Il matrimonio con Rosalba era stato il culmine di una bella storia d’amore. La vicenda cominciò con un colpo di fulmine in discoteca, quella volta che fui accolto quasi per caso nel gruppo dei suoi amici: gli occhi verdi come pozze d’acqua furono il primo strale che mi colpì con forza e, in qualche modo, mi stese; ma contribuirono anche il caschetto dei capelli corvino e il visino ammiccante, da ragazzina capricciosa. Badai poco al corpo agile e nervoso, ancora da ragazzina ma ben saldo in alcuni punti fermi, come le gambe lunghe un’eternità che sostenevano un culetto compatto, con le natiche piantate solidamente su in alto. Poi si sviluppò lungo il percorso che quegli incontri avevano solitamente come naturale evoluzione: appuntamenti amichevoli in centro, punteggiati qua e là da casti baci; poi gli incontri individuali e in zone isolate, poco illuminate e favorevoli ad abbracci e strette più appassionate e lussuriose. Finalmente, si arrivava alla conoscenza intima, prima coi sessi che si strusciavano da sopra i vestiti provocando intensi orgasmi separati dagli abiti, poi con contatti sempre più vivi e diretti.
Nonostante un’educazione molto rigida, Rosalba accettò presto di farsi infilare le mani nel reggiseno a raccogliere due tette di taglia superiore, piene, morbide e coronate da capezzoli come ciliegie che presto si lasciò anche succhiare con goduria reciproca. Il contatto della pelle su parti intime e mai carezzate con l’intenzione e l’intensità che poteva porci un ragazzo innamorato in piena tempesta ormonale sollecitava in ambedue voglie represse e desideri di possesso che si scaricavano in lunghi e tormentati baci, in strette da soffocare e strusciamenti dei corpi che quasi sempre portavano ad un orgasmo simultaneo in zone separate dai vestiti. Quando le mie mani si spinsero a palparle prima il culo, poi le cosce e infine la figa imbrigliata in mutande antiviolenza, Rosalba ebbe qualche accenno di rifiuto, poi si lasciò andare e, nel giro di pochissime palpate, si conobbe più lasciva di quanto si sarebbe aspettato; fu lei poi a spostare rapidamente una mano sul pacco, a saggiarlo dal pantalone e ad infilarsi dentro per sentirlo dal vivo. In poco tempo, la masturbazione reciproca fu il nostro cavallo di battaglia e per mesi la sditalinai mentre lei, quasi contemporaneamente, mi tirava seghe memorabili.
Forse fu il periodo più bello del nostro amore, quello in cui lei prese dimestichezza col mio cazzo e lo fece vibrare in emozioni incontrollate: mandando la sua mano su e giù con amore, oltre che con sapiente voluttà, mi scatenava scosse elettriche nel cervello, nel cuore, nei testicoli e mi provocava orgasmi infiniti; d’altro canto, le mie dita che grufolavano, prima ciecamente e senz’ordine, poi con meticolosa precisione e coscienza dei punti da sollecitare tra i peli della sua figa strettissima e tenera la mandavano ai matti e, quando i miei titillamenti del clitoride la portavano all’orgasmo, gemeva quasi soffrisse. Poi giunse anche il momento delle lingue che sostituivano le mani: Rosalba divenne quasi una dea del pompino, tanto le piaceva praticarlo, ingoiando anche la sborra; ed io mi specializzai a leccarle la figa, succhiandole il clitoride e giungendo a lambire con la punta la vagina: lo facevo mettendola a pecorina e semplicemente spostando di lato le mutandine, non potendo spogliarci all’aperto (o, al massimo, in un’auto) visto che ci incontravamo in un qualche parco o, al massimo, nella macchina di un amico. Nonostante le precarie condizioni in cui dovevamo muoverci, le nostre serate erano segnate da infinite esplosioni di orgasmi giovanili.
Quando avanzai l’ipotesi di metterlo nel culo, si ribellò con tutte le sue forze: la sola idea le ripugnava perché considerava l’inculata una ‘azione immonda’. Più ancora si ribellava all’idea che potessi violare la figa, che doveva ad ogni costo essere preservata integra fino al matrimonio. Fu solo per gentile concessione e dopo lunghe ed estenuanti discussioni e trattative che si fece convincere a lasciarsi sverginare qualche settimana prima, l’unica volta che avemmo modo di spogliarci in un letto essendomi per caso trovato padrone della casa vuota per un viaggio dei miei. Il momento fu davvero solenne per lei, che lo preparò con una lunga serie di dubbi; e soltanto con un’altrettanto lunga serie di manipolazioni del clitoride ed un numero infinito di piccoli orgasmi riuscii ad averla vinta sui suoi dubbi, a stendermi tutto sopra di lei, accostare delicatamente la cappella alla vulva e spingere di colpo a penetrarla. Ebbe un lungo gemito quando l’imene cadde, ma immediatamente dopo si esaltò in un piacere sconosciuto ed imprevisto che la spinse a serrarmi i piedi intorno al corpo per farsi penetrare fino in fondo. Era chiaro comunque che Rosalba, superati i veti dell’educazione, si scatenava in una lussuria da vera troia.
