Lascio passare alcune settimane senza chiamare Antonio: mi capita anche di incontrarlo, in panetteria o dal fruttivendolo, ma mi limito a saluti amichevoli che non facciano trapelare niente di quel che è successo tra noi e di quel che forse ambedue vorremmo che ancora succedesse; finché è lo stesso Mario a suggerirmi di non far raffreddare l’entusiasmo, se intendo continuare a godermi il piacere del sesso in sicurezza ed armonia; quindi lo chiamo quasi solo per fare un saluto, ma, visto che non è uno sciocco, mi chiede se una sera voglio andare con lui a cena in un bel posto, per esempio sul mare: dico di si, a patto che ci si impegni a rientrare entro la mezzanotte per non passare una notte fuori casa; ci accordiamo per il sabato successivo e stabiliamo che passo a prenderlo con la mia macchina,
Indosso un vestito simile a quello del cinema, decisamente corto per mettere in luce le mie bellissime gambe, facile da aprirsi per accedere al ventre o al seno, piuttosto elegante e non molto leggero perché l’aria è ancora fredda; sopra, indosso un cappotto che tolgo entrando in macchina; Antonio è vestito un po’ più disinvoltamente: un elegante spezzato su una camicia aperta senza cravatta rappresenta quasi una novità, come il soprabito sportivo che sostituisce il cappotto solito; lo poggia sul sedile posteriore, insieme al mio cappotto, e si accomoda sul sedile del passeggero: naturalmente, non manca di osservare con lussuria e desiderio le mie cosce scoperte e di fare una smorfia di grande apprezzamento; gli chiedo dove pensa di andare e mi avverte che ha prenotato in un ristorante sul mare, per cui c’è da fare un po’ di strada; metto il navigatore e imbocco l’autostrada; mentre viaggio a velocità sostenuta, sento la sua mano che dal ginocchio scivola verso il ventre; lo avverto che è rischioso, sposto la sua mano e poggio la mia sul suo inguine.
“Questo non è pericoloso?”
“No; così io mantengo la lucidità perché non ho sbalzi da eccitazione o, peggio, da orgasmo; se devo fare una brusca manovra, riprendo immediatamente l’uso delle mani per la guida; se mi accarezzi tu e mi prende un brivido di piacere, rischio di perdere il controllo.”
“Hai mai praticato una fellatio al tuo compagno mentre lui guidava?”
“No, mai!”
“Peccato! E’ un’emozione irripetibile, per lui e per te; ed è una cosa non difficile da realizzare: basta solo che lui mantenga il controllo dei nervi anche quando si esalta nella passione o arriva ad eiaculare; invece è difficile praticare a una donna il cunnilinguo mentre guida, si può solo masturbarla.”
“No, grazie; preferisco mantenere il controllo della guida! D’altronde, non mi pare che tu sia un esempio di controllo quando eiaculi!”
Ridiamo, io riprendo ad accarezzargli il membro da sopra i pantaloni e lo sento gonfiarsi: avrei voglia di sentirlo vivo nella mano e credo che anche a lui piacerebbe sentirsi toccato: con mille acrobazie, preleva il soprabito dal sedile posteriore e se lo appoggia ripiegato sulle cosce, sento la zip che scorre e, dopo un poco, l’asta vibra tra le mie mani, calda, lussuriosa: comincio a masturbarlo delicatamente e lentamente, vedo che si torce molto ed è sfigurato da mille smorfie, geme come soffrisse e mi prega di smettere perché rischia di eiaculare immediatamente; lo guardo sorridendo ironica per le affermazioni sul controllo in caso di eccitazione sessuale, freno il movimento su e giù della mano e mi limito a ‘sentire’ il membro vibrare e fremere di piacere; mille desideri si accavallano: sentire lo sperma sprizzare dall’asta e bagnarmi il seno; piegare il busto e accostare le labbra al sesso per risucchiarlo dentro la bocca fino a farlo sprizzare contro il palato; montare su di lui e farmi riempire di colpo da quel membro così possente; per fortuna, stiamo per arrivare e devo rinunciare ad ogni velleità.
