Il luogo deputato per tutti gli incontri amorosi, effimeri come le estati che li animavano, o duraturi, come avvenne per alcuni, erano le stazioni balneari che in quegli anni punteggiavano intensamente la riviera romagnola; io, come tantissimi ragazzi e giovanotti della mia generazione (e di molte altre precedenti e successive) aspettavo l’inizio della stagione estiva e le sue promesse di trovare, anche per quell’anno, la ragazza giusta per una meravigliosa estate o, perché no, per un grande amore che durasse tutta la vita.
Rosalinda era una ragazza della stessa generazione e forse con aspettative e desideri non lontani dai miei: fisicamente non era molto in linea con i modelli ‘grissini’ che la moda suggeriva ma si avvicinava piuttosto alle ‘maggiorate’ di più antica memoria e all’intramontabile fascino della Loren; il fisico era prorompente e non passava inosservato, qualunque fosse la situazione e l’abbigliamento, dal mini bikini in spiaggia alla minigonna a passeggio agli abiti velati per la sera con nudo esplicito in trasparenza
Considerato il personaggio, appare chiaro che non era tanto disposta a legare con uno ‘normale’ come me: avrebbe di certo preferito qualcuno più forte, più aitante, più palestrato; ma la norma a quel tempo era ‘il matrimonio è la soluzione più sicura per uscire di casa’; e per sposarsi poteva andare bene (anzi, era quasi raccomandato) uno come me, ben sistemato e che garantiva un tenore di vita alto: era quasi inevitabile che ci incontrassimo e che, di colpo, legassimo in maniera quasi indissolubile, come per un improvviso colpo di fulmine.
Forte di questa determinazione, dopo neanche quattro uscite, mi aveva già offerto la sua verginità ed io ero stato felice di coglierla: al di là di tutto, era una ragazza straordinariamente bella, con una figura da modella e un viso rinascimentale; ed io fui felice di sposarla e di assicurarmi una donna come lei nel letto quotidianamente; per qualche tempo, il matrimonio funzionò abbastanza bene e per alcuni anni niente turbò la serenità della nostra casa e l’entusiasmo che si accese nei nostri rapporti, dove il sesso la faceva da padrone in forza anche dell’indole piuttosto calda di Rosalinda che non avrebbe mai smesso di fare l’amore e spesso mi turbava con dichiarazioni al limite della follia che accennavano al desiderio di provare membri più grossi del mio, che era di stazza notevole, o esperienze plurime lontane dalle mie intenzioni.
Qualche problema si affacciò dopo un certo numero di anni; e il teatro fu ancora una volta una stazione balneare della riviera romagnola, dove notoriamente i bagnini godono fama di tombeur de femmes; fu appunto un bagnino a suscitare i miei sospetti per gli eccessi di attenzione che prodigava a mia moglie e per alcuni gesti di eccessiva familiarità tra loro: per non dare corpo alle mie ubbie, cercai di non curarmene, finché una mattina non ebbi la certezza che stavano tramando qualcosa: per un’oretta, Rosalinda sparì dalla circolazione ed io mi affannai inutilmente a cercarla per tutta la spiaggia; quando tornò all’albergo alquanto ‘sbattuta’, si limitò a dire che aveva fatto una passeggiata per la spiaggia; per il momento, preferii non dare troppo perso alla vicenda e neppure mi aspettavo una chiara confessione da mia moglie che dimostrava spesso e chiaramente di avere, col matrimonio, stipulato solo un contratto d’affari per garantirsi una vita agiata.
Rientrati in città, i sospetti si fecero però più vivi e motivati: somme ritirate dal conto senza corrispondente riscontro di spesa per la casa facevano pensare al pagamento di prestazioni ‘personali’; lunghe assenze venivano spiegate con motivazioni speciose o con semplici alzate di spalle: alla fine, dovetti arrendermi all’idea che mia moglie vivesse una vita doppia; incaricai un’agenzia di investigazioni di pedinarla e in capo a due giorni seppi con certezza che mi tradiva con vari giovanotti, normalmente prestanti e ben dotati, coi quali organizzava incontri anche multipli, preferibilmente nel nostro chalet al lago; feci in modo, in alcune occasioni, di essere presente, non visto, e di effettuare foto e riprese video che aggiunsi ai faldoni delle relazioni di agenzia: la situazione mi pesava moltissimo, ma non sapevo decidermi a prendere iniziative drastiche, perché in cuor mio speravo sempre che si trattasse di una tempesta ormonale destinata a scaricarsi presto; Rosalinda non prendeva neanche in considerazione l’ipotesi di parlare con me della sua vita privata arroccandosi dietro la difesa della privacy e continuando a fare la troia a mie spese; in breve, ebbi la certezza che tutti gli amici, tutti i conoscenti erano passati almeno una volta per le sue cosce, mentre a me cominciava a negarsi con sempre maggiore determinazione: l’ultima volta che avevamo fatto l’amore, era stato in occasione di un anniversario quando stranamente si era entusiasmata al punto di amarmi con tutta l’anima; non fui da meno ed anch’io mi concessi a lei come fosse il grande amore che avevo incontrato anni prima.
Lo scandalo esplose qualche mese dopo; una sera che cercai di scoparla e, bontà sua, si concedette: quando la penetrai, mi accorsi che il mio cazzo sciaguattava nella figa totalmente spanata; spaventato dalla constatazione che denunciava un abuso dell’organo con membri di stazza di gran lunga superiore alla mia, provai a saggiare il culo ed ottenni inequivocabilmente lo stesso risultato: il suo culo, alla stregua della figa, era completamente rilassato, forse lacerato, ed abituato comunque a mazze tre o quattro volte più grosse della mia..
“Ma ti rendi conto che la tua figa e il tuo culo sono larghi almeno tre volte il mio cazzo? Come è possibile?”
“Il tuo cazzo si sarà ristretto!”
La risposta lapidaria e decisamente assurda avrebbe dovuto farmi uscire dai gangheri; ma volli fare ancora appello a tutta la mia pazienza e il giorno seguente la obbligai a venire con me da Carlo, il ginecologo nostro amico; lo pregai di visitarla accuratamente per verificare quale fosse il grado di assuefazione al coito dei due organi e a quale tipologia di membro risultavano abituati; mi guardò con commiserazione e mi disse chiaramente che tutti sapevano che mia moglie si faceva scopare quotidianamente da cazzi molto grossi, che tutti gli amici (tranne lui, mi precisò) se l’erano scopata e che i suoi buchi erano ormai tunnel ferroviari; addirittura, professionalmente aveva già suggerito a mia moglie un intervento di ricostruzione dell’ano perché tendeva a non trattenere le feci ed essere continuamente sporca; la stessa situazione per la figa non aveva però le stesse conseguenze per l’indipendenza della vescica dalla vulva comunque largamene lacerata; lo pregai di stendere una relazione scientifica utile per il tribunale e ritornammo a casa senza una parola.
Immediatamente le ritirai le carte di credito e in banca feci annotare i prelievi metodici e notevoli effettuati in un anno; Rosalinda con la massima strafottenza stava a guardare; le chiesi se si rendesse conto che andavamo verso il divorzio e mi rispose che lei non l’avrebbe mai concesso; stetti zitto e non tentai neanche di spiegarle; per rincarare la dose, organizzò una particolare orgia nello chalet, approfittando di alcuni assegni che avevo lasciato incautamente incustoditi in casa: preso contatto con un organizzatore di prostituzione maschile e femminile, chiese 5 tra i più dotati dei ragazzi; li invitò allo chalet per quella sera e si fece fare il peggio del peggio di quello che sapevano fare; accortomi dell’ammanco, mi ero appostato nei pressi e mi sistemai ad una finestra dalla quale avevo verificato che potevo controllare la sala unica; appena i ragazzi assoldati entrarono in casa con Rosalinda, la presero a carezzare: come prevedevo, si scatenò e in un minuto era già a scopare con uno di loro, mentre accarezzava gli altri; le scene di cui fui spettatore nelle due ore successive sono di quelle che non si cancellano mai più dalla memoria; per tutto quel tempo la bocca di Rosalinda, alternandosi sui cinque cazzi di stazza più che grande, non rimase mai vuota; addirittura, in alcune occasione le cappelle che entravano in bocca accarezzate dalla lingua, erano due per volta; nello stesso tempo, uno dei giovani la impalava nel culo dove il cazzo extra large entrava come un coltello nel burro; sotto di lei, qualcuno si stendeva a leccarle la figa, quando non la abbassava a smorza candela per penetrarla in figa, nonostante l’ingombro bello grosso già presente nel retto; gli altri, in genere, si accontentavano di una sapiente sega, impegnando tutta Rosalinda, mani, culo, figa, bocca e tette: insomma, nelle ore successive, ne combinò di tutti i colori, accompagnando le violenze con altissime urla di godimento, con gemiti di piacere ed incitamento a spingere di più dappertutto; tutto fu regolarmente registrato da me che assistevo vomitando; si stancò e licenziò i cinque solo quando albeggiava; la lasciai addormentata e tornai a casa, dove si fece viva nel pomeriggio pimpante e pronta a ricominciare.
