Per noi che ci stiamo appena alzando dal letto dove abbiamo fatto l’amore per alcune ore, lo scenario sembra quello di un sogno condiviso, in cui ci muoviamo come angeli dell’amore: nudi davanti alla vetrata dell’ampio finestrone affacciato nella valle, carezzandoci delicatamente le spalle, ci scambiamo un casto bacio sfiorandoci appena le labbra.
Poi la frenesia ci prende e, quasi che fossimo arrivati solo in quel momento o, addirittura, come se fosse la prima volta che ci troviamo in una camera d’albergo con la precisa voglia di fare l’amore, la spingo sul letto e, senza darle il tempo nemmeno per pensare, la penetro con enorme desiderio ma anche con grande amore; arriviamo insieme all’orgasmo fin troppo rapidamente e crolliamo sfiniti.
Ci riprendiamo dal languore, che ci ha quasi fatto assopire, soltanto quando già il sole tramonta accendendo di un rosso feroce lo stesso scenario; Rachele si scuote dal torpore; poi, presa quasi da frenesia, dopo aver visto l’ora, mi sollecita.
“Enzo, basta coi sogni: dobbiamo andare; Nicola starà già telefonando agli ospedali perché sono in ritardo e non credo che Franca la prenda meglio se tardiamo ancora.”
Nicola è il suo compagno, col quale vive ormai da dieci anni e col quale ha un bambino, di sei anni; Franca, invece, è la compagna con la quale vivo da sei anni ed abbiamo anche noi un bambino, di cinque anni: io e Rachele lavoriamo in due ditte associate, ci siamo incontrati per lavoro ed abbiamo avviato questa storia d’amore che da ormai sei mesi ci tormenta, tra il desiderio sfrenato al quale cerchiamo di dare corpo ogni volta che possiamo; e la coscienza, dall’altro lato, che i nostri partner sono persone fragili, particolarmente esposte.
Lui, Nicola, è un sognatore inguaribile, pieno di presunzioni letterarie e sostanzialmente incapace di proporsi e realizzare una qualsiasi attività concreta; non ha mai lavorato in vita sua, continua ad inseguire la chimera di diventare un grande critico letterario ed intanto sopravvive parassitariamente alle spalle di Rachele che, donna energica, decisa e straordinariamente in gamba, si è ritagliata una posizione da dirigente che le consente anche il lusso di mantenere il figlio naturale, Giorgio, e il ‘bambino’ che anima la vita di Nicola e lo induce a ritenere corretto non fare niente per tutto il giorno, perso dietro un blog che nessuno segue.
Franca è la classica ‘brava ragazza’ di provincia, trovatasi quasi per caso (aveva fatto sesso senza cautelarsi: di qui, la maternità inattesa e il figlio inatteso) a costruire una ‘storia importante’ con un personaggio difficile e contorto, costretto all’efficienza estrema che mi ha messo alla testa di un’attività produttiva importante ma che non riesco a vivere se non come un obbligo per garantire alla mia compagna e a nostro figlio Ludovico il benessere che a me è mancato e che per loro voglio alla massima potenza.
In realtà, il mio sogno è quello letterario e, con uno pseudonimo, ho già pubblicato diverse raccolte di poesie accolte anche favorevolmente, ma non tanto da assicurarmi una scelta diversa, fare diventare cioè lavoro la mia creatività e passare dalla giocosità delle invenzioni ad una professione letteraria.
Non me ne lamento, ovviamente, perché mi rendo conto delle difficoltà del percorso e, in qualche modo, della mia inadeguatezza; ma questo non fa che stimolare la mia fantasia e l’entusiasmo a cercare la comunicazione con alcune persone (solo alcune, però) in grado di condividere momenti, emozioni, entusiasmi, amore.
Su questi presupposti mi sono incontrato con Rachele e, dopo alcuni battibecchi perfino infantili, ci siamo ‘riconosciuti’ in alcune schermaglie amorose che ci hanno portato inesorabilmente nel letto di un albergo, dove ci siamo rapidamente convinti che sentivamo un enorme bisogno di comunicare anche fisicamente, attraverso il sesso che ci consentiva di far esplodere le ansie e le voglie represse nel fondo.
