Giada era seduta in un angolo di una vasta e profonda fossa al centro delle segrete imperiali. Con lei c'erano molte altre schiave, ognuna nel suo angolino. Alcune parlavano tra loro, attraverso sussurri, altri erano silenziose, col capo rivolto verso il basso, stremate da quella esistenza. Molte avevano i polsi legato dietro la schiena con ceppi di metallo. Tutte invece erano completamente nude.
Era stata gettata lì da poco in realtà, non aveva ancora avuto il tempo di fare domande e capire esattamente perché. Tutte le altre schiave erano chiuse in normali celle, alcune sole, altre in compagnia. Una cella molto ampia ne conteneva numerose che erano state disumanamente incatenate al muro, con le gambe oscenamente divaricate e il sesso rivolto ai passanti. Lei invece era stata calata con una corda in quella strana fossa. Molti soldati passavano spesso sull'orlo e guardavano al suo interno, indicandone una di loro oppure un'altra e facendo commenti tra loro. Aveva visto abbastanza cose in quella prigione da temere il peggio.
-Guarda guarda - sentì dire da una voce sopra di se. Alzò gli occhi in tempo per vederne due affacciati sulla fossa. Come tutti i soldati indossavano l'armatura nera completa con il bacino nudo e turgidi e che lasciava i lunghi membri esposti e visibili, pronti per essere usati come armi esattamente come le spade ai loro fianchi.
Uno dei due, quello che aveva parlato, afferrò alla base il proprio pene e iniziò ad urinare. Uno zampillo giallo parti dall'uretra di quella grossa e gonfia cappella disegnando un ampio arco e ricadendo quasi al centro della fossa. L'urina colpì in pieno una ragazza che, senza lamentarsi e con i capelli ormai bagnati, cercò di sottrarsi al getto, tuttavia il rumore dello scroscio aveva attirato l'attenzione di una schiava in particolare.
Aveva le mani incatenate dietro la schiena e quindi non le fu facile alzarsi in piedi, eppure scattò verso lo zampillo di urina a bocca aperta, cercando di berne il più possibile. Ogni volta che la bocca si riempiva la chiudeva un attimo, il tempo di inghiottire, e quella le bagnava in pieno il volto, imbrattandola completamente. Nonostante i suoi sforzi era più quella che schizzava fuori rispetto a quella che riusciva a prendere in bocca, tuttavia sul suo volto si leggeva una soddisfazione completa, come quella di un uomo che dopo un'attraversata di giorni nel deserto finalmente beve un sorso d'acqua.
Giada la guardava con occhi sconvolti mentre i due soldati ridevano tra di loro osservando la scena. Quando finalmente la pisciata stava terminando, l'arco di urina piano piano perdeva potenza e si rimpiccioliva. La schiava cercò di "inseguirlo" mentre si stava esaurendo e quasi rischiò di travolgere un'altra donna nel suo percorso.
Alla fine il soldato si scrollò il pene eretto facendone cadere le ultime gocce e si ritirò col suo compare.
-Visto? Che ti avevo detto? Ormai le facciamo fare quello che vogliamo...
Giada continuava invece a guardare quella schiava che ora era corsa indietro, nel punto in cui l'urina era caduta al suolo formando una pozza nella nuda roccia. Si era inginocchiata con le mani incatenate dietro la schiena e aveva chinato il volto fino al suolo, leccando la piscia da terra, passando la lingua sulla pietra pur di non perdersi nemmeno una goccia di quel liquido aspro e caldo.
Un'altra schiava doveva essersi evidentemente accorta dello sguardo sconvolto con cui Giada osservava la scena. Le si avvicinò strisciando il carnoso e ampio sedere sulla nuda roccia e attirò la sua attenzione.
-Non puoi immaginare cosa le hanno fatto per ridurla così... - disse - prima se l'è fottuta l'intero esercito imperiale, e se dico tutto intendo proprio tutto, fino all'ultimo uomo...
-Sul serio? - chiese Giada sconvolta.
-Si, l'hanno attaccata ad una gogna e si sono dato i turni per settimane, senza darle tregua... Straziante. Poi l'hanno lasciata senza bere e mangiare giorni. Alla fine quando era stremata le hanno detto "o bevi la nostra piscia oppure non mangi"
-E lei?
