del microfono per commentare. Le avrebbe volentieri passato un'altra asta per commentare, non quella col microfono, ma quella di carne che teneva tra le gambe.
Rideva ieri la troietta, altro che santarellina. Voleva che le si guardassero le tette, voleva farli eccitare forse.
Marianna aspettava ancora una risposta. Erano ormai diversi minuti che restava in silenzio a guardare il vuoto. Il pensiero di Michela e del pompino di Alessandra glielo stava facendo indurire e non sapeva come controllare la situazione. Avrebbe avuto bisogno di una sega per tranquillizzarsi. Non era quella la situazione adatta per farsi una sega. O per farsela fare. Soprattutto dopo che Marianna sembrava essersi incazzata per averle chiesto innocentemente di succhiargli il cazzo.
Allora Marco? Vuoi rispondermi oppure no? Mi dici cosa ti è passato per la testa?
Perdonami Marianna. Pensavo ti sarebbe piaciuto provare questa esperienza. Sono veramente mortificato. Ti prego, non dirlo a tuo padre. Se gli anziani lo vengono a sapere mi disassociano e perderei tutto quello per cui ho lavorato in questi anni. Ti prego Marianna. Non rovinarmi.
Marianna continuava a guardarlo. Un po' le faceva pena, il ragazzo tanto sicuro di sé che conosceva si stava sciogliendo come un gelato in un microonde. Marco era molto rispettato in sala, la sua aurea di santità lo precedeva al suo arrivo. Faceva addirittura i discorsi pubblici all'adunanza domenicale e da qualche tempo era presenza fissa tra i fratelli intervistati alle assemblee. Il suo progresso nell'organizzazione era tangibile, già si vociferava di una sua nomina ad anziano alla visita successiva del sorvegliante.
Sapeva anche di averlo letteralmente in pugno, una sua parola agli anziani lo avrebbe rovinato. Avrebbe perso la nomina a servitore e sarebbe stato disassociato. Questo voleva dire un brutto stop per la sua carriera teocratica. Per almeno 5 anni dopo la sua riassociazione non avrebbe potuto ricevere una nomina, e contando il periodo della disassociazione che era circa un annetto e mezzo, questo avrebbe significato stroncargli per almeno 7 anni ogni ambizione.
Marianna, se non racconti la cosa agli anziani son disposto a fare tutto quello che vuoi. Anche a pagarti se necessario. Ti prego solo di non rovinarmi. Farò tutto quello che vuoi.
Tutto?
Tutto.
Metti in moto e vai nella piazza della posta, allontaniamoci da qui che i miei potrebbero vederci e insospettirsi. Andiamo là che è buio e non c'è nessuno così chiariamo 'sta cosa.
Marco pensava di averla convinta per il fatto dei soldi, magari Marianna voleva essere pagata per mantenere il silenzio. Non gli importava del denaro, l'importante era mettere a tacere la cosa.
Arrivarono in piazzetta e marco parcheggiò. Non c'era un'anima viva a quell'ora, stava per scendere dall'auto per andare a prelevare allo sportello quando lei lo fermò con una mano invitandolo a rimanere seduto.
Stavo andando a prelevare. Quanto vuoi per mantenere questo segreto e non sputtanarmi?
Tu pensi che io voglia dei soldi Marco? Mi aspetto molto di più come ricompensa. Non te la puoi cavare pagandomi per farmi stare in silenzio. Non sono mica una prostituta io.
E cosa dovrei fare Marianna?
Cosa mi hai chiesto prima?
Sai cosa ti ho chiesto, mi vergogno a ripeterlo.
Dai fai l'uomo Marco. Abbi coraggio delle tue azioni.
beh... Mi vergogno... Ma... Ti ho chiesto di...
Di?
... Di succhiarmi il cazzo.
E ti aspettavi che io così, al primo appuntamento ti avrei fatto quelle cose lì? Sai che sono una pioniera regolare e che ci tengo molto alla mia spiritualità e a mantenermi casta. Cosa ti faceva pensare Marco, che te l'avrei fatto?