Finalmente, il matrimonio giunse atteso, preparato e felicemente conclusivo di una bella vicenda. Per i primi due anni, fummo beatamente ‘sposi novelli’ che avevano un solo obiettivo: scopare e godere. Di figli non si parlava, perché problemi legati alla struttura di lei non consentivano la fecondazione se non dopo un certo intervento che lei temeva e che io non sollecitavo. Dopo la lunga ‘luna di miele’, cominciai ad avviare un qualche discorso di ‘adeguamento’ dei rapporti che fino a quel momento erano rimasti rigorosamente canonici, compresa la posizione alla missionaria che era l’unica possibile per mia moglie. Ci furono lunghe e spesso accese discussioni che finivano quasi sempre per farmi catalogare come ‘pervertito sporco e maiale’ contro il suo rigore perbenista e rispettoso delle leggi divine. Dopo snervanti colloqui che non sortivano nessun effetto, decisi di non sprecare altre energie e mi rivolsi altrove, ben cosciente che nel nostro stesso ambito di vita, tra lavoro ed amicizie private, avrei trovato (e trovai) abbondantemente materiale per esercitare la mia voglia di scopare al meglio, spesso con le più care amiche della mia imperturbabile mogliettina.
La sorpresa venne una sera mentre eravamo a letto e ci accingevamo alla nostra rituale, quasi ‘sacrosanta’ (in ogni senso) scopata del sabato. “Forse potremmo provare qualche trasgressione!” Esordì Rosalba; ed io rimasi per un momento impietrito dalla dichiarazione che veniva da una persona per la quale questo linguaggio era improponibile. Da una parte ero felice per la svolta che la frase indicava senza possibilità di errore. Poiché, però, quasi non potevo credere ai miei orecchi, voli accertarmi di quello che udivo e sperimentai qualche leggera iniziativa per verificare l’autenticità della proposta. Dopo aver esaurito la serie dei preliminari che già conoscevamo e a cui eravamo abituati, provai a sondare il livello di spanatura della figa e molti sospetti mi presero quando sentii che quasi il mio cazzo ballava a vuoto. Per non turbarla, la feci girare e le leccai accuratamente il buco del culo che rispose immediatamente reattivo e cedette alla penetrazione della lingua. Memore di antichi rifiuti, infilai il medio della destra nel suo buco di culo e mi aspettavo una reazione forte, se non violenta, sia dell’ano che di lei: invece, entrò senza sforzo e lei non fece una piega; andai ad esplorare l’ano e lo trovai decisamente ben trapanato.
“Cazzo, ma tu hai il culo rotto!” “Si, ho fatto sesso anche con il culo!” “Ma non con me!” “No. Da un mese ho un amante che mi scopa nelle maniere più strane e impreviste.” “Detto in altri termini, mi fai cornuto!” “Espressione vetero borghese senza senso. Faccio sesso piacevolmente.” Mi sentii ad un tratto terrorizzato dall’atteggiamento di mia moglie, che addirittura prendeva a prestito il linguaggio dei nostri anni giovanili, quello stesso che lei e la sua famiglia avevano sempre considerato tabù e da cancellare da tutti i vocabolari del mondo, e lo usava per contrapporsi dialetticamente a me e giustificare il suo comportamento che le avrebbe fatto meritare per lo meno la gogna dalla sua famiglia. Cercai di reagire con stile. “Quindi, sono autorizzato a farne anch’io?” “Certo, se trovi …” La sua arroganza era veramente indisponente: d’un tratto, la casta Rosalba arrivava anche a considerarsi superiore a chiunque nel rapporto con il sesso. Allora mi feci cattivo. “Usate il preservativo?” “No, a me non piace. Io voglio farlo solo a pelle.” “Mi spiace, ma da oggi io scopo con te solo col preservativo!” “E Perché?”