Sappiamo però, con estrema chiarezza, che quattro persone dipendono dalla nostre scelte e che non è né giusto né corretto, forse neppure umano, che, per inseguire i nostri personali desideri, li travolgiamo nel crollo di due nuclei familiari; quando, all’apice di un empito d’amore profondo fino all’infinito, grande come il paesaggio in cui ci siamo immersi, dolce come i piccoli baci che ci stiamo scambiando, mi vien fatto di sussurrare ‘ti amo’, Rachele scatta quasi con rabbia per ricordarmi che da sei mesi, da quando abbiamo fatto l’amore per la prima volta, mi ha ribadito che quella locuzione deve essere bandita dal nostro linguaggio, se non vogliamo abbattere le poche difese che abbiamo contro lo sfacelo dei nuclei familiari: sto zitto, mi scuso e mi vesto per uscire.
“Pensi che potremo tornare a fare l’amore qui?”
Mi chiede Rachele mentre usciamo dall’hotel e montiamo in macchina.
“E’ un po’ fuori mano; ma non è detto che non capiti un’altra ‘trasferta di lavoro’ che ci consenta di venire.”
Il rientro a casa è ordinaria amministrazione: trovo il bambino nel recinto apposito che gioca con i pezzi di una costruzione e dal bagno mi arriva lo scroscio d’acqua che segnala che Franca sta facendo una doccia; mi spoglio mentre mi avvio ed arrivo alla porta del bagno che sono già nudo.
Le dico dal telo di plastica trasparente che isola il box.
“Fammi posto!”
“Aspetta che esco ed è tutta per te.”
“Non vuoi che facciamo insieme una doccia?”
“No; abbiamo un invito a cena e siamo già in ritardo.
“Quale invito a cena? Non mi risulta niente!”
“Poi ti racconto.”
Esce dalla doccia, indossa un accappatoio e mi lascia spazio; mi ficco sotto il getto e lascio che l’acqua mi purifichi dalle scorie dell’amore, sudore mio, sudore suo, sperma e umori vaginali; esco rapidamente e, in accappatoio, vado nel salotto, dove Franca è alla prese con i suoi trucchi e i marchingegni per la sua bellezza; capisco che non è il caso e vado nello studio; mi è venuta un’ispirazione e scrivo di getto la poesia che avevo ideato sul paesaggio, sull’amore, su noi nel paesaggio e nell’amore: mi viene fuori qualcosa di buono (io sono convinto che le cose scritte di getto sono le migliori che mi vengono); allego alcune foto che avevo scattato dalla camera d’albergo e che, secondo me, si riferiscono bene alla poesia; posto il tutto; chiudo il sito e torno in salotto.
“Che storia è questa della cena improvvisa?”
“Oggi ho incontrato un personaggio straordinario.”
“Te ne sei già innamorata?”
“Non essere stupido: mi ha colpito molto intensamente, per la sua eleganza narrativa, per la cultura profonda; insomma abbiamo chiacchierato per qualche ora in un bar del centro e, al momento di salutarci, mi ha chiesto se mi avrebbe fatto piacere cenare a casa sua con lui e con la sua compagna; ho detto che te ne avrei parlato e che certamente non avresti fatto obiezioni. E’ vero che non fai obiezioni?”
“Cristo: come è possibile avere a che fare con te? Decidi tutto, organizzi tutto e poi mi chiedi se ho obiezioni? Io in pratica non esisto; eppure, se non ci fossi, tu saresti a chiedere l’elemosina o a battere su un marciapiede. Quante volte ti devo ripetere di non assumere iniziative che mi riguardano, se non hai preventivamente accertato la mia disponibilità, quanto meno. Avrei quasi voglia di mandare al diavolo il tuo castello di carte! Purtroppo, è da quando ti ho incontrato che alla fine faccio quello che tu vuoi, come un caprone imbecille. No, vostro onore, nessuna obiezione, ma sappi chiaramente che questa cosa non mi piace affatto.”