Ci speravo... Pensavo che siccome ci eravamo trovati bene insieme tu...
Io cosa?
Pensavo fossi disposta a...
Pensavi fossi disposta a macchiarmi col peccato? Cosa dice Geova in questi casi Marco?
Dice che il sesso orale è sbagliato. Ti chiedo davvero scusa Marianna...
Marco stava quasi per piangere, Marianna sapeva di avere la situazione in mano. Prese di nuovo la parola.
Marco. Mi sorprende che tu non abbia pensato ad un versetto biblico, Matteo 7:12 che ora voglio citarti e che dice:
"Fai agli altri ciò che vuoi venga fatto a te". Sai cosa significa?
beh... Vuol dire che in questo caso se esigo essere rispettato devo portare anche io rispetto... Hai ragione Marianna, dovevo rispettarti e non chiederti di...
Marianna lo zittì di nuovo. E riprese a parlare.
No Marco. Significa che se volevi un pompino prima dovevi leccare la mia figa. Tu me la lecchi e io poi se ho voglia te lo succhio. Quindi questo è il patto che stringiamo. Leccami la figa e io non dico nulla a nessuno.
Marco sembrava non capirci più nulla. La piazza era vuota, nessuno avrebbe visto.
Marianna si slacciò la cintura e abbassò i jeans fin sotto le ginocchia. Portò indietro lo schienale e invitò Marco ad avvicinarsi, ancora incredulo.
- Fai quel che devi fare Marco. Leccamela. Fammi godere.
Marco avvicinò allora il viso alle mutandine di lei. Erano di un bel color nero brillante. Le abbassò completamente e vide davanti a sé, in tutto il suo splendore quella bella fighetta pelosa. Era visibilmente eccitata e a Marco stava diventando duro. Prese coraggio e si avvicinò pian piano ai peli. Puzzavano ancora di piscia ma non gli importava. Le stuzzicava gli angoli della figa con rapidi movimenti di lingua. Lei già gemeva per il godimento e gli avvicinò la testa sempre più sulla sua patata. Lui prese a leccare la figa con più ardore, sentiva la figa bagnarsi e la sua lingua incontrare un caldo e morbido mondo da cui non si sarebbe mai voluto allontanare. Lei era bagnatissima, eccitata, calda al punto giusto. La sua lingua come un trapano andava sempre più affondo, lei si dimenava dall'orgasmo sul sedile, non riusciva più a contendersi.
Marco era diventato una belva insaziabile. Più la sua lingua andava a fondo più sentiva le mani di lei che lo spingevano sulla sua figa. La sua figa aveva il profumo della libertà.
Si liberò dalle mani di lei, aveva bisogno di menarselo, stava per scoppiare. Le prese la testa fra le mani e la baciò sulla bocca, poi con le stesse mani, aiutato da Marianna le sfilò la camicetta e si trovò a tu per tu col suo seno. Non era abbondante ma abbastanza eccitante da carezzarlo e baciarlo. Lei si sentiva un calore enorme divampare dentro.
Il calore rosso fuoco del Diavolo che stava venendo a prenderli. Lui le prese tra i denti i capezzoli e iniziò a mordicchiarli.
La timida spaurita bigotta ragazza di mezz'ora prima si era trasformata.
Aveva voglia del cazzo di Marco, non poteva più resistere.
Avrebbe ricambiato il favore. Con un gesto fece cenno di uscire dall'abitacolo incurante del fatto che qualcuno avrebbe potuto vederli se fosse passato. Era sera, quasi notte, comunque in pieno centro cittadino.
Ma lei se ne fregava altamente. Si erano messi proprio sul cofano. Lei mezza nuda lo spinse contro l'auto e si inginocchiò.
Guardò verso l'alto e disse solo:
Non c'è bisogno che mi avvisi poi...
Marco chiuse gli occhi, gli sembrava di essere nuovamente in un film porno, come con Alessandra nei bagni della sala.
