Il ragazzo di colore che staziona davanti al supermercato corrisponde in gran parte a quello che ‘il maledetto’ profetizza da giorni: sui trent’anni, gradevole, ben dotato (da quel che si può giudicare dall’esterno), in attesa di chi gli lasci il carrello per recuperare l’euro, è chiaro che per trenta – cinquanta euro ucciderebbe anche qualcuno; figuriamoci come si comporterebbe se gli proponessi di fare sesso!
Le perplessità su una ipotesi di rapporto completo con uno sconosciuto sono molte, serie e di varia natura: si va dalle incertezze sull’igiene, dal momento che bisogna arrivare a contatti assai intimi e particolarmente delicati e non si sa con chi si ha a che fare: qualunque sospetto è possibile e la prudenza non è mai abbastanza; lo stesso discorso vale per le cautele sanitarie: in parte si possono ovviare con i preservativi, premunendosi di portarli sempre in borsa, ma le incertezze comunque rimangono per possibili rotture, per rifiuti imprevisti, insomma per ogni sorta di evenienza possibile o sospettabile; esistono naturalmente anche molti dubbi sulla sicurezza: uno sconosciuto di un’altra razza non offre garanzie di rispetto per la donna; e non mancano infine i dubbi sulla location: dove vai a fare sesso, se proprio te ne viene voglia?; infine, un ruolo non marginale ma fondamentale acquistano i problemi legati all’età, alle condizioni fisiche, alla secchezza vaginale innanzitutto.
‘Il maledetto’ (come indico affettuosamente il mio compagno), cosciente della sua totale impossibilità a penetrarmi, dopo la ‘scoppola’ che si è preso con l’asportazione della prostata, continua a dire, forse per scaricarsi la coscienza, che una donna come me non può e non deve restare asessuata solo perché il partner ha avuto un incidente; ed insiste a dire che la soluzione migliore sarebbe un bull ‘affittato’ da una buona agenzia che garantisca per la sua integrità fisica e morale ed offra quindi un ‘supporto’ di assoluta sicurezza; una soluzione più ‘artigianale’ potrebbe essere uno dei tanti ‘puttani’ in offerta agli angoli della piazza, sui quali molte signore garantiscono per le buone prestazioni, ma per i quali valgono gli stessi dubbi che possono avanzarsi per gli immigrati clandestini; l’ipotesi più improbabile, ma al tempo stesso la più accessibile e la più vicina è proprio quella di questi individui border line che vivono di espedienti e che non esitano ad offrire prestazioni anche a condizioni che si possono rivelare favorevoli, a patto che si prendano le opportune precauzioni.
L’idea di realizzare un avventuroso rapporto completo in un ambiente frequentato come un supermarket sa addirittura di fantasia cinematografica più che di una proposta di facile praticabilità: a parte i tanti dubbi che, comunque, si potrebbero in qualche modo superare, resta l’enorme problema di trovare un posto dove denudarsi per farsi cavalcare adeguatamente, possibilmente da un membro ben solido e procuratore di grande piacere; l’idea più semplice sarebbe naturalmente quella di farlo in auto, ma è senza dubbio un’ipotesi che espone a troppi rischi, perché tutti i parcheggi sono aperti e frequentati ampiamente: il minimo che può capitare è di essere sorpresi da qualche utente di passaggio che gridi allo scandalo e chiami la sicurezza con scandalo conseguente; un’altra ipotesi praticabile è quella di imboscarsi in uno dei cessi, dove ve ne siano di abbastanza attrezzati, praticabili e comodi; ma, a parte il fatto che esistono solo in poche strutture, di fatto richiedono molta sintonia tra i soggetti che devono organizzarsi per entrare nello stesso servizio e adattarsi allo spazio praticabile per fare il massimo consentito: e non è problema facile da risolvere; l’alternativa praticabile è la ricerca di un motel disponibile ma bisogna trovarlo e raggiungerlo: andare da qualche parte pone sempre grandi problemi di scelta.
Penso a tutte queste cose, mentre guardo con interesse il ragazzo di colore che custodisce i carrelli e il desiderio di combinarci qualcosa diventa sempre più vivo ed urgente: non arrivo a bagnarmi, ma l’immagine di lui che mi viene addosso e mi infila un bastone di carne di almeno venti centimetri nel corpo mi dà forti sensazioni di libidine; gli lascio la moneta del carrello, come fanno un po’ tutti, e gli regalo anche una delle birre che ho acquistato, perché la beva alla mia salute: sono certa che da domani mi assillerà ad ogni passo sperando di avere sempre una birra; e questa considerazione si aggiunge ai motivi per esitare di fronte all’ipotesi di dare corpo ad un libidinoso desiderio di amplesso come che sia; l’idea che, dopo, possa diventare assillante sperando di ripetere l’esperienza mi porterebbe forse addirittura a dover rinunciare a frequentare quel supermercato.