-Lei si è rifiutata... E allora loro l'hanno lasciata ancora senza cibo e acqua. Dopo due giorni, alla fine, lei non ce l'ha fatta più e lì ha implorati di darle almeno da bere. Quindi la guardia le ha fatto di nuovo la stessa offerta e lei ha accettato. Comunque non è riuscita a bere più di un sorso di urina, e loro le hanno dato giusto un pezzetto di pane piccante, niente acqua. Ogni due giorni andavano da lei e le davano solo cibo piccante e salato e solo in base a quanta urina riuscisse a bere, e il suo unico modo di bere era ingoiare ciò che loro le offrivano dai loro cazzi. Giorno dopo giorno ha iniziato ad abituarsi e a collegare il sapore della piscia con il piacere di avere lo stomaco pieno e la gola dissestata e sollevata da quel sapore piccante. Ormai la sua mente ha collegato così tanto quel piacere all'urina che non riesce a farne a meno e quando li sente pisciare corre a berne fino all'ultima goccia. Anche perché è l'unica bevanda che le è concessa.
-Ma perché le hanno fatto questo? - chiese Giada inorridita.
-Lei è una prigioniera della battaglia contro Suddia. È stata portata qui insieme al Barone Lorenzo, si chiama Giulia.
A sentire il nome dell'erede del sud, gli occhi di Giada si accesero di curiosità.
-Che fine ha fatto adesso Lorenzo?
-Non lo so... È stato tenuto qui tanto tempo e gli sono state fatte cose che... Non riesco a ripetere. È stato crudele... È stato... È stato troppo. Alla fine lui ha ceduto e ha giurato fedeltà all'imperatore. Lo hanno portato via e non so cosa gli sia successo, se sia vivo o morto. Qui non è più tornato.
Intanto un'altra schiava si era avvicinata e fece cenno all'altra di smettere di parlare.
-Smettila - le disse - lei è una di loro, sarà uno dei loro assurdi giochi psicologici per vessarci...
-Una di loro? - chiese Giada.
-Non fare la finta tonta - continuò la nuova schiava - ti ho vista nella sala del trono con quello là, quello con i capelli bianchi... Albino. Eri la sua devota schiava. Avevi solo i capelli un po' più lunghi.
Giada capì subito cosa stava succedendo. Quell'uomo era quello a cui lei, inconsciamente e ingenuamente, aveva consegnato sua sorella Alba. Era successo tanto tempo fa, nel loro paesino, e da allora non l'aveva più rivista.
-Non ero! - rispose prontamente Giada - Era mia sorella Alba. È prigioniera di quell'uomo da molto tempo. Sarà stata plagiata. Sono qui proprio per trovarla.
-Beh temo tu sia in ritardo - disse la schiava - quando l'ho vista ero al trono dell'Imperatore a succhiargli il cazzo e ho sentito che Albino veniva mandato come nuovo ambasciatore ad Est, e che lui avrebbe portato con se la sua schiava.
Giada sentì il mondo crollare addosso. Era lì per trovare informazioni su sua sorella Alba e sul Barone Lorenzo, per cercare di fuggire tutti insieme magari, ma nessuno dei due era lì. Era prigioniera inutilmente e non sarebbe riuscita a salvare proprio nessuno.
Doveva assolutamente chiedere aiuto, sfruttare il portale magico che le era stato aperto nel corpo, ma purtroppo non aveva ne una pergamena ne un calamaio con se. Si guardò intorno cercando qualcosa che potesse aiutarla, ma non c'erano che pietre in quella fossa. La soluzione era ovvia nonostante fosse dolorosa.
Cercò tra le pietre e ne trovo una allungata e non troppo larga. La fissò per diversi secondi, era comunque molto più larga di qualsiasi cosa si fosse mai infilata nel culo prima d'ora e, in più, era ovviamente durissima e spigolosa. Non sarebbe stato facile.
Con uno spuntone affilato di ferro che sbucava dal muro si ferì la punta del dito, quindi scrisse sulla pietra: "Lorenzo e Alba andati. Salvatemi". Aspettò che il sangue fosse rappreso per assicurarsi non venisse cancellato, quindi appoggiò quella pietra al proprio ano, cercando di spingerla dentro, ma senza alcun successo se non un po' di dolore.