Parcheggio nei pressi della porta principale e Antonio va a chiedere della prenotazione; lo avvertono che è tutto in ordine, ma che la cena è prevista per le nove, tra più di un’ora; quando torna all’auto, mi suggerisce di spostarmi in un parcheggio più avanti, che d’estate è funzionale al lido ma d’inverno è vuoto; vado a piazzarmi nell’angolo più lontano dalla strada e più riparato da alcuni alberi che lo circondano: ormai è chiaro che vogliamo tutti e due fare sesso; non appena ho spento il motore, sento la sua mano che si infila sotto la gonna, sposta lo slip di lato e mi penetra con un dito direttamente in vulva; apro la zip e tiro fuori di nuovo il suo membro, stavolta ammirando lo splendore quel pene lungo, largo e leggermente curvo, dal quale mi attendo piacere infinito; ci masturbiamo a vicenda per qualche minuto, poi ci decidiamo a baciarci; la sua lingua saetta nella mia bocca e mi percorre ogni anfratto, sento che la salivazione cresce col piacere e che lo scambio di liquidi non fa che esaltare la nostra eccitazione; al limite della lussuria, mi piego sul suo ventre e appoggio le labbra sull’asta: la saliva accumulata nel bacio facilita lo scivolamento del membro che percorre il palato ed arriva al velopendulo provocandomi un leggero rigurgito: lecco la mazza per tutta la lunghezza e, giunta alla cima, la faccio sprofondare in gola, succhio con forza un paio di volte e lo sperma mi esplode in gola all’improvviso, imprevisto e inatteso.
“Diamine! E’ la seconda volta che succede! Mi sei debitore di almeno due grossi orgasmi. Ma non riesci proprio a fermarti?”
“Scusami; non lo so; non capisco; non mi era mai successo. Forse mi piaci troppo e non mi trattengo.”
Ribalta lo schienale del mio sedile e mi obbliga a sdraiarmi; con incredibili acrobazie, mi scopre il basso ventre, sposta lo slip e aggredisce con la bocca il mio sesso, avviando un cunnilinguo molto laborioso e difficile per la posizione, ma di efficacia sicura, perché sento vampate di calore partirmi dall’inguine e colpire il cervello, agitandomi in decine di brividi, scosse e contorcimenti; intanto, con una mano è riuscito a raggiungere un mio capezzolo e lo manipola con sapienza aggiungendo brividi di piacere che si sommano a quelli provenienti dalla vagina: nel giro di pochi minuti, sento il ventre che quasi mi si squarcia per il piacere e lascia erompere da dentro la lava di un vulcano che mi spezza il fiato e mi scatena un urlo ferino che per fortuna la solitudine del posto non lascia sentire a nessuno: forse in questo momento accetterei anche che mi penetrasse violentemente in vagina; ma l’orgasmo troppo rapido che ha avuto mi suggerisce di non azzardare un’altra delusione; lascio che sia lui a decidere; intanto, mi tiene una mano a cucchiaio sul basso ventre e, in quel modo, sento che si scarica dolcemente tutta la tensione del mio recente orgasmo.
Subito dopo, uno sguardo all’orologio indica che è il caso di andare al ristorante (io ne farei a meno, a questo punto!); ci riassestiamo gli abiti, io cerco di ravvivare un poco il trucco e ci avviamo: la prima cosa che faccio, è andare in bagno per fare pipì, per cambiarmi lo slip ormai zuppo (per fortuna, ne avevo portato di scorta), e per assestare bene gli abiti; poi torno in sala dove comincia il cerimoniale della cena che, per la verità, è decisamente buona, a base di pesce e innaffiata da un vinello rispetto al quale sono costretta a tenermi molto cauta, dovendo guidare; per tutta la cena cerco di evitare in ogni modo atteggiamenti troppo passionali tipici degli innamoramenti o dei grandi amori: mi ripeto che Antonio è per me solo un organo sessuale che deve sostituire quello impotente del mio unico amore Mario e sono costretta più volte a farlo presente a lui che spesso si compenetra troppo nella parte e scivola verso un languore assolutamente fuori posto.
Alla fine, decido di attaccarlo direttamente per porre fine a molti equivoci.
“Antonio, per caso, hai o hai avuto problemi di eiaculazione precoce? Noi abbiamo avuto due occasioni e mezza di fare sesso e tutte le volte hai avuto orgasmi imprevedibili, improvvisi e precoci. Hai per caso il problema dell’eiaculatio precox?”
“Forse si, ma avevamo sempre ovviato con masturbazioni preventive e con meccanismi di interruzione.”