“In primo luogo, perché stai per farti operare e se dovessi rimanere incinta io non vorrei la paternità di un bastardo. In secondo luogo, perché non so chi sia questo tuo amante e non so se rischio, scopandoti a pelle, di trovarmi a contrarre l’Aids, per esempio. Quindi, o preservativo o niente.” “Allora non mi avrai più!” “Perfetto. Domani chiedo l’annullamento del matrimonio. Sai bene che il matrimonio è nullo se manca la copula per la riproduzione.” Andavo sul sicuro, perché gli insegnamenti di una religione esasperata non potevano essere stati travolti in poco tempo; ed inoltre il matrimonio era stato per lei sicuramente una sistemazione, visto che non aveva fatto studi particolarmente impegnativi né aveva mai lavorato un solo minuto nella sua vita e quindi era scoperta in caso di separazione.“Anche per un pompino vuoi il preservativo?” “No, quello lo puoi fare a pelle.” “Quindi, se passiamo dalla scopata del sabato al pompino del sabato, ti sta bene?” “Non mi sta bene un cazzo!!!! Però, visto che ormai scopi con un altro e a me concedi solo il pompino per legge, io mi scopo le mie amanti in camera degli ospiti.” “Allora io il mio posso portarlo qui!”
“No, la casa è solo mia, per contratto. Tu a casa mia non ti porti i tuoi amanti, altrimenti ti caccio con loro.” “Va bene. Mi arrangerò come ho fatto finora.” “Posso fare un commento volgare o la tua educazione ne risente?” “Accomodati!” “Sei stata proprio una bella stronza: tutto alle spalle, senza neanche parlarne.” “Non mi andava.” Il nostro rapporto sembrava chiudersi qui; da allora, solo un pompino veloce, il sabato sera, spesso quando tornava da scopare col suo amante. Io intanto mi ero organizzato e scopavo alla grande con tutte le donne che da anni mi coltivavo alle sue spalle. Molto spesso, approfittando del fatto che la casa aveva due ingressi di cui uno direttamente accanto alla camera degli ospiti con annesso bagno di servizio, mi portavo a casa una delle mie donne, Elvira, la più convinta ed antica amica di mia moglie, e con lei mi lanciavo nelle più spericolate arditezze del sesso. Elvira amava le posizioni strane e si faceva scopare nei punti più disparati, nei modi più imprevedibili. Trattava il cazzo come un giocattolo personale e se lo passava in tutto il corpo, privilegiando i buchi naturalmente, ma anche strusciandolo su tutto il corpo; per di più, aveva un orgasmo ‘urlato’ e quando sborrava si sentiva chiaramente.
Come prevedibile, un giorno che ebbe un orgasmo più bello del solito, le sue urla arrivarono fino a Rosalba che era in cucina del tutto ignara di quel che facevo io; si precipitò come una furia e bussò violentemente alla porta. “Mario, Mario, che succede?” “Sto scopando, vai a fare le tue cose e lasciami godere in pace!” “ Ma chi c’è con te?” “Che cazzo te ne frega? Ti ho mai chiesto con chi scopi tu?” Elvira divenne improvvisamente perfida. “Falla entrare, facciamole vedere come si scopa tra amanti veri!” Girai la chiave nella toppa, lei aprì la porta e si fermò sbalordita. “Elvira!!!!! Proprio tu?” “E te ne accorgi adesso? Sono sei anni che io e Mario scopiamo alla grande; credevi proprio di avere scoperto l’acqua calda, povera cornuta. Se ti interessa, io sono una delle otto, una per ogni giorno, due per la domenica. L’aperitivo è il pompino che fai tu il sabato sera e che, a detta di uno molto esperto, non vale niente!” Rosalba si fece di tutti i colori. “Io adesso esco da questa casa e non ci ritorno più!” “Fra tre giorni ti denuncio per abbandono del tetto coniugale e fra un mese saremo separati, tra due anni divorziati. E non ti passerò neppure gli alimenti, perché sei stata apertamente infedele ed hai notoriamente un amante.” “Quindi?”
“Quindi, accetta la situazione che tu hai voluto. Ho rispettato la tua fede e la tua volontà di rimanere castamente moglie: mi sono fatto delle amanti come è diritto di chi ha una moglie bigotta. Ti sei scoperta troia e hai voluto umiliarmi ai tuoi piaceri. Ora resti sorpresa. Ma davvero credi di poter fare solo e tutto quello che ti aggrada? Continua a farti sbattere dal tuo ganzo, continua a farmi il tuo striminzito pompino legale e lasciami scopare come voglio io con chi voglio io, con tutto il piacere che tutte le altre sanno darmi e tu no!” “Eri stato tu a chiedermi di andare oltre la normalità.” “Infatti, ti avevo chiesto di farlo insieme, armoniosamente, gradatamente, civilmente. Tu mi hai sbattuto in faccia che avevi dato ad un altro quella che a me definivi ‘immonda’ verginità anale, mi hai detto unilateralmente che ero antiquato a volere la fedeltà. Hai fatto tutto da sola e non hai preso neppure le misure giuste, dal preservativo alla tutela della privacy. Ora le leggi le detto io: tu resti qui e mi lasci in pace; io ti faccio andare a scopare con chi vuoi e non accetto di scoparti a pelle. Se non ti sta bene, vatti a far mantenere dal tuo ganzo, se ne è in grado, ma non credo. Io qui ti mantengo solo se ti adegui e mi lasci in pace.”