Marianna gli slacciava il pantalone con voracità, non fece in tempo a chiudere gli occhi che neanche arrivata ad abbasare i boxer un fitto fiotto caldo e appiccicoso le si era stampato tra la fronte e il naso colando giù verso le labbra. Era venuto prima ancora di ficcarselo in bocca. Ma lei voleva quel cazzo e se lo mise comunque in bocca succhiando come una dannata. Un misto di sperma e saliva le riempiva la bocca e le colava sul collo ma lei continuava a divorarsi il cazzo di Marco che era sempre così incredibilmente duro.
Si alzò e spostò Marco dal cofano.
Mise le mani sul cofano, divaricando le gambe, dando le spalle al ragazzo che era ancora lì col cazzo duro e gocciolante vicino a lei.
Lo voglio ne culo Marco. Infilalo daiiii...
Marco non se lo fece ripetere due volte. L'uccello era già ben lubrificato e l'avrebbe trapanata a meraviglia, scostò appena la pelle del culo per prendere bene la mira e infilò il cazzo nel buchino stretto del culo di Marianna facendo avanti e indietro, avanti e indietro, per diversi minuti.
Godevano come dei maiali impazziti, lei si mordeva le labbra, lui le teneva i fianchi e guardando in basso continuava a sbatterle il cazzo tra le natiche, sentendo un tutt'uno tra la pelle umida delle sue palle e quelle del culo di lei.
Marianna aveva veramente un bel culo, un culo adattissimo a prendere cazzi e sborra. Marco era nuovamente in uno dei suoi sogni, una bella ragazza della sala lo stava facendo godere. Dopo il pompino di Alessandra anche Marianna aveva provato il suo cazzo. Nel culo. Come la più perversa delle troie. Non tutte le ragazze son disposte a dare il culo per una scopata, il buco del culo fa male, Marianna, pioniera regolare e zelante testimone di geova aveva il culo in alto, sul cofano della sua automobile e lui con forza stava sbattendo il suo pene in quel minuscolo eccitante buco.
Miracolosamente nessuno aveva ne visto ne sentito nulla, si rivestirono e lui la riaccompagnò a casa.
Come rimaniamo quindi? Chiese Marco prima di lasciarla andare a casa.
Sei sempre in debito Marco. Devi scoparmi e leccarmi la figa per tutto il tempo che lo riterrò necessario. La prossima volta però usiamo la mia di auto...
Marco se ne andò, si erano salutati con un bacio sulle labbra. Non era mai stato così contento di essere in debito con qualcuno. Fece per guardare lo specchietto retrovisore quando vide due occhi luccicanti sul sedile posteriore.
Ma non se ne preoccupava. Era solo il Diavolo che era venuto a congratularsi con lui.
CAPITOLO 4
Alessandra si stava preparando per uscire. Era nuda nella sua stanzetta, un filo di musica latinoamericana gironzolava nella cameretta.
Giusto un po' di volume, i genitori detestavano la musica mondana che Alessandra ascoltava, avrebbero preferito ascoltasse solo i cantici che erano santi e puri ed invogliavano ad una vita casta e spirituale nel nome e nella paura di dio.
La musica mondana era invece, dicevano loro ovvio, “l'arma tentatrice che il diavolo utilizzava per corrompere le anime giovani e deboli dei ragazzi e delle ragazze della congregazione”.
Tutte queste canzoni parlavano di sesso, droga, omosessualità. Tutti argomenti tabù per un bravo Tdg.
Alessandra non si riconosceva più nell'espressione "brava Tdg". Quel pompino in sala del regno le aveva cambiato la vita e aperto gli occhi definitivamente. Non era quella la vita che voleva fare, si sentiva destinata a qualcosa di estremamente diverso.
Era attratta dal mondo malizioso del sesso, dallo scoprire nuove sensazioni, dallo scoprirle direttamente sopra e dentro al suo corpo.