“Per la miseria, tu sei un folle! Ti avevo detto con chiarezza che non avevo bisogno di amore perché quello me lo assicura il mio compagno; ti avevo anche avvisato che i meccanismi di stimolazione sono quotidianamente alla nostra portata: Mario è un artista con la bocca, con le mani e con qualche giocattolo. Io ti avevo chiesto e volevo un membro duro, forte, maschio, capace di reggere anche un tempo assai lungo in un amplesso: per quello soltanto sono disposta a fare sesso con un uomo che non sia il mio grande amore; tu mi vieni a raccontare solo all’ultimo momento, e dopo che abbiamo fatto ampiamente sesso, che soffri di eiaculazione precoce e che non puoi garantirmi che pochi secondi di tenuta? Ma vai al diavolo. Torniamo immediatamente indietro e cerca di sparire dalla mia vita tu e la tua inutile velocità!”
“Aspetta, non precipitare le cose, devo spiegarti, prima. Io non sono il maschio che tu pensi: da sempre sono stato dominato da Nicoletta; tutti i miei movimenti, tutte le mie emozioni erano decisi e controllati dalla mia ‘padrona’ che non lo faceva solo con me ma con tutti quelli che incontrava per fare sesso; aveva un carisma eccezionale ed era capace in una serata di mettere ai suoi piedi schiere di maschi. Da sempre sono condizionato a questo tipo di reazione: se tu mi ordinassi di eccitarmi al massimo, lo farei per riflesso condizionato, e se mi chiedessi di resistere all’infinito, lo farei; speravo, dopo la sua morte, di essermi liberato; ed invece ancora mi controlla da dentro. Addirittura, talvolta ti sento come lei e mi aspetto da te quello che lei mi imponeva. Riesco a spiegarmi? Mi dispiace che sia così, ma mi sono convinto che non sono ancora libero e, forse, non voglio esserlo.”
“Cioè, ti aspetti di passare dalla sua alla mia dominazione? Io non ho il suo carisma … “
“Ti sbagli: quando vuoi importi, sei perfetta e potresti essere tu a dettare tempi e modi dei rapporti. Non ti va di provarci?”
“Hai già pagato? … Allora usciamo, guidi tu e mi porti dove eravamo prima di cena … “
Esegue senza battere ciglio ed ho la prima conferma che è un dominato bisognoso di una ‘padrona’; gli consegno le chiavi della macchina e, mentre lui la sposta, mi sfilo lo slip, alzo la falda del vestito fin oltre la vita ed apro la scollatura tirando fuori una tetta; quando si ferma nello steso angolo di prima, abbatto lo schienale del sedile e gli ordino di venirmi addosso, di penetrarmi a fondo e di cavalcarmi fino a che lo implorerò di smettere; scopro un amante esattamente opposto a quello con cui ho fatto sesso prima di cena: abbassa insieme pantaloni e mutande, mi sale addosso, scava tra le grandi labbra con la punta della verga e, trovato l’accesso, mi penetra con violenza fino alla testa dell’utero, strappandomi un urlo di piacere; la sua asta si va gonfiando a mano a mano che entra in vagina e, mentre mi cavalca con passione, mi sento sempre più inondata da questo manganello di carne che mi manda ai pazzi con le reazioni successive di libidine e di orgasmo; mi prende le natiche fra le mani e accosta due dita all’ano.
“Ho voglia di metterlo nel tuo sedere; ti fai stuprare?”
“Nemmeno per sogno; per ora, togli le mani dal mio sedere, per te è ancora tabù; un giorno forse, se il tuo membro mi darà tanto piacere, ti consentirò di farlo entrare in tutti i miei fori, in tutto il mio corpo; per ora accontentati di farmi godere moltissimo in vagina e non smettere finché non mi sentirai svenire dal piacere.”
“Si, mia padrona: ti darò tutto l’amore che vuoi; non dovrai chiedere ad altri per raggiungere la felicità; voglio bastarti solo io, voglio darti tanto piacere che non avrai bisogno di nessun altro, dopo.”
Il quadro si fa più chiaro: la ‘dolce’ Nicoletta era in realtà un’autentica mangiatrice di uomini e, se lui non rispondeva adeguatamente, si cercava altri che la soddisfacessero; decido di sfruttare a mio vantaggio la cosa e comincio ad impartirgli ordini su cosa fare e come farlo, procurandomi piaceri incredibili, inauditi e nuovissimi per me, in qualche caso; quando, in un momento di sosta, mi consento di respirare senza orgasmi incalzanti, una rapida occhiata all’orologio mi avverte che è già quasi mezzanotte e devo tornare a casa; gli impongo di godere e di eiacularmi dentro: con pochi colpi, raggiunge un orgasmo enorme e ne scatena uno ancora più intenso a me che finisco quasi per perdere i sensi; quando mi riprendo, gli dico che dobbiamo tornare e che guiderà lui.