“Scusami; ho esagerato; ma la cosa mi pareva così intrigante che ho pensato ti sarebbe piaciuta.”
Sistemiamo il bambino a casa di mia sorella (è abituata alle nostre improvvise ‘sortite’ serali con abbandono del bambino alle sue cure) e ci avviamo.
Dal momento che guida lei, ho la possibilità di verificare il sito per conoscere l’esito del mio ultimo post; noto con enorme piacere che già i commenti sono numerosissimi e quasi tutti entusiastici.
Franca mi fa osservare che ha provveduto ad acquistare una bottiglia di vino e i fiori per la signora.
“Oh, grazie mille, io proprio sono un buzzurro e a certe cose nemmeno ci penso!”
Le dico ironico; ma Franca è sorda al’ironia.
In una ventina di minuti arriviamo all’indirizzo e bussiamo ad una porta del primo piano di un edificio di recente costruzione nella prima periferia, una dei ‘casermoni’ per abitazioni borghesi sorti negli ultimi anni.
Quando aprono, io sono seminascosto e sento che Franca chiede a qualcuno di Nicola; una voce dal di dentro invita ad entrare; quando mi affaccio nella luce della porta, mi trovo davanti il viso amato di Rachele.
D’istinto, sarei portato ad esprimere la mia gioia, il buonsenso mi fa stare zitto, mentre le offro i fiori senza neppure rendermene conto; ci addentriamo verso l’ampia cucina dove lui sta armeggiando intorno al forno: sfioro la mano della mia amata ed un brivido ci percorre; la annuso un poco e le faccio.
“Non sei riuscita a fare una doccia? Hai ancora il mio odore addosso!”
“Sta zitto, folle: che diamine combinate?”
“Io? Devi chiedere al tuo compagno e alla mia assurda compagna!”
Sganciandosi dal suo impegno al forno, Nicola toglie il vino dalle mani di Franca e la abbraccia senza tanti complimenti, addirittura stringendola con forza e mimando un amplesso; guardo con aria complice Rachele.
“Lui è Nicola, la persona di cui ti ho parlato … lei è Rachele la sua compagna … lui è Enzo, il mio compagno.”
Decido di giocare sporco sul loro terreno e abbraccio con vigore il mio amore, la bacio con la passione che da mesi ci unisce e, quando lei mi costringe a staccarmi, dico.
“Il buon esempio lo avete dato voi; io mi sono solo adeguato; scusami, Rachele, ti ho forse offeso o infastidito?”
“No; se si baciano loro, abbiamo tutto il diritto di baciarci noi.”
L’empasse è superato, il ghiaccio è rotto; si va in salotto dove, su un tavolino, un computer è aperto sul sito su cui ho scritto prima di uscire; è sintonizzato proprio sulla mia poesia e sulle sue immagini; lo pseudonimo è in buona evidenza: Franca lo legge e mi chiede.
“Ma non è lo pseudonimo che hai usato tu per le tue poesie?”
Rachele sta leggendo e il volto sembra illuminarsi: ha riconosciuto il luogo e il momento; mi chiede.
“Quando l’hai scritta?”
“Chi ti ha detto che l’ho scritta io? Forse c’è un altro che usa lo stesso pseudonimo.”
Nicola si è lanciato in una strana disquisizione con Franca sulla difficoltà di scrivere, di pubblicare e di avere successo; Franca pende dalle sue labbra e sono costretto a riconoscere che è un ottimo affabulatore anche se i contenuti sono per lo meno discutibili; vedo che si infervorano e che lui comincia a passarle le mani sul corpo; lo fermo.
“Senti, Nicola; ma il tuo invito era a cena o al dopocena?”
“E’ logico che se c’è una cena, ci sia anche un dopocena.”
“E’ altrettanto logico che ci debba essere uno scambio alla pari e che, in questo caso, debbano essere concordi tutti e quattro gli interessati. A quanto pare, avete dato per scontata la nostra disponibilità. Niente in contrario a fare l’amore con Rachele, se lei è disposta; siete in ogni caso due stronzi prepotenti che avete deciso per quattro senza averne la facoltà. Rachele, pregiudizialmente devo dirti che non faccio mai sesso; io faccio l’amore e con te vorrei fare l’amore alla grande, coinvolgerti e farti anche innamorare; prima di accettare il gioco proposto, ti chiedo: ti va di fare l’amore con me ?”.
