Giò era felice. Amava correre tra i campi accompagnata dal volo delle farfalle e il frinire dei grilli. Nel suo vestito viola a fiori bianchi, le sue scarpette alla Dorothy, il cappello di mamma calcato sulla testa, saltava e cantava senza pensieri per la testa.
Aveva preso la strada che costeggia il canale, per poi inoltrarsi per un sentiero più stretto che passava tra risaie e campi di granturco.
Uscita da una fila di mais, mise un piede in fallo e rovinò catastroficamente a terra, sporcandosi il bel vestito di fango ed erba “Oh, miseriaccia!” esclamò tirandosi su e contemplando i vestiti sporchi “E adesso” Benché avesse superato di qualche anno l’età dell’adolescenza, Giò possedeva una voce sottile da bambina capricciosa. Sembrava sempre una bimba in procinto di fare un capriccio e pestare i piedi. Una versione moderna di Pippi Calzelunghe
Si guardò rapidamente intorno e notò una casetta in pietra, al limitare di un filare d’uva. Non era inusuale trovare dell’uva anche i pianura. E non era inusuale imbattersi in quel tipo di casette tra i campi, retaggi d’epoca di quando i contadini, andando per campi, riposavano lì, con i loro attrezzi da lavoro, coltivando piccoli orti, rimanendo in tranquillità con la pace della campagna.
Giò s’incamminò verso la casetta di pietra. Zoppicando, sfiorò le viti appena mature e ne saggiò qualche chicco. Decise che, se ne avesse preso un grappolo e portato a casa, nessuno se ne sarebbe accorto.
C’era un filo di ferro appeso ad un chiodo arrugginito, teso fino ad un paletto di legno. Giò, guardandosi rapidamente in giro, si levò i vestiti, rimanendo nuda al sole del pomeriggio e li stese ad asciugare dopo avergli dato una strigliata con dell’acqua, trovata lì in un bacile di acqua piovana.
Fece due passi all’indietro a contemplare i vestiti e rimase ferma, occhi chiusi, ad assaporare quel momento in cui il sole le accarezzava la pelle e un vento debole strisciava sul suo corpo, facendola eccitare.
Sapersi lì, nuda, in mezzo alla campagna, senza che nessuno se ne accorgesse: “Miao” Giò sussultò. Un grosso gatto arancione sbucò dalla porticina della casetta e le andò a strusciare sulle gambe
“Ciao micio” si chinò ad accarezzarlo” e tu da dove sbuchi?”
Poi sentì un gemito, forse umano, che proveniva dalla porticina aperta. Cautamente si avvicinò, incerta se proseguire o meno. Il mugugno si ripeté.
Allora Giò, incurante delle sue nudità, poggiò la mano sulla porticina e spinse, sbirciando. Dentro, un ambiente di tre metri per tre. Attrezzi agricoli, un tavolo, una sedia e una brandina sotto una finestrella. Un giovane uomo era seduto su di essa, le braghe calate fino alle caviglie. Aveva in mano delle mutandine femminile, che lui annusava estasiato e, la mano destra, era dentro dei boxer dove s’intuiva una chiara erezione
Si accorse della presenza di Giò e rimase paralizzato, incapace di proferire parola, l’imbarazzo che lo pietrificava e un O di stupore dipinto sul volto.
Giò non fece una piega, non si curò nemmeno di coprirsi. A quell’uomo non pareva vero di avere una ragazza nuda davanti a sé. E a lei non pareva vero di avere scoperto questo giovane uomo che si masturbava annusando mutandine.
Con noncuranza, Giò entrò nella stanza, fronteggiando l’uomo ancora congelato dallo stupore. “Ti conviene chiuderla quella bocca, o ti entrerà qualche mosca” sorrise “Ho interrotto qualcosa?”
“Io.. Io.. Ma sei vera?” balbettò lui sospettoso
“Certo che sì. Puoi toccare con mano” rise maliziosa
“Ma, se una bambina”
“No, ho 23 anni. La voce mi tradisce”
“Perché sei nuda?Cosa ci fai qui?”
“Passeggio sempre in questi campi ma, non mi sono mai spostata in questa direzione. Sono inciampata e sono caduta in una pozzanghera. Ho visto questa casetta e mi sono tolta i vestiti. Sono qui fuori ad asciugare. Piuttosto tu, che ci fai qui?”
Lui, estrasse la mano dai boxer e sventolò la mutandina in aria “Io, mi sento in imbarazzo”
“Hai me nuda davanti e ti senti in imbarazzo per quelle mutandine?” rise
“Sono di mia sorella Adelia” arrossì e chinò il capo “Lei ha compiuto da poco 18 anni e io.. Io..”
“E tu non la vedi non come una sorella” Giò si andò a sedere vicino al giovane. Che arrossì, ma non si spostò “Sei innamorato di tua sorella?”
“Sì, so che è sbagliato. Ma… Mi fa impazzire averla davanti e….” lo sguardo di lui si bloccò’ sulle piccole ma invitanti tette di Giò e scese fino al pube rasato “Come te a desso”
Giò rise e disse “Io sono qui, se vuoi far pratica”
“davvero posso?”
“Metti via quelle mutandine e rilassati” disse Gio’ sporgendosi verso di lui e baciandolo
Lui assecondò il bacio e l’afferrò saldamente, le mani che andavano al seno, ai fianchi , alla vagina. Lei si scostò e gli liberò le braghe. Poi i boxer furono tolti, lasciando libera la sua erezione. Sorrise famelica, afferrando l’asta e affondando la bocca sul glande. Succhiò con forza e gusto. Lui emise un gemito prolungato.
Ma non aspettò che venisse. Si alzò lesta e si mise cavalcioni sulle sue ginocchia, impalandosi sul pene eretto. Si aggrappò alle spalle per tenersi ben salda e cominciò a muovere i fianchi come una danzatrice del ventre esperta.. Lui le strizzò le tette e assaggiò i suoi capezzoli grandi come bottoni. Lei aumentò la danza, lui avvertì un forte dolore. Alla fine, l’orgasmo li colse e lei sfiancò su di lui, lasciando che i loro liquidi si mescolassero e cadessero a terra: “Meglio delle mutandine, vero?” disse lei
“Già. Non è che saresti disponibile per altre.. escursioni campestri?”
“Sì, potrei”
“Non mi hai detto come ti chiami”
“Giò è il mio nome. Giovanna Malvasi”
“Mi è famigliare”
“Certo che sì, Carlo Zaccheri” rise lei e allo stupore di lui aggiunse “Ti ho sempre ammirato da lontano. Ti vedevo spesso che partivi per i campi. Ti ho visto spesso a torso nudo. E mi facevo film mentali su come doveva essere amarti”
“Uh, la piccola Giò. Avevi l’apparecchio per i denti, gli occhiali da miope ed eri più, in carne”
“Questo è stato quando ero una bambina”
“Ora sei un’adulta, grande fica” rise lui
“Sì e io ho realizzato il mio sogno di adolescente” abbassò la mano sul suo sesso ancora umido e prese a masturbarlo “Credo che tu non abbia più bisogno di annusare le mutandine di Adelia”
“No, decisamente no”
E rimasero così, fino all’imbrunire, facendo sesso ancora una volta. Si lasciarono con la promessa che si sarebbero rivisti ancora lì, in quella casetta tra i campi, a fare all’amore, a godere gli uni e degli altri “E quando giungerà l’inverno?”
“Casa mia ha spazio” rispose Giò “E vivo sola da molto tempo”
=FINE=
((dalla saga di Giò))
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Aggiunto: 4 anni fa
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Etero
«La dolcezza del sesso»
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