-Ma che fai? - domandò una delle due schiave vedendola così indaffarata.
Giada non ebbe tempo per riflettere se fidarsi o meno, le disse semplicemente la verità.
-Sono stata mandata qui dai ribelli per salvare mia sorella e il barone Lorenzo. Per comunicare con il loro campo mi è stato aperto un portale magico nell'ano. Così ho scritto un messaggio su questa pietra e... Voglio farla passare nel portale. Ma da sola non ci riesco. Dovete aiutarmi.
Le schiave acconsentirono e Giada si mise a quattro zampe. La prima schiava iniziò ad infilarle un dito nel culo, quindi due...
-Non le dita - si lamentò Giada - la pietra!
-Prima dobbiamo abituare il tuo culo, un po' alla volta. Ci vuole pazienza scema! Tu prova a rilassarti.
La schiava si leccò le dita e provò di nuovo a penetrarla con due, ma sentiva i muscoli dell'ano di Giada farle resistenza.
-Devi rilassarti cazzo!
-È difficile...
-Ci pensiamo noi...
Le due schiave si chinarono verso il culo e il sesso di Giada. Una di loro le leccava la vagina, delicatamente, con movimenti da su a giù, stuzzicando l'interno delle labbra fino a spingersi al clitoride, che in quella posizione non era accessibilissimo. L'altra, quella che aveva iniziato, le leccava l'ano con lenti movimenti circolatori.
Giada iniziò ad eccitarsi e bagnarsi per quel doppio trattamento orale. I muscoli dell'ano iniziarono a rilassarsi mentre la bocca della schiava che le leccava la vagina si riempí di umori.
La schiava che le stava leccando l'ano lasciò colare una buona quantità di saliva e quindi iniziò a massaggiare il buchetto con quel lubrificante naturale, preparandolo alla penetrazione. Attese qualche secondo, quindi infilò indice e medio nel suo culo, penetrandola senza difficoltà fino alle nocche.
-Cazzo! - gemette Giada, senza capire nemmeno lei se fosse per dolore o piacere.
La schiava iniziò ad andare su e giù con le dita, allargandole di tanto in tanto per accelerare il processo e far abituare Giada nel minor tempo possibile. Poi cambiò dita, non più indici e medio, ma gli indici di entrambe le mani, in modo da darsi modo più facilmente di forzare l'apertura del culo, tirando in entrambe le direzioni.
-Cazzo! - ripeté di nuovo Giada, questa volta non aveva dubbi, era dolore.
-Dovrò fare ancora più forte. Di sicuro così ancora non ci entra. Sicura che vuoi continuare?
-Certo - rispose Giada determinata - devi assolutamente infilarmi quella pietra nel culo.
La schiava continuò a fare forza con le dita nell'ano della ragazza tirando indice destro e sinistro al massimo per allargare. Il buchetto stava iniziando ad allargarsi, ma non era ancora abbastanza.
-Forse ho un'idea - disse - ma è un po' drastica.
-Fallo - disse Giada.
La schiava allora chiamò a se anche l'altra schiava, quella che la stava leccando e le chiese di infilare anche lei i suoi indici nel culo della ragazza. Grazie alle operazioni di allargamento fatte fino ad ora, le altre due dita entrarono più facilmente. Ora, con quattro indici nel culo, Giada stava per essere aperta il più possibile. Le due schiave si misero ai lati opposti del suo culo e iniziarono a tirare con forza in direzioni opposte, cercando di allargare quel buco il più possibile.
Lo sentivano cedere sotto i loro sforzi continui, diventando via via più largo.
-No no! - urlò Giada lacrimando, senza riuscire a controllarsi.
Le due schiave istintivamente si fermarono lasciando l'ano ritornare lentamente alle sue dimensioni.
-No, non preoccupatevi - disse Giada con la voce rotta dal dolore e dal pianto - Continuate, dovete continuare... Non ascoltate i miei lamenti. Dovete allargarmi il culo il più possibile.
-Ma ti fa troppo male - disse una delle due - Non me la sento...
-Ti prego.. Ti supplico - disse Giada - È la mia unica speranza... Dovete infilarmi quella pietra nel culo a tutti i costi.