“Io con uno che scrive quello che hai scritto tu (ed perfettamente inutile che neghi), uno che ha relazione con quei paesaggi e con quell’amore; insomma io con te l’amore lo faccio a vita; appena vuoi, rinuncio alla cena e cominciamo. Oltretutto, mi hai già fatto assaggiare un tuo bacio e ne sono entusiasta.”
“Quante sdolcinature!!!! Ci manca solo Peynet!”
E’ il commento acido di Nicola; Rachele mi viene vicino e mi sussurra.
“Ti amo da morire. Hai scritto una cosa meravigliosa, sto avendo un orgasmo solo a ricordare quello che hai descritto. Ti amo e non me ne frega niente se salta tutto.”
Nicola si è lanciato nell’esame epistemologico della poesia; sguardo d’intesa con Rachele, le prendo la mano e mi guida verso la camera da letto; è nuda prima ancora di chiedermi di spogliarla; la seguo alla velocità della luce e mi fiondo su di lei, accarezzandola, stringendola, leccandola dappertutto; compaiono i due, all’improvviso e lui fa.
“Che bestialità! State già copulando?!?!?!”
“E voi perdete ancora tempo nell’analisi della poesia? Scrivete un commento nello spazio sottostante e copulate.”
“Mescolarmi ai commenti da bar di chicchessia?! Io ho una dignità da difendere. Forse, più tardi. Sul mio blog …”
“ … che non legge nessuno: non hai nessun follower!”
“Per ora … ma prima o poi …”
“Per favore, potete lasciarci fare l’amore? Non dimenticate che l’avete costruita voi questa situazione e noi ora ci siamo ‘bestialmente’ dentro, ma non vogliamo uscirne. E’ cosi, Rachele?”
Lei si limita ad annuire; i due escono chiudendo la porta; torno sul letto e mi sdraio a fianco a Rachele.
“Mi dici, per favore, se ho capito bene quella poesia?”
“Amore: sappi che da questo momento ti chiamo amore anche davanti a tuo figlio e al tuo compagno; amore, quante persone credi che possano sapere che esiste quell’angolo del mondo? Quante tra quelle che lo conoscono possono vederlo come un angolo di paradiso? Quante tra queste possono eleggerlo a nido d’amore? Quante possono celebrarlo come il tempio del loro amore?”
“Maledetto, perché non mi hai parlato della tua attività letteraria?”
“Perché tu mi assillavi con quella di Nicola e non volevo creare dualismi; perché mi vergogno un poco di quella mia sfaccettatura, al punto che la nascondo dietro lo pseudonimo; perché parlarne alla mia compagna è servito solo a verificare che non gliene frega niente e ‘chi si scotta con l’acqua calda …’ Ora mi dirai che tu non sei Franca, dimenticando per un attimo in che campo e con quali mansioni portiamo a casa la pagnotta; te le vedi le mie poesie alle pareti del tuo o del mio ufficio? Adoro la creatività e appena posso mi ci dedico; ma ho anche molto pudore e non mi apro facilmente, su quel versante.”
“Lo sai che ti adoro? Lo sai che anch’io amo molto la creatività, che la esercito ogni volta che posso? … Adesso, vuoi fare l’amore?”
“Dopo quello che abbiamo fatto stamane, dopo quello che è successo stasera, mi accontenterei anche di stare abbracciato con te, di baciarti dappertutto, accarezzarti, viverti in libertà. Però è chiaro che ho anche tanta voglia di accoppiarmi, lentamente, dolcemente, con tanto, tanto, tanto amore.”
“Ti ricordi quello che ti dissi qualche mese fa sulle mie verginità?”
“Come se me lo dicessi adesso: che alcune le hai dissipate appena adolescente nei giochi al mare o in discoteca, che quella vaginale se l’è presa Nicola; che ti restava quella anale e l’avresti concessa, a ragion veduta, solo se avessi incontrato un amore vero: ho imparato la lezione?”