Adesso Rosalba ha l’aria di piangere. “Ma proprio con Elvira, no. Mi distruggete una vita di amicizia e di fiducia.” “Quello che esattamente hai fatto a me! Vuoi lasciarci in pace, per favore?” “Elvira, posso restare almeno a guardare quanto sono stata stupida, che cosa ho sprecato?” “Cara, io scopo anche davanti ad un esercito schierato; ma scopo io: tu non ci metti neanche un dito, altrimenti spezzo a te il dito e a lui il cazzo. Chiaro?” “Chiaro!” A quel punto la situazione è paradossale, è surreale, è assurda, non so cosa sia: Elvira mi strappa di dosso l’asciugamano con cui mi ero coperto per andare ad aprire, mi spinge sul letto e mi piomba addosso imboccandosi il cazzo fino alle tonsille; Rosalba si siede su una poltrona e, di fronte al pompino dell’amica, sente il bisogno di sollevare la gonna, di spostare il perizoma e di manipolarsi la figa; io mi sistemo a 69 con Elvira e comincio a leccarle figa e culo dall’alto in basso e viceversa, infilando ogni volta la lingua nel buco del culo o nella vulva; poi catturo il clitoride in bocca e comincio a poppare come un neonato: Elvira per un po’ resiste quasi affogandosi con il cazzo, poi lo estrae e comincia ad urlare perché l’orgasmo l’ha sopraffatta. Un attimo dopo, si sgancia.
Mi schiaccia con le spalle sul materasso e mi monta addosso, prende il cazzo con la mano sinistra e dirige la cappella al buco del culo: si impala in un colpo solo con un gemito tra il dolore e la goduria. Rosalba in quel momento sborra ed urla come ferita. Si butta in ginocchio, si accosta al letto e, con aria implorante, mi guarda negli occhi. “Fatti succhiare il cazzo, per favore!” “Non posso lasciartelo fare. Elvira mi castra se infilo il cazzo nella tua bocca.” Si gira verso Elvira. “Ti prego, fammelo solo sentire in bocca un momento. Solo per sentire il gusto del piacere che ha dato a te!” Elvira si sfila il cazzo dal culo e glielo presenta davanti alla bocca. “Fai pure, se ti va; ma, a proposito di ‘immondizia’, guarda che non ho fatto il clistere; quindi non sono certa che sia pulitissimo.” Rosalba prende il cazzo in bocca e ne lecca il sapore misto a quello degli umori di lei e forse anche a qualche residuo. Sono letteralmente allibito; non capisco mia moglie, non capisco Elvira e non capisco neppure me stesso che mi faccio manipolare dalle due donne come un burattino. Rosalba guarda negli occhi Elvira quasi questuante. “Dove volevi farti sborrare? In culo, in figa o in bocca?” “Da amiche come possiamo ancora essere, ti va di farci sborrare in bocca contemporaneamente?”
A Rosalba sembrano accendersi gli occhi di speranza. Solo a quel punto mi ricordo, e riconosco, la Rosalba che, dopo mille resistenze, appena assaggiava il piacere, tirava fuori tutta la sua libidine e la troiaggine associata. “Riesci ad essermi ancora amica e a farlo sborrare con me su tutte e due?” “Cara, per sei anni ho scopato con Mario sapendo che tu rifiutavi certe cose, credi che possa essere meno che contenta adesso che ritrovo un’amica anche in un pompino comune allo stesso uomo?” Si danno da fare e, nel giro di poche leccate, sento la sborra che monta e si va a depositare sui loro visi, sui loro volti. Ci metto un poco a riprendermi, visto che la sborrata è stata particolarmente intensa; ma soprattutto non riesco ancora a riprendermi dalla sorpresa che mi ha fatto Elvira, praticamente scopandomi in combutta con Rosalba: non sono né scontento né insoddisfatto; ma il quadro che finora mi era chiaro comincia a diventare confuso. “Elvira, si può sapere che hai combinato?” “Primo, ho recuperato un’amicizia che mi è stata sempre cara, anche quando sentivo il peso di tradire l’amica scopandomi suo marito; secondo, ho recuperato una moglie a suo marito: non è sanato niente e non sarà facile per voi trovare l’armonia; ma almeno ti ha fatto un signor pompino insieme alla sua amica del cuore; terzo, mi sono levata la soddisfazione di una scopata a tre: se non ci fosse la pregiudiziale del preservativo, tu con me non avresti finito e ti scoperei di nuovo, stavolta con Rosalba; e non cercare neanche di immaginare cosa sapremmo farti io e lei insieme. Purtroppo, non posso darti torto circa le obiezioni sul preservativo, perché anch’io ho tremato quando me l’hai detto; per un mese tu l’hai scopata, ma hai scopato anche con me e con le altre. Se lo sconosciuto fosse a rischio, saremmo tutti nei guai.”
