- [ ] Ancora non mi capacitavo di come facevo ad essere già sveglio a quell’ora e a vagare per la stazione ferroviaria in mezzo al gelo di dicembre. Il deserto che mi circondava mi dava quasi ad intendere che fossi l’unico sfortunato che doveva recarsi il sabato mattina fuori città per lavoro così presto, fortuna che scrutando il tabellone, il treno risultasse già sul binario così non tergiversai, lo raggiunsi è salii a bordo per riprendere temperatura. I posti a sedere (per mia somma gioia) erano racchiusi in cuccette, il che garantiva una certa privacy una volta trascinate le tendine sulla porta d’accesso: non amo molto il contatto con le persone, soprattutto a quell’ora. Mi accomodai nel primo posto a sedere verso la porta dei sei disponibili ed iniziai a giochicchiare con il telefono per una decina di minuti poi arrivò Lei: giunonica, lunghi capelli biondi, a giudicare dall’abbigliamento stava probabilmente rientrando a casa dopo una serata in qualche locale della zona. La vidi passare di sfuggita dal vetro mentre attraversava il corridoio in cerca di un posto a sedere: sapete quei secondi che ci sembrano durare giorni? Era esattamente uno di quelli. Fui estremamente incuriosito da quell’immagine a quell’ora che non riuscii più a togliermela dalla mente. Passi lungo il corridoio. Arrivano nella mia direzione. Eccola. Entra nella cuccetta e si siede nella fila in fronte a lato del finestrino. Ha il telefono appoggiato all’orecchio mentre rovista freneticamente nella borsetta. Cerco di scrutarla senza farmi notare troppo: l’eyeliner pesante contorna gli occhi di una creatura un po’ segnata dall’età ma estremamente affascinante e quei tratti androgini mi incuriosiscono sempre di più. “Katia vedi che sto prendendo il treno, mi raggiungi in stazione? Eh grazie che almeno non me la faccio a piedi che si muore dal freddo! ......... ecco brava! Ti bacio cara! Un bacio! Ciao, a dopo! Ciao!”. Dalla breve conversazione telefonica intuiscono dalla cadenza femminile esasperata delle sue parole che la mia compagna di viaggio è una transgender: un’affascinante transgender, non una bellezza oggettiva ma personalmente rispecchiava un po’ lo stereotipo della donna matura delle mie fantasie e per quanto mi sforzassi non riuscivo a togliere gli occhi da quelle gambe imponenti strette nel nylon delle calze che la minigonna permetteva di ammirare. Non mi aspettavo nulla, ogni tanto buttavo l’occhio su di lei e cercavo di catturare qualche particolare, lei si sentiva osservata, mi rivolgeva lo sguardo e io tornavo sul telefono come se fossi del tutto indifferente. Si portò alle orecchie gli auricolari, rimase paio di secondi in silenzio e poi “Katia, sono di nuovo io! Eeeeeh che palle! Portami il cavetto che ho il telefono scarico! E fammi sto favore, va! ..... mah più o meno, non c’era tanta gente ..... no, no. Niente ...... ma cosa ti devo dire? Se non c’era niente, non c’era niente oh! ..... poco, due drink ..... non sono ubriaca ma guarda che sei stupida eh!” disse ridendo per poi urtare la borsetta e far riversare il contenuto sul pavimento dello scompartimento “mi fai fare delle figure tu! Ci vediamo dopo dai” d’istinto mi prodigai a raccogliere gli oggetti che avevo ai piedi: un pacchetto di sigarette, un accendino, un rossetto e glieli porsi mentre lei imbarazzata sussurrò “lasci, lasci non si preoccupi, faccio io” - “ma si immagini, per così poco” le sorrisi e lei ricambiò. “Che fatica sta vita” disse ridendo “eh a quest’ora è davvero faticosa in effetti” - “le dispiace se mi siedo accanto a lei? Sono vecchia e non ci sento bene, vorrei evitare di chiedere di ripetere ogni volta” - “si ma certo e comunque Signora, non sembra affatto vecchia” ammiccai” - “oh ma piantala che potresti essere mio figlio.. quanti anni hai tesoro?” passammo dal LEI al TU in una quindicina di secondi “30.. tu non me li dire” ridemmo insieme poi il silenzio: lei probabilmente aveva iniziato