DUE

Il dilemma era: dirle che avevo visto tutto o far finta di niente così come fanno in tanti?
No, no... era lei che me lo doveva confessare, quello e anche tutte le altre volte, perché sicuramente c’erano stati altri tradimenti.
Per me la sincerità è un valore importante, e d'altronde come avrei potuta aiutarla se non mi diceva tutto? Come avrei potuto farla guarire?
Arrivati a casa, lei: "Ti va un caffè? E stasera mi porti fuori, dobbiamo festeggiare il tuo ritorno."
"Elena, tu mi devi dire sempre tutto, sempre la verità, anche se nel dirmela sai che ci starò male. Ma preferisco così, e solo in questo modo potrò aiutarti."
"Si, lo so. Ti giuro che d'ora in avanti lo farò."
"Non d'ora in avanti, comincia con il raccontarmi cosa è successo questa settimana."
"Giulio, io, io..."
"Ti prometto che non mi arrabbio, ho deciso di aiutarti e lo farò."
"Non è che te ne vai di nuovo?"
"No. Anzi facciamo una cosa: cominciamo dall'inizio, dalla prima volta che mi hai fatto becco. E ti prego, cerca di essere prodiga di particolari, voglio sapere ogni cosa."
"Giulio, io non voglio, mi sento in colpa."
"Elena ho bisogno di saperlo. Dai, racconta."
Ci fu ancora un po' di resistenza, poi finalmente si decise a parlare. 
"Se mi apro completamente con te, forse, e dico forse, potresti capire perché ti ho tradito."
Sul divano, io seduto e lei distesa con la testa poggiata sulle mie gambe, mentre mi stringeva una mano: "Giulio io sono stata molto male e sono stata fortunata di non essere caduta in depressione, con questo non mi voglio giustificare per quello che ho fatto, ma vorrei che tu capissi."
"Ci sto provando."
Riprese: "Sapevo che il mio male era più che altro insoddisfazione sessuale. Fare l'amore con te è sempre bellissimo, lo sai, però io, il mio fisico ha bisogno di qualcos'altro. Tu non puoi sapere quanti ditali mi sono fatto nel nostro bagno, o di notte a letto mentre dormivi di fianco a me, immaginandomi di essere presa da altri uomini. E da subito, o quasi, ho notato che se tu eri in casa o di notte vicino a me, l'orgasmo era più intenso, mentre quando non c'eri non era la stessa cosa.
Questa differenza, col tempo, si è accentuata sempre di più, tanto che sono arrivata al punto di non farlo più se tu non c’eri. Non ho idea perché succeda questo, ma è così. Forse il mio legame con te. Non so. Col tempo la masturbazione non mi è più bastata, e ho cominciato a stare male, sempre più. Sapevo, lo sentivo, che se fossi andata con un atro uomo potevo star meglio, ma non volevo tradirti, e poi c'era il fatto che avrei dovuto farlo praticamente sotto i tuoi occhi, altrimenti era inutile, l'insoddisfazione sarebbe rimasta. 
Non sapevo cosa fare e stavo sempre più male, alla fine ho deciso di andare da una professionista, una psicologa, e questa mi ha detto senza mezzi termini di farmi un amante, che anche lei ne aveva uno e che non c'era niente di male.
A fine colloquio stavo peggio di prima, e con 200,00 Euro di meno in tasca.
Mi sono arresa circa sei mesi fa', un sabato mattina, nel nuovo supermercato, ti ricordi quando ci siamo andati?"
"Si, ricordo anche come eri vestita, con quella minigonna cortissima."  
"Sai che sono un po' esibizionista. Ero nel reparto di abbigliamento, tu giravi in quello del bricolage. C'era un uomo vicino a me, alto, bello, circa della nostra età, che mentre curiosavo tra i vestiti letteralmente mi stava scopando con gli occhi.
