Marika era il prodotto inequivocabile di un misto fra educazione cattolica imposta come comandamento categorico, al limite (ed oltre) dell’integralismo e il senso del rigore che solo una famiglia di militari può inculcare sin dall’infanzia. Non appariva strano, quindi, che fosse cresciuta nel culto di principi assoluti e irremovibili (sacrosanti, intangibili e assolutamente necessari, se tenuti nei limiti del dovere senza scadere nel culto dell’integralismo) e che su quelli avesse formato la sua vita e l’educazione dei figli. I quali, nonostante la rigida pressione della madre e il lassismo piuttosto concessivo del padre, si erano costruiti una solida personalità ed avevano costruito una loro vita autonoma. Ci eravamo trovati così, alla soglia dei cinquant’anni, io, Francesco, e lei, Marika, a fare i conti con le nostre personalità divergenti e contrapposte su molti punti. Io, avvocato apprezzato e rispettato con uno studio avviato in centro e alcuni collaboratori intorno, con un’ansia mai sopita di sesso e belle donne che, con una moglie come Marika, latitavano spessissimo. Lei, professoressa ormai di lungo corso autorevole e spesso autoritaria del locale Liceo, che ‘parlava per punti esclamativi’ come scherzavano i suoi detrattori per sottolineare l’abitudine ad imporre il suo giudizio come verità indiscutibile.
Tra le tante fisime che ne caratterizzavano la quotidianità, c’era innanzitutto l’imposizione a tutti i subordinati (io per primo che lei considerava il suo attendente personale) l’obbligo di rispettare le cerimonie rituali e convenzionali anche quando non avevano nessun senso e nessun valore. Per questo, alla cerimonia di pensionamento di non so quale funzionario, mi trovai costretto ad indossare l’abito scuro e accompagnare in pompa magna la mia signora nel salone delle feste del municipio in una massa di personaggi per lo più usciti dalla naftalina; Marika si muoveva felice e ipocritamente sorridente in questa marea di saluti e baciamani; io cercai scampo immediatamente in un giardino interno, dove potevo almeno sfogare la libidine di una sigaretta, in barba al divieto di fumare in un luogo pubblico. Nel buio e nel silenzio totale del giardino, rotto solo dal suono cristallino dell’acqua della fontanella al centro del giardino, vidi ad un tratto brillare un’altra lucina, dalla parte opposta del porticato; mi avvicinai per conoscere il complice di tanta trasgressione e mi trovai di fronte ad una femmina di grande interesse, da tutti i punti di vista. Alta quasi quanto me (che non sono basso) con due tette da invitare a poggiare vasi di gerani, un culo matronale, un viso largo e bello, una bocca carnosa e tumida, sicuramente da pompini super, fece scattare il fratellino nelle mutande. Poche battute per riconoscersi annoiati della banalità della serata e me la trovai appiccicata addosso.
Mi afferrò letteralmente e mi strinse con una forza inaspettata: le labbra si rivelarono una ventosa che mi aspirava dalla bocca la voglia, la lussuria, il piacere; le lingue cominciarono una sarabanda incontrollabile producendo insieme saliva a più non posso e libidine che si espandeva dalla bocca al sesso: il mio cazzo si innalzò quasi feroce contro il suo ventre, quasi forzando la gonna e l’intimo che immaginavo un perizoma a laccetti; dalla sua parte, credo che cominciasse a colare, considerati i gemiti che le sfuggivano mentre strusciava il ventre sul mio. Mi chinai a scoprirle il seno prosperoso, ma mi avvertì. “Non crearmi troppi scompigli; non saprei come rimettermi in ordine!” Dovetti limitarmi a stringere tra le dita un capezzolo, ma anche con quello sentii che aveva dei piccoli orgasmi. Forte dell’avvertimento, la feci girare, le feci poggiare le mani alla parete, sollevai il vestito fino sopra i fianchi scoprendo il culo monumentale che avevo intravisto sotto il vestito, spostai il laccetto del perizoma che non copriva niente e infilai due dita nella figa: era un lago che continuava a colare lungo le cosce. Aprii con l’altra mano la patta del pantalone, tirai fuori la bestia ormai inferocita e gliela piantai d’un colpo nella figa; un lungo gemito accolse la penetrazione.
La scopai così, a pecorina, per alcuni minuti, mentre lei con i muscoli della vagina succhiava dentro la mia sberla e la faceva arrivare fino alla cervice con una produzione industriale di umori vaginali che rendevano tutto liquido. “Prova a infilarlo nel culo; se non ti reggo, ti avverto.” Sfilai il cazzo dalla vagina, lo spostai leggermente verso l’ano e cominciai a penetrarla lentamente: non doveva essere abituata alla mia stazza; si sentiva che farselo penetrare era una mezza sofferenza che non la induceva però a rinunciare e, dopo poche spinte, avvertii che ero entrato fin dove era possibile, fino a che le mie palle battevano sulla figa. Bisognava concludere in fretta, visto il luogo e l’occasione. La pompai con foga per alcuni minuti e, quasi senza riuscire a contenermi, le scaricai nel retto un’intensa sborrata che accolse con continui gemiti, sostitutivi necessari dell’urlo che l’orgasmo provato avrebbe richiesto. Mentre mi sfilavo delicatamente, ebbe il tempo di sussurrarmi. “Sei stato meraviglioso; mi piacerebbe assaggiarti ancora!” Le passai un biglietto da visita mentre mi ricomponevo e rientrai nel salone, dove Marika era già in cerca della sua vittima preferita. Non mi ero fatto dire neppure il nome, dalla sconosciuta.
