Personalmente, non riesco a lamentarmi di incontrare più o meno le stesse facce, in parte perché ogni volta c’è qualcosa di nuovo, se non altro nelle piccole vicende di tutti; in parte, perché la mia tendenza ad essere Serena (di nome e di fatto) mi assegna il ‘guscio’ o la ‘nicchia’ come condizione ideale per riscattarmi dalla combattività con cui, ogni giorno, devo affrontare colleghi, talvolta amici ma più spesso concorrenti, nella gestione dell’attività produttiva in cui sono ormai immersa fina al collo; infine, perché ogni tanto capita qualche faccia nuova che diventa una vera e propria scoperta da centellinare settimana per settimana, incontro per incontro.
Sandro è uno degli ultimi arrivati.
Sul lavoro, ci conosciamo da tempo perché operiamo in campi assai simili, incontrandoci e scontrandoci, come con tutti gli altri, senza particolari emozioni, ma mettendo in campo ogni volta le nostre idee su produzione e sviluppo; nel privato, è stato sempre una grande incognita, dal momento che dimostrava una certa riservatezza sulla sua vita e io, per la verità, non amo molto spettegolare, per cui rispettavo la sua privacy.
Stasera però, a casa di Ginevra, lo vedo parlare con il titolare di un’Agenzia investigativa che abbiamo invitato per sentire le sue esperienze e condirle, eventualmente, con pettegolezzi e aneddoti come è nello stile della nostra ‘conventicola’ che non esita a tagliare e cucire addosso a chiunque; vedo che l’altro gli passa una foto e non do nessun valore alla scena; quando però, mentre si sposta da una parte all’altra, Sandro perde la foto che l’altro gli ha passato, non posso fare a meno di precipitarmi a raccoglierla e, mentre lo seguo per ridargliela, l’occhio mi cade sull’istantanea e, in particolare, sulla targa della macchina in primo piano: è senza dubbio la mia macchina; l’uomo al volante è Sebastiano, il mio compagno da un paio d’anni, e la donna a fianco non la conosco: anzi, meglio, la identifico immediatamente con la signora alla quale Sandro si è accostato con atteggiamento familiare; lo raggiungo, gli tocco un braccio e, quando si gira, gli faccio vedere ‘clandestinamente’ la foto e gli sussurro.
“Devo parlarti di questa foto. … “
Mi guarda dubbioso, lo invito a seguirmi in un’altra sala e senza stare a tergiversare, gli sparo contro.
“Quella nella foto è la mia macchina; l’uomo al volante è Sebastiano, il mio compagno … “
“… e quella ‘signora’ che gli ‘sbava’ a fianco è Clelia, la mia compagna …”
“Quindi, se te l’ha data un investigatore, la spiegazione è una sola: corna per tutti e due.”
“Perché? Anche tu non eri stata avvertita?”
“No; e qui sta il peggio, perché con Sebastiano viviamo vite separate autonome e libere, ma all’insegna della lealtà: e questa è slealtà, quindi tradimento, quindi corna …”
“Esattamente la stessa situazione. Che pensi di fare?”
“Per ora, direi di riflettere; poi decideremo qualcosa.”
Siamo richiamati in sala perché comincia la conversazione dell’ospite che per una mezz’ora ci delizia col racconto della sua professione e con la narrazione di qualche aneddoto, di vicende strane o ridicole; poiché è prevista una sorta di intervista, vengono poste molte domande alle quali risponde con garbo ed eleganza senza spingersi oltre i limiti della privacy; ovviamente (considerata anche la situazione bella calda), gli chiedo se siano più frequenti i tradimenti dei mariti o quelli delle mogli e se maschi e femmine reagiscono diversamente; mi fa osservare che, poiché gli adulteri si consumano in due, è ipotizzabile una sorta di parità tra maschi e femmine; ma che per le reazioni, i maschi tendono a mettere in campo violenza e irruenza mentre le femmine in genere gustano di più la vendetta fredda.