“Non c’è nessun rischio. Dopo la tua scenata, ho chiesto a Mohammed di fare le analisi ed è risultato completamente sano. Da allora scopo con lui solo con preservativo; quindi non ci sono pericoli.” Sono molto scosso. “Beh, intanto scopriamo che è un islamico: vorrei comunicarlo personalmente a tua madre e poi ricordarle quante stronzate ti ha messo in testa sul puritanesimo cattolico. Sei straordinaria, non c’è che dire: proprio un mussulmano! Poi scopro che sei molto determinata nelle tue cose, naturalmente a seconda del vento: prima mamma, papà, la chiesa e il bigottismo … contro quel maiale di Mario; per anni, sempre contro il maiale, il muro del perbenismo; poi spunta all’orizzonte un Mohammed e tu, ancora contro lo stesso maiale, ti fai scudo delle parole d’ordine della nostra fanciullezza, quelle a cui non avevi mai voluto credere, per scopiartelo e addirittura per farti fare il culo che a me hai negato per anni con speciose motivazioni; poi scopri che le corna sono io ad avertele fatte per anni, con le tue amiche - Elvira non è la sola, ma non credo che le altre saranno così disponibili con te - e tu insisti per vederne una; poi alla fine mi fai un pompino insieme a lei. Cosa posso dirti? Evviva la coerenza soprattutto nell’odio contro di me!”
“Mario, adesso sono io che devo chiedertelo. Ma, insomma, da una donna, dalla tua donna, cosa vorresti?” “Cara la mia Elvira, vorrei solo che fosse la ‘mia’ donna, che parlasse con me, che avesse molte idee in comune con me, che affrontasse con me i problemi, le gioie, i dolori. Questa tua amica lo aveva giurato davanti al prete, sull’altare, in abito bianco. Non è stata mai in sintonia; quando ha capito che c’era da fare una correzione, non ne ha parlato con me. Ha sempre agito da sola. Per favore, adesso viva la sua vita e mi lasci vivere la mia.” “Ma noi siamo comunque sposati!” “Certo; e lo resteremo. Vuol dire che quando saremo troppo vecchi per avere desideri o speranze o illusioni allora ci siederemo accanto al focolare e aspetteremo insieme la morte. Fino a quel momento, liberi tutti!” “Io credo che non sei convinto di nessuna delle cose che dici.” “Perché allora, mogliettina cara, non provi tu a dire cose sensate e credibili?” “Che intendi dire?” “Oh, Cristo, hai delle proposte? Hai delle ipotesi? Per cominciare, parliamo d’amore. Chi ami? Il maiale Mario o il possente Mohammed?” Il silenzio è imbarazzante. Elvira si intromette. “Se chiedi a me chi amo tra Mario e mio marito io non ho dubbi. Amo mio marito e scopo volentieri con Mario.”
“Se devo dire la verità, io amo Mohammed ma è un irregolare senza futuro e devo stare con mio marito!” Se una bomba fosse scoppiata al centro della stanza avrebbe avuto un effetto meno dirompente. Elvira si riveste e si prepara ad andare. “Mi dispiace, Mario; io voglio bene alla mia amica e non la giudico per quello che ha detto. Con questa frase si è proclamata puttana e opportunista: sta con il marito per sfruttarlo a favore dell’amante. Adesso non ha più né scuse né attenuanti. Ora o tu accetti di mantenerla sperando che svanisca l’amore per l’altro o la mandi via e le neghi qualunque sostegno, per cui neanche l’altro potrà farsi mantenere da lei come fa ora.” Elvira se ne va. “Hai detto che lo fai scopare col preservativo. Quindi potresti scopare anche con me col preservativo.” “Se mi tieni in casa, faccio tutto quello che vuoi.” “Tutto per te cosa significa? Senza limiti e obbedendo ciecamente?” “Per esempio?” “Per esempio, diventi la mia puttana, la bambola sessuale che uso per tutte le mie voglie scoperecce e che concedo anche agli amici perché se la scopino!” Mi guarda inorridita. “Ma è disumano!” “Perché è umano che io debba mantenere te e il tuo amante e non riceverne niente in cambio?” “Ma che c’entrano i tuoi amici?” “Sono miei amici ed io esprimo così il mio potere assoluto su una puttana!”