Però posso attaccarci bottone: non costa niente e non impegna niente cercare di conoscerlo e di capire come si muoverebbe in certi frangenti; mi racconta che viene da un Paese dell’Africa che non saprei collocare sulla carta geografica; che è in Italia, clandestino naturalmente, da tre anni; che non ha trovato uno straccio di lavoro fisso da svolgere, col quale risolverebbe anche il problema del permesso di soggiorno; che sbarca il lunario facendo piccoli lavoretti o, alla peggio, con l’elemosina di chi gli lascia la moneta del carrello o della Caritas diocesana che garantisce almeno un pasto e talvolta un posto per dormire: mi rendo immediatamente conto che discorsi del genere mal si adattano al tentativo di instaurare un rapporto di puro intento sessuale; eppure, quando si parla di occasione per guadagnare, onestamente o quasi, soldi che potrebbero significare un’entrata speciale valida per resistere quasi un mese; mi lascia capire che farebbe qualunque cosa per sbarcare il lunario, tutto tranne che le attività illegali per le quali rischierebbe il poco che possiede: cerco di far scivolare il dialogo sul tema del sesso, ma non è facile e il tempo è tiranno: almeno per oggi, non si parla affatto di fare sesso.
Mi viene fatto di pensare che forse potrei ripiegare su ipotesi più semplici, come la masturbazione o la fellatio, che si prestano più agevolmente alla praticabilità, sia in termini di rapidità che in termini di spazi utili: una manipolazione manuale si realizza anche in piedi, di fianco all’automobile, nel parcheggio inferiore meno frequentato e più ricco di angoli dove rintanarsi; lo stesso vale per la fellatio che richiede di entrare in macchina, per praticarla, ma si presta altrettanto, in termini di rapidità di esecuzione; mentre ci penso, mi trovo a guardargli fra le gambe, cercando di indovinare il profilo e la dimensione dell’asta che si preannuncia bella grossa; mi prende immediatamente alla testa l’immagine di me che mi faccio accompagnare all’auto per portare le borse, che sposto l’auto nell’angolo più buio e riparato per rimanere al massimo protetta e, successivamente, spingo la mano a prendere da sopra i pantaloni il membro che si alza e si gonfia di voglia e di piacere.
Immediatamente me lo figuro mentre me lo offre nudo sulla mano che cerca di afferrarlo e si deve accontentare di una porzione, quella che sta nel palmo; e sento viva la sensazione dello scappellamento mentre mando su e giù la pelle lungo l’asta provocandomi con la mano brividi indicibili di piacere; neanche a dirlo, sento quasi vividamente la sensazione dello sperma che esplode e va a schiantarsi contro la fiancata dell’auto da cui sarò costretta a lavarla appena a casa; l’immagine successiva è naturalmente quella di me che entro in macchina, sul sedile posteriore, e lo invito ad entrare a fianco a me: le sensazioni sono vivissime, mentre apro il pantalone e infilo la mano a cercare di fare emergere in tutta la sua possanza quel pene meraviglioso: il processo di avvicinamento della bocca alla punta e viceversa è ricco di fascino e di poesia e mi sembra di assaporare il gusto acre del membro mentre me lo faccio scivolare dolcemente nella bocca e ne assaporo pienamente il gusto: il processo di fellatio si manifesta nella mia mente come qualcosa di autentico e di vivo, la percezione è quasi quella della carne viva che si agita in bocca insalivandosi e scivolando verso la gola fino a che, con un brivido, spruzza lo sperma direttamente nell’esofago.
Mi accorgo che sono totalmente rintronata, mentre mi abbandono a queste fantasie irreali; e devo farmi forza per uscire dalla particolare trance in cui sono probabilmente caduta, per recuperare un minimo di equilibrio e di volontà lontano dalla tentazione di quel membro che sembra occhieggiare da un pantalone ermeticamente chiuso: saluto il ragazzo di colore e rientro nel supermercato per continuare il mio giro di indagine; mi accorgo che le mie mutande sono zuppe e che minacciano di trasmettere l’umido anche alla gonna che per fortuna è colorata vivacemente ma di colori cupi e quindi mistifica bene l’eventuale chiazza: ho bisogno però, quanto meno, di darmi una pulita con le salviette umidificate che porto in borsa e di tamponare le mutande con della carta igienica: mi dirigo verso i bagni e, superata la porta comune, scelgo quello per le donne ed entro. Mentre scelgo il camerino da aprire, una mano mi prende da dietro e mi spinge verso il primo della fila.