La chiacchierata si sviluppa a lungo e su vari temi; ma io ho ormai perso interesse alla mia vicenda e cerco con lo sguardo Sandro perché ho voglia di stringere i rapporti con lui, forse per la convergenza nella condizione di cornuti; lo trovo che si è spostato nella sala dove un complessino suona ed alcuni coraggiosi accennano passi di ballo; stanno suonando un lento, mi avvicino e gli chiedo se mi fa ballare; crede che voglia approfittarne per parlare e mi prende nella vita; mi appiccico a lui come facevamo da ragazzi quando ballare era solo un modo diverso di pomiciare, davanti a tutti, fino ad arrivare all’orgasmo nonostante i vestiti: sento che il suo ‘fratellino’ è sensibile alle provocazioni del mio ventre e me lo trovo improvvisamente assai duro e consistente sotto il pube, contro il quale si strofina con effetti dirompenti per la mia libidine.
Mi appiccico ancora di più a lui e sollevo il viso per guardarlo negli occhi; abbassa un poco la testa e mi poggia un leggero bacio sulla bocca; infilo la lingua fra le sue labbra e, con mia gioia, non si ritira ma le apre per farmi entrare; con poche mosse abili, mi sposta dietro una grande pianta, abbandona la pantomima del ballo e mi bacia con una passione che non ricordavo più; ricambio con tutta la foga di cui sono capace e, di colpo, mi sento sciogliere di passione; un attimo dopo, ci stiamo riprendendo e io sono più lesta a dichiarare.
“Essere compagni di disgrazia può fare di questi effetti ingannatori. … “
“Collega, mi spiace ma stavolta il mio fratellino là sotto mi obbliga a non essere della tua stessa opinione: gli abbiamo fatto assaporare un piccolo assaggio, ma vorrebbe soddisfare l’appetito. … “
“… Solo perché non sa quello che sta vivendo la sorellina di fronte: ha cominciato a versare lacrime e non si ferma. … “
“L’assemblea cosa decide?”
“Io propongo una cena con annessa sala da ballo e dopocena a casa di uno dei due: non in uno squallido albergo, per favore.”
“Chi lo comunica ai soci di minoranza?”
“Vieni!”
Lo prendo per mano e mi dirigo all’angolo dove Sebastiano e Clelia sono immersi in un conversario che li porta fuori del mondo evidentemente.
“Senti, Seba: io non sono come te che nascondi le cose; si era detto libertà di azione e lealtà. Ed io ti comunico correttamene che ho scoperto che Sandro mi interessa molto come persona, che ho voglia di conoscerlo e sabato sera vado a cena con lui; poiché è possibile che, dopo la cena, vogliamo fare anche l’amore, mi farai la cortesia di non venire da me; resta a casa tua, per il week end; alla fine, ti farò sapere dove porta la nuova situazione. Buona serata a te e alla tua amica.”
“Per una fortunata coincidenza, io questo fine settimana sarò fuori città.”
“Dovresti sapere che alle coincidenze credo poco: comunque, mi sta benissimo. Ciao.
Mi giro verso Sandro e accenno ad un bacio; mi prende per la mano e mi porta via.
“Sei imprevedibile! Siamo già al grande amore?”
“Ho usato il verbo amare o la parola amore?”
“No; ma qui tutti ci guardano come Giulietta e Romeo.”
“Vuoi un microfono per annunciare la smentita?”
Mi abbraccia e mi bacia, stavolta con amore.
Mormorio tra gli amici; ammiccamento con l’investigatore che ha riconosciuto Sebastiano e ha ricostruito tutto; infatti, si avvicina e sussurra.
“Complimenti. Vedo che sta raffreddando la vendetta; mi piacerebbe assistere a tutta la sceneggiata fino alla fine; ma me la racconterete, anche nei particolari. Per inciso, date la sensazione di essere una bella coppia, veramente innamorata. Auguri.”
Non gli lascio la battuta finale.
“Per la sue esperienza, chi dei due sarà incaricato di sorvegliare per primo?”
“Con persone come voi, in questo campo non avrei lavoro; siete la lealtà personificata e, se vivrete una storia, sarà d’amore e di lealtà: su questo posso giurarci.”
“Grazie. … Sandro, adesso prenoti la cena o devo farlo io?”
“Mi autorizzi a comportami da maschio dominante?”
“In questo caso, senza dubbi e senza problemi.”
Il week end arriva, con tutta la frenesia del caso: Sebastiano ha l’improntitudine (che lui considera nonchalance) di chiedermi l’auto per andare fuori; non ho nessun problema: gli suggerisco solo, perfidamente, di stare attento a come la tratta, visto che è mia e lui la prende solo in prestito; anche per le spese, gli raccomando di contenersi, visto che non paga Pantalone, ma io.