Mentre percorriamo l’autostrada a velocità controllata, gli apro il pantalone e gli impongo di stare attento alla guida mentre io gioco con il suo sesso: me lo ritrovo di nuovo in mano, ritto come un obelisco, pronto a darmi piacere; infilo la testa tra lui e il volante e comincio a succhiare come un’idrovora: è pazzesco, quello che sto facendo; e ne avverto tutta la pericolosità; ma, paradossalmente, è proprio questo senso di precarietà a suggerirmi di incalzarlo con la fellatio in corsa: quando mi infilo due dita nella vulva, riesco a titillare solo leggermente il clitoride ed esplodo in un violento orgasmo accompagnato da un urlo che il suo membro piantato in gola riesce a malapena a soffocare; lui sta gemendo e soffrendo, forse vuole eiaculare: gli chiedo se se la sente di venire senza rischi, mi dice che ce la fa; gli chiedo di concludere in bocca ed esplode come un fiume in piena, soffocandomi quasi con la colata di sperma che mi entra direttamente in gola; la posizione rigida sui comandi mi dice che sta imponendosi il controllo dell’auto e che ci riesce benissimo; finisco di leccare la verga tutta quanta, ne raccolgo anche i minimi residui di sperma, poi abbandono l’asta e mi rilasso sullo schienale: è stato un amplesso meraviglioso e intendo ripetere l’esperienza: lo penso intensamente mentre dedico a Mario questo mio momento di estasi.
Tornata a casa, gli racconto per filo e per segno i particolari della serata e sento Mario che si eccita progressivamente di più ad ascoltare i particolari; mi dice che è abbastanza normale che si stabilisca in una coppia un rapporto di dominazione: con sottile cattiveria mi fa notare che anche tra noi qualcosa di simile succede, considerando la soggezione che io manifesto nei suoi confronti; lo picchio affettuosamente con una serie di pugni sul petto: so che è vero, ne sono contenta e mi convinco che posso usare a mio vantaggio quella debolezza di Antonio; mi basta solo entrare nei panni della ‘sua’ Nicoletta e usarne gli strumenti; Mario è d’accodo e anzi, suggerisce che, quando lo faremo a tre, forse sarà lui a dettare modi e tempi, vista la sua capacità di controllo su di me e, indirettamente, anche sul mio provvisorio amante; decidiamo di invitarlo a pranzo per avviare un rapporto un poco più coinvolgente e totale che ci possa consentire una nuova stagione di amore e di sesso.
Lasciamo passare un paio di settimane, nel corso delle quali incontro solo una volta Antonio ma lo guardo come fosse trasparente, con suo enorme rammarico, che non nasconde; poi, come ormai è mia abitudine, lo chiamo per salutarlo e gli chiedo se la domenica successiva è disposto a venire a pranzo da noi: è decisamente sorpreso e, in qualche modo, incerto, ma di fronte alla possibilità di tornare in sintonia con me, non esita ad accettare; mi chiede solo se ci sarebbe stato anche Mario (per la verità, lo indica come ‘il mio grande amore’, facendomi un po’ sorridere); gli dico di si e gli assicuro, per l’ennesima volta, che lui sa tutto di me, di noi, di quello che abbiamo fatto e anche di quello che forse intendiamo fare; ricordandomi della sua debolezza, cambio tono e gli impongo di fare poche storie: deve venire, senza se e senza ma; accetta immediatamente.
Passo la mattinata a spignattare, anche perché, quando il lavoro me lo consente, mi piace stare in cucina a sperimentare ricette, a preparare pranzi deliziosi solo per noi due (raramente riceviamo visite o invitiamo a pranzo amici); sicché, mi risulta anche gradevole cercare di propormi al meglio anche come donna di casa; Antonio arriva nel suo solito completo grigio impeccabile; gli apro la porta, lo accolgo con un bacio sulle labbra, spiazzandolo un poco, prendo i fiori e la bottiglia che ha portato, recupero il cappotto e l’appendo all’attaccapanni, mentre avverto Mario che l’ospite è arrivato: il mio amore arriva con il sorriso più largo che si può immaginare, lo saluta cordialmente e cameratescamente lo guida verso la tavola già imbandita dove tre bicchieri sono già pronti per il vino di benvenuto: beviamo insieme, brindando alla nostra gioia di vivere; prendiamo poi posto alla tavola e servo il pranzo; si chiacchiera amenamente, soprattutto tra una portata e l’altra, e Mario è bravissimo a condurre il dialogo sui temi cari all’ospite, dal suo lavoro alla vita quotidiana; ogni tanto avverto sguardi strani del mio compagno e non riesco a capacitarmene; Antonio chiede del bagno e Mario quasi mi aggredisce.