Le due schiave acconsentirono e ripresero a tirare allargando sempre di più il suo culo.
-Aiuto! No! Basta! - urlava Giada senza riuscire a controllarsi, ma le schiave rimasero fedeli alla richiesta della ragazza e continuarono a tirare.
Quando l'ano fu largo abbastanza chiamarono una terza schiava.
-Mettile questa pietra nel culo - le chiesero sforzandosi di mantenere sempre largo l'ano - forza, presto!
-Cosa? Ma perché? Ma è troppo lungo, le farà male...
-Ti prego! - urlò Giada - Fallo subito! Non ce la faccio più!
La terza schiava si decise e infilò la pietra nel suo culo. Giada la sentí chiaramente, dura, ruvida e spigoloso, a tratti quasi tagliante. Fu doloroso ma in pochi secondi le sparì completamente all'interno oltrepassando il portale magico e finendo all'accampamento ribelle.
-Come cazzo è possibile? - si stupì la terza schiava.
Non ebbe il tempo di ricevere una risposta. Solo ora le schiave e Giada si accorsero che dall'alto una decina di soldati si era accalcata sull'orlo della fossa ammirando lo spettacolo divertiti, attirati dalle urla.
-Guardale, si vede che gli manca essere inculate per benino - disse uno di loro.
-Dobbiamo assolutamente accontentarle...
Biscia giocherellava con una boccetta vuota nella cripta più recondita e nascosta nelle segrete della Capitale. Solo alcune torce appese ai muri e accese per l'occasione gettavano una cupa penombra su quella sala dominata al centro da un grigio sarcofago in pietra. La fattura dell'artefatto funebre non era per nulla pregiata e le uniche decorazioni erano rappresentate da incisioni amatoriali e vandaliche impresse dai soldati imperiali sulla nuda pietra. Si trattava di epiteti molto variegati, ma il succo di ogni scritta erano pesanti offese alle spoglie custodite all'interno del sarcofago.
"Qui giace una troia" si leggeva, e anche "Hai finito di succhiare i cazzi". "Morta per indigestione di sborra", "Uccisa a colpi di cazzo nel culo", "A breve ti seguirà quella puttana insaziabile di tua madre", "Ingoia le cappelle nell'Ade", "Cadavere disponibile per stupri"... E altre scritte anche peggiori ricoprivano tutta la superficie.
L'unica scritta non amatoriale, ma incisa evidentemente da un maestro artigiano era proprio al centro del coperchio e recitava: "Qui giace Anya che non fu degna a e ora è morta.".
Biscia carezzava quella pietra lasciando che le dita indugiassero sui solchi delle varie scritte mentre rifletteva.
Anya era stata sconfitta, ma la ribellione era ancora viva. Questo perché uccidere il capo di qualcosa può essere un duro colpo, ma non il colpo finale. Il colpo finale è uccidere una causa, non chi la incarna. E come si uccide una causa? Schierando sul campo di battaglia uno dei suoi più fedeli rappresentanti che ora ha cambiato fazione. Era questo il suo piano: piegare Lorenzo, renderlo servo dell'Impero e farlo combattere contro le ribelli. Tuttavia la cosa si era rivelata più complessa del previsto.
Lorenzo si era dimostrato saldo nelle convinzioni. Impossibile da piegare. Gli era stato fatto di tutto, sottoposto ad ogni violenza e tortura, ma non aveva mai tradito, nemmeno per finta, nemmeno per ottenere sollievo. Alla fine aveva dovuto chiedere aiuto all'Ombromante. Per lei aveva prodotto un filtro di amore folle. Quel filtro era stato versato nell'ultimo pasto di Lorenzo e, ora, il Barone stava per raggiungerla. Era ora di verificare il funzionamento.
-Generale - disse un soldato entrando nella cripta seguito appunto da Lorenzo - vi ho portato il prigioniero.
Biscia lo guardò. Era completamente nudo. Una fitta rete di cicatrici solcava ogni centimetro del suo corpo, testimonianza imperitura della sofferenza che gli era stata inflitta. Tra le sue gambe pendevano a riposo i suoi due grossi cazzi. Nessun danno era stato arrecato a quelli, su ordine di Biscia che aveva sempre segretamente desiderato di provarli.
