Vado diritto al sodo: è giovedì e domani penso di dare incarico a Rosalba, la mia più giovane assistente, di accompagnarla, lunedì mattina, all’Università e di guidarla nei meandri della burocrazia per recuperare il suo corso di studio e prepararsi a sostenere la laurea; l’avverto anche che Rosalba è autorizzata a sostenere tutte le spese necessarie e che i conti li faremo io e lei (lei, Ersilia, naturalmente) quando farà l’avvocato e guadagnerà adeguatamente. Tenta una leggera resistenza, ma ormai so che, presa con le buone, sa anche ragionare e cedere. L’avverto anche che, quando avranno fatto, mi dovranno raggiungere in tribunale dove è prevista una seduta di un processo a cui tengo molto. Le faccio presente che l’occasione è molto importante, in vista anche della prossima laurea, e che in quell’aula dovrà imparare a controllarsi ad ogni costo e non potrà pronunciare neanche una vocale se non per rispondere al giudice, pena l’accusa di offesa alla corte. Mi guarda con aria di sfida e decide che ci sta, che ce la farà e mi dimostrerà che, quando vuole, sa essere molto brava.
Lunedì mattina stiamo ancora facendo colazione, quando bussa Rosalba ed Ersilia, velocissima, prende le sue cose, mi saluta con un bacio e va. Non sono ancora le nove quando mi bussano alla porta e, con somma sorpresa, mi trovo davanti Marina, un avvocato che è la moglie di Nicola, l’avvocato che, nel processo che vado ad affrontare, rappresenta la difesa ed è, quindi, mio oppositore.
“Ciao, Marina. Ma non ricordi che con te io non dovrei nemmeno incrociarmi sulle scale? Tu sei uno dei testimoni di difesa nel processo che stamane devo dibattere contro tuo marito!”
“Non sono qui come avvocato né come testimone di parte, ma come tua cara amica.”
Ho avuto molte occasioni per saggiare il senso dell’amicizia di Marina ed ogni volta ci siamo trovati benissimo e concordi, sia a letto che dopo, a cena o nei salotti. Ma qui è problematico. Mi bacia su una guancia e vedo subito la cimice che ha infilato nella scollatura: abbracciandola stretta, gliela sgancio e la tiro sull’acquaio; mentre si siede, apro la radio sulla mensola proprio sull’acquaio. Mi rivolgo a lei e la comincio a spogliare. Ci vuole poco a individuare negli slip (lei usa sempre tanga o perizoma) la seconda cimice che si va ad abbinare all’altra sull’acquaio.
“Vuoi ancora che scopiamo o, per me, facciamo l’amore? L’obiettivo per cui ti ha spedito da me è fallito. Quello che vi interessa te lo posso dire subito. Cercate oggi di non farvi radiare dall’albo. Dite la verità.”
“Di che parli? E vero: Nicola mi ha spinto a venire a fare l’amore con te sperando di strapparti qualche informazione; ma che c’entra l’albo?”
“L’informazione è proprio questa. Se oggi non dite tutta la verità, rischiate la radiazione.”
“Non ti capisco. Sono qui per fare l’amore. Ci stai o me ne vado?”
“Te ne vai? Per raccontare in giro che Mario Rossi ha rifiutato una scopata con una delle più belle avvocatesse che conosce? Dimmi solo se hai qualche preferenza e la prossima ora la trascorrerai in paradiso.”
Marina sa che non esagero e avvia un pompino che mi fa sbarrare gli occhi e rizzare il cazzo. La sollevo in braccio (è abbastanza leggera) e la deposito delicatamente sul letto ancora sfatto per la battaglia notturna sostenuta con Ersilia.
“Ci hai dato dentro, stanotte?”
“Avevo una compagnia di gran lusso, molto esigente e molto disponibile.”
“Più di me?”
“Vedremo … “
Marina è un’artista del pompino, lo sa ed ogni volta metterlo in bocca a lei significa sfiorare il paradiso. In pochi secondi il mio membro si agita nella sua bocca ingrossandosi da scoppiare, mentre io le ricambio la cortesia spazzandole con la lingua l’inguine, dal monte di venere al coccige titillandole tutti i punti caldi del sesso: quando mi soffermo sul clitoride, so che basta poco per provocarle un piccolo orgasmo e, dopo una serie neanche tanto lungo, la figa le esplode in un orgasmo violento. La faccio godere almeno tre volte in maniera violenta e lussuriosa, prima di sfilarle il cazzo dalla bocca e adagiarmi su di lei, allargarle le cosce e penetrarla con violenza: urla per il piacere e per un pizzico di dolore che la botta contro l’utero le ha scatenato.