Era sabato e per la sera, secondo una vecchia abitudine, era fissata una cena a casa mia con tutti gli amici che arrivarono alla spicciolata attesi con garbo da me e da Rosalinda che in quelle occasioni splendeva per cortesia ed eleganza; superata la frase dell’abbuffata, quando ci si rilassava soddisfatti del cibo, chiesi di parlare per comunicare che lunedì mattina sarei andato a presentare la domanda di separazione e di divorzio da mia moglie per colpa del suo comportamento assolutamente indegno di una famiglia avendo calpestato tutti i principi della fedeltà della lealtà, insomma avendomi riempito di corna in tutta la città per avere scopato con tutti quelli che aveva conosciuto compresi i presenti; quando qualcuno tentò di obiettare, chiesi se volesse per caso visionare foto e filmati dell’agenzia investigativa a testimonianza di quanto affermavo; qualcuno tentò di andare via, ma imposi che nessuno si muovesse, avvertii che avevo rastrellato tutti i loro debiti e che li avrei messi all’incasso il lunedì, a meno di nuovi fatti rivoluzionari: una delle signore, brutalmente, propose la legge del taglione: corna per corna, e tutte concordarono per salvare il loro benessere economico; Rosalinda pareva scatenata.
“Non esiste la separazione per colpa e le corna non determinano niente: sei cornuto e basta.”
“Prova a chiedere a tuo padre: è un grande avvocato e certamente può darti le risposte per sapere se con i filmati di tutte le tue scopate, delle orge, delle gangbang che hai realizzato posso divorziare per colpa. Digli anche che cosa hai fatto stanotte.”
“Che avrei fatto stanotte?”
Lancio il video che avevo realizzato e vedo facce allibite anche tra gli amici quando in cinque la riempiono contemporaneamente: in figa, in culo, in bocca e uno per mano; Rosalinda cerca di scappare ma la blocco, faccio il numero di suo padre e le passo la chiamata; quando riattacca, crolla per terra come un sacco vuoto.
“Puoi cacciarmi fuori! E io dove vado?”
“Da uno di quelli che ti sei scopata con tanto entusiasmo fino a ieri sera, o anche da uno dei signori qui presenti se vuoi, visto che tutti sono passati tra le tue cosce.”
Rosalinda per un po’ rimane in silenzio; poi insiste.
“Non puoi mandarmi in mezzo a una strada; non ho nessuno, non ho niente, come faccio?”
“Credi che debba essere un problema mio? Anche se andassi a battere su un marciapiede, io voglio solo dimenticare di averti incontrata.”
“Non puoi, perché sono incinta e il figlio è tuo, puoi esserne certo, è solo tuo. Io sono una puttana e posso anche finire a battere sul marciapiede: è l’unica via che mi resta; ma il figlio è tuo ed è innocente; fai gli esami del DNA, accertatene e considera, poi, se vuoi condannarlo prima che nasca o se vuoi distinguere le colpe e le condanne. Ho solo questo elemento per chiederti pietà, per me senz’altro, ma soprattutto per mio figlio che è anche tuo figlio.”
“Sei così bugiarda che non ti credo neanche se mi dici che il pavimento è freddo; e sei così infida e stronza che ti inventeresti qualunque cosa per non finire sul marciapiede. Ma il dubbio è un brutto tarlo. Appena possibile, farò fare le analisi per il DNA e se ti ho messa incinta, non so per quale miracolo, allora rivedrò anche l’atteggiamento con la puttana che sei e che comunque resti, figlio o non figlio.”
Interviene Carlo il suo ginecologo, unico testimone neutrale degno di fede.
“Davide, la situazione è più delicata di quanto tu pensi. Il figlio è tuo; ho fatto l’esame del DNA quando Rosalinda mi da detto che forse era incinta, ed ho i dati per attribuirti senza ombra di dubbio la paternità del nascituro. Non puoi sottrarti ai doveri di un padre: sei costretto, per tuo figlio, a tenertela in casa, anche solo come sguattera, almeno fino a che il bambino abbia completato lo svezzamento: solo allora potrai cacciarla ed esigere l’affidamento di tuo figlio; e devi pagarle anche l’intervento per ricostruire l’ano, che si deteriorerebbe in maniera pericolosa col parto: altrimenti, rischi l’accusa di morte procurata.”
“Di quanti mesi è incinta? Io sono mesi che in quella lurida fogna il cazzo non ce l’ho messo. Come posso averla ingravidata?”
“L’ho studiata bene la situazione. E’ stato per l’anniversario, pare che avete avuto l’ultima serata d’amore, lei era fertile e particolarmente ricettiva e ci è rimasta. Perché non provi a rovesciare la visuale a guardare a tuo figlio anziché a quella troia che deve partorirlo. Non è facile tenersi in casa una donna spudorata e odiata; ma la grandezza della paternità va al di là di ogni sacrificio, te lo dice uno che non può avere figli e farebbe carte false per adottare il tuo, chiunque sia la madre.”
“Lasciami pensare: è una cosa troppo grossa. Considera che questa pazza, incinta almeno di tre o quattro mesi, si fa massacrare da cinque cazzi extralarge in una sola serata: chissà cosa sarà successo a quel ventre così delicato. Capisci come è criminale il suo comportamento? Io dovrei, come dici tu, superare il passato e accettare di tenerla in casa al rango di una sguattera. Sei certo che non mi denuncerà per riduzione in schiavitù? Lei assicura che smetterà le sue abitudini da puttana incallita. Te la senti di scommetterci che, al primo passante che bussa alla porta, non si fa trovare con la figa pronta; o che, alla prima uscita, non scopa in un vicolo con tutti i ragazzi del posto? Ci giuri sulla tenuta della sua dignità?”
“Io scommetto sulla tua dignità e sul tuo senso di responsabilità che ti impedisce di condannare un individuo ancora prima che nasca: tuo figlio deve avere da adesso un padre e una madre: nessun figlio ha mai condannato la madre solo perché ha scopato come voleva, senza rispetto per nessuno.”
In tutto il colloquio, Rosalinda è rimasta seduta per terra, raccolta quasi come uno straccio abbandonato, piangendo in silenzio a calde lacrime; Carlo è seriamente intenerito, le va vicino, la invita ad alzarsi, la fa sedere su una sedia e vedo che parlottano all’orecchio l’uno dell’altra; di colpo, Rosalinda sembra esplodere.
“Già!!!! Solo questo sai fare, amare tanto, tanto, tanto, fino alla nausea; scopare no! E se una ha bisogno di sentirsi sfondare da una mazza, tu non ci sei … “
“Peccato che tu non abbia parlato; ti avrei portato al maneggio; con uno stallone, anzi meglio, con un asino, ti avrei fatto assaggiare il massimo; poi ti avrei fatto tenere chiusa là a soddisfare tutti gli stalloni e tutti gli asini fino a che morte non ti coglieva per eccesso di cazzo nel corpo! Carissimo Carlo, come vedi l’unica possibilità di fare contenta mia moglie sarebbe assumere un mandingo che ogni giorno le facesse assaggiare tanto cazzo da farle passare la voglia. Credi che si possa inserire tra le clausole? O non sarebbe meglio affidarla al Guercio che saprebbe come trattarla.”
Rosalinda, che ascolta solo quello che le interessa o che capisce, scatta.
“No, il Guercio no, quello mi massacra!!!”
“Allora hai battuto il marciapiedi anche per lui? … Mi spiace, Carlo, l’aborto forse è l’unica soluzione … “
“Troppo tardi; siamo fuori del tempo limite, per l’aborto legale; praticato adesso, diventa reato.”
“Cazzo, è possibile che contro l’imbecillità non si possa fare proprio niente?”