Quando me ne resi conto e l'occhio, come mi capitava spesso in presenza di uomini, mi cadde sul suo pacco gonfio, presi letteralmente fuoco, i capezzoli diventarono duri e dritti in un attimo, e mi prese un'eccitazione pazzesca. Lui evidentemente se ne accorse, o forse notò i capezzoli che volevano sfondare la maglietta, tant'è che si avvicinò e senza dire una parola mi trascinò in una delle cabine spogliatoio, senza che io opponessi la benché minima resistenza. Una volta dentro mi girò e mi abbracciò da dietro, facendomi sentire il pacco duro sul culo. Mi teneva stretta a se con una mano sulle tette e con le dita stringeva un capezzolo, e con l'altra, in mezzo alle gambe, sotto le mutande a solleticarmi il clitoride, prestissimo esplosi in un orgasmo straordinario, liberatorio. Il mal di testa che mi stava torturando da quando mi ero svegliata mi passò all'istante. Le gambe mi tremavano e non stavo capendo più niente, ma il pensiero che c'eri tu nei paraggi mi fece tornare in me: "Sono con mio marito, lasciami." Ed uscii dalla cabina, allontanandomi fino in fondo alla corsia. Tu arrivasti quasi subito con della roba in mano da mettere nel carrello, ed io, con il fuoco in mezzo alle gambe ed i miei umori che mi colavano lungo le cosce, mi decisi. Ti chiesi di tenere tu la spesa perché io dovevo andare un attimo fuori, in bagno. Per uscire passai davanti al tipo, che era rimasto ad osservare vicino alle cabine, e gli feci l'occhiolino. Lui capì al volo, mi venne dietro a distanza, poi nella galleria sì accostò e mi disse: "Vieni con me." Era uno della sicurezza del centro commerciale, mi portò in un piccolo ufficio e chiusa la porta a chiave mi cacciò la lingua in bocca e mi mise una mano in mezzo alle gambe, ficcandomi due dita dentro. Arrivò il secondo orgasmo, così, in piedi in mezzo alla stanza.
In uno stato di semi incoscienza mi ritrovai distesa con la pancia sulla scrivania, lui da dietro mi sfilò le mutande, si abbassò i pantaloni, tirò fuori l'uccello e mi impalò con un colpo solo. Fu una scopata selvaggia, non so dirti quante volte, 4-5 orgasmi di sicuro, prima che lui mi si svuotasse dentro."
Dopo un attimo di silenzio: "Amore se vuoi sto sul vago, non voglio farti soffrire."
"No, continua così, mi interessa sapere tutto." 
In realtà aveva ragione lei, non importava conoscere tutti i particolari. Le immagini che il mio cervello costruì con quel racconto mi torturarono per giorni interi, ma poi furono superati dagli altri avvenimenti in cui, mio malgrado, fui complice.
"Dopo aver goduto lui si buttò su una sedia, mentre io cercavo di asciugarmi alla bene e meglio lo sperma che mi colava dalla passera. Finalmente ci presentammo, lui era Marco. Le chiacchiere durarono poco perché ben presto mi fece inginocchiare per terra e me lo cacciò in bocca. Era già di nuovo duro. Me lo lavorai per qualche minuto, succhiavo, segavo, leccavo, poi mi tirai su e gli andai sopra a cavallo, infilandomelo dentro. Non cominciai subito a cavalcarlo, volli gustarmi per qualche attimo quel cazzo che mi riempiva tutta, mentre lui si era impossessato dei miei capezzoli e li succhiava a turno. Quando presi a fare su e giù, con lui che mi torturava i capezzoli, arrivò l'ennesimo orgasmo, ed un altro ancora quando mi inondò nuovamente la fica.
Dopo l'orgasmo rimasi con l'uccello dentro, lo sentivo afflosciarsi ma non uscì fuori. Marco mi baciava e continuava a giocare con i capezzoli ed io a gemere ad ogni risucchio. Il cazzo riprese vigore, l'avevo sentito sgonfiarsi e poi indurirsi nuovamente, senza uscire dal mio nido.
"Adesso ti voglio sborrare in bocca." Mi disse. Ed io mi tirai su e lo accontentai, ci mise un po' a venire, ma neanche tanto. Avevo paura che mi sporcasse i capelli di sperma, e fui attenta a non farmi scappare niente mentre lui si contorceva per il piacere, e mandai tutto giù."
Io, mogio mogio: "Caspita Elena, l'hai fatto morire."   
"Si, abbastanza. Tant'è che volle rivedermi, ed io accettai perché volevo fare la prova di come sarebbe stato con te lontano. E come temevo, la seconda volta non fu un granché. Ci incontrammo una mattina in un albergo, mi scopò per tre ore facendomi godere parecchie volte, ma l'intensità non era la stessa, per niente. Non l'ho più rivisto, mai più."
Io: "Mi sto sforzando, ma non capisco davvero il nesso, perché godi di più quando me la fai sotto il naso?"
"Non lo so Giulio, non lo so proprio, ma è così. Sono curiosa di vedere adesso come sarà, adesso che mi hai scoperta."
Tradotto: preparati, che le corna aumenteranno, e saranno sempre più lunghe.
"Poi? Prima di sabato sera? Altri episodi?"
"Qualcuno. Vuoi sapere di tutti?"
"Si, ma stai sul vago. Eventualmente, se mi serve, ti chiederò io di approfondire."
"Va bene, come vuoi. Ti ricordi quel pomeriggio dai miei? Mentre tu guardavi la partita in TV, io ero nell'appartamento di un vicino."
"Caspita. Prosegui."