“Si, amore: anche io reclamo il diritto di chiamarti amore, anche davanti a tuo figlio o alla tua compagna; e se ti chiamo amore è perché sei tu quello al quale darò la mia verginità residua, adesso, nella mia casa, nel mio letto; e lo farò con tanta, tanta, tantissima gioia e soprattutto, con tutto l’amore del mondo. Enzo, voglio che tu mi prenda analmente e mi faccia completamente tua.”
“Lo sai che io sono quell’imbecille che alle cose dà sempre un valore estremo; se io ti possiedo analmente, mi sentirò in diritto di entrare anche dentro alla tua anima; e il passo verso quello sfacelo che tu paventi sarà bello grosso; non credo proprio che, se penetro nel tuo ano vergine, poi potremo più tornare indietro.”
“Ti amo; sento che l’amore mi scoppia nel petto e non posso e non voglio rinunciarci. Prendimi e sta’ zitto; domani penseremo alle conseguenze.”
“Lo sai che bisogna prepararla quella penetrazione: hai qualcosa che può servire?”
“Nel cassetto dalla tua parte c’è della vaselina; prendila e smettila di parlare.”
Apro il cassetto, estraggo il flacone e lo poggio sul comodino, intanto la bacio con amore infinito e sento l’asta che prende vigore e cerca il suo corpo; la appoggio fra le cosce, sotto le grandi labbra e intanto scendo a succhiare i capezzoli che rispondono rizzandosi orgogliosi; appoggio una mano sul pube e con le dita cerco la fessura della vulva e, appena dentro, il clitoride che tante volte ho titillato e che ogni volta mi pare di scoprire nuovo; sento che si irrigidisce, vibra come per una scossa elettrica ed esplode nell’orgasmo.
La faccio godere molto, senza penetrarla, e raccolgo gli umori del suo orgasmo per inumidire l’ano e il canale rettale finché due mie dita scivolano dentro con estrema semplicità e favoriscono il rilassamento dello sfintere e la dilatazione dell’ano; quando la sento cedevole e disponibile, appoggio la punta all’ingresso, senza farla muovere dalla posizione supina; mi guarda con una certa meraviglia; la rassicuro con lo sguardo; passo la vaselina quasi alla cieca, da sopra; mi accerto che il canale rettale sia ampiamente lubrificato e appoggio la cappella; mi blocca.
“Ho capito che vuoi che ci guardiamo in faccia mentre mi violi; e lo voglio anch’io; ma a questo punto, se non ti dispiace, voglio ancora una cosa. Sarò io ad impalarmi sul tuo sesso, sarò io a darti la verginità; non sarai tu che la prenderai. E’ chiaro quello che voglio fare?”
“Si, amore!”
Mi ruoto al suo fianco e mi distendo supino, con la mazza che s’innalza ad obelisco verso il cielo; mi sale addosso, si siede sul ventre, prende il flacone e mi unge l’asta di vaselina; ne raccoglie in una mano e se la spalma tra le natiche, spingendo un dito nell’ano; appoggia la punta e comincia a calarsi sull’asta, con un dolore vivo e reso evidente dalla delicatezza e dalla lentezza con cui si muove; mentre il bastone invade le carni del suo meraviglioso sedere, le lacrime le scendono a caduta lungo le gote.
“Amore, basta così; fermati, non soffrire così tanto.”
“Sta zitto, mio maledetto poeta, mio grande, unico, assoluto amore; ti voglio in me; voglio che mi entri fino al cuore e che mi possiedi anche lì. Ti amo … ti amo … ti aaaaaaamooooo:”
E sui tre urli finali si schiaccia con tutto il corpo e so che sono dentro di lei; con un enorme sforzo, mi sollevo col busto e riesco a raggiungere con la mia la sua bocca; la bacio con tutto l’amore possibile; lei capisce l’intenzione, fa scivolare le ginocchia, si piega su di me e ci accorpiamo in un bacio che ci fonde insieme, inseparabilmente.