“Tu sei un grande avvocato, sei la persona più intelligente e meravigliosa al mondo; ma di fronte a certe cose che sfuggono alla tua logica, diventi un pupazzo. Non hai accettato, non accetti e non vuoi accettare mai che io potessi desiderare di essere sbattuta come un tappetino, piuttosto che adorata come una madonna; quando ti parlavo di sperimentare cazzi più grossi, di organizzare qualcosa di trasgressivo, tu facevi orecchie da mercante perché scopare doveva essere solo quello che tu volevi e andava fatto come decidevi tu, io non avevo diritto a scegliermi una scopata, un’inculata, un pompino come piacevano a me: solo quello che il maschio alfa desiderava, era sesso praticabile. Ti pare così strano che sia andata a farmi sbattere dal bagnino più dotato della riviera, quello di cui tutte dicevano che aveva un cazzo mirabolante? Io me lo sono gustato, quel cazzo, e ancora oggi ricordo con gioia il momento in cui urlavo di dolore a sentirlo entrare, perché la mia figa era troppo stretta per lui; ho goduto moltissimo a farmi sborrare in figa, perché finalmente mi ribellavo ai tuoi dictat e mi scopavo uno che mi mandava ai pazzi.”
“Bene; cornuto con gioia della moglie fin dai primi anni! E io che ti credevo innamorata!!!!!”
“Stronzo!!!! Io ero e sono innamorata! Molto, molto, molto più di quanto tu possa immaginare e desiderare! Ma tu non hai reagito neanche quando era chiaro che ti avevo tradito: forse cancellavi l’idea perché era fuori della tua logica ed io avevo calpestato la tua logica! Tu hai il difetto del pensiero unidirezionato: quando ti scontri con qualcuno, nella professione, nella vita, che pensi fuori dai tuoi canoni, diventi una belva e aggredisci con tutte le tue forze: lo so bene perché ti conosco e ti amo, lo abbiamo visto stasera e lo vedremo ancora. Eppure, ti fa tanto male scoprire che una donnicciola, che ti ama alla follia e che per te si farebbe scannare, decide di lottare alla pari anche contro di te e decide di graffiare, mordere, stracciare, fare a pezzi te e i tuoi sentimenti come fai tu normalmente? Si, ti ho straziato ed ho goduto a sentirti straziato: avresti dovuto essere nella mia testa quando hai scoperto che la mia figa era un pozzo in cui il tuo cazzo, che è un gran bel cazzo e viene anche usato benissimo, bene quel cazzo diventava un gingillo di fronte alla mia sfrontatezza. Se mi avessi letto nel pensiero avresti trovato un amore infinito e un odio ancora più smisurato perché mi vergognavo di me, mi vergognavo di te e colpivo alla cieca, per fare quanto più male potevo. Ti basta così o vuoi sentire la mia gioia a fare la puttana vera, quella da marciapiede, col Guercio che mi massacrava di botte per costringermi a fare cose inenarrabili. Vuoi sentire anche quelle?”
“No, mi basta quello che hai detto; mi fai paura, oltre che schifo. Carlo, credi ancora che io possa sopportare oltre?”
“Puoi solo tagliarle i viveri, non farle maneggiare soldi e non farle acquistare niente, neanche le mutande; se per vergogna non esce di casa, non può scopare; se esce lo stesso e scopa, hai la possibilità di sbatterla fuori in qualunque momento. Non hai altra scelta. Se può consolarti, almeno per un anno hai la possibilità di goderti amanti meravigliose e, se conosco le vostre storie, qualcuna diventerà molto più che l’occasione di una notte! Il fatto che una piccola deficiente ninfomane innamorata dei cazzi extra large non si renda conto del piacere vero, mentale prima che fisico, non ti autorizza a ritenere che nessuna donna oggi sia in grado di apprezzare il piacere di una serata con un uomo come te. Credimi, qualcuna di queste signore ti ama più di quello che dichiara; hai spazio per tutto il tuo bisogno d’amore. Poi, quando verrà il figlio, sceglierai cosa fare.”
“Va bene. Quindi, riassumendo, devo farmi carico delle spese di ricostruzione dell’ano della signora, garantirle assistenza durante la gestazione studiando i modi per impedirle di fare ancora cazzate col suo sesso sfrenato; intanto, levarmi qualche piccola soddisfazione con i cosiddetti amici facendo l’amore con le loro mogli alle condizioni che concorderemo individualmente; quando nascerà mio figlio apriremo un nuovo capitolo di discussione. Mi pare che mi possa star bene.”
“Carlo, di’ a questo imbecille del tuo amico che io con ieri sera ho chiuso; da oggi mi dedico solo a mio figlio e accetto il suo aiuto solo perché non voglio che mio figlio debba morire per mia incuria: sono stata già abbastanza indegna e assurda. Adesso può anche massacrarmi: non riuscirà a farmi più male di quello che mi sono fatta da sola. Io lo amo, lo venero, lo rispetto … e lo odio. E continuerò così, ma senza ripicche, senza vendette, solo con amore per mio figlio: visto che ci sei, fammi infibulare, fammi anche cucire la figa, se è necessario: non voglio più sesso e forse non voglio più neppure amore, da nessuno, anzi no, solo se me lo da lui, mio marito, l’uomo che amo; aspetterò che l’affetto me lo dimostri mio figlio, quando potrà capire e potrò spiegargli; per ora, farò la serva, la sguattera, la schiava.”
Prima di accomiatarsi Carlo mi chiede se può attivarsi per l’intervento di ricostruzione dell’ano a Rosalinda; gli chiedo quanto costa il giochetto; si aggira sui 5000 euro, è la risposta; lo autorizzo e gli raccomando di rimetterla in forma al massimo.
“Davvero pensavi che ti avessi creduto? Qualche scopata passa: lei è una ragazzina non cresciuta, ma ti ama; e prima o poi te lo dimostrerà; quando partorirà tuo figlio, le cose cambieranno; è sempre così: la nascita di un figlio cambia anche la struttura fisica delle persone, figurati la psicologia. E tu scoprirai che l’ami ancora, altrimenti l’avresti buttata via già da tempo.”
Rosalinda mi turba molto quando si avvicina e chiede con aria dimessa cosa deve fare; l’avviso che si sente che non trattiene le feci e le consiglio di andarsi a lavare, di cercare qualcosa che faccia da argine alla sua incontinenza e di sistemarsi nella camera degli ospiti; domani mattina rifletteremo e lunedì provvederemo; mi chiede se può assistere in devoto silenzio ai miei incontri con le altre donne, alla stregua dei mariti da cornificare visto è colpevole della stessa mancanza; le chiedo perché vuole imporsi questa sofferenza.
“Mi piace vedere quanto amore sai mettere anche in una scopata e sono sicura che godrò come se facessi anch’io l’amore con te”
Non cerco di spiegare, perché non c’è niente da capire.
Chiarito il problema con Rosalinda, si pone con forza quello dei presunti amici, ai quali intendo far pagare a caro prezzo le corna che mi hanno messo; quando li ho accusati di essere andati a letto con Rosalinda, qualcuno ha tentato di obiettare, ho chiesto se volesse per caso visionare foto e filmati dell’agenzia investigativa a testimonianza di quanto affermavo; qualcuno ha cercato di andare via, ma ho imposto che nessuno si muovesse.
“Da lunedì metto all’incasso tutti i vostri debiti, che ho rastrellato: credo che molti finiranno sul lastrico, se non arriviamo ad un accordo!”
“Sei proprio deciso a distruggerci?”
A parlare è stata Noemi la moglie del commercialista Franco, il più esposto tra gli amici.
“Tu cosa faresti al mio posto?”
“Intanto applicherei la legge del taglione: corna per corna, così almeno una parte sarebbe soddisfatta e mi sa che non ci perderesti affatto nel cambio; credo proprio di valere più di tua moglie, a letto, e posso anche offrirti la primizia di un culo intonso. I debiti li puoi mettere all’incasso secondo i calendari previsti: sei abbastanza ricco per potertelo permettere; e, se ci dovessero essere richieste di ulteriori dilazioni, puoi sempre chiedere di pagare in natura le eventuali more. Io ci starei in tutti i casi e ti aggiungo che, per umiliare per benino questo mollusco, lo farei volentieri davanti a lui. Se ti va, io sono pronta.”
Un coro di proteste si leva istantaneamente; poi qualcuno fa riflettere che si tratta si salvaguardare il proprio interesse di fronte ad errori che i mariti hanno comunque commesso; quindi, finiscono per convenire sull’idea di Noemi: non mi meraviglio; meglio perdere la faccia che tanti soldi; addirittura, alla fine si accordano per stilare una lista che mi servirà a vendicare le corna scopandomi una per una le mogli degli amici; intanto ritorna alla carica Noemi.
