Gli scioperi a scuola venivano sempre come un’autentica manna e ci davano l’occasione per ‘sbarellare’ per un’intera mattinata senza obblighi.
Cosa significassero politicamente e culturalmente, ci interessava abbastanza poco: l’importante era saltare noiosissime lezioni, sia che si trattasse della tutela dell’Amazzonia che della lotta contro il femminicidio o contro la sperequazione tra i sessi: non che fossimo completamene avulse o insensibili alla realtà; ma certamente non era il nostro primo obiettivo, approfondire i temi di impegno o di lotta dello sciopero in atto.
E purtroppo neanche sapere tutto sul maschilismo e sulle vittime della violenza mi sarebbe servito a molto, la sera che un imbecille, nei bagni della discoteca, mi prese a tradimento e mi violentò: l’atmosfera era quella giusta, di eccitazione all’estremo per un misto di alcool, musica, provocazione e disponibilità (per me, entro limiti, per lui, incontrollata) che indussero me ad appartarmi con lui in bagno e a permettergli di mettermi le mani dappertutto, e fecero sentire lui autorizzato a penetrarmi, incurante del dolore che provocò la deflorazione a tradimento, delle mie urla per frenarlo e di qualunque logica razionale; mi trovai di fronte ad un piccolo spaccone che dichiarava di avere fatto solo quel che doveva e che adesso erano fatti miei.
Fortunatamente ero abbastanza adulta da andare al consultorio, farmi prescrivere la pillola del giorno dopo e quella anticoncezionale, considerato che ormai era il caso di volgere una disgrazia in opportunità e cominciare a fare sesso per desiderio e senza preoccupazioni; restava la rabbia per una ‘sberla’ irrimediabile da un cretino patentato, con gli sberleffi della sua ragazza quasi felice di sapere che mi aveva stuprato.
La frequenza dell’Università non mi portò molti vantaggi di raziocinio, dopo quell’episodio, e mi trovai ancora qualche volta ad essere vittima di aggressioni sessuali da parte di maschietti prepotenti e presuntuosi, al punto che dovetti frequentare corsi di autodifesa e arrivare a mandarne qualcuno all’ospedale, quando proprio non accettavano di fermarsi al momento giusto.
L’unica lezione che mi venne da quelle esperienze fu la possibilità di far fruttare le ‘prorompenze’ del mio corpo e decidere di avviare una bella attività di ‘escort’, per lo meno per guadagnarci: non ne avevo bisogno, perché i miei mi foraggiavano senza limitazioni; ma mi attraeva l’idea di gestirmi i maschietti come mi pareva e piaceva, senza impegnare né sentimenti né valori civili: così, per il gusto di folleggiare.
Ne parlai alla segretaria dell’azienda di mio padre, da sempre mia fedele consulente, che mi spiegò che da tempo lei doveva rivolgersi ad una ‘madama Dorè’ che gestiva un servizio di escort del quale lei ormai conosceva tutti i meccanismi e che avrebbe potuto avviare anche lei, se ne avesse avuto i materiali, primi fra tutti i soldi; chiesi spiegazioni e mi disse che si trattava di un servizio di accompagnamento a personalità di rango in visita a strutture produttive, anche alla nostra azienda, e che talvolta quel servizio si dilatava fino alle prestazioni sessuali in hotel convenzionati all’uopo o in appartamenti ad hoc che si potevano affittare in zona.
Le ragazze che venivano impegnate per l’attività erano spesso studentesse che con quei guadagni integravano le sovvenzioni familiari per spese voluttuarie; il guadagno poteva essere anche assai alto se si verificavano a stretto giro più occasioni favorevoli o se i personaggi erano particolarmente facoltosi e disponibili; il rischio era minimo e la garanzia poteva essere fornita utilizzando, in nero, il personale di vigilanza dell’azienda, quando era fuori servizio.
Parlai della cosa ad alcune ‘compagne di bagordi’ che conoscevo assai determinate, desiderose di trasgressione e disposte a giocare al limite per permettersi una borsa firmata in più; l’idea di qualche serata ‘particolare’, non escluso il coinvolgimento sessuale, metteva un po’ di peperoncino alla proposta e decidemmo di fare almeno una prova iniziale a costo zero.