Mi dedico, per la prima volta dopo tempo infinito, al mio corpo e vado in una nota Spa per farmi fare un trattamento completo, dai capelli alle unghie dei piedi, perché voglio essere bellissima, in questo primo appuntamento con un uomo che, dopo tanti anni, mi ha indotto a rompere la mia convinzione a non cedere ad abbandoni amorosi con persone del mio stesso ambito di lavoro; sabato sera sperimenterò se con Sandro è possibile una nuova dimensione dei rapporti interpersonali.
Neanche lui deve essere molto sereno perché, in successione, mi arrivano i comunicati delle prenotazioni; con estrema squisitezza, si è premurato prima di chiedermi per quale tipo di alimentazione sia orientata e gli ho detto che adoro il pesce; quindi ha prenotato per due ‘Allo scoglio’, il ristorante di pesce più famoso, più alla moda ed anche più caro della zona; per ascoltare musica, ha scelto un pub con musica dal vivo e pista da ballo, considerato l’inizio della nostra storia; i fiori arrivano il sabato mattino, in ufficio; telefono per ringraziarlo e gli chiedo se ha tempo per venire a prendersi un bacio: mi risponde che è troppo impegnato nei preparativi per la nostra serata; gli mando un bacio per telefono e ripiombo nelle grinfie della modista che mi sta suggerendo l’abito, novità assoluta nella mia storia recente.
Quando Sandro citofona, gli si presenta una versione meravigliosa della Serena che conosce: non solo estetisti, parrucchieri e sarta hanno lavorato divinamente, ma la mia bellezza per la prima volta si esprime nel massimo splendore.
“Se ti presentassi così alle trattative sindacali, ti darebbero ragione ancor prima di iniziare!”
Scherza Sandro.
“… O mi tirerebbero uova marce e interromperebbero qualunque trattativa.!”
Gli rispondo sorridendo.
“Posso dirti che sei, quanto meno, da amare?”
“Non stai pensando, per caso, ‘da farci sesso’?”
“Dante dice in un passo che le cose più sono perfette più sentono il bene e il male; se l’amore spirituale si accompagna a quello fisico, il risultato è l’ottimalità. Tu sei da amare con tutte le facoltà umane.”
“Ne approfitti perché il rossetto ti resterebbe attaccato o la mia pettinatura si scompiglierebbe; ma considerati baciato dappertutto dove tu voglia e dovunque io desideri.”
“Vedi? Sei persino imbarazzante; per questo, da ora in poi ti chiamerò amore, sia vero in assoluto o sia solo un momento!”
“Tu per me stasera sei l’amore; poi vedremo ‘in progress’ cosa succederà.
Succede che arriviamo con aria quasi trionfale al ristorante ‘dei vips’ e siamo subito al centro dei commenti più vari, considerato il nostro ruolo sociale; prendiamo posto in un angolo appartato e, mentre le portate si susseguono ordinatamente, io comincio a perdermi nell’ammirazione del mio cavaliere, del quale cerco il contatto epidermico ad ogni costo, fosse anche solo sfiorando la mano sul tavolo della cena; gli chiedo di Clelia e mi comunica che, per una strana ‘coincidenza’ anche lei ha un impegno per il fine settimana: va da sé che l’agenzia è sulle sue tracce.
Ce ne dimentichiamo e, sazi di cibo, di vino, ma soprattutto di passione, lasciamo il ristorante in un tripudio di saluti e di complimenti: l’idea che ormai facciamo coppia è già entrata nell’immaginario collettivo; e non abbiamo ancora fatto l’amore, anche se, ormai, comincio a desiderarlo con tutte le fibre del corpo; la tappa successiva, il pub con musica dal vivo e pista da ballo, è un approdo quasi opposto: ci cerchiamo un tavolo in angolo e, prima ancora di sederci, Sandro mi ha baciato con una passione giovanile che mi ha quasi sconvolto; ho solo risposto al suo amore con altrettanta passione ed entusiasmo.