Il nostro amplesso ha il valore di una vita vissuta; Rachele riesce in qualche modo a stendersi su di me e mi da la sensazione che sia lei a possedermi dall’alto, in una sorta di ‘missionaria rovesciata’ che ci consente di baciarci al’infinito e allentare, con questo, il senso di dolore che la violazione le ha procurato; in sei mesi di rapporti intensi e meravigliosi, questa è quasi una ‘prima volta’ in cui si realizzano tutti i sogni, anche quelli più inconfessabili, del nostro amore.
L’orgasmo è conseguenza non di una cavalcata violenta ma di un leggero sfregamento dei sessi, con tutte le parti che possono essere coinvolte: io scarico dolcemente il mio sperma nel retto, lei esplode fuochi d’artificio dalla vagina, dal retto, dal ventre, da tutto il corpo; ed accompagna l’orgasmo con una serie innumerevole di baci dappertutto; quando il membro, ormai sgonfio, scivola naturalmente fuori dall’ano, senza procurare fastidi, per fortuna, lei non si muove dal mio corpo e lascia che tutti i liquidi che rilasciamo si scarichino sul letto: è assai più importante tenersi abbracciata a me e darmi il suo amore, da tutti i pori.
Ci stiamo ancora rilassando dall’orgasmo che ci ha sfiancati, quando entrano i partner e Franca mi fa.
“Io vorrei fermarmi qui per qualche giorno, abbiamo tante cose da raccontarci e da sperimentare. Ti dispiace tornare da solo a casa?”
Rachele li guarda male.
“Questo significa allora che io prendo Giorgio e mi trasferisco da Enzo per il periodo che mi servirà per conoscerlo, per approfondirlo, per amarlo quanto voglio e quanto posso.”
“Eh, no; non si era parlato di innamoramento; questa era una serata di solo sesso …”
“Senti, amico: innanzitutto, ho chiarito e ribadisco che non faccio sesso ma solo amore e se Rachele mi vuole dare amore non sarai tu a proibirlo, a meno che un essere supremo non abbia deciso che sei il padrone e signore anche dei nostri sentimenti: ma ci credo poco; inoltre, se stasera è solo sesso, domani e i giorni a venire che cosa dovrebbe essere nelle vostre costruzioni mentali?”
“Sempre e ancora solo sesso; quando saremo stanchi torneremo ognuno alla sua dimensione.”
“Questa è la vostra proposta? E se la nostra dimensione non la ritrovassimo o non la volessimo più perché ci viene a noia?”
“Enzo, amore, non hai mai fatto tante difficoltà; perché ora?”
“Franca, se non l’hai capito è in gioco la nostra pacifica convivenza. Domani e la prossima settimana, facendo sesso, come vi finanzierete? Lo sai che anche lui non ha né arte né parte?”
“Questi problemi lasciali a noi!”
“Rachele, amore, che decidi di fare?”
“Prendo il bambino e vengo via con te.”
“Enzo, mi lasci una carta di credito?”
“Che cooooosaaa????!!!! Una carta di credito? Ci leggi ‘bancomat’ qui in fronte a me? Per favore, va al diavolo; e vacci con lui.”
“Rachele, per evitare polemiche, tu sai che conosco tutti i numeri del tuo conto … è chiaro che ne approfitterò.”
“E’ chiaro che finirai in galera; in questo momento sto allertando la banca e ti consiglio di non provarci; finiresti male; sai che queste cose fanno parte del lavoro che svolgo per mantenere un figlio e un parassita.”
Sulla porta, al momento di andarcene, a Franca che si è sporta per prendersi un bacio, almeno di saluto, infilo una banconota nel vestito.
“Con questi qualche giorno ci campate. Cercati un lavoro; temo che la nostra storia si chiuda qui.”
Entrare in casa con una persona nuova a fianco non è poi semplice come potrebbe apparire: abitudini che non si possono comunicare sono una routine in cui è difficile inserirsi all’improvviso; ma io e Rachele non siamo poi così tanto estranei, dopo sei mesi di amore clandestino; di più, c’è il desiderio vivissimo di tutti e due di entrare in sintonia e formare una ‘coppia’ vera, non solo con l’amore immenso che proviamo l’uno per l’altra ma anche con tutte le piccole abitudini che fanno, di due persona, una coppia.