Guendalina, la segretaria e mia amica, prese appunti, organizzò per benino e ci fece sapere che per il fine settimana seguente, una delegazione americana sarebbe stata in azienda; che per la loro ospitalità era stato previsto un badget notevole e che lei aveva già preso accordi con il solito hotel per garantire il ‘servizio extra’ senza la mediazione della solita ‘madama Dorè’; io e tre compagne di corso ci rendemmo libere per il week end e dichiarammo di partire insieme per una visita ad una città d’arte.
Il venerdì pomeriggio, quando gli americani arrivarono, alla cena in hotel trovarono le quattro accompagnatrici che riscossero, naturalmente, il loro entusiasmo: tutte e quattro in grado di parlare fluentemente la loro lingua, fummo semplicemente perfette come accompagnatrici ‘ufficiali’ dell’azienda; al momento di salutarsi, dopo cena, scattò il meccanismo che vedeva, da una parte, gli ospiti insistere per il ‘bicchiere della staffa in camera’, e le ‘magnifiche quattro’ fermamente decise ad andare via a meno che …
L’accordo fu trovato sulla base di mille euro ciascuna per il soggiorno comprese due notti in albergo: naturalmente, facemmo qualche resistenza più formale che sostanziale ed infine mi trovai con un uno di mezza età, preda facile per una mangiatrice di uomini come me, mentre le altre si prendevano gli altri tre un poco più giovani.
Non fu una notte da sballo né da grandissime emozioni: il jet lag, in primis, l’età, determinante, il vino bevuto avevano già messo alle corde i nostri partners: per quel che riguardava il mio compagno, riuscì a malapena a penetrarmi una volta con una verga di media portata, che presi senza patemi; mi montò per una mezz’oretta e, dopo una lunga eiaculazione, crollò addormentato, lasciandomi la facoltà di lavarmi, di indossare il mio pigiamino e di mettermi a letto con molta disinvoltura.
Quando si svegliò, nella tarda mattinata, non ebbi nemmeno il tempo di concludere la fellatio che gli avevo proposto: dovette aggregarsi agli altri e uscire per le visite previste agli impianti industriali che erano venuti a visionare: in quel caso, Guendalina faceva da accompagnatrice e cicerone, mentre noi ci dedicavamo alla riflessione sul progetto e alle possibilità di ampliarlo e perfezionarlo; per il pranzo, tornarono in albergo e fu decisa una visita a monumenti naturalistici dei dintorni dove ci recammo subito dopo; cenammo in hotel e ci ritrovammo ciascuna nella camera del personaggio prescelto.
Poiché avevamo avuto il buonsenso di far girare molto vino a cena, anche la seconda notte non fu molto impegnativa sul piano sessuale e, dopo un’oretta di abili manovre, riuscii a ‘stendere’ il mio partner che crollò addormentato.
La mattina della domenica, però, poiché nel pomeriggio partivano, gli diedi spazio per una lunga e densa seduta di sesso, in parte anche per mia personale soddisfazione, perché un poco mi vergognavo di prendere tanti soldi, dall’azienda e dai singoli, per fare solo quello che avrei fatto gratis standomene in discoteca.
Svegliai il mio partner succhiandogli la verga in una fellatio che probabilmente avrà ricordato fino alla fine dei suoi giorni; mi interrompevo di tanto in tanto per evitare l’eiaculazione e per riprendere da capo; non gli consentii neanche di concludere e, quando lo vidi ritto al massimo della potenza, mi ci accoccolai sopra facendomi penetrare in vagina fino al limite estremo, quando la punta mi colpì con violenza il collo dell’utero; lo cavalcai a lungo attivando i muscoli vaginali per provocargli il massimo della sollecitazione: gemeva, si dimenava e atteggiava il volto a smorfie di dolore, anche se era piacere allo stato puro; provocai fino allo spasimo le reazioni di tutto il suo apparato sessuale finché, anch’io stanca, lo lasciai esplodere in una eiaculazione che sembrava non finire mai; si accasciò sul letto, sfinito, ed ebbi timore che stesse male; fece cenno di non preoccuparmi, mi prese accanto a sé. mi abbracciò stretta e mi sussurrò.
“Mai fatto tanto amore, con tanta gioia e con tanto entusiasmo. Grazie.”
Lo lasciai riposare fino a mezzogiorno, poi scendemmo per il pranzo; subito dopo, decisero che era il caso di prepararsi per il viaggio e ci salutammo.