“Ho voglia di incularti!” Le sussurro.
“Preparami; anch’io ho voglia di sentirmi spaccare il ventre!”
Prendo dal comodino la vaselina e la lascio supina, per godermela di più; le faccio aprire le cosce fino alo spasimo: considerato il fisico snello ed agile, tonico e ben esercitato in palestra, riesce a raggiungere una posizione per cui l’ano si apre davanti a me ad altezza di cazzo. Le infilo un dito e lo ruoto nella cavità che si apre subito dopo lo sfintere; poi le dita diventano due ed infine tre, sempre ruotando liberamente all’interno del canale: è chiaro che ha molta voglia e che lo sfintere si rilassa tantissimo da sé. Appoggio la cappella all’ano e spingo con forza, per incularla in un sol colpo. Soffoca un urlo e si morde le labbra, ma sposta i piedi dietro la mia schiena e si impala fino ai coglioni. Sto fermo per qualche minuto; poi comincio a muovermi per pomparla e lei si apre per ricevere il cazzo fino in fondo e sentirlo uscire quasi del tutto per ritornare ad impalarla con gioia. I suoi orgasmi arrivano, in rapida successione, in pochi minuti; il mio si fa attendere un poco poi esplode violentemente nell’intestino. Si lascia andare beata sul letto; si sfila lentamente e corre verso il bagno. Ci aspettano in tribunale.
Appena lei è andata via, mi precipito sotto la doccia e cerco di essere il più veloce possibile nei preparativi, sapendo quanto il giudice che ci tocca oggi è attento alla puntualità. Mi precipito al tribunale e, nell’aula del dibattito, individuo subito il gruppo dell’imputato con i cinque avvocati, di cui uno, Nicola, è il difensore che competerà con me. Del mio staff ci sono solo due assistenti; manca Rosalba e, naturalmente, Ersilia che però non ha nessun ruolo se non quello di mia accompagnatrice. Mi si avvicina Francesca, avvocato, moglie dell’imputato nonché mia amante per un lungo periodo, e sfoggiando un suo meraviglioso sorriso che per anni mi ha incatenato, mi chiede cosa volevo dire con la frase riferita da Marina sulla radiazione dall’albo.
“Dagli atti risulta che siete chiamati a testimoniare; siete avvocati (è stata un’epidemia, quell’anno, la laurea in legge); ho voluto farvi ricordare che se non dichiarerete solo il vero, rischiate la radiazione. Niente altro.”
Se ne va a coda ritta, offesa perché le ho ricordato una norma elementare della professione. Arrivano Rosalba ed Ersilia ed abbiamo il tempo di scambiare due battute: Rosalba mi assicura che è tutto in ordine; pagate le rate e regolarizzato il fuoricorso (più di tremila euro di spese) Ersilia deve solo discutere la tesi, forse la stessa con lo stesso relatore. Sorrido ad Ersilia che ha l’aria tesa.
“Li hai riconosciuti?”
“Si”
“Vuoi andare?”
“No, resto. Starò calma e zitta, sii certo.”
“E se ti verrà il nervoso?”
“Non posso stare vicino a te per stringerti la mano e rasserenarmi?”
“Non ti è consentito perché sei solo una visitatrice e perché la tua vicinanza mi potrebbe limitare. Sento troppo questo processo.”
“Perché?”
“Il porco ha ripetuto lo scherzo ad un’altra ragazza ed ho tanta voglia di fargliela pagare.”
“Se mi viene l’ansia, posso stringere Rosalba? Le voglio già un bene infinito.”
“Certo, Ersilia, noi ci mettiamo dietro, più defilate; e se vuoi puoi stare stretta a me tutto il tempo.
Entra il giudice e non c’è più tempo per smancerie. Quando la procedura sembra cominciare, chiedo un’interruzione per conferire col giudice e la controparte. Ci porta nel suo ufficio. Spiego che, data la delicatezza del processo, vorrei preliminarmente presentare un caso dal quale si evince che l’imputato non è nuovo a queste vicende e questo getta una luce notevole sul caso in discussione. Gli aggiungo che per questa nuova vicenda vorrei interrogare come persone informate dei fatti i testimoni che la difesa ha convocato e che sono in sala e che vorrei interrogare anche il collega della difesa come persona informata. Nicola protesta vivacemente contro un comportamento così scorretto. Gli consegno le cimici sottratte alla moglie e non apro bocca. Capisce al volo che posso provocare un casino.