La porto nella villetta a schiera che ho comprato per noi e la lascio nel salotto chiedendole di esplorare la casa mentre mi assento per pochi minuti; vado a recuperare mio figlio Ludovico che avevamo, uscendo, ‘parcheggiato’ da mia sorella; lo riporto addormentato; lo sistemo nella sua cameretta e suggerisco a Rachele di sistemare Giorgio nel letto gemello della stanza; le indico la disposizione delle cose nella villetta, riservandomi, con la luce del giorno, di farle vedere il resto.
Finalmente le mostro la camera e il letto per noi; mi abbraccia e mi bacia; la sollevo sulle braccia e la porto delicatamente sul letto; passiamo una notte infuocata di sesso meraviglioso, instancabili tutti e due e curiosi del corpo dell’altro, delle emozioni più diverse, delle reazioni più intime; verso l’alba riusciamo a crollare nel sonno; ma appena poche ore dopo il suono sgradevole della sveglia ci costringe a levarci e a provvedere in fretta agli adempimenti per andare a lavorare; accompagniamo i bambini alle rispettive scuole, mi faccio portare al mio ufficio, perché lei finisce prima e tiene la macchina; passerà a prendermi alla chiusura.
Secondo quanto previsto, appena chiuso l’ufficio trovo Rachele che mi aspetta in macchina coi bambini; li bacio tutti e tre e prendo posto; quando arriviamo a casa, scopriamo che l’auto di Rachele è parcheggiata lì davanti, segno che i due sono venuti qui; li troviamo in camera, mentre ancora stanno copulando; fermandosi un attimo, Nicola mi fa.
“Sai, abbiamo pensato che potevamo, anziché battagliare, stare insieme e vivere per bene l’esperienza della coppia aperta.”
“Senti, stronzo, io conosco troppo bene questa troietta per sapere che non è capace di formulare un pensiero suo; quindi lo hai deciso tu, per tutti e quattro. Mi sono rotto i cosiddetti per le tue autarchiche decisioni. Dovrei cacciarvi via, anche per lo spettacolo indecoroso che offrite ai bambini; non lo faccio perché sono un debole e un tenero: non voglio mettervi sul lastrico e costringere Franca a battere il marciapiede se vuole sopravvivere. Sappi che questo comportamento vostro mi fa schifo e non sono disposto a condividerlo. Il letto è mio, nella mia casa; Franca non ha nessun diritto né su me, né sulla casa, né sul letto; filate via immediatamente dalla mia camera, altrimenti vi faccio sloggiare dalla mia proprietà.”
“Enzo, perché ti scaldi tanto? Abbiamo solo pensato di fare l’amore tutti insieme.”
“Ah, davvero?!?!? Avete cominciato da stamane? Lo sai che noi muli lavoravamo per voi, tutta la giornata? Hai pensato per lo meno a preparare qualcosa per cena? No, giammai! La signora è impegnata a farsi sbattere!!!!!”
Vado via esasperato; scendono timidi e umili, mentre Rachele prepara per noi due il pollo comprato in rosticceria.
La faccia tosta di Franca è incommensurabile.
“Non ce n’è per noi?”
“No, neanche sapevamo che foste qui. Se volete cenare, lì c’è la cucina, datti da fare e prepara per voi.”
“La ragazza non è venuta, oggi?”
La ragazza è quella che si occupa della casa, perché Franca non lo ha mai fatto.
“No, non l’ho chiamata, perché Rachele non ne ha bisogno; tu non eri prevista qua.”
“Ah; ma tu lo sai che non so neanche scaldare l’acqua per la pasta.”
Sono ormai fuori di ogni limite; prendo il telefono, cerco il numero di sua madre e la chiamo.
“Signora, Franca mi ha esasperato: ha perso ogni decoro, non ha più logica, mi si nega; non voglio più sopportarla, ma non ha dove andare. Per favore, venite a prenderla e portatela via. Il bambino è mio e un tribunale stabilirà se affidarlo a me o alla follia di sua madre. L’aspetto. Buonasera.”