“Senti, Davide, ormai è chiaro che questa serata è quella del giudizio universale. Rosalinda è la più colpevole ma ti ha proposto un elemento di riflessione che non puoi ignorare. Se avessi un figlio mi terrei quella medusa per non lasciare crescere mio figlio senza un riferimento paterno: tu sai quello che significa e se veramente è incinta di te, riducila a sguattera, chiudila in uno stanzino, ma non lasciare tuo figlio senza una parvenza di madre. Lo stesso vale per noi: siamo tutte d’accordo, noi mogli, che i nostri molluschi ti hanno offeso e umiliato; tu minacci di rovinarci e ne hai tutto il diritto; ma così recuperi solo un po’ di soldi e non è da te. Noi ti proponiamo di fare pubblicamente cornuti quei signori: veniamo da te una alla volta, col legittimo consorte, e tu ci scopi come e quanto ti va alla presenza dei colpevoli: così sapranno cosa si prova a essere cornuti e contenti. Valuterai questa ipotesi o sei pregiudizialmente contrario?”
“Chi sarà la prima?”
“Se vuoi, mi fermo stasera e scopiamo fino all’alba lasciando a guardare il mio lui e la tua lei. Ti va?”
“Tu mi sei sempre piaciuta e mi esalta l’idea di fare l’amore con te; bada, fare l’amore, non scopare: io non so concepire il sesso senza amore, come invece pare che piaccia molto a Rosalinda, che amore non ha per nessuno, forse neppure per il figlio che deve nascere, visto che lo ha messo a rischio con cinque cazzi enormi che l’hanno sfondata da tutte le parti: non deve essere stato semplice per il nascituro sopportare quelle cinque mazze che colpivano da tutti i lati.”
“Anche questo è vero; ma io amo quell’ameba; non credo che ci metterò più amore di quanto non sia necessario come minimo sindacale.”
“Non ti chiedo amore assoluto ed eterno; ti chiedo di fare sesso con quel pizzico d’amore che ci distingua da due bestie che si accoppiano: la vendetta è anche in questo; sarà una questione di stile, ma anche nel rapportarsi con una persona si dichiara la propria qualità umana. Tu, in particolare, mi sei sempre piaciuta, sono da anni affascinato da te, da ogni prospettiva: se devo amarti anche solo per qualche minuto, sono felicissimo; se mi proponi di tirare fuori la bestialità pura con una donna che ho sempre ammirato, mi chiedi di stravolgere me stesso e preferisco rinunciare a qualunque vendetta. Quindi, facciamo l’amore se ti va, ma solo se ci mettiamo un pizzico della nostra umanità.”
Straordinariamente, ma non troppo, mi tacita con un bacio che è di amore appassionato; ne approfitto per stringerla a me con una foga disumana, le faccio sentire contro l’inguine il cazzo che si è eretto all’improvviso e che le stimola il clitoride; le dita scivolano sulle natiche piene e morbide, cercano un segno delle mutande ed incontrano lo spacco fra le natiche dove il laccetto del perizoma si è perduto; perlustro lussuriosamente le superfici abbondanti del culo mentre le mulino la lingua in bocca e succhio la sua come per un pompino, il cazzo continua a strusciare sulle grandi labbra, attraverso gli abiti, finché la sento gemere dolcemente, impedita dalla mia bocca che tappa la sua, e sciogliersi lentamente in un languore da grande orgasmo; la appoggio sulla sedia e deposito piccoli baci sul volto e sul seno; mi chiede.
“Intendevi questo?”
“Più o meno … “
Guardo la faccia di suo marito e mi sembra di vedere il ritratto della disperazione: non ha la forza né la possibilità di pronunciare una sola parola; è chiaro che la scena l’ha profondamente umiliato; ma non può fare altro che accettare supinamente la dura scelta di sua moglie che a quel punto appare quasi innamorata di me;
Interviene Elvira, moglie del commerciante Nicola, sicuramente la meno colpevole.
“No, non è tutto, almeno per me. Io vorrei sapere quale sarà il ruolo di noi mogli in questa vicenda: lo strumento della tua vendetta su maschi arroganti? L’occasione per realizzare segreti sogni di rapporti clandestini? Momenti d’amore nascosti dal desiderio di vendetta? Io personalmente mi rifiuto categoricamente di pagare per errori di quel verme di mio marito, nel letto di tua moglie o al tavolo da gioco. Ma il gusto di fare l’amore, intensamente, con una persona che gradisco e che ho sempre desiderato, beh quel gusto mi eccita molto … e non per una sveltina.”
“Elvira, ti spiace raccontarmi l’incontro che sogni?”
“Nessun sogno, niente utopie: andare a cena in un posto elegante, esibirmi e farmi esibire con eleganza; conoscere il mio cavaliere e, se c’è chimica, farci tanto amore; e, se dovesse funzionare, innamorarmi decisamente.”
“Qualche cosa si può concordare; qualche altra dipende dal caso. Dove ti piacerebbe cenare? Come vuoi che ci vestiamo? Quando ti andrebbe di fare questo ‘torneo amoroso’?”
“Vorrei andare ‘chez maxim’ ma non ho un abito per la bisogna. Si può prenotare appena avrò un abito giusto, meglio se un sabato sera così, se funziona, possiamo stare insieme fino a lunedì mattina, quando devo andare a lavorare.”
“Che troia!”
E’ il commento di Daria, moglie di Mario il direttore di banca; vado in bestia.
“Mario, lo chalet vicino al mio, sul lago, è tuo?”
“Lo sai bene, da tanti anni … “
“Lunedì portami le chiavi e l’atto di proprietà: la tua ipoteca è scaduta.”
“Ma che dici, ho provveduto io stesso a prorogare la validità … “
“SI. Ma ieri pomeriggio hai venduto a me diverse ipoteche, tra cui la tua; io le ho acquistate e lunedì sarà all’incasso.”
Daria salta sulla sedia: so bene che l’atto di vendita è a suo nome.
“Tu non puoi toccare quello che è mio!!!!”
“No, sarai tu a toccare il mio cazzo e a farlo con garbo, sapienza ed eleganza, con le mani, con la bocca, con la figa e anche col tuo culo vergine che io provvederò a rompere, se vuoi mantenere la casa, il lavoro e la serenità. Se non ti va, preparati ad accompagnare tuo marito sotto i ponti quando avrò sparato tutte le bordate che ho in serbo per voi.”
Stanno piangendo insieme, marito e moglie, forse per la prima volta uniti in qualcosa; ma non mi lascio impietosire quando lei con aria contrita mi chiede scusa e mi invita a dialogare per cercare una soluzione.
“Innanzitutto, devi proclamare pubblicamente che sei una troia e chiedere scusa ad Elvira per esserti comportata da troia; poi accettare senza condizioni le mie imposizioni per pagare tu e tuo marito il debito che avete con me, di soldi e di dignità; se vuoi, ti sacrifichi per lui e ti fai sbattere almeno quanto si è fatta sbattere mia moglie; poi ti farai ancora scopare per almeno una settimana se vuoi la dilazione sull’ipoteca: hai sentito che non scopo più con mia moglie e il tuo culo vergine mi attizza molto.”
Con un cambio repentino di atteggiamento, che io so essere congeniale a Daria, diventa umile e piagnucolosa.
“Mi dispiace di essere stata così scortese; ma stasera tutto mi sconvolge, dalla tua sortita su tua moglie alle rivelazioni sulle porcate degli amici, compreso mio marito, dalla paura di perdere tutto fino alla considerazione che dieci anni di vicinanza fisica (visto che i nostri chalet sono adiacenti), di amicizia vera, di grande affetto e, perché no, di amore represso e nascosto mi hanno fatto molto male; sono scattata per delusione, non per violenza. Non sopporto di vederti così freddo dopo aver accarezzato per anni, scherzosamente, l’idea di andare a teatro io e te da soli e di concludere la serata facendo l’amore come ti avevo confessato di sognare spesso. Ecco, sono uscita fuori dai gangheri per questo e chiedo scusa a te, a tutti voi e al teatro dove non andrò più.”
“Chi lo ha detto? Il teatro è là; hanno anche un ottimo cartellone; io ho ancora per te tutta la passione soffocata negli anni e non la rinnego neanche sotto tortura: se perdono quello che mi ha fatto mia moglie, come posso non far pesare ancora qualche frase spaventata detta da te? Se vuoi che andiamo a teatro, io sono qui; e non pretendo neppure un ‘dopo’ se tu non sei disposta a vivere in concreto il sogno che abbiamo accarezzato prima di questa tempesta.”