“Io potrei anche essere d’accordo, ma non posso decidere per i miei testimoni.”
Il giudice deve avere intuito più di quello che dimostra, perché li fa immediatamente convocare. Quando entrano, gli illustra le mie richieste. Marina di lascia scappare.
“Ersilia!!!!”
Il giudice le chiede come faccia a conoscere il nome della vittima. Gli chiedo il permesso di interromperlo. Me lo concede.
“Colleghi, vi avevo avvertito: oggi o dite la verità o rischiate la radiazione.”
Il giudice mi guarda.
“Aveva già previsto?”
“Credo di essere un buon avvocato.”
Nicola è costretto ad ammettere che sono stati testimoni dello stupro, ma dichiara che la ragazza era consenziente. Mi basta poco per dimostrare che, dati alla mano, la ragazza aveva sedici anni e quindi era minorenne, che loro avevano più di vent’anni e già frequentavano la facoltà di Legge, il che li rendeva peraltro colpevoli anche di mancata denuncia del reato commesso e che l’atteggiamento era stato particolarmente offensivo, perché avevano tutti sputato alla ragazza violentata; poi, rivolto all’avvocato Luciano Bianchi.
“Mi risulta che lei, avvocato, ha poi anche approfittato per un ulteriore stupro, quello anale, anche lei con una vittima che per la minore età non poteva essere considerata legalmente consenziente.”
Il giudice appare furibondo e decide di presentare il caso in aula. Nicola ha uno scatto d’orgoglio.
“Giudice lei sta già giudicando solo sulla parola dell’accusa, in assenza anche della semplice vittima.”
Il giudice si ferma e mi guarda.
“Giudice, la prego di chiamare in aula signorina Ersilia - hai detto così, Marina? - Vedrà che la vittima è presente, ha immediatamente riconosciuto i suoi torturatori, che non sono neppure in grado di notarla visto che certi ‘giochi goliardici’ sono il loro pane quotidiano e neppure conoscono le vittime. Se lei la convoca, parlerà”
“Devi conoscere bene questa vittima, a occhio e croce!”
“Qualche cosina in più di quanto conosco voi tre. Ma tu non potevi riconoscere il suo odore nel letto!”
“E’ la tua compagna attuale?”
“E’ il mio unico amore. Giudice, se questa condizione è dirimente, passo la pratica a un assistente.”
“Dirimente? Questi avvocati sono stati forti e coraggiosi con le minorenni. Vediamoli adesso contro uno squalo. E picchi senza pietà. Sono stomacato da certe situazioni.”
“Giudice ma non è stato lei a giudicare quei due avvocati che con le segretarie … Beh, questa ragazza, shoccata dalla prima vicenda, ha commesso molti errori, dopo, compreso quello di essere una delle ragazze che accettarono quell’incarico di segretaria, senza contare il luminare dell’Università che, aiutandola con la tesi, la mise incinta e la cacciò via perché era sposato. Per questo, quella ragazza non si laureò in legge con la sola tesi da discutere.”
“Avvocato, processiamo questo stupratore e questi complici, adesso.”
Rientrati in aula, il giudice comunica che c’è stata la variazione e chiede se c’è in sala una signorina Ersilia che ha qualcosa da dire al proposito. Ersilia, spinta da Rosalba, si alza in piedi, alza il dito e, invitata dal giudice, siede sul banco testimoni e racconta tutta la vicenda. Per direttissima il giudice condanna Maurizio per il primo stupro, quello ad Ersilia, che non è caduto in prescrizione; e lo rinvia ad altra seduta per l’altra accusa, consigliandogli un avvocato più esperto e meno complice di Nicola. Quando rientro in studio, Rosalba mi avverte che Ersilia, da quando è uscita dal tribunale, non ha fatto altro che piangere inconsolabilmente e, arrivata in studio, si è chiusa nell’archivio ed ora è li che ancora piange. La raggiungo, la abbraccio e la lascio piangere sulla mia spalla.