“Non posso accettare. Se si tratta di te, posso fare tutto quello che vuoi; ma fare la puttana, no, non me la sento.” “Peccato. Te lo ricorderò quando verremo a pagarti sul marciapiede dove sarai costretta a battere perché il tuo mussulmano senza i miei soldi ti manderà al diavolo e per sopravvivere potrai solo prostituirti su un marciapiede.” “Dici cose tremende, inaccettabili.” “Ti offro un’ultima possibilità di riflessione. Adesso vai dal tuo negretto con una valigia, gli dici che ti ho cacciata e che devi vivere con lui. Se ti accoglie, facciamo le pratiche di divorzio in modo che io ti passi anche una provvigione. Se ti caccia, come sono convinto, accetti le mie condizioni e torni scornata e a testa bassa. Forse, col tempo, ti scoperò anche a pelle.” “Accetto la sfida.” Esce. Chiamo Elvira e le riassumo quel che ci siamo detti. Mi chiede cosa può fare; le dico di rintracciarla e di esserle d’aiuto se sarà necessario. Dopo un quarto d’ora, mi chiama e mi fa sapere che Rosalba le ha dato appuntamento al bar per parlarle; mi dirà poi. Passa un’ora di tormento per me: in fondo, sono innamorato di mia moglie; ma i due orgogli contrapposti stanno distruggendo le vite e desidero mettere la parola fine alla vicenda, come che sia.
A suonare è il campanello di casa; vado ad aprire agitato, perché Rosalba dovrebbe avere le chiavi. Con un grosso respiro scopro che sono loro due e che Rosalba, per rendere più determinante la prova, è uscita senza le chiavi. Si siedono in cucina. “Allora?” “Hai vinto tu. Sei contento?” “No, soffro assai più di quanto tu possa immaginare. Io ho sposato una donna che amavo e che amo. Tu mi stai portando una bambola che posso maltrattare come voglio. Mi faccio schifo solo al pensarlo. Una cosa è progettare trasgressioni con una compagna di cui fidarsi; un’altra è disporre di una schiava sessuale: con tutte le meravigliose donne di cui posso disporre, non è di una schiava che ho bisogno. Sei mia moglie e lo resterai, ma non ho più voglia neppure di toccarti. Se decidi di restare, rinunci al sesso e non scopi né con me né con altri; se trovi qualcuno che ti voglia scopare, assicurati che possa mantenerti perché ti caccio e deve vedersela lui. Adesso riprenditi anche il tuo ruolo, ma non riesco neppure a volerti bene.” “Mario, non rompere i coglioni. Mi telefoni, ti preoccupi, la riprendi e adesso fai il galletto. Ingoia il rospo, dimentica quanto puoi e cercate di ricominciare.”
“Rinunciare a te è il primo passo?” “Se vuoi, può anche essere così. Se trovi altri percorsi, io per te ci sono sempre, da sempre; ma amo solo mio marito e non lo dimenticare mai.” “Grazie, Elvira. Hai ragione su tutti i fronti. Non intendo rinunciare a te, a meno che non cambi completamente il rapporto con mia moglie. Ma Rosalba non dà affidamento e non impiegherà molto a mettersi di nuovo nei guai. Ciao.” “Non ci credo. Io mi fido della mia amica e so che la lezione l’ha capita, forse non da te, perché con te lei fa solo la guerra; ma sicuramente ha imparato dal comportamento dell’altro, che è scappato appena è stato chiamato a qualche responsabilità. Ciao. Ci vediamo la prossima settimana come sempre?” “La prossima settimana, forse non come sempre …” “Capito. Ciao.” Restiamo di fronte io e Rosalba, finalmente soli. “Cosa vuoi che faccio?” “Io non voglio che fai niente. Sei tu che devi decidere che cosa vuoi fare, come del resto è stato sempre.” “Non devo essere la tua bambola sessuale?” “Certo: quando e se lo dico io. Ma ti ho anche detto che adesso non provo nessun sentimento per te e che mi dà fastidio anche solo l’idea di toccarti.”