Mentre sorseggiamo un cocktail leggermente alcoolico, l’orchestra attacca la serie dei lenti: ci guardiamo negli occhi sorridendo dagli zigomi al mento, per tutto il volto, e ci troviamo abbracciati sulla pista a copulare in piedi, da vestiti, con una tempesta ormonale che solo a sedici anni ricordavo di avere avuto; la nostra serata si svolge all’insegna di questa ‘nuvola rosa’ fin quasi a mezzanotte, quando ci rendiamo conto, inconsciamente, che non è più il caso di farci scrupoli e che, se ci innamoriamo, è solo un fatto naturale, pari pari come quello di andare a casa mia a fare l’amore davvero.
“Sandro, sento che sei in difficoltà all’idea di tradire Clelia; se non ce la fai, nessuno te ne fa una colpa. Io ho già dal primo momento deciso che voglio fare l’amore con te, succeda quel che vuole o che deve succedere; ma non ti farò nessuna colpa se decidi che non è giusto e torni a casa tua; avrò avuto comunque la più bella serata della mia vita.
“Serena, amore mio: questa non è una locuzione astratta; se io faccio l’amore con te, è perché voglio che tu sia la mia donna, la mia compagna, la mia complice, la mia socia ideale in tutto. Non c’entra Clelia e il mio passato né Sebastiano e il tuo passato; qui c’entra solo il futuro: se entro dentro di te, non voglio uscirne più. In questo siamo come nel lavoro. Tu stai sperimentando una possibilità per verificarne la fattibilità; io ho già deciso. Io vengo a casa tua, entro nel tuo letto, entro nel tuo corpo e domani non è un’incognita: è la certezza che saremo io e te; se tu hai delle perplessità e stai solo valutando ipotesi, ti prego di farlo senza di me. Io ti voglio; ti amo e non per prova né in astratto; ti amo e per questo ti voglio.”
“Senti, filosofo, hai finito di teorizzare? Mi fai fare l’amore come se fossimo su una spiaggia, venti anni fa, alla faccia del mondo?”
“Con tutto il cuore, con tutto il corpo, con tutta la voglia che ho di te!”
Mi porta in casa in braccio, quasi fossi una sposa vergine che viene dall’altare: lo amo, quest’uomo.
Andiamo direttamente nella camera e Sandro mi poggia sul letto come se davvero fossi fatta di cristallo delicato; poi comincia a spogliarsi, depositando gli abiti sulla sedia ai piedi del letto; io gli devo chiedere aiuto per far scorrere la cerniera del vestito, dal collo a mezza schiena; lui fa scivolare l’abito dolcemente fino alla vita; ne approfitta per aggredire il mio seno che stasera sembra ancora più carnale ed invitante; si getta famelico su un capezzolo ed io mi sento succhiare l’anima dalla tetta: gemo come soffrissi, ma sto solo godendo a dismisura.
Tento goffamente di sfilare del tutto il vestito; ma ci riesco solo quando lui decide di abbandonare la presa sul capezzolo e mi aiuta a spogliarmi fino a restare con solo uno striminzito perizoma ormai fradicio degli umori che ho versato a lungo; mi sfila anche quello e non riesco ad impedirgli di annusarlo e di passarselo sulla bocca, prima di mandarlo sulla sedia cogli altri abiti.
Quando Sandro mi fa stendere supina e mi divarica delicatamente le gambe, comincia la mia fibrillazione in attesa del momento più bello per me, quello in cui le sue labbra si appoggiano sulla mia vulva, cercano il clitoride e lo stringono per suggerlo come ha fatto col capezzolo: a quel punto non sono solo piccole stille di umori, ma è un flusso pieno ed ininterrotto che mi viene giù dalla vagina ed esplode dalla vulva, inondandogli il viso; provo un pizzico di vergogna, di fronte ad un fatto per me inusitato; ma Sandro è semplicemente meraviglioso: assapora con gusto e, come un bambino, si pizzica e torce la guancia come per dire ‘che buono!’.
Non posso fare altro che sorridergli, ormai con amore, e buttarlo giù sul letto per essere io, stavolta, a fiondarmi sul suo arnese che si innalza al cielo come un minareto: comincio a leccarlo dalla radice per passare poi su tutta l’asta fino alla cappella che spingo in bocca fino a soffocarmene; do il via ad una fellatio che non ha niente di tecnico o di conoscenza, ma tanto di passione, di desiderio, di amore; se ne accorge e geme come soffrisse, mentre mi accarezza dolcemente il viso e mi stringe una tetta quasi per obbligarmi a smettere.