“Amore, scusami se non ti ho avvertita; ma se ti avessi spiegato prima, forse tu ti rifiutavi o reagivi male. Io invece volevo che pagassero, per te, per quell’altra povera ragazza, per tutti quelli che si sentono offesi da certe cose. Mi perdoni?”
“Che perdoni, scemo? Ti ringrazio: mi stai facendo rileggere la mia vicenda come mai avrei potuto. Piango per la mia stupidità, per non aver saputo reagire come, quando e quanto dovevo. Ma mi sento anche più leggera, quasi più libera, ora che tutto è chiaro.”
“Lo sai che ti aspetta un momento ancora più duro?”
“Parli di lui, del prof, del porco? Adesso non più, Mario. Ora sono io che voglio fare chiarezza con me stessa. So esattamente dov’è il testo della tesi già stampato. Oggi vado a recuperarlo e anche domani stesso affrontiamo il toro per le corna.”
“Una sola domanda. Vuoi fare da sola o vuoi che io sia con te?”
“Tu sei il mio amore, tu sei il mio uomo, tu sei il mio tutto. Se devo fare l’avvocato, voglio almeno imparare qualcosa da te. Vieni con me e guidami a picchiare duro come sai fare tu. Bravo. Li hai distrutti.”
Ho molte amicizie nell’ambiente accademico, per aver pubblicato alcuni articoli su riviste dell’Università, per aver collaborato con alcuni luminari a ricerche specifiche, per averli spesso frequentati pur non essendo in amicizia. Mi rivolgo ad uno dei più vecchi amici e gli chiedo lumi sulla vicenda; mi consiglia di rivolgermi alla Preside della facoltà, che io non conosco ma che Ersilia individua subito come la moglie del ‘maiale’ come ormai lo definisce. Chiediamo di essere ricevuti e in poco tempo siamo nello studio della Preside. Chiede il perché di quella brusca interruzione e dell’enorme ritardo. Ersilia, una volta tanto, risponde decisa e brutale, raccontando la vicenda. La signora è evidentemente agitata, Per interfonico chiede alla sorveglianza di rintracciare il marito.
“Controlli nel magazzino delle tesi.”
Suggerisce Ersilia. La signora lo fa e nel monitor compare una coppia che sta scopando. Preme il tasto di registrazione. Prende il telefonino e forma un numero.
“Senti, porco, stiamo registrando la tua performance. Vieni immediatamente, IMMEDIATAMENTE capisci questo termine?, nel mio ufficio.”
Si vede nettamente l’uomo alzare gli occhi alla telecamera e rivestirsi in tutta fretta.
“Come mai lei sapeva indicare esattamente il posto?”
“Evidentemente, non ha cambiato le abitudini, neanche dopo quasi dieci anni.”
Il professore entra a testa bassa. La Preside gli sbatte sotto gli occhi la tesi di Ersilia.
“Cosa sai di questo lavoro?
“Niente. La laureanda sparì per non so quale ragione.”
“Non è per caso quella che avevi messo incinta?”
“Noooooo! Non mi ricordo affatto.”
“Porco bugiardo!”
Ha parlato Ersilia e l’altro, finalmente, si rende conto. Balbetta qualcosa alla moglie per dire che può spiegare … Lei non lo degna di una risposta.
“Ora stesso, in questo momento, tu firmi la lettera di dimissioni irrevocabili e da domani ti cerchi un lavoro; poi deciderò se farti tornare a casa. Intanto, signorina, lei deve cambiare relatore e sperare che qualcuno prenda il posto di questo signore. Ha qualche conoscenza tra i professori?”
Ersilia è disorientata: dieci anni possono essere molti. Intervengo io.
“Signora, non potrebbe rilevare lei la competenza, considerato che comunque all’epoca era la moglie del relatore e vista anche la sua grande competenza … “
“Vuole adularmi?”
“Lungi da me l’idea. Forse non le è chiaro che abbiamo già avuto modo di collaborare su quella ricerca …”
“Oh, Dio, tu sei Mario Rossi: scusa, ma non ti avevo riconosciuto. La signorina è una tua pupilla?”
“Forse qualcosa di più, forse quasi una figlia ed anche di più.”
“E vorresti che me ne occupassi io per una sorta di contrappasso. Ma io ho troppe cose e non posso seguire laureandi, mentre sono all’Università. Cercate di convincere qualcun altro.”
Pare che l’argomento sia concluso e chiedo al mio amico di indicare qualcuno in grado di fare il lavoro. Mi promette che farà un’indagine e mi farà sapere. D’un tratto, stranamente, mentre stiamo per uscire, la Preside ci richiama.