“Ma prima, con Elvira, ti sei lasciato succhiare.” “Da Elvira; il fatto che ci fossi anche tu era marginale: Elvira ha voluto ribadire la vostra amicizia ed io sono stato felice di aiutarvi.” “Posso fare qualcosa per cercare di riavvicinarmi a te?” “Quello che dovresti fare, lo devi cercare dentro di te. Io ti avevo chiesto fedeltà e chiarezza. Fedele, non lo sei stata. Cerca di fare almeno chiarezza, se ti riesce.” “Mi porti a letto con te?” “Ti ho detto di riprendere il tuo posto. E tu da sempre, nonostante tutto, dormi accanto a me.” “Ma io voglio parlarti a lungo, intimamente e, se mi consenti, anche accarezzandoti, mentre parlo.” “E’ un po’ azzardato chiedermi di ascoltarti mentre ci accarezziamo; ma, in nome del nostro amore, si può fare.” Ci mettiamo a letto e Rosalba si accoccola sul mio petto; poi comincia ad accarezzarmi il petto e da la stura alla sua narrazione. “Non so perché è cominciato; ma so quando, con precisione. E’ stato due mesi fa, tu eri al lavoro ed ha bussato un ragazzo arabo per vendere un tappeto. Non ne avevamo nessun bisogno e si vedeva, ma lui ha insistito ed è entrato. Mi sono sentita a disagio, anche perché il suo cazzo occhieggiava dal vestito e mi dava brividi di desiderio, come non mi era mai capitato.”
“Evidentemente, come ti è sempre successo, la troia che è in te all’improvviso è scattata e tu non hai fatto niente per arginarla. Ma tu l’hai fatto entrare senza riflettere? Se avesse avuto intenzioni assassine?” “Non ci ho pensato. Ho visto un bel ragazzo, ho intravisto un bel cazzo e qualcosa si è mosso dentro di me; l’ho desiderato con tutta me stessa e l’ho portato in camera da letto.” “Quindi, tutto è cominciato nella parte più sacra della nostra casa, nel nostro talamo?” “Si; se devo dire la verità, preparati ad accettare anche cose molto dolorose per te.” “OK. Vai avanti; ma non credere che basti confessare per ricucire.” “Non mi illudo di ricucire solo confessando. Spero nell’amore che tu ancora senti e che in me non è mai morto, anche se credevo il contrario due ore fa. Non mi fermare su questo. Sono stata e sono un’imbecille. Due ore fa mi credevo ancora innamorata della mia trasgressione. Ora vorrei tornare indietro; ma posso solo ammazzarmi per quanto ho sbagliato.” “Vai avanti e lascia stare la morte.” “Insomma, l’ho portato in camera ed ho lasciato che mi spogliasse: indossavo solo uno straccetto per casa, senza neanche l’intimo e in un lampo ero nuda tra le sue braccia. In un attimo si è spogliato anche lui ed ho avuto la sensazione di essere nell’Eden. Ora so che è stupido, ma quel momento è stato così.”
“Vi siete messi subito a scopare?” “No, prima mi ha coperto di baci, dalla testa ai piedi ed è stato tutto dolcissimo, meraviglioso, nuovissimo. Mi ha leccato la figa come facevi anche tu, ma con più passione, con più intensità: la sua lingua mi entrava in tute le pieghe. In tutti i buchi; ed io sentivo che mi aprivo sempre di più, ogni buco si dilatava aspettando di essere penetrato. Non mi è entrato subito in figa. Mentre mi leccava l’ano ha avvertito che era vergine e me lo ha solleticato a lungo, con la lingua e con le dita; io ero a pancia sotto, stesa sul materasso e lui mi è montato addosso; ho sentito il suo cazzo scorrermi tra le cosce, risalire le natiche e appoggiarsi con la cappella al buchetto. Non ho avuto né la forza né la voglia di reagire. Non pensavo a niente, meno che mai a te, pensavo solo a quel cazzo che mi stava per violare la verginità del culo; ho sollevato il sedere per favorirlo ed ho sentito che mi spaccava mente entrava nel culo. E’ stato deciso e delicato: ha dato un solo colpo e mi sono sentita squarciare; ho urlato come mi squartassero e il suo cazzo era dentro di me, un cazzo grosso, più di venti centimetri che mi riempiva la pancia fino allo stomaco.”