Il ragazzo nero deve avere colto la situazione e deve esserne rimasto impressionato, sicché mi ha seguita e mi ha spinto nel bagno con l’intento di consumare un rapporto sessuale: evito di urlare per non destare scandalo ma a voce piana e chiara gli dico che non accetto di farmi possedere e che posso al massimo fargli un lavoretto con la mano; mi fa cenno che gli sta bene e mi afferra da dietro i due seni che stringe e strofina con dolce violenza provocandomi brividi di lussuria; infila una mano sotto la gonna e raggiunge in breve l’inguine; un dito si fa spazio di lato alle mutande, vi entra deciso e raggiunge la vulva facendomi gemere di piacere; alle mie spalle, il membro si gonfia in tutta la sua potenza e si adatta nel’incavo tra le natiche; passo una mano dietro di me e lo prendo tra le dita accarezzandolo e dirigendolo verso l’inguine; lui mi solleva la gonna anche da dietro, apre la chiusura lampo e tira fuori la bestia che mi si rivela assai più grande di quanto l’avevo prevista: la sento viva e calda fra le dita e la guido decisamente verso le grandi labbra, sopra le mutande, la spingo fino a che si adagia completamente contro il mio sesso e passo a titillare la punta che mi spunta tra le cosce.
Il mio occasionale amante ha una certa delicatezza e intende dedicarsi a me, prima che a se stesso: allunga una mano davanti a me e mi masturba dolcemente e delicatamente stringendo tra pollice e indice il clitoride che si esalta dal piacere e alla fine esplode in un orgasmo intenso; l’altra mano si è spostata dietro e mi accarezza le natiche, dentro le mutande, esplora il canale tra di esse e raggiunge il forellino segreto che titilla dolcemente, poi penetra delicatamente per qualche centimetro: la doppia sollecitazione, davanti e dietro, mi procura un piacere infinito che, dopo alcune decise spinte, fa esplodere un orgasmo che devo soffocare mordendomi la mano per non farmi sentire dal reparto vendite; mentre godo, favorita da lui che mi tiene stretta il sesso tutto, dal’ano al monte di venere, mentre scarico il mio orgasmo, penso al ‘maledetto’ e lo ringrazio mentalmente, perché, alla fine, tutto è andato come da lui previsto; poi mi dedico alla masturbazione di lui; sfilo il membro dalle cosce, mi giro, lo afferro con la mano destra e comincio a muoverla avanti e indietro ogni volta trovandomi a manipolare un organo più grosso, più lungo, più voglioso: pare che non voglia mai finire di gonfiarsi come sembra che il mio sesso non si stanchi di produrre umori vaginali che scorrono a fiumi.
Il ragazzo mi blocca un’altra volta, prende l’altra mia mano e la porta sul membro, sotto la prima; mi solleva la gonna fino alla vita, infila le mani nelle mutande, ne porta una dietro, lungo le natiche fino al taglio fra le due, cerca il buchetto e lo penetra con un dito fino alle nocche,strappandomi gemiti di goduria; intanto, lascia scivolare l’altra verso il pube: le dita accarezzano le grandi labbra glabre, tumide, bagnate e le percorrono fino a trovare l’ingresso alla vagina; le dita entrano in due e, mentre una fa coppia col pollice a stringere e titillare il clitoride, l’altra sembra scavare alla ricerca del punto di esaltazione massima, poi si infila nella vagina e raggiunge quasi l’utero: un nuovo orgasmo, violento, quasi feroce, mi coglie all’improvviso e mi scatena un urlo disumano che tacito mordendo midi nuovo la mano rapidamente ritirata dal membro; mi lascia scaricare la tensione dell’orgasmo accarezzandomi dolcemente le tette ancora chiuse tra maglia e reggiseno; quando mi sono rilassata, prende la mia mano e la guida nella masturbazione; mi colloco alle sue spalle, afferro il membro a mano piena, mentre con l’altra accarezzo due testicoli come grosse prugne e duri di sperma trattenuta a lungo.
Mi appoggio alle sue spalle e spingo l’inguine contro le sue natiche dure come l’acciaio, masturbandomi su esse mentre masturbo lui con ambedue le mani; regge a lungo, anche se geme continuamente di piacere, ed alla fine crolla incapace di resistere più a lungo: il getto di sperma che si scatena dalla sua verga sbatte con forza contro la parete più lontana ed solo il primo di una scarica di otto getti che costituiscono l’orgasmo più ricco ed intenso che si possa immaginare; prende della carta igienica, si pulisce, rimette l’asta nei pantaloni, apre cautamente la porta e sparisce; con tutta la calma del mondo, mi lavo l’inguine con le salviette umidificate; faccio un tampone con la carta igienica e lo inserisco nelle mutande per preservarle da ulteriori perdite di umori vaginali, che non smettono affatto di scorrere via: nell’antibagno, mi lavo il viso e mi rinfresco il trucco; esco soddisfatta.
Mentre lascio il supermercato lo vedo al solito posto, gli vado vicino e gli passo quasi clandestinamente una banconota dicendogli di pagarsi un pranzo a nome mio; vuole sottrarsi e rifiuta: gli dico che torneremo a parlare e forse ci accorderemo per altre occasioni; accetta e mi ringrazia; sto bene e torno a casa felice; non ho neanche fatto la spesa che dovevo.
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