“Penso che forse il lavoro di verifica si possa fare anche da casa, mentre prendiamo insieme qualche caffè … Potremmo vederci a casa mia quelle poche volte che fosse necessario incontrarci per una verifica.”
“E se invece fosse a casa mia, ti darebbe noia? Sai, per Ersilia sarebbe un problema … tuo marito … ”
“Ah, si, è vero. Però, dopo quel che ho sentito da Franca, da Emilia, da Elettra e da tante altre amiche, non mi dispiace affatto l’idea di venirti a trovare a casa, anche con la tua pupilla che immagino non sia un problema per te. Va bene, fai ristampare il testo con la nuova indicazione; questo lo tengo io e me lo leggo. Ti farò sapere quando incontrarci per una prima valutazione.”
Ersilia non sembra felicissima della proposta.
“Pensi che voglia scopare con te?
“Tu che ne dici? Ti da fastidio? In qualche modo ricambiamo lui della stessa moneta. E, poi, ricordo che con Franca sei stata eccezionale. Cosa succede adesso? Il ruolo ti inibisce?”
“No, cazzo: hai ragione. Vederci a casa tua e finire nello stesso letto … Geniale!”
“Ho l’impressione che abbia fatto tutto per vendicarsi di suo marito, anche se dieci anni dopo; e credo che lesbicare con te potrebbe diventare una ciliegina sulla torta della vendetta. Aspettiamo e vediamo!”
Non ci vuole molto perchè Erika (così si chiama la Preside) decida di venire a trovarmi. Tre giorni dopo mi telefona in ufficio per avvertire che il sabato successivo pensa di poterlo dedicare all’incontro con me per parlare pregiudizialmente della tesi. Le chiedo se vuole che la vado a prendere, ma mi assicura che si muove in auto da sola e che arriverà facilmente a casa mia, perché conosce la zona. Le chiedo se ha preferenze sulla marca del te, sul tipo di caffè, su una qualche bevanda o sui biscotti. Si mette a ridere e mi assicura che le sarà gradita qualunque cosa le voglia offrire. Non ho più dubbi sulle vere intenzioni della donna e me ne rallegro. Avverto Ersilia che, se necessario, deve farsi da parte e lasciarmela scopare in pace.
“Sei leale; mi avverti prima; è nel mio interesse. Va bene. Posso provare ad affascinarla?”
“Certo. E sono quasi sicuro che ce la farai.”
Sono le tre del pomeriggio di sabato ed Erika suona il campanello della mia porta. Vado ad aprire e resto sbalordito: Erika è davanti a me, sensuale e sexi come non avrei mai sperato. La camicetta bianca ha uno scollo assai ampio, che consente di vedere l’attacco dei seni ampi e carnosi; dalla trasparenza si intuisce il reggiseno piccolo che lascia libere due aureole larghe e marrone tenero su cui si innalzano due capezzoli, già ritti come obelischi, che denunciano l’inspiegabile eccitazione; la gonna di pelle, dieci centimetri sopra il ginocchio, disegna un culo favoloso, alto e sporgente come in una brasiliana, su due gambe che sono un poema di eleganza e di forza, su due tacchi vertiginosi.
La guardo incantato per qualche secondo, al punto che mi chiede.
“Mi fai entrare o stai ancora qui a guardarmi come un allocco?”
“Scusami. Sei così bella e sensuale che quasi non credo a me stesso. Altro che la Preside di Facoltà; io qui ho davanti una meraviglia di donna che posso solo ammirare ed amare. Sei meravigliosa!”
“Mi avevano setto che sei un seduttore; ma non avrei mai creduto fino a questo punto. Ciao.”
“Ciao, entra, siediti, mettiti a tuo agio. Ma non ti offendere se sono confuso e imbranato. Sei troppo … sei troppo tutto!”
Ci sediamo sul divano e la gonna sale inevitabilmente fino quasi al bordo delle autoreggenti. Per fortuna entra anche Ersilia che non è meno bella: il suo abitino è semplice e vaporoso, trasparente abbastanza da far ammirare il perizoma che le sottolinea la figa, senza coprirla, e il reggiseno piccolo che decora la sua quarta taglia; si va a sedere sulla poltrona dal lato di lei ed accavalla lentamente le gambe, senza curarsi che apre alla vista le sue gambe bellissime fino alla figa. Per qualche minuto parliamo della tesi; poi Erika ha un’uscita sconvolgente.