La interrompo. “Perdio, neanche un pensiero di riflessione, neanche un minimo accenno di vergogna: mi tradivi così, a freddo, senza nessuna pietà, nel nostro letto.” “Ti ho detto che molte cose ti avrebbero fatto assai male. Se non te la senti, smetto qui. Perché non si è fermato a quello. Mi ha montato a lungo nel culo ed io ho goduto come mai avevo fatto. Mi sentivo disposta ad aprirmi tutta e a dargli tutto. Quando l’ho sentito sborrare, ho sborrato con lui, più di lui. Poi è uscito ed ho provato ancora tanto dolore. Lui mi ha leccato a lungo il culetto dolorante e mi ha masturbato sapientemente; gli orgasmi hanno attenuato il dolore. Mi ha preso la testa e mi ha baciato sulla bocca, con molta intensità, ha spostato la mia testa sul suo ventre e mi ha fatto prendere il cazzo in bocca: allora l’ho visto; era grande, era enorme, era bellissimo. L’ho succhiato con tutta l’anima e me lo sono fatto scorrere in gola fino a soffocarmi; ho cercato di farlo sborrare per sentire il sapore del suo sperma; ma non ha voluto; mi ha fatto distendere supina, si è messo tra l mie cosce e mi ha ancora leccato a lungo la figa, facendomi toccare il cielo con un dito per la serie di orgasmi che le sue leccate mi procuravano.”
“Quindi nella stessa occasione ti ha scopato in tutti i buchi?” “Si, perché poi mi è montato addosso e mi ha infilato il cazzo in figa fino a farmi urlare per il dolore all’utero, ma implacabile ha spinto e spinto finché non mi ha allagato la figa. Solo allora si è abbandonato su di me ed io mi sono messa ad accarezzarlo con amore, quasi come una madre il suo bambino. Abbiamo smesso solo perché era arrivata l’ora del tuo ritorno e non volevo farmi trovare a letto con lui. Ho dovuto cambiare tutta la biancheria per lo sfacelo che avevamo combinato, con macchie di diversissima natura. Gli ho chiesto l’indirizzo di casa e gli ho detto che sarei andato a trovarlo io per non rischiare che tu scoprissi tutto. Ci sono andata il giorno dopo, mentre eri in ufficio; ed ho scoperto che abitava in una stanza squallida, con solo un tavolo, delle sedie e un letto. Ma per me era quasi il paradiso, visto che abbiamo ripetuto le cose fatte qui; anzi, mi ha scopato in culo due volte, mi ha sborrato in bocca e in figa. Mi sono innamorata ancora di più. Gli ho dato dei soldi perché ne aveva bisogno. Per due mesi è andata avanti in questo modo: un giorno si ed uno no lo andavo a trovare e scopavamo per tutta la mattinata. Ogni volta gli portavo dei soldi.”
“Perché me ne hai parlato?” “Quello è stato il mio errore. Ma sapevo che prima o poi ti saresti accorto che avevo il culo rotto e la figa slabbrata; ed ho voluto anticiparti per trovare una soluzione concordata. Ma poi sai anche tu come sono andate le cose.” “Già, ma nessuno dei due sa come si evolveranno e, soprattutto, come finiranno.” “Beh, non puoi dire che sei esente da colpe, visto che da sei anni ti scopi le mie amiche.” “Intanto, non spetta a te giudicare il mio comportamento; in secondo luogo, io non ho privato te di nessuna verginità per darla a un’altra; tu lo hai fatto e questo è molto umiliante. Già è difficile accettare l’idea di entrarti in figa e di sentire che il mio cazzo ci balla perché un altro ti ha conciata male; figurati l’idea di entrare in un culo che a me è stato negato e che a un altro è stato regalato al primo colpo, senza neanche pensarci. Non so se riuscirò a cancellare dalla mia mente l’immagine di te che mi tratti da zerbino; non basta neanche ricambiarti con la stessa moneta: e forse potrei. L’unica sarebbe rimandarti dai tuoi con le notizie che spiegano l’abbandono. Ma non mi va. Per ora ti tengo qui; se succederanno fatti nuovi, vedremo.”
“Quali fatti nuovi potresti prevedere?” “Te l’ho già detto: uno sarebbe che tu ti innamorassi di un altro e stavolta te ne andresti senza neppure fiatare: per quel poco che ti conosco (anzi, non ti conosco più per niente), non è un’ipotesi peregrina: il primo venditore che bussa alla porta ti potrebbe trovare pronto a riceverlo a gambe aperte come hai già fatto. Un’altra ipotesi potrebbe essere che ti adotto come terzo elemento nei miei rapporti sessuali. Quello che hai fatto con Elvira oggi, potrei obbligarti a farlo con tutte le mie amanti, ma in una posizione subalterna. Infine, potrei mettere in atto la mia minaccia e farti diventare la mia puttana da mettere a disposizione degli amici: tornando qui stasera, hai accettato questa condizione; ma non me la sento di scendere più in basso di quanto sei scesa tu e questo non lo farò.” “Elvira torna fra una settimana?” “Si, quando è il suo turno.” “Le hai fatto capire che potrei partecipare alle vostre scopate?” “Si; e credo che per ora questo percorso sia il più prudente. Poi, se tu ti calmi e diventi più affidabile, vedremo.”
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