“Serena, ti prego, non condurmi all’orgasmo; non ancora: ho bisogno di goderti, di sentire tutto il tuo amore prima di esplodere in te con tutta la mia passione.”
“Allora, sappi che ti voglio dentro, che voglio sentirti nel mio corpo, da tutte le parti, che voglio fondermi con te ed essere una sola cosa. Ti prego, fammi sentire il tuo amore nel ventre.”
Mi scivola letteralmente sul corpo e raggiunge con la bocca la mia, mi bacia con voluttà infinita, mentre il suo sesso si accosta al mio quasi timidamente, mi apro per accoglierlo e sento che comincia ad entrarmi in vagina senza bisogno di alcuna guida: in un attimo, la cappella urta contro la cervice dell’utero ed io esplodo in un orgasmo nuovissimo, per entità, per qualità, per libidine, per amore: non mi stanco di gemere finché l’ondata di piacere non si attenua, per rinfocolarsi immediatamente dopo, quando comincia la sua cavalcata che mi manda letteralmente in estasi.
“Sandro, ti amo. Perdonami, non riesco a tacerlo: adesso so che ti amo davvero!”
“Io ti amo già dal nostro primo ballo. Mi dispiace per gli altri, ma da stasera comincia la nostra nuova vita. Speriamo di non doverci mai scontrare e scannare sul lavoro!”
“Tutto quello che avviene fuori da questa camera (o da quelle che la rappresentano) riguarda altre persone: quando stiamo amandoci come ragazzini, siamo solo amore e niente altro. Giuralo!”
“Te lo giuro: sarò il tuo amore e tu sarai il mio, al di là di tutto e di tutti.”
L’entusiasmo amoroso non si limita a quella notte, che trascorre tutta tra penetrazioni e succhiate, leccate e masturbazioni, in un repertorio infinito di possibilità di fare sesso in tutti i modi, in tutti i buchi, con tutta l’intensità possibile; si trasmette ai giorni successivi, quelli del week end, che finiamo per trascorrere nel letto dove siamo entrati venerdì sera, senza fermarci neppure per mangiare a pranzo o a cena, ma trasportandoci nel letto panini e biscotti, bibite, liquori e caffè per non perdere un attimo della lunghissima copula che diventano per noi il sabato e la domenica; quando riaccendiamo i telefoni, stanchi anche noi ormai del nostro stesso fare l’amore, ci accorgiamo che il mondo ci ha cercato in tutti i modi, ma noi eravamo in un altro Empireo e non ci curavamo dei comuni mortali.
“Ti amo.”
E’ la conclusione a cui ci sembra di dover arrivare alla fine; e decidiamo che è la conclusione più bella, più logica, più naturale.
“Cosa facciamo coi nostri ex partner?”
“Tu hai qualche idea?”
“Si, io vorrei portare a compimento almeno una piccola vendetta, così solo per far sapere che, come si dice a Napoli, ‘cca nisciuno è fesso’, qui nessuno è stupido come hanno creduto e anzi, che stupidi risulteranno loro quando il nostro amore sarà di dominio pubblico.”
“Quindi, andiamo avanti con lo scherzo che stai progettando?”
“Io si; se tu non te la senti, faccio da sola.”
“Cominci già a distinguere? A quando la separazione?”
“Stupido amore, volevo dire semplicemente che, se ti turba essere cattivo con chi lo merita, non voglio obbligarti; se ti vuoi divertire con me, benvenuto.”
“Raccontami.”
Gli espongo il mio piano; mi dà della pervertita sadica ed io scherzosamente gli torco un capezzolo e lo faccio eccitare.
Nella settimana seguente, in vista dell’incontro che ancora i due avranno secondo l’agenzia che li sorveglia, cerco di capire le intenzioni di Sebastiano, finché commette un errore assai stupido anche per lui che non è attrezzato, mentalmente, a tradire con buon senso e raziocinio: prenota una suite in un albergo a qualche chilometro dalla nostra città e paga con una mia carta di credito; la data prevista è il sabato successivo: telefono a Sandro e lo avverto che sta scattando il mio scherzo sadico; si meraviglia che sono arrivata prima del’Agenzia a conoscere la data, gli spiego della carta di credito e lo avverto che sto per bloccare tutte quelle che Sebastiano potrebbe usare; gli suggerisco di fare lo stesso con Clelia, se non vuole trovarsi un conto prosciugato.