“Non ho un abito …”
“Lunedì mattina tu ed Elvira andrete a mio nome alla boutique di Consuelo e sceglierete gli abiti giusti, a mie spese: voglio avervi a fianco bellissime ed elegantissime, quando mostreremo soprattutto ai vostri mariti come lo stile, l’eleganza, la bellezza cancellano lo schifo delle corna e le trasformano in autentica passione, quella che avrò per voi, non solo per una sera o per una notte ma per tutto il tempo che vorremo.”
A quel punto, le due coppie se ne vanno; restano con me Noemi e suo marito Franco che viene immediatamente spedito in camera alla sua postazione, una poltrona ai piedi del letto, mentre io e sua moglie finalmente ci baciamo con amore e ci avviamo ad una notte straordinaria con spettatori d’eccezione, suo marito cornuto e mia moglie puttana; l’abbigliamento di tutti e due è più complesso di quando si prevede di fare l’amore, io con giacca e cravatta e lei con un completo non agile da sfilare; ma, paradossalmente, lo spogliarello si fa decisamente intrigante e, naturalmente, assai più doloroso per il povero cornuto, visto che non lascio apparire un lembo di pelle senza coprirlo di baci e di lunghe leccate ed altrettanto fa lei che, ad ogni capo che mi sfila, prende ad accarezzarmi appassionatamente facendomi sentire tutta la dolcezza del suo corpo in ogni piega del mio: quando scopre il petto e i capezzoli, si fionda a succhiarli come non avesse desiderato altro in vita sua e il risucchio, la carezza della labbra e la spinta pelvica sul ventre mi stimolano un’erezione inusitata: Noemi abbassa una mano a prendere la mia asta e comincia a manipolarla esprimendo col viso e con i rumori della gola una lussuria spaventosa che mi eccita ancora di più .
Ancora più eccitato è suo marito che stringe con forza i braccioli della poltrona obbligandosi a stare fermo mentre ammira sua moglie che guizza come un serpente a farsi toccare i seni e il culo, a strusciare il ventre sul mio, a scoparmi da vestita prima ancora di essere arrivati a contatto di pelle; poi sembra esplodere e mi spoglia con furia, denudandomi in piedi ritto accanto al letto, dove si siede e prende in bocca il cazzo nella sua massima erezione: per un attimo sia io che suo marito temiamo che si possa soffocare, ma lei assorbe con eleganza la mazza nella gola e mentre infierisce sull’esofago e succhia, trova anche lo spazio per leccare l’asta con la lingua; perfino Rosalinda, che è entrata quasi di nascosto e si è accucciata ai piedi del letto, sembra impressionata dall’amore che Noemi mette in quel pompino: eppure ne ha fatti anche lei, e di tutti i tipi; alla fine, mi spinge sul letto, supino accanto a lei, mi balza addosso e si impala in figa, lanciando un autentico urlo selvaggio, non so se per la dimensione nuova per lei o per un orgasmo che le è esploso all’improvviso; mi scopa per qualche minuto, finché un nuovo orgasmo la fa crollare sul letto quasi esanime.
La lascio rilassare e riposare un poco e mi chino a baciarle la figa: apro le grandi labbra, succhio il clitoride per qualche momento, poi la faccio ruotare e mi dedico al culo statuario che si offre al mio sguardo; divarico le natiche e ammiro il forellino dell’ano, piccolo e grinzoso, decisamente intatto e desiderabile; ci infilo la lingua e lo stimolo ad aprirsi, raccolgo gli umori della figa e la penetro la prima volta con un solo dito; quando lo tiro fuori, avverto una sorta di richiamo del buco quasi ansioso di essere ancora penetrato; ripeto il gioco con due dita, prendo dal comodino il lubrificante e infilo tre dita a cuneo dilatando lo sfintere al massimo: non sembra soffrire ed anzi mi pare che accenni a risucchiarmi dentro; appoggio la cappella all’ano.
“No!” urla Rosalinda, fermandomi; poi, rivolta a Noemi e con un tono più amichevole.
“Non farti inculare da dietro: vedresti solo il lenzuolo su cui giaci; fatti inculare guardandolo negli occhi: anzi, guarda tuo marito, mentre lui ti penetra; così darai a Davide il culo con l’amore che gli hai annesso; e a tuo marito quella verginità che lui si è giocata male: così non dimenticherai questo momento e avrai due uomini da amare mentre ti fai sverginare.”
L’ipotesi è assai suggestiva: la faccio ruotare, sollevo le gambe finché i piedi si incrociano dietro la mia nuca, sistemo un cuscino sotto le reni e, guardandola direttamente negli occhi e avvertendola passo per passo, comincio a penetrarla nel culo: si fa un male del diavolo e le chiedo se vuole che mi fermi; fa cenno che assolutamente devo andare avanti, finché avverto che l’asta è tutta nelle sue viscere: sta lacrimando, mentre guarda suo marito che, inebetito, piange forse più di lei; Rosalinda ha seguito ogni movimento con passione, si titilla il clitoride e mi guarda estatica; mi pare di vederle sussurrare un ‘ti amo’ che rifiuto aprioristicamente.
La scopo con foga nel culo, finché non la sento urlare per la terza volta consecutiva che sta sborrando dal culo; poi esplodo anch’io nell’intestino, abbandonandomi su di lei esausto; andiamo avanti così per ore, fino all’alba; Rosalinda è crollata addormentata per terra, Franco è letteralmente distrutto, dal dolore, dall’umiliazione, dalla rabbia; Noemi si è addormentata estatica, forse felice, e se ne sta sbracata sul letto in posa strana e disarticolata; anch’io ho sonno, ma cerco di tenermi sveglio, almeno finché posso.
Il sabato successivo è prevista la cena con Elvira, che, allo scopo, è andata con Daria a scegliere un abito adatto nella boutique di Consuelo, sicuramente la più elegante e la più aggiornata della città, che ha offerto loro due capi assolutamente eccezionali ed invidiabili: quando passo da casa sua per andare a cena ‘chez Maxim’ esce con un vestito da sera lungo, blu notte, che mi fa sbarrare gli occhi dalla meraviglia: l’abito non solo è all’altezza del ristorante dove andiamo, il più lussuoso e caro della città, ma sarebbe stato all’altezza di qualunque location importante; mi sento molto orgoglioso di passeggiare con a fianco una tale bellezza, anche se solo per il breve tratto dal parcheggio al locale; ma anche la sola passerella nel locale per raggiungere il tavolo è capace di mobilitare la curiosità di tutta la creme della città che, come sempre affolla il locale; mentre ci muoviamo con grazia quasi innata, sento Elvira sussurrare quasi con commozione.
“Solo per questa passeggiata avrei dato venti anni della mia vita; e invece eccomi qua col più bel cavaliere del mondo; lo so che non dovrei, ma in questo momento ti amo dal profondo del cuore.”
“Perché non provi a dimostrarlo a noi e a dirlo a tutto il mondo?”
Si ferma di colpo in mezzo alla sala, mi blocca, mi fa fare un mezzo giro e me la trovo in braccio che mi bacia con l’amore di una amante antichissima; gli sguardi intorno sono di fuoco, per i più disparati e diversi motivi; io gongolo come un pavone e metto su la coda; riusciamo, come dio vuole, ad arrivare al tavolo e prendiamo posto tra i salamelecchi della servitù: Nicola è un commerciante molto noto, presidente di molte associazioni; sua moglie è altrettanto conosciuta; ed anche io godo di una certa notorietà; inutile dire, che la serata è tutta per il gossip dell’amicizia tra l’avvocato e la moglie del commerciante, i quali se ne fregano, spariscono in una nuvola di amore e se ne cibano per tutta la sera, più ancora del cibo, genuino ed ottimo, che viene servito al tavolo; al termine, non ci sono esitazioni sulla destinazione; andiamo a casa mia e risparmiamo a Nicola l’ulteriore oltraggio della presenza in camera da letto, visto che le corna sono state già decretate dal bacio al ristorante; troviamo invece, accucciata al posto che era stato sempre suo, Rosalinda, che si adatta per terra, ai piedi del letto, rifiutando la camera degli ospiti.