Il Generale si leccò le labbra con la sua lingua biforcuta e carezzò il braccio dell'uomo. Sotto le sue dita sentiva i muscoli del suddiano e i solchi delle cicatrici. La sensazione fu simile a quella di carezzare quel sarcofago vandalizzato.
Lorenzo sembrava apprezzare quelle attenzioni a giudicare dai suoi cazzi che rapidamente iniziarono a gonfiarsi e irrigidirsi. La cosa non sfuggì a Biscia.
-Va via - disse rivolta al soldato - Ma prima liberalo - aggiunse alludendo ai ceppi che ancora stringevano i polsi del Barone.
Il soldato imperiale dopo un attimo di esitazione ubbidí. Liberò Lorenzo e lasciò la cripta.
Finalmente soli, Biscia slacciò l'unico bottone che teneva chiuso il mantello mostrando il suo corpo nudo, sinuoso e snello. Questo portò le erezioni di Lorenzo al massimo. Uno sopra l'altro, i due peni svettavano possenti e gonfi, quasi ad un passo da scoppiare.
-Ti piaccio? - gli chiese.
-Da morire - rispose lui.
-Moriresti per me?
-Farei qualsiasi cosa per te.
-Bravo...
Biscia si sedette sul coperchio del sarcofago, allargò le gambe e mostrò una vagina stretta e rosa, sormontata da un ciuffetto di peli verde scuro come i capelli.
-Inginocchiati e leccami se...
Non ebbe tempo di finire di parlare, Lorenzo si inginocchiò e gettò a capofitto tra le sue cosce, indugiando con passione e avidità sul suo sesso.
Quei modi così rudi, dettati dalla totale mancanza di autocontrollo dovuta alla pozione, non erano il massimo per lei, ciò nonostante iniziò a trovare piacevole quel trattamento. Gli impose una mano sulla testa, afferrandogli i capelli, per tirarlo ancora di più verso di se.
I violento colpi di lingua di Lorenzo iniziarono a far bagnare sempre di più la vagina di lei, tanto che copiosi umori iniziarono a scorrere sulla pietra del sarcofago di Anya, imbrattandolo e insinuandosi nelle incisioni indecorose.
-Sai chi giace in questo sarcofago? - gli chiese.
-No - riuscì a rispondere lui separandosi un istante dalla sua opera.
-Le spoglie deturpate della tua cara Anya. Guarda come si sono divertiti i soldati imperiali a deturparne la pietra. Erano gli stessi che stupravano Giulia. Prima si scopavano la tua suddita e poi venivano qui a umiliare la memoria del l'eletta...
Lorenzo per un istante si interruppe, come se ricordasse qualcosa, poi riprese a leccarla con la stessa violenza.
-Hai capito cosa ti ho detto? - rincarò lei.
-Si - rispose.
-E non ti importa.
-Voglio solo averti... In ogni modo possibile. Morire per te.
A queste parole lei lo spinse via con un piede.
-Basta, sei troppo impacciato a leccare...
-Ti prego mia Signora, concedimi di darti piacere.
-Te lo concedo - rispose lei facendogli segno di stendersi sul coperchio del sarcofago.
Lui ubbidì e lei gli fu subito sopra. Si mise in ginocchio sulla fredda pietra facendo in modo che il bacino di Lorenzo fosse tra le proprie cosce. Quindi afferrò il cazzo superiore del Barone e lo indirizzò verso la propria vagina ormai madida di umori. Il turgido membro scivolò dentro senza alcun problema, come fosse cosparso d'olio, e Biscia se lo sentì dentro in profondità senza nemmeno rendersene conto. L'altro cazzo invece, quello inferiore, lo lasciò fuori, a strusciare contro io sedere.
Senza attendere oltre, il Generale Biscia cominciò a far forza sulle cosce e salire e scendere, permettendo a quel possente cazzo di scorrerle dentro. In particolare avvertiva chiaramente la propria carne espandersi all'avanzare dell'ampia cappella e ristringersi appena questa cedeva campo. Era una sensazione fantastica anche per Lorenzo che prontamente le afferrò le natiche. A mani larghe portò i medi a sfiorare l'ano di lei e quindi allargò la presa per fare spazio alla cappella del suo secondo pene.