ad ascoltare musica e a viaggiare mentalmente guardando le luci che scorrevano veloci fuori dal finestrino e io che avendola così vicino riuscivo a sentire il suo profumo e ad osservarla meglio. Il cappotto semichiuso lasciava intravedere la scollatura e quello che pensavo fosse il seno era in realtà solo l’imbottitura del reggipetto. Si voltò e a sto giro mi colse in fragrante: le sorrisi e lei si lasciò andare appoggiando la sua testa sulla mia spalla. Tambureggiava con le unghie lunghe decorate sul mio ginocchio destro a ritmo della musica che aveva nelle cuffiette. Me ne porse una, accettai e condividemmo quella che sembrava una playlist latino-americana. “Tu balli?” Indagò “no, non sono molto appassionato del genere” - “io ne vado matta, adoro il contatto fisico.. mi fa stare bene..” disse spostando la mano dal mio ginocchio quasi al mio interno coscia scoprendo con felice stupore la mia erezione “ah bene quindi a quest’ora non tutti dormono”. Non sapevo cosa rispondere e per farle capire che volevo continuasse, le baciai dolcemente la nuca. Si accoccolò ulteriormente, canticchiava e massaggiava il mio membro con maestria premendo con due dita sulla lunghezza verso il pube e ritornando in punta con le unghie. Quei jeans mi iniziavano a stare stretti ma temevo terribilmente che passasse il controllare e volevo evitare. Non conoscevo il suo nome, mi stava mandando fuori di testa: non ho mai avuto pulsioni omosessuali ma in quel momento sarei stato alla mercè di ogni sua singola richiesta. Pensavo a ciò che aveva fra le gambe: a come sarebbe stato darle piacere, sentirla gemere e probabilmente se avesse tentato di profanarmi con tutta quella tenerezza, non sarei riuscito a negarglielo. Iniziavo a sentire fitte fortissime allo scroto per via della troppa eccitazione, colsi un momento in cui disaccavallava le gambe per poter tentare di infilare la mia mano destra sulla sua coscia sinistra. Sotto la gonna. Con stupore non percepii nulla. Mi aspettavo di trovare un lembo di carne pulsante ma le mie aspettative si erano infrante su quello che sembrava un body. Avvertii il mio stupore e senza interrompere l’attività disse “tesoro.. c’è ma c’è anche tutta un’imbragatura per nasconderlo” - “oh capisco..” risposi dimesso “Vieni con me” prese la borsa, mi tenne per mano , guardo nel corridoio e mi accompagnò nel bagno. Chiudemmo la porta e ci perdemmo in un bacio così carico di passione e di voglia da sembrare esso stesso un atto sessuale. Slacciò il body da sotto la gonna e fece emergere tutto il suo turgido piacere. Era di media lunghezza ed il prepuzio copriva il glande. Mi inginocchiai ai suoi piedi e senza pensarci troppo lo feci sparire nella mia gola. Lo volevo tutto, volevo fare tutto ciò che fosse nelle mie possibilità per darle il piacere che meritava. Era appoggiava con la schiena al muro, un piede sulla tazza per poter divaricare meglio le gambe e io fra di esse. Cercavo di accompagnare i movimenti che lei mi impartiva tenendomi le mani sulla testa. Le mie labbra cingevano il suo prepuzio e la mia lingua percorreva tutta la lunghezza di quel caldo pene pulsante. Gli spasmi si facevano sempre più frequenti, mi spostai, la guardai negli occhi e presi a leccare il filetto. Capii che era giunto il momento. Appoggiai la bocca sul suo glande e la lasciai scaricare tutto il seme dentro di me. Mi tirò su di peso e mi baciò intensamente. Le nostre lingue impastavano lo sperma con la saliva e il suo sapore acre non mi dispiaceva affatto. “Sei una creatura fantastica, sciacquati la faccia così ti riprendi un po’” disse baciandomi dolcemente il viso dopo essersi risistemata il body “ci vediamo di la” chiuse la porta e io mi presi un po’ di tempo per cercare di realizzare cosa fosse appena successo. Il treno si fermò ma subito non ci feci troppo caso ma tornando in cabina non la trovai più. Come era arrivata, sparì.
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