“Cosa hai fatto? Io non ci voglio tornare casa dei miei, in quel convento …”
“Sei maggiorenne e vaccinata; ti puoi rifiutare, ma devi sapere dove andrai, in alternativa; se non esci da questa casa, chiamo la polizia e dichiaro che sei entrata abusivamente per rubare.”
Nicola e Rachele non si raccapezzano e non sanno che fare; lei si riscuote e mi rimprovera.
“Enzo, stai picchiando troppo duro: adesso sei tu che vai oltre i limiti …”
“Davvero?! Cara Franca, spiegale quante volte hai fatto i capricci e mi hai messo in queste stesse difficoltà.”
“Ma io sono la madre di tuo figlio …”
“Te ne ricordi solo per ricattarmi: non ti sei curata di lui nemmeno per un momento; se non fosse per mia sorella che abita qui vicino, non sarebbe neanche vaccinato, vivrebbe nelle sue feci e sarebbe lercio da fare schifo.”
“Io certe cose non le so fare.”
“E’ vero, tu sai solo farti sbattere e neppure ti curi di cautelarti, tanto è vero che si sei trovata incinta senza saperlo. Anzi,domani stesso chiederò il controllo del DNA perché comincio a dubitare anche che sia mio figlio.”
“Noooooo, questo noooooo! Non dirlo neppure per offendermi. Ti amavo, al di sopra di ogni cosa, amavo solo te e facevo l’amore solo con te, quando ci siamo conosciuti; poi non ti sono stata più fedele, non ho più passione per te e forse non ti voglio più; ma Ludovico è tuo figlio.”
“Non ci sarà niente di male, se la scienza lo confermerà. Per ora, di confermato c’è solo che non possiamo più stare insieme. Appena arriva tua madre, fai le valigie e te ne vai.”
“Sei un mostro! Ti prudono le corna e diventi feroce! Sono contenta di averti fatto cornuto sempre e dappertutto; così impari a sbandierare i tuoi amori, le tue conquiste. Me ne vado, si; a casa dei miei; accetto la clausura. Ma spero che, prima o poi, le mie maledizioni ti possano raggiungere”
Nicola sembra prendere una decisione.
“Rachele, che ne dici di andare a casa nostra?”
“Nicola, io vado a casa mia; tu vai dove ti pare, ma se tenti di entrare in casa mia chiamo la polizia. Ti è chiaro?”
“Mi metti sul lastrico?”
“Avrei dovuto farlo da molto tempo; l’esempio di Franca mi ha aperto gli occhi: siete identici e farete la stessa fine; io non posso affidarti alla tua famiglia: nemmeno so se ne hai una. Quindi, ti caccio, semplicemente. Che dio ti aiuti. Enzo, dopo questo scempio, non me la sento di restare con te e di fare l’amore sulle macerie delle due coppie; quando la buriana sarà passata, ci vedremo e con calma decideremo il nostro futuro. Se lo vuoi, potremo anche sposarci; ma solo da sposati verrei a vivere con te. Ho bisogno di certezze; il certificato di matrimonio, se non è una certezza, è almeno una rassicurazione. Ciao.”
Franca è stata costretta a restare chiusa nel ‘convento’ che per lei è la casa dei genitori; Ludovico è risultato mio figlio anche per la scienza e mi è stato affidato per legge, con facoltà per sua madre di vederlo in qualunque momento lo desideri: per questo, qualche volta passiamo anche intere giornate insieme, finalmente senza ferirci; di Nicola, se sono perse le tracce, dopo che per qualche tempo era stato visto aggirarsi nel parco a parlare da solo.
Ho deciso che non voglio sposare Rachele: l’idea mi terrorizza, anche se so che ne sono profondamente innamorato; nelle more, ho incontrato un po’ di amiche compiacenti, ho passato giornate meravigliose e scritto molte poesie; lei, per parte sua, ha iniziato una storia con un collega: si sposeranno in autunno.
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