“Ma, porca miseria … perché l’hai invitato? .. per fare sesso, no? … e allora quando ti decidi a farglielo capire, ad allungare una mano, ad obbligarlo a toccarti intimamente? Credi che qualcuno lo farà per te?”
Lo maledico, ma solo perché ha ragione; mi avvicino alla porta del bagno e chiedo, da fuori, ad Antonio se ha bisogno di qualcosa; mi risponde impacciato che non sa; chiedo se posso entrare e lo faccio prima che mi risponda: lo trovo in piedi davanti al water col membro eretto al massimo, che se lo mena in una strana, cauta, masturbazione.
“Che diavolo combini? Perché ti stai masturbando? … Potevi chiedere a me, se avevi voglia di un piccolo aperitivo: tutti e tre sappiamo perfettamente che ti ho invitato per fare sesso con te; è assurdo che ti nascondi in bagno per masturbarti. Anzi, sai che facciamo? ci spogliamo, ci mettiamo in accappatoio e andiamo a tavola: così, se ti prende la voglia di una cavalcata, ce la consentiamo anche durante il pranzo; ma ti prego di non nasconderti dietro la timidezza, non ce n’è bisogno; Mario è completamene d’accordo con me e te ne accorgerai.”
Si lascia convincere, ci spogliamo, indossiamo gli accappatoi e torniamo a tavola; Mario sorride sornione e ci suggerisce di spostare le nostre sedie sul lato lungo della tavola per essere vicini e carezzarci quando vogliamo; da quel momento, è chiaro che è lui a prendere le redini della situazione e a dirigere anche i nostri approcci; mi rendo conto che è quello che ha sempre fatto con me e, se da un lato mi fa rabbia vederlo dominatore, dall’altro mi sento felice di avere una guida così accorta; mi accosto ad Antonio e lo bacio appassionatamente, mentre la mano scivola nell’accappatoio e afferra il suo membro ritto come un fuso: lo masturbo delicatamente per qualche minuto, poi lo faccio alzare e lo accompagno sul divano.
“Ti fermi qui o preferisci il letto in camera? … Posso restare o preferite che vi lasci soli?”
“Io preferisco stare qui e con te; tu, Antonio?”
“Quello che vuoi tu per me va benissimo: non ti turba guardare mentre faccio l’amore con la tua compagna?”
“E perché? Se potessi, lo farei io; visto che non posso, sono felice che lo faccia una persona delicata e ben fornita come te; piuttosto, ti disturberebbe, se amassi la mia compagna mentre tu la possiedi?”
“No, assolutamente, lo so che tra noi c’è solo libidine e passione, tra voi un grande amore; e stai certo che guardare il vostro amore sarà il più potente eccitante, per me.”
“Avete finito di fare cenacolo letterario? Antonio, ti voglio dentro, adesso, duro e grosso quanto puoi essere ed anche oltre; Mario, se vuoi dirmi e dimostrarmi il tuo amore, sono qui per te.”
Mi sono sdraiata sul divano a gambe divaricate e Antonio mi piomba addosso, gioca con le mani sul mio sesso, mi stimola un poco, accompagna la punta della verga all’ingresso e mi penetra con violenza fino all’utero; urlo a squarciagola (abitiamo una villetta isolata) e comincio a grondare dalla vulva; Mario mi viene alle spalle, si abbassa e mi bacia con intensità annegando la bocca nelle sue labbra e penetrandomi in bocca con la lingua come fosse un membro maschile che prendo a succhiare come in una strana fellatio; Antonio picchia con forza sul mio ventre, incoraggiato dalle mie sollecitazioni.
