Dopo il racconto di mio marito, che tra l’altro mi è piaciuto tanto, adesso tocca a me cimentarmi nell’arte della narrazione, ma considerando il fatto che purtroppo non ho una grande fantasia, mi tocca raccontarvi una storia realmente accaduta di cui io sono la protagonista.

Siamo ai tempi dell’università, quindi circa 20 anni fa, era una mattina di fine maggio quando il caldo cominciava a farsi sentire ed io, come ogni mattina, aspettavo l’autobus alla fermata per recarmi all’ateneo insieme a una decina di ragazzi e ragazze del mio stesso quartiere.

Come era mio solito quando andavo all’università, ero in abbigliamento abbastanza serio, una gonna sopra al finocchio, senza calze e con sandali tipo zeppa, una camicia bianca che lasciava intravedere un reggiseno a balconcino che riusciva a stento a tenere su la mia bella quarta (sono molto orgogliosa delle mie tette, e all’epoca lo ero ancora di più), una giacca corta sbottonata e la mia inseparabile borsa in cui mettevo anche gli appunti dei corsi.
Quella mattina il pullman stava facendo ritardo, erano già 10 minuti che aspettavamo, in piedi, sotto il sole che cominciava a farsi sentire, non vedevo l’ora che arrivasse l’autobus per potermi sedere e rinfrescarmi con l’aria condizionata. Scambiavo quattro chiacchiere con la mia amica Laura e con Giovanni ambedue del mio stesso corso, quando intravedemmo da lontano il pullman che si avvicinava … finalmente.
Quando si aprirono i portelloni capii subito che il viaggio non sarebbe andato come mi aspettavo, il pullman era strapieno, pensai addirittura di non andare quella mattina all’università, ma non potevo perdere quella lezione considerando anche il fatto che tra qualche settimana c’era la sessione d’esame, dovevo per forza di cose cercare di incastrarmi in quella bolgia infernale di autobus.

E’ inutile dire che non c’erano posti a sedere, anzi, per poter salire tutti ci dovettero fare spazio le altre persone che già erano in piedi, io e i miei amici non guadagnammo molto terreno, anzi, restammo quasi in prossimità del portellone talmente la gente che c’era.
Davanti a me c’era Laura e dietro di me Giovanni, accalcati l’uno all’altro cercando di trovare un sostegno per reggerci prima che il pullman partisse, io mi aggrappai alla balaustra verticale vicino alla porta e Giovanni a quella orizzontale in alto …. L’autobus partì e capii che sarebbero stati 20 minuti di viaggio infernale, anche perché essendo tutti ragazzi universitari, stavamo andando tutti allo stesso posto, quindi nessuno sarebbe sceso durante il tragitto per creare un po’ di spazio.
Il caldo era tremendo e la ressa insopportabile, cercai di farmi un po’ di spazio non fosse altro per appoggiare la borsetta a terra che comunque ingombrava e che cominciava ad essere pesante, non ci riuscii, mi sfilai la tracolla della borsetta e mi abbassai quel poco necessario per appoggiarla a terra, in questo piccolo ed insignificante movimento feci una leggera pressione col mio culo sulla patta di Giovanni. Non mi accorsi di nulla, nulla di strano almeno, così mi rimisi in posizione dritta.
Dopo pochi minuti, una piccola frenata del pullman fece riavvicinare a me il corpo di Giovanni, ma questa volta sentii una strana sensazione, era come se Giovanni avesse qualcosa in tasca che mi premeva sulle natiche in corrispondenza proprio del canale dei glutei; non mi sfiorò nemmeno lontanamente l’idea che quell’oggetto robusto ma allo stesso tempo soffice fosse il cazzo del mio amico Giovanni.
Non ci diedi peso, il caldo era tanto e il disagio della posizione lo avvertivamo tutti, ma quell’oggetto ad intervalli sempre più bremi me lo ritrovavo in mezzo alle chiappe.
Misi la mano dietro di me per spostarlo e capire di cosa si trattasse, ed appena lo sfiorai sentii Giovanni emettere un gemito sommesso … avevo capito … era proprio il cazzo di Giovanni che si era indurito e che si strofinava sul mio culo sodo.
Ero imbarazzata, ma non potevo divincolarmi da quella posizione, intanto il cazzo di Giovanni continuava a sfregarsi sulle mie natiche, facendomi sentire il suo vigore sempre più chiaramente … il mio imbarazzo cresceva e insieme ad esso cresceva anche la mia eccitazione, volendo avrei potuto anche divincolarmi in qualche modo, ma una parte del mio cervello voleva restare là col cazzo di Giovanni lungo il culo e così anche il mio corpo rispondeva a questa provocazione facendomi sentire la figa già tutta bagnata.
Cominciai a sentire sempre più caldo ed il mio desiderio cresceva, che mi stava succedendo?
Un’altra frenata del Bus, questa volta un po’ più violenta mi fece sentire chiaramente il cazzo duro di Giovanni che quasi affondava nel mio culo nonostante fosse protetto dalla gonna, e la successiva accelerata, repentina, di ripartenza del bus mi fece perdere l’equilibrio cascando praticamente nelle braccia di Giovanni che per non cadere a sua volta si sostenne sui miei fianchi con entrambe le mani.
Le mani di Giovanni restarono la, mentre il suo cazzo duro continuava a sfregarsi sul mio culo insistentemente e sempre più spudoratamente davanti a tutta quella gente, a questo punto non sapevo che fare, stavo reggendo il gioco anzi, il mio corpo sfrontatamente e contro ogni logica cominciò a muoversi anch’esso al ritmo delle spinte di Giovanni, cosa che lo stesso Giovanni notò e che incoraggio lo stesso ad essere sempre più intraprendente nella sua azione impudica. Sentii infatti, a questo punto, che una delle mani di Giovanni, che era rimasta attaccata al mio fianco, cominciò a scivolare verso l’alto e insinuandosi sotto la giacca fino arrivò ai bottoni della mia camicia, ne slaccio uno e si infilò con le dita dentro al mio reggiseno, sfiorandomi il capezzolo sinistro.