Effettivamente, telefono in banca, chiedo di bloccare tutte le mie carte e di cambiare immediatamente i dati di accesso ai conti: in pratica, Sebastiano è fuori da ogni possibilità di attingere fondi dai miei soldi; quando passa a salutarmi, gli impongo di lasciare le chiavi della casa e dell’auto, limitandomi a dire che i rapporti non sono più cosi chiari come una volta; cerca di difendersi proclamando il suo amore; mi limito a fargli osservare che ormai la storia tra me e Sandro è di dominio pubblico e, come lealmente (e sottolineo l’avverbio) gli avevo detto, il cambio di sentimenti comporterà forse un cambio di situazione; gli chiedo se c’è qualcosa di cui mi avrebbe dovuto parlare; ottusamente continua a negare e lo spedisco via annoiata ormai di lui.
Il sabato che i due avevano stabilito, di buon mattino ci presentiamo, io e Sandro, alla reception dell’hotel, esibisco la copia della prenotazione e chiedo le chiavi della suite; il portiere mi guarda sbalordito e va a chiamare il direttore.
“Signora, ma è certa che questa prenotazione sia sua?”
“Che sta inventandosi? Questa è la prenotazione, questa è la carta di credito su cui fa aggio ed è intestata a me; questo è il mio documento di identità che dice che sono la titolare di quel conto. Cosa altro vuole?”
“In genere, per queste prenotazioni viene un’altra persona. … “
“Mi sta dicendo che questa truffa ai miei danni è stata già perpetrata in precedenza?”
“Non credo che si tratti di truffa … “
“Mi dice il nome della persona?”
“Non possiamo, per la privacy … “
“Bene; lo appurerà la polizia quando denuncerò la truffa … “
“Aspetti, non sollevi uno scandalo per favore: la proprietà potrebbe risentirsene …”
Interviene Sandro.
“La proprietà è già informata. Per sua notizia, io e la signora possediamo un bel pacchetto delle azioni della proprietà, quindi già siamo informati; alla prima assemblea, il suo comportamento sarà opportunamente vagliato.”
“Oh,mio dio, è una rovina.”
“Non reciti la tragedia, adesso; avete una camera libera?”
“Si, la 603.”
“Perfetto; noi prendiamo la suite che, pagata con i miei soldi, mi compete per legge; lei prenota la camera, si paga dalla stessa carta di credito e al signor Sebastiano comunica che la suite è mia e che andasse al diavolo con la sua ganza.”
“Ma allora lei conosce il colpevole?”
“Solo una persona molto vicina può truffarmi in questo modo. E’ previsto il servizio di ristoro in camera?”
“Certo! Gradite il pranzo in camera?”
“Si; e anche la cena. Mi dia la chiave della suite e buongiorno.”
Ci sistemiamo per benino e ci dedichiamo all’attività che da qualche settimana è la nostra preferita, fare l’amore come conigli.
Ci interrompe il telefono con cui il portiere avverte che il signor Sebastiano vorrebbe parlare con me; gli dico di mandarlo al diavolo; impunito come sempre, lui si presenta alla porta della suite e bussa; capito che di lui si tratta, lo mando al diavolo senza aprire e lo avverto che chiamerò la sorveglianza; se ne va, alla fine.
Anche se troviamo particolarmente stupido restarcene chiusi in camera solo per una stupida vendetta, non sprechiamo il tempo, non solo facendo l’amore più volte, ma anche occupandoci in parte del lavoro che, con il computer, diventa praticabile; dopo il sostanzioso pranzo in camera, il pomeriggio passa lietamente tra i preparativi per la serata: ci imponiamo una provvisoria castità per essere più pronti alla prossima vendetta; mi faccio recapitare i costumi che avevo prenotato e, quando scendiamo dopo cena, siamo praticamente irriconoscibili, con le maschere da carnevale che ci coprono in pratica il volto e vestiti assolutamente lontani dalle nostre abitudini.