“Certo, se ti presentavi vestita così agli incontri con Pasquale, ci credo che non resistesse. Sei di una bellezza e di una provocazione irresistibili.”
Le accarezza dolcemente il viso; Ersilia le prende la mano e la stringe libidinosamente. Ho la sensazione di essere improvvisamente escluso da una fascinazione che riguarda solo loro due. Chiedo se beve qualcosa o se preferisce dei dolcini o dei cioccolatini.
“Parliamo chiaro. Sono qui soprattutto perché voglio sentire il tuo amore. Ti turba?”
“Devo andarmene?”
Ersilia ha quasi sussurrato.
“Siete una coppia? Fate sesso? Vi amate?”
“Non c’è problema; sono certo che Franca ti ha già raccontato.”
“Si. E ti assicuro che sono lussuriosamente curiosa di assaggiare tutto quello che potete dare, soprattutto e specialmente quello che Pasquale ha trattato con disprezzo. Vista l’incapacità che ha dimostrato di cogliere l’intensità della tesi, sono certo che non ha capito niente del fascino di questa donna che innamora solo a guardarla. Devi essere un gran buongustaio, tu.”
Ersilia la prende per mano e la guida dolcemente verso la camera; Erika la segue docilmente e a me non resta che concedere loro del tempo per fraternizzare prima di intervenire. Mi metto a preparare un vassoio con cioccolatini, dolcetti, bicchieri e cognac. Poi vado verso la camera e le trovo già stese sul letto, senza scarpe ma completamente vestite. Spogliarle è un’opera quasi da artista: riesco delicatamente a sfilare la camicetta di Erika e la sua gonna, adagiandole ordinatamente sulla sedia a lato del letto; il vestito di Ersilia le segue rapidamente ed esplodono due corpi meravigliosi, disegnati da uno scultore divino, tanto sono belli i due profili: è impossibile stabilire cosa è più bello ammirare, se le gambe dell’una o il seno dell’altra; tutto è meravigliosamente armonico, ben disegnato, affascinate, lussurioso.
I reggiseni e le mutande (uno slip minimo per Erika ed un perizoma microscopico per Ersilia) li sfilano loro, mentre le mani cercano il sesso dell’altra e le bocche afferrano i capezzoli dell’una o dell’altra. Mi sposto a spogliarmi e le vedo ruotare sullo stomaco fino a mettersi in posizione di 69 per leccarsi reciprocamente la figa fino al’ano. Le giro fino a sovrapporle, in maniera che abbiano più agevolmente davanti dal monte di venere al coccige e possano così leccarsi più ampiamente e fermarsi a succhiare i clitoridi o a gli ani. Mi trovo davanti al culo alto di Ersilia, che Erika sta leccando con lussuria: infilo il cazzo senza nemmeno avvertirla, ma lei si limita ad affondare la bocca nella figa dell’altra. Erika è venuta per fare l’amore con me e non le basta leccarmi a lungo il cazzo che affonda nel culo dell’altra ed esce quasi totalmente mentre la pompo. Strappa quasi via il cazzo dal culo, rovescia la ragazza e mi prende fra le braccia, invitandomi a montare sopra per scoparla alla missionaria. Le salgo addosso e comincio a baciarle tutto il viso, quasi con amore, mentre le strapazzo i seni e le stritolo i capezzoli fra le dita. Un primo orgasmo le esplode violento sulla bocca di Ersilia che non ha rinunciato a leccarla sotto di me; mentre viene investita dal getto che ha spruzzato dalla figa e lo succhia amorevolmente, le stringe fra le dita il clitoride ed accentua l’orgasmo.
Approfittando del conseguente abbandono, prende il mio cazzo fra le dita e lo dirige alla vulva; entro nella sua figa burrosa e mi trovo a toccare rapidamente il collo dell’utero con la cappella. Erika geme lungamente e stringe le cosce per trattenermi fermo dentro di lei; mi sollevo dal suo corpo, puntando sulle ginocchia; ed Ersilia si sposta a succhiarle i capezzoli con estrema dolcezza. Gli orgasmi di Erika si susseguono senza sosta. Sembra quasi che chieda una sosta, anche se io sono appena solo entrato nella sua figa. Ci fermiamo un attimo: Ersilia viene a baciarmi sulla bocca con entusiasmo; Erica le prende la testa e sposta la sua bocca sulla sua per farsi baciare con intensità.