“E’ stato meraviglioso vederti fare l’amore con Noemi; Elvira si vede già, anche se siete ancora vestiti, che è molto innamorata di te; io non mi perdo lo spettacolo del vostro amore. Per ora mi basta quello. Forse un giorno mi perdonerai e tornerai a darlo anche a me. Adesso lascia che vi ammiri e che ti amo in silenzio, anche attraverso di lei.”
Guardo Elvira, quasi a chiedere la sua opinione; mi fa cenno che per lei sta bene e mi accingo a spogliarci; Rosalinda vuole partecipare al rito, visto che il mio smoking e l’abito da sera di lei sono impegnativi; ci aiuta a metter via capo per capo e un paio di volte approfitta della cosa: una prima volta, quando sfila il reggiseno ad Elvira e, di colpo, si abbassa su un suo capezzolo e lo prende a succhiare come una bambina affamata; le sue labbra, carnose e a cuoricino, quasi a ventosa, sembrano fatte apposta per estrarre latte dal petto e mi accorgo che Elvira gode molto dell’intensa leccata; fermo la testa di Rosalinda e in qualche modo le impongo di continuare a leccare finché l’altra non da segno di godere fino all’orgasmo; a quel punto, prendo tra le labbra l’altro capezzolo e la succhiamo in due; naturalmente, la fermata successiva c’è quando abbassa il mio boxer e il cazzo, sollecitato all’estremo per tutta la serata ma portato al parossismo dallo spogliarello, le balza in faccia duro come un fuso: Rosalinda lo prende in bocca e se lo spinge in gola fino al soffocamento; Elvira che lo vede, finalmente, per la prima volta, immediatamente si accovaccia ai miei piedi, la sposta e si imbocca lei con estrema goduria; prendo Rosalinda, dolcemente, per i capelli e le indico la poltrona; si ritira in silenzio leccandosi le labbra.
Muovendo delicatamente il bacino, per qualche minuto godo a passare la cappella sul palato di lei e a sentire la punta della lingua stuzzicarmi il meato; quando mi accorgo che l’esercizio mi porta troppo direttamente all’orgasmo, spingo via Elvira e la faccio stendere supina sul letto; mi abbasso tra le gambe divaricate e le prendo in bocca le grandi labbra carnose per arrivare immediatamente al clitoride che succhio golosamente; gode facilmente e in breve mi trovo il viso pieno dei suoi umori vaginali, mi stendo quasi strisciando sul suo corpo, mi infilo tra le cosce e la penetro delicatamente, ascoltandomi goduriosamente i gemiti che emette a mano a mano che il cazzo si fa largo nella sua vagina; quando esplode in un orgasmo quasi liberatorio, mi fermo su di lei restandole inchiodato in figa e le chiedo con amore se vuole davvero che le rompo il culo.
“A Noemi lo hai fatto serenamente; perché con me ti fai scrupolo? Non credi al mio amore per te? Pensi che abbia recitato stasera? O forse non sai che, di tutti, mio marito è stato il più porco, si è vantato di avere scopato Rosalinda più volte in tutti i buchi, specialmente nel culo? Io mi sono innamorata di te, e non da stasera; voglio vendicarmi anch’io, con te, dell’umiliazione che mi imposto Nicola; ma, soprattutto, dimostrarti il mio amore, con questa verginità che credo tu meriti più di chiunque altro. Ti prego, rompimi il culo fammi ricordare questa notte come la più dolce della mia vita, fammi ancora galleggiare come hai fatto al ristorante.”
“A parte il fatto che al ristorante chi ha galleggiato sono stato io, e per merito tuo; a parte che l’idea della vendetta è ormai un ricordo lontano; a parte ogni considerazione, io voglio sapere solo se hai piena coscienza di quello che faremo e di quello che ne può conseguire. Avevamo detto: amore per una notte; qui si pongono le basi per ben altro; e non vorrei la responsabilità di famiglie che si sfasciano.”
“L’unica cosa che devi sfasciare è il mio culo: fallo e farmi felice!”
Quasi fosse ormai un suo preciso diritto, Rosalinda si muove dalla poltrona dove si era accucciata e le va dietro, le accarezza dolcemente le natiche e la stende bocconi sopra di me, lavorandole l’ano con grande perizia: avverto, dalla morbidezza sempre maggiore del seno e dai gemiti dolci e lamentosi che si susseguono, che Elvira si scioglie lentamente e cede progressivamente alle stimolazioni anali; vedo Rosalinda andare al cassetto e prelevare il flacone del lubrificante; chiedo ad Elvira come si sente e mi risponde ‘in paradiso’ mentre osservo che l’altra spinge con forza la mano nel culo: la donna è pronta a farsi inculare con gioia, mia moglie (lo è ancora, nonostante tutto!) le suggerisce di salirmi sopra, come per una smorza candela, di appoggiare la cappella all’ano e di impalarsi a suo piacimento, fino ala radice; Elvira lo fa, con tanto amore: lo sento dal dolore che prova e che segnala con gemiti più forti, ogni volta che l’ano si abbassa un poco di più sull’asta e nuovi tessuti vengono forzati a ricevere l’ingombro della mazza: lo sento da come ogni volta si ferma per riprendere fiato e andare più a fondo, finché i peli del mio pube le solleticano il perineo.
“Sei tutto dentro! Ti amo!”
Mi sussurra con dolcezza; poi Rosalinda le suggerisce di cavalcarmi selvaggiamente e l’altra esegue: a mano a mano la sua cavalcata è più selvaggia e lussuriosa finché, di colpo, si schianta sul mio ventre con gli strani e violenti rumori che un orgasmo misto tra figa e culo scatena normalmente; tenendosi piantato il cazzo nel culo, si stende su di me e mi bacia a lungo con amore.
“Non uscire ancora da me; non uscire mai più da me; mi sento totalmente tua; ti sento totalmente mio; ti amo, con tutto il corpo, con tutta me stessa!”
Rosalinda soffre, di queste espressioni, e si rifugia nella sua poltrona, accucciandosi come un cane bastonato.
“Scopala, perdio, faglielo sentire fin dentro lo stomaco! Non vedi come è innamorata? Adesso devi sbatterla come uno zerbino; adesso devi darle sesso dopo tutto l’amore che l’ha riempita. Maledetto stronzo, impara anche a scopare, dopo avere amato tanto!”
Rosalinda sta mettendo il dito sulla piaga della sua insoddisfazione; e lo fa per una rivale, una che mi ama solo da una sera; ma lei ha portato troppo oltre il bisogno di sesso, anche se in cuor mio so che anche un poco di sana bestialità ci vuole: ruoto Elvira per averla sotto di me e comincio a picchiare con forza nel suo culo: accoglie le spinte con gioia, con goduria e mi incalza a spingere di più; raggiunge non so più quanti orgasmi e con i muscoli del retto mi succhia la verga finché esplodo; mi abbatto letteralmente su di lei e il cazzo, scivolando fuori, farebbe un macello con i liquidi che fuoriescono dal’ano; ma Rosalinda è stata previdente, ha sistemato un canovaccio sotto di noi e si precipita a pulire con salviettine sia culo e figa di Elvira che il mio cazzo: a quest’ultimo, a sorpresa, riserva anche un pompino ben fato che mi porta ad una nuova, imprevista erezione; la accarezzo con dolcezza, conscio finalmente dei suoi perché; ma non le perdono il male che mi ha fatto e che sto trasferendo ad altre povere innocenti.
“E’ tutta colpa mia: è vero; ma non capivo più niente ed ho fatto la prima cosa che mi veniva in mente. Spero solo che loro non paghino troppo per la mia avventatezza; in fondo, sono vittime come e più di me di maschi ottusi.”
Non ho voglia di filosofeggiare; mi dedico ad Elvira e la accarezzo a lungo, teneramente, su tutto il corpo; passiamo tutta la notte ad alternarci fra tenere carezze e violenti assalti alla figa, al culo, alla bocca; al mattino, quando decide di tornare a casa sua, indosso un pantalone ed una maglietta e la accompagno in macchina, ancora incorniciata nel suo bellissimo abito che la fa meravigliosa; mi chiede se ci vedremo ancora e se le darò ancora tanto amore; le rispondo solo che le cose si fanno in due e, se me lo chiede, io sono comunque tutto suo, come mi ha detto nell’estasi dell’orgasmo anale; prima di lasciarla andare, la bacio con la passione di un grande amante o con l’ansia di un innamorato che al momento del saluto è già proiettato al prossimo incontro.