Sandro infatti ha solo un jeans celeste di ottima qualità, una maglione bianco che sembra disegnato sui suoi muscoli e un paio di mocassini leggeri; io ho un abito di seta che mi fascia dal collo alle natiche, senza intimo: così conciati e lontani dai nostri standard, passiamo facilmente per turisti in visita, con l’aggiunta della mascherina sul volto, che incorpora uno strumento che modifica le voci: addirittura, ci divertiamo a scherzare tra di noi con frasi fanciullesche recitate opportunamente; quando entriamo nel privè, nell’interrato senza neppure uscire dall’hotel, ci dotano di un gadget che dice che siamo ‘vip’ ed abbiamo diritto a molti privilegi; ci dirigiamo alla sala da ballo e prendiamo posto ad uno dei tavoli.
Dal nostro posto di osservazione, abbiamo un’ampia visuale su tutto e particolarmente del bar, dove vediamo, appollaiati su alti sgabelli, i nostri ex a colloquio con il cassiere; intuisco che sta per scatenarsi una nuova piccola tragedia; difatti, il cassiere sembra passare inutilmente più volte una carta nella macchinetta, senza risultato; avverto Sandro che arrivano novità; squilla il telefonino; è Sebastiano.
“Che diavolo vuoi?”
“Ti disturbo?”
“Tu che ne dici?”
“Senti, non so perché ma le mie carte di credito vengono rifiutate. Puoi fare qualcosa?”
“La ‘mie’ carte di credito hanno cambiato dati; le tue, non so.”
“Quindi, non posso fare più affidamento sul tuo conto?”
“Vai al diavolo!”
E attacco; vedo che al bancone fanno manovre con Clelia e avverto Sandro.
“Attento: adesso tocca a te.”
Squilla il suo telefonino; lei è più perfida e melliflua; cerca di prenderlo con le buone; Sandro si limita a dirle che sabato sera le banche sono chiuse e che rinunciasse alle spese inutili; e riattacca.
I due rimediano in qualche modo, vanno verso la pista da ballo e cominciano a muoversi a ritmo; ci scambiamo uno sguardo d’intesa, ci muoviamo e andiamo ad occupare il posto acanto a loro sulla pista; come per incanto, è il momento dei lenti; Sandro mi abbraccia e comincia a copulare, letteralmente, con tutti i vestiti, davanti a tutti; mi sciolgo in un orgasmo dolcissimo col suo sesso che mi stimola vulva e clitoride come se lo avessi dentro; Clelia prima mi guarda ammirata, poi mi si avvicina e mi sussurra.
“E’ molto bravo, il tuo cavaliere, me lo presti un poco?”
Guardo Sandro, che prende il gadget e lo mostra a un buttafuori; si avvicina, lui gli sussurra qualcosa e l’altro indica un numero due: è quello della sala vip che possiamo utilizzare per quello che sembrerebbe uno scambio di coppia; lui si dirige, tenendomi per mano, al corridoio delle sale vip; i due si accodano; entriamo in silenzio: solo un grande letto al centro e sedie intorno, alle pareti; mi spinge delicatamente supina sul letto, comincia a spogliarsi e diamo inizio al ‘nostro’ rito dell’accoppiamento: mi succhia e mi lecca, mi manipola e mi apro; poi mi penetra e io urlo d’amore: Clelia ci guarda incantata.
Poi viene vicino, mi sposta un momento e si impala lei sul sesso di Sandro che, stranamente, non riconosce.
“Fa l’amore proprio come Sandro, questo qui.”
“Chi è Sandro?”
Chiedo con la voce chioccia della maschera.
“E’ il mio compagno, che non è lui.”
E indica Sebastiano.”
“E allora lui chi è?”
“E’ il mio amante.”
“Vita sessuale avventurosa, la tua, vero?”
“Mi diverto così.”
Intanto cavalca con enfasi Sandro che sembra impegnarsi a provocarle il massimo dolore possibile, senza che lei neppure se ne avveda, nemmeno quando sposta la cappella e la penetra violentemente nell’ano; urla come un animale ferito: probabilmente non ha grande frequentazione con quella pratica; il suo accompagnatore quasi si preoccupa ma lei lo invita a lasciare stare; Sebastiano allora si accosta a me, col sesso ritto, con l’evidente intenzione di copulare con me; mi copro la vulva, segnale che lì significa che non ce n’è per lui; mortificato, si ritira, si riveste ed esce dicendo a lei.