A conti fatti, tra quanto incassato direttamente e quanto ci competeva dall’azienda per il badget di accoglienza, riuscimmo a ricavare circa millecinquecento euro a testa; le tre che mi avevano spalleggiato dichiararono immediatamente la disponibilità a lavorare in quel modo; Guendalina ci raffreddò gli entusiasmi osservando che occasioni come quelle erano più uniche che rare, ma anche che la nostra bellezza era una forma di garanzia per il successo; su un altro versante, osservò che l’iniziativa non solo ci aveva fatto collaudare un modo di lavorare, ma aveva anche aiutato a costituire un fondo iniziale per pensare a strutture più importanti.
Cominciò così a formarsi una vera azienda, la ‘maghe e streghe’ con la quale Guendalina avviò un’intensa attività di ospitalità ‘totale’ per la quale mobilitò i responsabili di tutte le aziende della regione per guide, accompagnatrici e ‘consolatrici’ a tutti i livelli; potenziò accordi e rapporti con alberghi e case disponibili: ormai poteva inventarsi perfino grandi feste con escort e visitatori da tutto il mondo che facevano affluire da ogni parte soldi nelle casse comuni che diventavano sempre più importanti; lei lasciò il posto alle dipendenze, non più di mio padre, ma mie, visto che mio padre aveva deciso di rifugiarsi, con mia madre, in un’isola dei mari del sud lasciando a me la direzione del vasto impero che aveva costruito intorno alla sua azienda.
Molta parte della mia indipendenza si perse quindi nelle pieghe di quell’attività che risultò più feroce di quanto mi aspettassi e, per ritagliarmi qualche spazio di libertà vera, ero costretta di tanto in tanto a propormi anch’io in quell’attività parallela, gestita formalmente da Guendalina, ma effettualmente di mia proprietà, che era l’offerta di escort: spesso, per lasciarmi andare, mi travestivo e partecipavo come accompagnatrice, specialmente quando tra i visitatori ospitati figurava qualche bel ragazzo che mi intrigava; allora era anche dolce passare un fine settimana in albergo a fare sesso di qualità con uno sconosciuto.
Per le iniziative ‘ufficiali’ avevo una validissima collaboratrice, Valeria una mia vecchia compagna fin dall’infanzia, che aveva in pratica preso il posto di Guendalina ma che, rispetto all’altra, aveva maggiore facoltà di operare in mio nome e per mio conto con ampio potere d’iniziativa; tra le altre cose, in pochi mesi era arrivata all’acquisizione di alcune aziende in crisi e le aveva accorpate, tirandole su dalla bancarotta alla piena efficienza: odiavo gli aggravi di impegno, ma le iniziative erano così interessanti che ci facevano puntare addosso gli occhi di tutti, stimolando il mio naturale narcisismo anche professionale.
In visita ad una di queste realtà operative di recente salvate, mentre incontravamo - dirigenti e sindacati - le maestranze che erano a rischio di mobilità, reale anticamera del licenziamento, Valeria si soffermò a parlare un una operaia che mostrò di conoscere; l’altra più volte guardò verso di me con aria tra il preoccupato e il dubbioso; quando finì l’incontro, Valeria mi chiese se avessi riconosciuto l’operaia; risposi di no; mi invitò a guardare un operaio più defilato e finalmente mi si squarciò la verità: era esattamente l’imbecille della discoteca; la rabbia antica mi balzò alla testa immediatamente e probabilmente avvampai come una torcia; subito dopo, mi venne in mente che l’altra era la sua ragazza che tanto aveva sghignazzato.
Chiesi a Valeria di consigliarmi sul modo di comportarmi.
Mi fece presente che i due si erano sposati, che avevano una caterva di figli (quattro, pare), che erano tra quelli a massimo rischio in caso di ristrutturazione e che per loro non c’erano complessivamente buone prospettive; la donna aveva tenuto un tono molto lacrimoso, mentre il maschio perseverava nell’arroganza.
Prima che potessi commentare, dovetti rispondere al telefono: era Guendalina che voleva sottopormi un problema spinoso e mi chiedeva dove raggiungermi; glielo dissi e dopo cinque minuti era con noi e mi spiegò che per un gruppo di ospiti avrebbe dovuto preparare un’accoglienza particolare, perché esigevano donne disposte a farsi possedere in presenza del marito (o fidanzato o compagno di qualsiasi natura), insomma di cornuti contenti o cuckold.
Dissi a Valeria di far venire l’operaia arrogante; quando mi fu davanti cercò di profondersi in inutili scuse; la zittii immediatamente e le feci osservare che si erano ridotti abbastanza male, per essere arroganti come erano stati con me, che erano sull’orlo del licenziamento e che dipendeva solo da loro se volevano trovare una scappatoia; mi guardò con l’ansia di chi si attacca ad una speranza.