L’incontro con Daria è il più problematico, in parte per una sua naturale aggressività che la porta a risposte sempre alterate, salvo poi ricredersi e scusarsi con umiltà persino eccessiva; in parte per una forma strana di soggezione al ruolo, moglie del direttore della banca, che la obbliga ad essere sempre un po’ sulle sue; in parte, ma soprattutto, per la reazione aggressiva tipica dei timidi: in altri termini, se si vuole conquistare la sua fiducia, bisogna andarle incontro fino ad un certo punto e poi eventualmente guidarla anche dove non vuole; oppure, se la sua amicizia non interessa, basta mandarla al diavolo immediatamente prima che insorgano motivi di polemica e di scontro.
Sullo specifico della questione corna: del marito a me, mie a suo marito, ha già espresso il suo profondo disagio e, in qualche modo, giustificato suo marito; ma ha anche dovuto ammettere la loro debolezza per i debiti accumulati e soprattutto per un certo feeling che tra noi si è stabilito da anni e che ci ha fatto spesso giocare sulla possibilità di organizzare qualcosa in due, senza e contro i rispettivi coniugi; di fronte al dato di fatto che certe ipotesi scherzose possono trovare corpo, è chiara l’angoscia che l’assale e la tendenza a ritirarsi; per di più, c’è stata la mia offerta a scegliersi l’abito che preferiva per la serata, che è comunque un mio regalo non da poco; come per Elvira, Consuelo ha suggerito un abito lungo nero di raffinata leggerezza, che in certi punti diventa persino trasparenza su un corpo statuario: Daria lo indossa con la disinvoltura della modella abituata a sfilare e riesce a far sbarellare pur essendo totalmente coperta in maniera quasi monacale.
Nel foyer del teatro, il suo procedere, come galleggiasse su una nuvola, tra il gossip che si scatena alle sue spalle, gli sguardi di ammirazione esasperata dei maschi e quelli inferociti di invidia delle femmine, la fa apparire una diva che percorre il red carpet e riduce me a cicisbeo di una dama di classe superiore, prono ai suoi voleri e pronto a servirla come l’ultimo dei lacchè: la situazione non mi imbarazza; anzi, mi diverte moltissimo e non perdo occasione per dimostrare anche concretamente la mia dimestichezza con la moglie del direttore, scatenando riferimenti inequivocabili a corna vere o presunte che favoriscono chiaramente la mia vendetta; Daria se ne avvede ma fa buon viso a cattivo gioco.
Occupiamo un palchetto abbastanza defilato, solo per noi due; quando si spengono le luci, tento un approccio accarezzandole un seno da sopra al vestito; sposta con fastidio la mia mano; cerco di baciarla, ma si sposta; rinuncio a qualsiasi ulteriore approccio; nell’intervallo, andiamo nel ridotto e mi profondo in milioni di coccole e cerimonie quasi a raccontare a tutti ‘questa donna sta con me!’ e l’intensificarsi dei commenti e dei riferimenti alle corna mi da il segnale che l’operazione è perfettamente riuscita; come dio vuole, riusciamo ad arrivare alla fine dello spettacolo, di cui non ho colto neppure il titolo, e saliamo in macchina; dirigo immediatamente a casa sua; arrivati, la faccio scendere, ma non la saluto e salgo in casa con lei; di fronte alla sua aria interrogativa, le dico che ho bisogno di parlare con suo marito; a Mario comunico che sua moglie non me la sono scopata ma che lunedì l’ipoteca li priverà dello chalet, dal momento che, dopo le corna di lui, si è registrato anche l’inganno di sua moglie che si è fatta regalare un vestito di lusso, si è fatta portare a teatro e alla fine non ha ottemperato a nessuno degli impegni assunti, rendendo così vano l’accordo ed autorizzandomi a far scattare la riscossione del’ipoteca; sono ambedue fuori dalla grazia di dio e non capisco affatto cosa si aspettassero da quella serata.
“Speravo che il senso di amicizia prevalesse … “
Azzarda lei.
“… come ha prevalso in tuo marito, nei rapporti con mia moglie, e in te, nel rispetto degli accordi. Tieniti il vestito a pagamento della bella figura che mi hai fatto fare; dimenticati lo chalet e dimentica soprattutto l’amicizia. Alla fine, Rosalinda, con la sua troiaggine, è più leale ed onesta di te. Auguri per le prossime battaglie che vi scatenerò … e non sarò mai più tenero con te: la memoria dei nostri sogni ad occhi aperti è stata stracciata dalla tua arroganza!”
Vado via inferocito dalla loro casa, fermamente deciso a fare molto male a tutti e due per le scorrettezze gravissime, anche se so quasi per certo che lei, ottusa e talvolta stupida come è, da un momento all’altro potrebbe tornare convinta di poter chiedere scusa e rimediare a tutto con qualche sorriso; me ne vado a casa mia, trovo il letto regolarmente occupato in parte da Rosalinda che pisola; al rumore che faccio entrando, si sveglia di colpo e si solleva per alzarsi; le faccio cenno di restare dov’è: in fondo, è il posto suo e, a ben guardare, ancora lo merita, almeno in confronto a certe sedicenti amiche innamorate; mi spoglio e mi stendo accanto a lei; mi si avvicina timorosa e mi abbraccia.
“Ti da fastidio se ti faccio un poco di amore … solo con la bocca?”
Faccio cenno di no; anzi, le prendo la testa e l’appoggio all’inguine; comincia a leccarmi il cazzo dalla radice, come sa fare da sempre … ed io sento un languore dolce, che scioglie i nervi e le tensioni accumulate; sto pericolosamente e lentamente sciogliendomi anche io e, per la particolare situazione, sembro quasi disposto a cancellare di colpo tutto un passato di errori e di pene: Rosalinda mi appare al’improvviso una dolce e debole compagna che forse merita più amore e assistenza che non giudizi severi e punizioni più o meno meritate; sto quasi per prenderla per le braccia, sollevarla e baciarla con l’amore che un tempo è stato fondamento di vita, per qualche anno si è tramutato in odio feroce ed ora sembra diventato tenerezza incalcolabile, anche per la presenza del figlio che deve nascere: un solo bacio in questo momento, sarebbe un sigillo quasi sacro; mi interrompe il telefono che squilla: manco a dirlo è Daria, docile e remissiva, apparentemente pentita, e sinceramente dice lei, dell’errore commesso e pronta a rimediare; se voglio, viene a casa mia anche con suo marito e si piegano ai miei dictat come era stato concordato; perdo completamente le staffe.
“Sei troia e irrimediabilmente, inguaribilmente stupida; con te non basta dire: bisogna ripetere, spiegare, chiederti di ripetere e domandarti dieci volte se hai capito bene. Ho detto a chiare lettere che non scopo, non lo so, non lo posso e non lo voglio fare. Avevo accettato di venire con te a teatro e poi di fare l’amore, FARE L’AMORE, capisci quest’espressione? E capisci la differenza, la distanza abissale che c’è dai ‘dictat’ che dici tu? Tu non hai capito niente della serata d’amore che ti proponevo e che hai calpestato quando l’hai respinta e che continui a mortificare quando la confondi col sesso imposto. Non mi interessa che tu entri nel mio letto né che io entri nel tuo; mi sarebbe piaciuto amarti ed essere amato per una sera: avrei rinunciato anche al sesso, se si fosse stabilito un contatto umano, vero, d’amore, come è stato con Noemi e con Elvira che hai definito troie. Adesso sei solo una puttana che ho pagato perché si esibisse con me nel foyer e tutti pensassero che sei la mia amante.”
“Noi veniamo lo stesso; parlare per telefono non ha senso!”
Chiedo a Rosalinda di rintanarsi nella camera degli ospiti fino a che non la chiamo; indosso una vestaglia sul corpo nudo e vado in salotto ad aspettarli; impiegano meno di dieci minuti; vado ad aprire e mi trovo di fronte lei elegante come l’avevo lasciata, lui addirittura in smoking; li faccio accomodare e verso anche cognac per tre; comincia Daria.
“Io non ho mai detto che accettavo di fare l’amore con te per pagare il prezzo di una scopatina che mio marito ha fatto con tua moglie; queste cose si fanno in due e se te la vuoi prendere con qualcuno, fallo con tua moglie che l’ha data via così alla leggera a tutti, compresi i tuoi amici.”
“E per dirmi queste stronzate vieni fino a casa mia? Il telefono non ti bastava?”
“No; devo anche dire che tu mi hai ingannato portandomi a teatro e facendomi esibire come una tua amante …”
“Hai altre ingenuità da confessare? I sogni di tradimento che abbiamo fatto allo chalet? Gli ammiccamenti ad ogni occasione? La smania di fare sesso che dicevi di reprimere a stento?”