“Si, dentro, spingilo tutto dentro … fino in fondo … Mario, mi sento aprire tutta , che verga meravigliosa ha quest’uomo, sembra che mi apra tutta e mi fa godere tantissimo; perdonami, ma non sono mai stata posseduta tanto completamente, nemmeno da te, quando mi penetravi fino al cervello; tu mi riempivi cuore, sesso e cervello; lui mi prende tutto il sesso e mi sbalestra; mi sento impazzire dal piacere; Antonio, non venire subito, cavalcami tanto, fammi sentire la potenza della verga fin nello stomaco, fammi godere tanto, voglio avere tanti enormi orgasmi … ecco … sto venendo … Mario, ti amo, ti amo infinitamente, ma ti amo anche di più mentre Antonio mi fa godere, questi orgasmi sono tutti per voi … non credo di poter più fare a meno di voi, del tuo enorme amore e della tua meravigliosa verga. Adesso puoi anche eiaculare, se ti va, Antonio, io non credo di averne più, ho goduto tanto e voglio riposarmi.”
“Amore, ma il sederino ad Antonio lo hai fatto assaggiare?”
“No, non sono ancora sicura che la sua verga meriti il mio didietro; non mi ha fatto ancora godere quanto vorrei.”
“Non è possibile: se ti ha fatto godere tanto adesso, già meriterebbe il premio del tuo buchino; forse dovrete usare cautela, perché è da tanto che non pratichi quel percorso, ma è giusto che tu lo premi col fondoschiena d’oro che hai.”
“Lo avrà, ne sono certa, perché ha una mazza che adoro e che voglio sentire in tutte le pieghe del corpo; ma lo faremo quando sarà giusto.”
“Io credo che oggi sia il momento giusto. Tu adesso ti rilassi; se vuoi, ti aiutiamo a scaricarti, con le bocche, con le mani, con qualche gioco; ma poi ti prepariamo per benino e Antonio ti sfonda il sederino con la sua mazza meravigliosa; e, se lo vorrai, mentre lui ti sfonda, io starò a succhiarti il clitoride così avrai un doppio orgasmo un doppio godimento e uno stupro assolutamente indimenticabile.”
“Sei un maledetto stregone: mi hai già instillato la voglia di prenderlo dietro e vedo che Antonio si è già eccitato in maniera pericolosa. Lasciatemi riposare un poco, poi prendetevi il mio buchino come volete. Ti disturba se dico che in questo momento vi amo indifferentemente?”
“Assolutamente no, specialmente se si tratta di questo momento: io sono arcifelice che tu goda tanto e il merito è soprattutto della mazza di Antonio; per questo, è giusto che lui abbia tutto il piacere che merita: sono certo che il tuo sedere è stato al centro di molti suoi sogni ed è giusto che lo possegga, almeno una volta.”
“Gia! Peccato che dopo la prima venga la seconda e poi ancora e ancora … e il mio sederino sia sempre la vittima dello stupro.”
“ … e ci goda tanto!”
Ormai di finire il pranzo non interessa a nessuno; mi sposto in camera per riposare un poco sul letto in attesa dello stupro desiderato e atteso; i due fraternizzano davanti ad un cognac e si preparano a godere un rapporto triplo con partecipazione emotiva intensa e con ruoli ben definiti nei fatti: Mario non smette di apprezzare l’asta di Antonio che trova molto ben fatta ed esattamente opportuna per le mie esigenze; Antonio ammira la disinvoltura, la serenità e la logica stringata con cui Mario affronta un momento assai delicato della sua vita e del rapporto con me; entrambi sono felici di come le cose si stanno evolvendo ed aspettano con ansia la logica conclusione; Mario mi raggiunge per primo, mi colma di carezze, di baci, di coccole; mi chiede per l’ennesima volta se sono veramente contenta di offrire quest’altra forma di ‘verginità’ al mio amante; io gli controbatto se LUI è veramente deciso a farmi offrire il sederino a questo amante provvisorio senza provarne invidia o rammarico.
“Tutto quello che serve a farti godere è al servizio dell’amore che ti porto; per quello, basto e spero di bastare sempre solo io; la lussuria, la libidine, il piacere, le sensazioni di un’asta di carne che ti entra nel corpo, io quelle non posso dartele e non cercare di convincermi che un dildo vale una verga viva e palpitante: quindi, se c’è una persona che riesce a fornirtele senza degradarci, umiliarci o scendere a volgarità, beh questo individuo è il benvenuto. Hai avuto la fortuna di incontrare un maschio molto ben dotato e capace di stimolarti grandi emozioni, debole abbastanza da farsi guidare e dominare, che già ti ha fatto godere, anzi ci ha fatto godere, ampiamente e serenamente, perché vuoi privarti del piacere di esaltare questo incontro ai massimi livelli. Godi e lasciaci godere, ognuno per la sua parte. Ti amo follemente, infinitamente.”