Ormai ero completamente succube di quella situazione e per non far notare agli altri passeggeri quest’insana situazione cercai, nonostante il caldo insopportabile, di abbottonare la giacca lasciando adito anche a Giovanni di esplorare meglio ed indisturbato le curve soffici del mio seno … così fece … mi abbasso parte del reggiseno e comincio a palparmi energicamente e coraggiosamente il mio grosso seno strizzando con il pollice e l’indice il mio capezzolo sinistro che ormai era turgido di bramoso piacere.
Ero in estasi, la mia figa sgorgava di piacere ed il suo nettare mi aveva bagnato tutta la mutandina, non riuscivo a resistere, dovevo arrivare, così come volevo partecipare e contribuire in qualche modo a questo vortice sensuale, così abbassai la mano fino ad arrivare al cazzo di Giovanni e lo cominciai ad accarezzare prudentemente da sopra il pantalone cercando di non essere notata. Le mie carezze, prima delicate cominciarono a diventare sempre più decisi ed insistenti, ed allo stesso tempo anche Giovanni mi palpeggiava la tetta con più veemenza, ma il gioco durò poco e nel giro di qualche secondo sentii il mugolio di Giovanni che preannunciava la sua sborrata nei pantaloni.
Aveva ancora il cazzo duro, il pantalone vistosamente macchiato all’altezza della patta ed il pullman era quasi arrivato all’università. Così d’un tratto Giovanni si staccò da me e ritirò la mano dal reggiseno … cazzo … quel maiale è arrivato e mi ha lasciata così, senza condividere con me l’apice del piacere, lasciando la mia vulva gonfia e bagnata.
Appena arrivati, ed appena si aprirono le porte, mi precipitai fuori dall’autobus senza aspettare nessuno e corsi verso i bagni dell’università a mò di chi se la stà facendo sotto … bhe io non resistevo più è invece di andare a fare la pipì dovevo andarmi a ficcare un dito nella figa per raggiungere anche io il piacere.
Entrai in bagno e senza nemmeno togliere la gonna, mi spostai la mutandina su un lato e mi ficcai 2 dita nella figa bagnata, cominciai a masturbarmi come non avevo mai fatto in vita mia, ero talmente eccitata che in pochi secondi squirtai copiosamente sulla tavoletta del bagno rimasta ancora chiusa inondando letteralmente tutto il pavimento.

La lezione comunque non riuscii a seguirla, ero troppo sconvolta ed eccitata e non avevo il coraggio di incrociare lo sguardo di Giovanni …. Solo dopo qualche settimana riuscii a rivolgergli la parola, ma questa … è un’altra storia.
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