“Tutte cose che si dicono: quelle che si fanno sono altro!”
“Bene; tu hai parlato; io lunedì incasso l’ipoteca: questo è un fatto. Adesso, se vuoi, facciamo qualche verifica.”
Chiamo ad alta voce Rosalinda e le chiedo in quante occasioni si è incontrata con Mario; fa segno dieci con le mani; le preciso che non parlo di scopate ma di incontri; ribadisce il dieci; aggiunge che non era neppure bravo e che non si è mai divertita con lui; chiedo perché ci andasse; mi risponde che le faceva regali di grande valore; Daria progressivamente sbianca fin quasi a venir meno; la esorto a bere il cognac; lei, astemia, ne beve un sorso e sembra riprendersi; ringrazio Rosalinda e la rispedisco in camera.
“Adesso non vi resta che andarvene e sparire per sempre dalla mia vita.”
Il mio tono non lascia adito a dubbi; Mario balbetta.
“Oltre allo chalet, che cosa pensi di prenderti?”
“Tutto quello che ti appartiene, tranne tua moglie che mi fa soltanto pena; io non sparo sulla croce rossa e non mi sbatto a letto una povera imbecille incapace di guardare in se stessa e fuori di sé; quella te la puoi tenere a farti compagnia quando andrai per mense assistenziali, dopo che vi avrò distrutti.”
Rosalinda non è andata via; interviene lei.
“Davide, mi ami ancora?”
“Che razza di domande? Si, ti amo come quando ti ho conosciuta, come quando ti ho sposato. Serve a qualcosa?”
“Se ti dico che ti amo, mi credi?”
“Non ho motivo per non crederti; ma non accetterò mai di toccare il tuo sesso, il tuo corpo, almeno fino a quando nascerà nostro figlio.”
“Non voglio che tocchi il mio corpo; vorrei che mi dichiarassi il tuo amore mentre fai sesso con lei, senza neppure guardarla in faccia, scopandola da dietro in tutti i buchi. Pensi di poterlo fare?”
“L’idea stessa di fare sesso senza un briciolo d’amore, mi ripugna.”
“Non è questo che ti chiedo. Tu le dai sesso senza guardarla in viso, per riscattare le porcate di Mario; ma guardi nel viso me e mi concedi la tua bocca, quella almeno me la puoi dare? … Mentre le dai sesso a me racconti tutto l’amore che mi vuoi e mi lasci piangere in pace e pentirmi delle mie stronzate; lei intanto guarda in faccia suo marito, mentre subisce dentro di sé la tua violenza: e in questo modo gli fa capire quanto è costretta a farsi umiliare perché lui è stato un porco. Alla fine, io ho il tuo amore, lei il tuo sesso, tu il mio amore e la tua vendetta, loro risparmiano le mazzate che vuoi dargli. Vuoi cercare un po’ di pace per tutti noi o preferisci mantenere viva una guerra che non fa bene a nessuno?”
Mi rivolgo ai coniugi.
“Per me, la proposta di Rosalinda è valida; voi che decidete?”
“In altre parole, cosa ti aspetti da me?”
Daria è stupida da fare rabbia
“Senti, bella, quando si pose il problema, tu già facesti questi discorsi e, quando mi dicesti che non avrei toccato quello che ritieni tuo, lo chalet, fui costretto a dirti chiaro e tondo che saresti stata tu a toccare il mio cazzo e a farlo con garbo, sapienza ed eleganza, con le mani, con la bocca, con la figa e anche col tuo culo vergine che io avrei provveduto a rompere, se volevi mantenere la casa, il lavoro e la serenità; se non ti fosse andata a genio la mia soluzione, ti consigliavo di prepararti ad accompagnare tuo marito sotto i ponti quando avessi sparato tutte le bordate che ho in serbo per voi. A queste condizioni, avevi accettato di venire a teatro con me, perché tu ci tenevi allo chalet, ed avevi promesso che dopo avremmo fatto l’amore. Ti sei tirata indietro; ora sei tornata ad elemosinare la mia pietà. Cosa offri in cambio? … se ti azzardi ancora ad offrire la tua falsa amicizia, giuro che da domani finisci sul lastrico.”
“Rosalinda propone quindi che mi faccio sbattere da te come un tappetino e che di questo devo incolpare Mario, anche se la mia dignità la offendi tu; allo stesso modo, se rifiuto, ci mandi sul lastrico ma affermi che la colpa è sempre di Mario: sei bravo a scaricare barili!”
Interviene suo marito.
“Daria, guarda che le colpe sono tutte mie: io ho fatto sesso con sua moglie, io gli ho venduto le ipoteche; cosa pretendi da un estraneo?”
“Non pretendo niente! Tu hai sbagliato; tu paghi. Io non pago per te!”
“Adesso ve ne andate da casa mia e non vi azzardate mai più a disturbarmi perché perdo le staffe e sono capace di tutto ……. F U O R I D A C A S A M I A!!!! Avete capito?”
Quando sono usciti, chiedo a Rosalinda di dormire con me e di completare quello che stavamo facendo. Mi addormento dopo che per la seconda volta mia moglie, con grande perizia e con grande amore, è riuscita a procurarmi con la bocca un orgasmo da enciclopedia ; passiamo a letto tutta la domenica e ci ricopriamo di baci, anche se non oso accostarmi alla sua figa.
Il lunedì mattina, in banca, chiedo di parlare col direttore; mentre aspetto, entrano Noemi ed Elvira e ci intratteniamo a parlare del più e del meno: Elvira, in particolare, è rimasta molto colpita dal nostro incontro e mi chiede se e quando ci rivedremo; dico apertamente che sto cercando di recuperare il rapporto con mia moglie, che ho molte difficoltà e che, per il momento, non voglio turbarla più del necessario; ma ricordo con grande amore la cena e sicuramente, in qualche modo, ci troveremo insieme; arriva Mario e mi consegna l’atto di proprietà dello chalet; Noemi intuisce e chiede.
“Che ha combinato Daria?”
“Non vuole tenere i patti.”
“Ma se in tutta la città non si parla che della vostra sceneggiata a teatro!”
“L’intelligenza di quella donna è tale che nega l’evidenza!”
“Quindi, passa per puttana che cornifica il marito e ti dà punti di vantaggio; non fa l’amore con te e perde lo chalet, altri punti di vantaggio. Devo aspettarmi altro?”
“Per ora Rosalinda mi trattiene dall’infierire perché trova che già hanno pagato abbastanza; ma quella signora merita una lezione, per lo meno perché gioca sulle parole per promettere e negare come la peggiore delle cortigiane storiche.”
Mi squilla il telefono e mi allontano per rispondere; è Daria, l’ultima persona al mondo che mi aspettavo.
“Ce l’hai ancora con me?”
“Diciamo che non ti annovero tra gli amici.”
“E tra le amanti?”
“Ancora rompi i coglioni? Ma se mi hai respinto, a teatro, e poi ti sei negata davanti a Mario!”
“Appunto. Vuoi essere il mio amante, senza usarmi come merce di scambio con mio marito o con tua moglie? Te la senti di amarmi per me, senza se e senza ma? Io ti ho sempre detto che ti amavo, ma mi sentivo legata dal matrimonio; ora quel legame non regge. Mi vuoi amare per me stessa?”
“Quando e dove vuoi che ci vediamo?”
“Passa adesso da casa mia e portami dove si porta un’amante clandestina!”
Richiamo Mario, gli restituisco l’atto di proprietà e gli dico che ci ho ripensato, che rivedrò il mio atteggiamento e che non voglio fare del male a nessuno; mi ringrazia e ci salutiamo; vado direttamente a casa di Daria e la trovo già pronta; monta in macchina e, quando le chiedo dove le piacerebbe andare, mi chiede di scegliere tra i nostri due chalet gemelli e vicini; le dico che non mi va e punto diritto alla montagna verso un paesetto semisconosciuto che avevo visitato una volta per avere sbagliato strada: c’è una locanda con alloggio che fa al caso nostro.
Arriviamo che sono le undici; lei avverte il marito che potrebbe rientrare assai tardi a sera o addirittura passare la notte fuori con amiche che le hanno fatto una sorpresa: io non dovrei avvertire nessuno; ma mi faccio lo scrupolo di comunicare a Rosalinda che starò fuori forse qualche giorno; mi avverte che Carlo le ha fissato l’intervento per la ricostruzione dell’ano e che l’indomani entrerà in ospedale: le fa
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