“Anch’io, maledettissimo amore mio che ha sempre ragione e mi inchioda sempre.”
Arriva anche Antonio e in due si dedicano a me e al mio fondoschiena: mi sdraio bocconi sul letto e Mario prende a baciarmi tutta la parte del viso a cui può accedere, poi scivola sulla nuca, sul collo e sulle spalle, fino a leccarmi il coccige; Antonio intanto mi manipola le natiche col sensuale gusto di palparle, pizzicarle, accarezzarle, percorrerle con la lingua; si insinua nell’incavo fra le due e le sue dita scivolano in giù fino ad incontrare il buchetto che spingono delicatamente e forzano ad aprirsi; d’un tratto sento che qualcosa di morbido mi sollecita l’ano e capisco che è sceso a leccarmi il buco e si insinua con la punta della lingua nel forellino che comincia a dilatarsi con più godimento; un’altra mano, che riconosco essere di Mario, si sostituisce alla lingua di Antonio e stavolta un dito penetra fino alla nocca stimolandomi brividi; uno dei due mi forza a sollevarmi sulle ginocchia fino a mettermi carponi sul letto; sento Mario che scivola sotto di me leccandomi il ventre, soffermandosi sull’ombelico e arrivando con la lingua alle grandi labbra ormai gonfie di piacere, di lussuria, di voglia; scavando con la punta, la lingua arriva a stimolare il clitoride e le sferzate di piacere sono immediate e dure.
Antonio si è dedicato tutto all’ano e lo sta titillando con amore in tutte le pieghette: avverto un liquido che scivola dal buco nel canale rettale e capisco che Mario ha procurato il gel lubrificante che consentirà lo stupro col minimo dolore; lo ringrazio mentalmente mentre gemo per il piacere che la sua lingua mi dà nella vagina; i due si stanno forse coordinando perche avverto una simmetria di movimento sull’ano e sulla vulva che scarica il piacere da una parte all’altra; Mario mi avverte che stanno per stuprarmi ed io mi concentro mentalmente sul mio sederino non vergine ma non molto maltrattato: sento la cappella che si accosta e avverto che Mario succhia con più intensità; il piacere assorbe il fastidio della mazza che percorre il canale rettale e forza dolorosamente lo sfintere; la verga di Antonio è particolarmente forte e gonfia, i suoi testicoli, che prendo in una mano, sembrano ancora più grossi e gonfi; Mario accompagna con le dita la manipolazione della vagina ed io urlo quando la punta dell’asta supera lo sfintere forse lacerandolo.
“Fermati un momento, mi fai male!”
Urlo ad Antonio, ma sembra non curarsene e forse obbedisce ad un segnale di Mario che gli sta suggerendo di andare avanti perché la sosta renderebbe la penetrazione ancora più dolorosa; l’asta scivola dentro mentre io lacrimo senza volerlo.
“Siete due maledetti! Mi state squarciando l’intestino; se mi avete lacerato qualcosa, giuro che vi eviro con le mie mani a tutti e due!”
“E’ tutto a posto, il dolore è passato; ora non avrai che piacere.”
Mario sembra volermi rabbonire, ma so che ha ragione perché il flashback mi ha riportato a quella volta che, per primo, fu lui a violare il mio sederino e mi fece un male del diavolo che, dopo qualche minuto, divenne piacere infinito; mi rilasso e cerco di assorbire il colpo, mentre ancora Mario cerca di dirottare sulla vulva l’interesse, per coprire col piacere il fastidio recente; poi comincia il calore a promanare dal mio ventre e a trasmettersi a tutto il corpo; gemo come un bambino malato di non so che.
“Come ti senti, amore?”
Mi sussurra Mario dalla sua posizione sotto di me.
“Come la giovenca sull’altare di Priapo prima del sacrificio rituale!”
Gli rispondo, un po’ scherzosa, un po’ polemica.
“Ti ho fatto molto male?”
Chiede premuroso Antonio.
“Non moltissimo; ma adesso cavalcami e fammi godere, così il dolore si cancella!”