Dopo aver parlato con Michela poi non sentiva nemmeno più la sporcizia per quel che aveva fatto, anzi si rendeva conto di voler osare ancora di più nel mondo del sesso. Voleva provare tutto. Tutto subito. Doveva recuperare gli anni perduti a suonare i citofoni e a passeggiare per strada come una vecchia zitella, doveva recuperare quelle serate che anziché andare al cinema stava li come una “megera” per due ore ad ascoltare le cazzate bibliche che qualcuno un giorno si era inventato per sottomettere altri uomini e altre donne, i più deboli e inetti della popolazione.
Profumava ancora di bagnoschiuma, si era lavata i capelli con un avvolgente shampoo alla camomilla e di era messa davanti allo specchio per ammirarsi.
Era davvero bella. Era davvero bella e da nuda si sentiva ancora più attraente.
Prese tra le dita una ciocca di capelli e se la portò alla bocca, assaggiandone il sapore di buono, di pulito.
Aveva veramente un bel corpicino, snello, suadente, con le curve al posto giusto. Faceva proprio eccitare, lo sapeva, si rendeva conto della propria sensualità e le piaceva l'idea di poter essere guardata dai maschi.
Si toccava le punte del seno, osservava nello specchio quelle belle tettine giovani.
Avrebbe voluto farsi un bel tatuaggio ma era assolutamente vietato dalla religione. Dicevano fosse un marchio del diavolo.
Ora le sue idee stavano cambiando radicalmente.
Non le interessava più quella vita monacale e in cuor suo si sentiva molto meno sporca in coscienza rispetto a prima.
Era stato eccitante succhiare quel bellissimo uccello di Marco. Era così duro, così potente. Lo sentiva ancora nella sua bocca.
Sentiva ancora quel forte profumo di cazzo, ricordava il momento in cui inginocchiandosi aveva tirato fuori il pisello di Marco per portarselo alla bocca. E quel sapore forte di sperma le era piaciuto.
Pensava le avrebbe fatto schifo ingoiare quel liquido appiccicoso e invece si era accorta che ne aveva ancora bisogno.
C'era una cosa che voleva fare. Andare oltre. Voleva farsi penetrare pure la figa da quel cazzone. Non le era bastato infilarselo fino in gola. Voleva godere molto di più. Voleva quel gigantesco arnese umido e potente dentro la sua tenera fighetta.
Voleva che Marco la penetrasse, voleva sentire tutta quella enorme potenza crearle il primo orgasmo della vita.
Era Marco l'uomo con cui perdere la verginità, in cuor suo sentiva di amare Marco. O almeno sentiva di amare il pisello di Marco. Sentiva il bisogno del suo uccello. Sentiva il bisogno di vederlo subito.
Dopo averne parlato con Michela si sentiva pronta a questa nuova doppia vita. I suoi non dovevano venire a sapere delle sue trasgressioni.
Che peccato, settimana prima quando si erano incontrati che lui era in servizio con Gianni non avevano potuto far nulla se non un breve saluto.
Sapeva che Marco era uscito con Marianna ma in cuor suo non le dava fastidio che uscisse con altre ragazze.
Non stavano insieme.
Un pompino per quanto intimo non era un contratto vincolante.
Prese il telefonino e si fece una foto.
Non la mise su Instagram, non poteva mettere foto di nudo. Fece un paio di foto veramente eccitanti. Si toccava la passerina immaginando che quel dito fosse un cazzo.
Stava per cancellarle quando le arrivò un messaggio.
Era Gianni.
Le chiedeva se fosse pronta.
“Cazzo”, - pensò Alessandra.
"Mi son dimenticata dell'appuntamento".
Scrisse “OK” al whatsapp di Gianni, “Mi vesto e arrivo”.
Si era dimenticata dell'appuntamento di servizio che aveva preso per quel pomeriggio. I suoi erano fuori in predicazione già da un'ora e pensava avrebbe preso l'auto per andare a fare shopping.