“Ti aspetto al bar.”
“OK. Lasciami godere, ora; mi piace troppo come copula questo qui.”
Sandro commenta con una spinta che le manda la cappella ancora più a fondo nell’intestino, con un urlo feroce di lei che continua a cavalcare invasata; dopo l’ennesimo orgasmo, quando ormai anche io mi sono stancata di starli a guardare, Sandro si decide a scaricarle nelle budella tutto lo sperma che ha accumulato nei testicoli nel corso della serata: poi la disarciona e la fa stendere supina; si riveste e, prima di andare, le carezza delicatamente il viso.
“Sei stato stupendo. Possiamo rivederci e rifarlo ancora?”
“Ricordati di questo che hai detto, piccola!”
Sono stata io a gorgheggiare con la falsa voce.
Quando lei torna al bar, Sebastiano è davvero nero, anche se sta pomiciando con una bella ragazza forse brasiliana; rivolto a me, dice.
“Non è stato corretto che hai lasciato il tuo compagno fare sesso con tutte e due e lasciare me a secco.”
“Nel mio letto, le leggi le faccio io!”
Gli cinguetto in risposta; poi lui si rivolge a Clelia.
“Ti sei saziata di lui; adesso puoi darne un poco anche a me?”
“Ma tu hai visto come copula bene? Io un amplesso così non lo ricordo; no, forse con Sandro qualche volta …”
“Ma vai al diavolo, tu e il tuo Sandro. Perché non sei rimasto con lui?”
“Su, amore, non fare così … “
Si allontanano cosi; io e Sandro decidiamo che ormai quello che andava fatto è stato fatto e torniamo all’hotel; abbiamo ancora una notte davanti; e la sfruttiamo tutta, per amarci alla follia.
Anche l’episodio del privè è ormai alle spalle; il nostro amore marcia ormai alla grande: ancora però dobbiamo approfittare di occasioni precise per passare una notte insieme; io ho definitivamente cancellato dalla mia vita Sebastiano che però protervamente insiste a volermi incontrare per ‘chiarire’ senza mai accennare nemmeno di sfuggita al suo comportamento adulterino ed esasperando quindi la mia ira nei suoi confronti; Sandro ha maggiori difficoltà con Clelia che gli si è piantata in casa e liscia, striscia, adula e tenta in ogni modo di riprendere un rapporto di cui non vuole ammettere il totale fallimento.
Veniamo invitati, naturalmente, a passare il capodanno a casa di una coppia di amici che organizzano sempre in grande; la serata è persino piacevole, anche se le facce sono più o meno le stesse e l’allegria è chiaramente imposta e forzata più che naturale espansione di vita; fino al cenone, tutto si svolge secondo un copione quasi sacro; poi si comincia a folleggiare e, inevitabilmente, saltano fuori i tentativi di ballo; alla prima serie di lenti, io e Sandro entriamo in agone, francobollati l’uno all’altro, in una sarabanda di goduriosa libidine che coinvolge i nostri corpi e si trasmette anche agli altri, involontariamente.
Clelia e Sebastiano sono stati i più cupi, per tutta la serata: lui, perché spera sempre di poter riprendere la relazione con me che lui non considera affatto finita; lei perché è convinta che Sandro sia ancora innamorato ciecamente di lei; quando ci vedono amoreggiare così apertamente e passionalmente, Sebastiano perde la pazienza e mi chiede apertamente che diavolo intendo fare; guardo negli occhi Sandro e lui mi accenna di si con la testa; prendo dalla sedia su cui sedevo una busta di carta e ne tiro fuori le maschere che avevamo nel privè; le indossiamo e, con la voce chioccia della maschera, gli chiedo.
“Riesci a capire, alla fine, quanto sei stato idiota? O c’è bisogno che qualcuno te lo spieghi ancora?”
“Eravate voi?!?!?!?!”
Lo stupore di Clelia è autentico; il commento è di Sandro
“Adesso, vattene a casa del tuo amante: lo hai definito così, no?; e restaci; non tornare mai più, a casa mia, per nessun motivo.”
Difficile, arginare il suo pianto … come quello di un coccodrillo, d’altronde …
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Tradimenti