“Si tratta di prostituirti, ma in una maniera elegante e produttiva.”
Sembrava indignata ma fortemente interessata: le spiegai che una struttura fornitrice di escort aveva bisogno di belle donne disposte a fare sesso (eventualmente mascherate e irriconoscibili) con personaggi occasionali avendo però a fianco compagni (amanti, mariti,fidanzati o altro) che fossero cuckold disposti a ripulire, con la lingua, i clienti e le loro partner dopo ogni amplesso; se lei ed altre tre operaie nelle stesse situazioni erano disposte ad affrontare questo nuovo ruolo, le loro retribuzioni sarebbero state garantire dall’agenzia di escort (per non meno di 500 euro a notte per la coppia); le occasioni di ‘incontri particolari’ non sarebbe state molto frequenti: al massimo, un paio di volte al mese; la garanzia del posto per il resto del tempo sarebbe stata assicurata nell’azienda da un contratto fisso di addetti alla pulizia, per la quale attività esistevano pochi vincoli di legge.
Se lei e suo marito avessero accettato e se si trovavano altre tre operaie disposte, il progetto poteva partire e le salvava.
“Non sei molto tenera né generosa: in pratica, ci chiedi di fare le puttane.”
“A parte che ci guadagnereste quanto non potreste in altro modo; a parte che, se vi licenzio, finite sul marciapiede e non con le garanzie che vi sto offrendo io; a parte che dovreste ringraziarmi per lo meno perché faccio la proposta a voi, dopo quello che tu e tuo marito mi avete fatto; a parte tutto, sappi che io, che amo fare sesso senza fronzoli e senza rischi di una nidiata di figli, mi sono divertita con questa professione e ne ho ricavato denaro e piacere. Voi fate quello che vi detta la coscienza, ditemelo ora e che sia finita.”
Si consultò con il marito e vidi che interpellava anche altre operaie della stessa squadra; non tornò lei a parlare, ma una delle altre interpellate.
“Scusi, mi può chiarire i termini dell’intesa?”
“Una squadra di pulizia, quella che voi nominerete, resterà esclusa da qualunque nuova inquadratura dei dipendenti e sarà non licenziabile; in alcuni momenti, una o due volte al mese, sarà chiamata a fare un lavoro particolare remunerato a parte e lautamente: chi accetta l’accordo lo prende in toto, parte esplicita e parte implicita; chi non se la sente, resti in attesa della ristrutturazione: forse potrebbe anche rimanere al suo posto.”
Si girò verso le altre.
“Ragazze, io ci sto; so come funzionano queste cose e sono certa che starò meglio, a questa condizioni; mio marito si adegua o se ne va; per i vostri, vale la stessa cosa; decidete ognuna per sé ma non fate errori.”
Guendalina mi sussurrò in un orecchio che quattro coppie sarebbero state l’ideale, che con cinque ci scialavamo e con tre avremmo dovuto fare salti per coprire la richiesta; si presentarono in cinque e sia Valeria che Guendalina prepararono i contratti che fecero firmare; prima di congedarsi, l’arrogante mi venne vicino quasi per ringraziarmi.
“Lella mi ha spiegato che è una proposta d’oro, specialmente per gente come noi che non ha problemi ad affrontare il sesso: per questo, mi piacerebbe sapere perché ha fatto la proposta proprio a me che non dovrei esserle proprio simpatica.”
“Tu sei una donna e sarai costretta a schiavizzarti ai maschi che ti useranno per il loro perfido piacere; è assai peggio di quello che tu e tuo marito avete fatto a me: il presupposto fa capire chiaramente che avrai poco da divertirti con gente che vuole umiliare al tempo stesso te e tuo marito rendendolo schiavo del loro piacere; mi divertirò a guardarti mentre ti sbattono con lo stesso cinismo con cui tu guardavi il tuo ragazzo che mi violentava; ma mi divertirò molto di più a vedere tuo marito fare il cornuto contento e leccare sperma dalla tua vagina e dal membro di chi ti avrà posseduto. Niente può essere più dolce che guardare l’umiliazione di un imbecille arrogante: non so come siano gli altri mariti, ma la tua collega ha lasciato capire che almeno alcuni saranno anche felici; lui invece so che soffrirà; e comincio a godere fin da adesso. Buon lavoro a tutti e due, in tutti i sensi.”
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