"Alle terme, con un tedesco, nei bagni."
"E come vi siete capiti? Parlava italiano?"
"No, non abbiamo parlato."
"Già, poi?"
"Al mare, con il bagnino, quello più anziano."
"Perché quello più vecchio? Quello giovane era un bel ragazzo."
"Si, ma l'altro pareva essere più dotato. Infatti era così."
"Quante volte l'hai fatto col bagnino?"
"Dal secondo giorno, sempre, dopopranzo quando tu andavi a farti la passeggiata."
"Io passeggiavo e tu scopavi."
"Si, vero. Ed anche la mattina, ricordi che tu andavi in spiaggia prima? Quando tu uscivi arrivava il cuoco, era un gran maiale."
"Ecco perché a tavola venivamo serviti così bene."
"Il menù glielo facevo io."
"Brava, in quei dieci giorni sono ingrassato di quattro chili."
"Io no, facevo ginnastica."
"Altre cadute?"
"Certo, purtroppo. Ricordi quando portasti la macchina in officina? Quando ti allontanasti per fare bancomat? Nella sala d'aspetto 'accontentai' i due meccanici."
"Insieme?"
"No, uno alla volta. L’altro stava attento al tuo arrivo."
"Ma sarò stato via dieci minuti!"
"Sono bastati."
"Elena, mamma mia. Quante me ne hai fatte."
"Proseguo? O ci fermiamo qui?"
"Vai avanti, tanto ormai uno in più non cambia."
"Sei sicuro?"
"Sono sicuro."
"Una sera mi fermarono i Carabinieri. Erano in due ed uno era veramente notevole e mi puntava, ma tu non c'eri. Rimediai scambiandoci i numeri di telefono, e la sera dopo, mentre tu stavi guardando un film in TV, io andai giù con la scusa di buttare via il rusco. Scopammo nell'atrio del garage, in piedi contro un muro."
"I Carabinieri mancavano all'appello."
"Adesso ci sono. Rimane solo un altro uomo, e su questo vorrei sorvolare perché lo conosci bene."
"Lo conosco? Scommetto che è Mario. Ti sbava dietro da sempre."
"Non è Mario, ma lui mi prende parecchio, e se tu non hai niente in contrario, alla prima occasione ne approfitto."
"No dai, con Mario no. Non farmi diventare lo zimbello del bar."
"Ok. Facciamo un patto: con Mario no, te lo prometto, però concedimi di sorvolare su quest'ultimo uomo."
"Elena, va bene dai, dammi solo conferma che non è un mio parente."
"Non lo è, tranquillo."
"Ci mancava solo che mi nominassi mio padre o mio fratello. E quello che abita nel condominio dei tuoi, lo conosco?"
"Non credo, abita al quarto piano, adesso avrà una cinquantina d'anni, forse qualcuno in meno. Mi puntava fin da quando ero molto giovane, c'erano stati diversi episodi prima e dopo il nostro fidanzamento, la prima volta facevo ancora le medie, eravamo nell'ascensore da soli, io e lui, e mi accarezzò i capelli, la faccia ed il collo e mi disse: 'Sei molto bella Elena.' Arrossii immediatamente, fortunatamente arrivammo al piano ed io scappai via.
Tutte le volte che ci incrociavamo, anche se c'era altra gente, mi mangiava con gli occhi, ed aveva sempre l'uccello duro. Spesso gli vedevo gonfiarsi la patta in un attimo, sotto i miei occhi.
Un'altra volta, sempre nell'ascensore, sì avvicinò, mi strinse forte a se, strusciandomi il manico sul sedere, e mi disse: 'Ti desidero da impazzire.' Avevo quindici anni. Poi mi beccò nelle cantine, ero più grandina e noi due stavamo già insieme, lo tirò fuori e me lo fece vedere, e disse: 'Ti scopa il tuo ragazzo?' Scappai via anche quella volta."
"Un porco, ma non potevi dire qualcosa ai tuoi?"
"No, mi vergognavo. E poi sotto sotto non mi dispiaceva, e mi eccitava molto. Mi sono fatti decine di ditalini pensando a lui."
"Lasciamo perdere va'. Continua."
"Una sera tardi, dopo avermi visto con te, me lo trovai davanti nell'androne delle scale. Forse mi stava aspettando. Non disse niente, ma mi prese per un braccio e mi accantonò in un angolo buio. Io non sapevo cosa fare, se mi mettevo a gridare sarebbe successo un casino, lui è sposato. Non mi violentò, mi palpò soltanto in mezzo alle gambe, poi se lo tirò fuori e me lo strusciò contro fino a sborrarmi addosso. Anch'io venni in contemporanea, ma riuscii a dissimulare, e lui non si accorse del mio orgasmo."

...continua.
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