Comincia una cavalcata degna di Wagner ed io mi sento trasportata tra fuochi d’artificio, luci stroboscopiche, cori angelici e piacere allo stato puro: il mio non è più un sedere, il suo buco non è più un semplice ano: tutto è fonte di piacere infinito, di godimento, di gioia in cui mi perdo quasi annullandomi; non ho mai provato sensazioni simili facendo sesso, neppure nei più intensi momenti d’amore, quando la valenza ideale arricchiva il gesto fisico; Mario non ce la fa più, abbandona la posizione e scivola via da sotto il mio corpo che ora vibra e freme in tutte le parti; non riesco a rendermi conto che il povero Antonio sta cavalcandomi non so da quanto tempo, con la verga stretta nel mio canale rettale che lo ha catturato e se ne è impossessato: scoppia dalla voglia di eiaculare e quasi non ha il coraggio di interrompere il momento magico, finché Mario non gli urla che è il momento di lasciarsi andare e di godere nel mio intestino; di colpo prendo coscienza che non lo farà finché non glielo chiedo: gli impongo di eiaculare e di farmi godere coi suoi spruzzi nell’intestino; lo fa immediatamente, liberando un fiume di sperma che gli premeva sulla prostata e nei testicoli; per un paio di minuti non fa che svuotarsi dentro di me e per quel tempo infinito io continuo a sommare orgasmo ad orgasmo, fino a cadere sfinita sul letto con l’asta ancora duramente piantata nel ventre; occorrono ancora molti minuti prima che, delicatamente e impegnandosi insieme i miei due amanti, la mazza scivoli via dal mio ano lasciandomi quasi un senso di vuoto; crollo rilassata, quasi in deliquio.
Quando mi riprendo, Mario è di nuovo in forma, forse perché è l’unico a non avere avuto eiaculazioni; Antonio si sta riprendendo e si riveste coi suoi abiti; io ho solo la forza di rimettermi l’accappatoio e le babbucce prima di tornare a sedermi a tavola: per fortuna, mi aspettano il caffè che è già preparato e il cognac che non ho ancora bevuto; Mario appare felice come una pasqua per l’esito dell’incontro; io mi sento rotta in tutte le ossa, ma, dopo tanti anni, è una sensazione di estremo piacere, quasi di una vita ritrovata; Antonio sembra un po’ frastornato dagli eventi, ma si legge negli occhi la gioia di quel che ha ottenuto (primo fra tutti, il mio fondoschiena, credo) e non mi pare pronto a scappare via, anzi … le conclusioni spettano a Mario che non perde l’occasione.
“Mi pare che sia stata una meravigliosa esperienza e credo proprio che meriti di essere ripetuta; a me non dispiace l’idea di avere una compagna innamoratissima di me che soddisfa il suo bisogno di sesso con un uomo che trovo interessante e degno. Se siamo d’accordo, potremmo trovare un’intesa per un rapporto trino ricco di fascino e di prospettive; se non siete d’accordo, grazie per la bella esperienza e arrivederci.”
Non ho la forza per controbattere, dopo una maratona di sesso così intensa.
“Amore, io per ora mi tengo la verga meravigliosa di Antonio che mi ha fatto toccare vette divine del piacere; se mi trovi un sostituto al’altezza, prendo anche in esame l’ipotesi di cambiarlo. Fino a quel momento, se vuoi, caro Antonio, non aspettare solo che ti chiami io; mi fa piacere che tu sia pronto ai miei desideri, ma non mi dispiacerebbe che qualche volta ti proponessi tu con le enormi potenzialità del tuo sesso, insomma mi piace sapere che mi desideri.”
Antonio non è poi così disorientato come a me sembra.
“In più di dieci anni di attività sessuale trasgressiva con mia moglie, non mi era mai capitato di incontrare due persone come voi, capaci di rendere poesia anche una semplice penetrazione anale; ho provato con voi emozioni che non si dimenticano, ho trovato una donna capace di una sessualità incantevole e un uomo capace di un’umanità al di sopra di tutto; finché mi vorrete, sarò con voi; mi affascina l’idea di un rapporto trino; supererò anche qualche mia esitazione e ti cercherò, con grande passione (vorrei dire amore, ma qui non si può) e stai certa che ci sarò, in qualunque momento e per qualunque tuo desiderio.”
Ci abbracciamo a tre, bacio tutti e due e accompagno alla porta Antonio, con la promessa che ci sentiremo presto e avremo ancora tante cose da fare e da dire.
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Categorie: Trio