Appena Biscia sentì la nerchia lambire il proprio buco posteriore sgranò gli occhi e afferrò il volto di lui in una mano, con sguardo furente.
-Cosa pensi di fare con quello?
-Ti prego mia signore, lascia che ti inculi...
-No, insulso uomo, non osare.
Detto ciò con la mano gli afferrò la mascella e gli aprì la bocca. Quindi sputò sulla lingua di lui.
-Non osare mai più prendere certe iniziative.
Lorenzo smise quindi di allargarle le natiche e il cazzo inferiore si ritrovò incuneato nel solco del suo culo, masturbato in quel modo ad ogni movimento sussultorio di lei.
Si agitava agile Biscia saltellando sul cazzo superiore di Lorenzo e intanto gli carezzava quel corpo martoriato, indugiando sulle cicatrici che creavano una fitta rete sul suo petto. Trovava eccitanti quelle ferite rimarginate, le ricordavano tutte le atrocità che gli aveva inflitto. Lui urlava che l'avrebbe uccisa, e invece era lì che la supplicava. Mentre si perdeva in questi pensieri eccitanti, avvertì chiaramente il cazzo di lui pulsare e quindi schizzarle dentro, riversando un copioso e viscoso liquido.
-Avresti dovuto avvisarmi che stavi venendo - disse Biscia stizzita mentre si sollevava dal cazzo e avvertiva la sborra colare giù, fino al bacino di Lorenzo.
Mentre il cazzo superiore già iniziava a perdere spessore e la vagina continuava a colare sperma, Biscia afferrò il cazzo inferiore di Lorenzo e lo infilò dentro, ricominciando a saltellare sul suo bacino.
-Questa volta non osare venire prima che io sia venuta. E avvisami - lo intimò - Altrimenti giuro che te ne taglio uno.
Lorenzo incassò annuendo. Per colpa di quella masturbazione tra le natiche era già molto avanti con il piacere e non sapeva quanto avrebbe resistito. Come se non bastava la vagina di lei era strettissima ed elastica, stringeva il suo cazzo adattandosi ad ogni venatura dell'asta e stimolando ogni millimetro di pelle, anche la parte sotto la corona della cappella.
Da piacevole divenne rapidamente una tortura, in cui lui cercava di concentrarsi per non venire e subire le ire della sua signora. Cercò di concentrarsi su altro, ma sembrava impossibile.
Biscia, d'altra parte, si muoveva in modo rapido e continuo, iniziando ad agitare il bacino in movimento rotatori, facendo variare così l'inclinazione del cazzo di lui e accentuando il piacere.
-Ti supplico mia signora - disse lui con le parole che gli morivano in gola - sto quasi per venire... Non riuscirò a resistere a lungo.
Biscia sbuffò sonoramente.
-Sei una enorme delusione - gli disse sprezzante - credevo che Anya fosse una puttana assatanata e ti avesse scelto per le tue capacità. Invece non hai idea di come far godere una donna. Se siete tutti così voi uomini di Suddia si vede che le urla di Giulia mentre la stupravano erano di piacere.
Detto ciò si alzò rapidamente dal cazzo di lui.
-Forza, alzati - gli disse perentoria - Sborra qua - aggiunse indicando un posto specifico del sarcofago di pietra.
Lui si mise in ginocchio a capo chino, umiliato e mortificato, con il cazzo inferiore gonfio, sporco di sborra e pronto ad esplodere.
-Allora? - chiese lei vedendolo fermo - Cosa aspetti? Pensi che sarò io a farti venire? Fai da solo.
Lorenzo, ancora a capo chino, si afferrò il cazzo in tiro e fradicio di umori e sperma e iniziò a masturbarsi con vigore. Ci mise davvero poco a schizzare. La sborra colpì e imbrattò l'incisione "Qui giace Anya che non fu degna a e ora è morta.".

L'umiliazione bruciava l'anima di Lorenzo che però non riusciva a resistere, magicamente costretto ad ubbidire a Biscia. Così schizzo dopo schizzo la sborra, densa e bianca, coprì la scritta. Tanto densa che "Qui giace", "che" e "fu degna e ora" non si leggevano nemmeno più.
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