“Ti voglio anch’io per me!”
Le sussurra sulla bocca. Ed Ersilia si concede dolcemente, prende a baciarla sugli occhi, sugli zigomi, nelle orecchie: le spalma di saliva tutto il viso quasi ad impossessarsi del sapore delle sua pelle; sento dalle contrazioni della figa che freme ad ogni leccata e sborra, quando Ersilia le infila la lingua nell’orecchio e le mordicchia un lobo. Decido di cambiare registro. Mi sfilo dalla figa, scendo dal letto e mi sposto dietro la sua testa, ma solo per infilarle il cazzo nella bocca, mentre Ersilia, capita l’intenzione, scende ai suoi piedi e prende a succhiarle la figa. In pratica, la scopiamo in coppia, io in bocca e lei in figa, con la lingua; Erika si scioglie dal piacere e, sfilandosi per un attimo il cazzo dalla bocca, sussurra.
“Siete meravigliosi. Vi amo!”
“Non reggo più molto. Sto per sborrare. Dove vuoi che lo faccio?”
Sono costretto ad arrendermi.
“Ti voglio nel culo, anche se non sono abituata. Non farmi troppo male.”
“Non preoccuparti, ti aiuto io.”
Interviene Ersilia; prende dal comodino il tubetto del lubrificante e si dedica all’ano che ammorbidisce con una serie di penetrazioni con le dita e conil lubrificante, finché quasi tutta la mano entra nello sfintere che non respinge più il corpo estraneo. Mi inginocchio fra le sue cosce, le divarico al massimo e sollevo tutto il bacino finché l’ano è all’altezza del mio cazzo; Erika mi guarda con meraviglia: si aspettava che la mettessi a pecora; Ersilia le solleva i piedi fino al mio collo, incrocia le caviglie dietro la mia testa e le suggerisce.
“Guardalo in viso mentre ti stupra. Ricorderai più volentieri il momento della violazione; anche lui non riuscirà più a dimenticare; ed anche io mi sentirò più partecipe guardandoti in viso.”
“Sei straordinaria. Mi piace infinitamente fare l’amore con te … e con lui.”
Infilo il cazzo nell’ano e spingo lentamente; si contrae ad ogni spinta e cerca la bocca di Ersilia che la bacia e l’aiuta a superare l’impatto. Quando sono tutto dentro di lei, cerco di farla adagiare meglio sul letto, ascolto le vibrazioni del suo ano sul cazzo e mi piego a succhiarle un capezzolo.
“E’ bellissimo, sentirti tutto dentro e guardarti negli occhi, mio meraviglioso stupratore.”
“Hai sconvolto tutte le mie convinzioni su di te. Sei un’amante eccezionale!”
Sborro all’improvviso e lei urla con me il suo piacere ad ogni spruzzo che le colpisce l’intestino.
Andiamo avanti così per alcune ore; quando comincia ad imbrunire, Erika si rende conto che deve rientrare ad un’ora decente, non per il cornuto (al quale non ha mai più pensato per tutto il pomeriggio) ma per i figli che sono abituati a cenare con la madre a tavola. Ci rivestiamo e , mentre ci salutiamo, Erika non può fare a meno di abbracciare con amore Ersilia.
“Ci vedremo spesso, perché voglio accompagnarti fino alla laurea che meriti ampiamente. Ma ci vedremo anche più spesso, se a voi sta bene, perché non sono mai stata così bene come oggi pomeriggio tra le vostre braccia: e da oggi la moglie stupida, cornuta e fedele lascia il posto ad una donna vogliosa e innamorata del vostro sesso. Spero non vi stancherete presto di me.”
“Io sono di quegli stupidi che non cambiano opinione e, quando credono in una cosa, la perseguono anche dieci anni dopo. Finché ne avremo voglia ed energie, sarò felicissimo di amarvi come e anche più di oggi. Ci puoi scommettere.”
“Io mi sento sempre più tua. Anche oggi sono un poco più nuova e questa nuova persona è tutta e solo tua. Finché lo vorrai, sarò tua e farò tutto con te e per te. Se voi vi amerete, io vi amerò, senza limiti e senza riserve.”
“Arrivederci tra una settimana.”
Erika ci lascia un piccolo vuoto, senza che nessuno lo voglia.
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