Gianni le mandò un altro messaggio.
MANDAMI LE FOTO DELLE NOTE CHE HAI PRESO DEL TERRITORIO DI VIA MARCO POLO. NON RICORDO GLI ASSENTI.
Alessandra si stava vestendo in fretta e furia, prese la prima gonna trovata nell'armadio e una leggera camicetta bianca. Si era dimenticata il reggiseno ma non aveva tempo di metterlo, era già in enorme ritardo, doveva preparare pure la borsa del servizio e lavarsi i denti.
Prese il telefonino e rispose a Gianni, cercò nel cellulare le foto del territorio di Via Polo per spedirle come allegato.
Aveva appena fatto in tempo a mettersi le scarpe che suonarono alla porta. Probabilmente era Gianni che la invitava a scendere.
Andò ad aprire ed effettivamente c'era Gianni che la stava aspettando.
Ciao Gianni, scusa mi stavo vestendo, sono in ritardo.
Tranquilla Alessandra. Ti aspetto.
Hai letto il messaggio? T ho mandato le foto del territorio.
Ah no, ero sceso dall'auto per venire qui e non ho sentito la vibrazione.
In un'altra situazione sarebbe stato sconveniente farlo entrare in casa, era un uomo e lei era in casa da sola. Ma era in palese ritardo e le spiace a farlo aspettare fuori come un coglione. Tanto non c'erano grossi problemi, due minuti e sarebbero usciti in servizio senza creare imbarazzo o “situazioni sconvenienti”, come si usava dire in quei casi in congregazione.
Entra Gianni, che devo ancora lavarmi i denti e prepararmi la borsa del servizio. Aspettami in soggiorno che arrivo.
Gianni era sorpreso della richiesta ma in fondo era la figlia di un amico e poi non c'era nulla di male, doveva solo aspettarla sul divano 5 minuti prima di uscire in servizio.
Si accomodò sul divano e ne approfittò per guardare il cellulare. Avrebbe esaminato gli appunti che Alessandra le aveva mandato via chat.
Aprì whatsapp e andò sulla chat con Alessandra.
Richiuse subito la schermata.
Non poteva essere vero quel che aveva visto. Si sentiva leggermente teso e una vampata di calore lo scosse nel profondo.
Guardò in direzione del corridoio, poco più avanti c'era il bagno, sentiva il rumore dell'acqua che scendeva dal rubinetto.
Aveva riaperto la chat e aperto le foto.
C'era Alessandra nuda in quelle foto. Completamente nuda. In una delle due foto si stava toccando la figa con il ditino. Da una parte gli occhi di Gianni brillavano di eccitazione, dall'altra un mix di sentimenti che oscillavano tra imbarazzo e paura avevano pervaso il fratello.
Non riusciva a capire.
Perché le aveva mandato quelle foto?
Si era sbagliata? Era una provocazione?
Ma soprattutto si chiedeva perché una ragazza così brava e casta si faceva delle foto del genere. Gianni non pensava che le “giovani sorelle” potessero avere “pensieri impuri” o immorali. Da quando era un testimone di geova aveva sempre creduto nella vita integerrima, soprattutto per la sfera sessuale che si richiedeva a chi apparteneva a questa organizzazione.
Non era uno sprovveduto Gianni. Era sposato, aveva dei figli grandicelli, sapeva com'erano fatte le donne. E indiscutibilmente in quelle foto Alessandra era completamente nuda, con le tette al vento e un dito infilato nella figa.
D'un tratto gli balenò un'ipotesi.
Aveva visto come lei e Michela se lo mangiavano con gli occhi quando si era
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Incesti
«Appena riesco ricarico completo che è venuto tagliato»
«Bellissimo racconto, ma hai detto 16 episodi, mentre invece non arriva neppure alla fine del 4. Ricarica il file»
«Bravissimo!!!! Se vuoi svrivere qualcosa su una mia fantasia contattami!!!»
«mi sono accorto non ha caricato tutto il file»