Ma finii per scoprirlo, purtroppo. Successe dopo una settimana, mentre eravamo a pranzo noi due con figli e nipoti; mia moglie, con un tono stranamente plateale e comunque arrogante esordì. “Ragazzi, il vostro ineffabile papà partecipa alle cerimonie organizzate da me solo per incontrare nuova preda per la sua caccia!” Rimanemmo tutti basiti; la moglie di Luca, il primogenito chiese che cosa significasse quella frase sibillina. “Il vostro caro papà durante la cerimonia in comune ha trovato il tempo per una rapida sveltina con la mia collega Rossi, che ne ha decantato le qualità amatorie!” I miei figli sorrisero e si diedero di gomito; le mogli abbassarono la testa ma si vedeva che sorridevano sornione. “C’è poco da ridere!. Annuncio formalmente che ci sarà vendetta e sarà reso pan per focaccia!” Inutilmente figli e nuore si sforzarono di sfrondare la vicenda e di convincerla che stava esagerando. Ormai integralismo e autoritarismo erano scattati e lei aveva deciso. Aggiunsi soltanto. “Attenta; potrebbe scattare la controvendetta e stavolta non sarebbe una sveltina casuale!” La sfida ormai era lanciata e decisi di attrezzarmi per farle abbassare la cresta.
Avevo già fatto installare in casa, su espressa richiesta di Marika e dopo sue continue pressioni, un sistema di controllo collegato al mio portatile; chiesi ad un amico esperto di verificare l’impianto e di potenzialo soprattutto in camera da letto. Da quel giorno cominciò il metodico controllo di mia moglie. Sapevo che avrebbe mirato ad uno dei miei collaboratori, Giorgio, che in diverse occasioni aveva dimostrato interesse alla sua fisicità, ricambiato da Marika con una particolare attenzione. Era l’ultimo degli associati allo studio ed era sposato con una bella donna che mi sarebbe piaciuto anche scoparmi. Si dice che la vendetta sia un piatto che si consuma freddo; ma Marika era troppo accaldata per aspettare a lungo e la settimana seguente fui quasi testimone della telefonata con cui mia moglie convocava a casa nostra, per il pomeriggio di giovedì, il malcapitato scelto per realizzare la sua vendetta. Mi attrezzai per essere presente, telematicamente, alla vicenda e potei osservarli da quando lui bussò alla porta e mia moglie gli aprì con indosso l’intimo e, a copertura, un’ampia vestaglia chiusa con una cintura in vita.
La durata totale dell’incontro fu quasi inferiore ad una sveltina, considerata anche l’assoluta inesperienza di Marika ed il grosso impaccio di Giorgio; appena entrati si sedettero in salotto e, incapaci di iniziativa, solo dopo due bicchieri di scotch arrivarono a scambiarsi un bacio e lui le mise una mano sul seno. Poi si trasferirono in camera da letto e si spogliarono, ciascuno per suo conto; nel togliersi i pantaloni, a lui cadde qualcosa sul letto, ma non se ne avvidero, presi com’erano dal’emozione della scopata imminente. Che fu nella classica posizione del missionario. Giorgio, anche per la particolarità della situazione, durò pochi secondi e le esplose in figa: rimasi sorpreso, perché Marika non prendeva precauzioni e non ancora era in piena menopausa: purtroppo per lei, la microcamera registrò anche che, alla fine, non colava niente dalla figa, col timore che si fosse fatta ingravidare. Ad ogni buon conto, non appena ebbe concluso, lui si ritirò, si rivestì e uscì dalla camera. Marika si trattenne qualche tempo, forse a riflettere; poi si diresse verso il bagno. Sistemai anche il mio portatile e mi preparai ad andare a casa. Arrivai molto presto, inaspettato: sapevo che non aveva avuto modo di rassettare la camera.
Mi ci diressi deciso e, come prima cosa, cercai tra le lenzuola l’oggetto perduto: era il portafogli di Giorgio che recuperai; andai poi in cucina, dove Marika era con la donna di servizio che ogni tanto viene a darle una mano. “Marika, il letto era in disordine; se non ho fatto male i conti, tu dovresti essere fertile; io questo mese non ti ho sfiorato, se ti sei fatta ingravidare, il riconoscimento sarà un pesante problema con gravi conseguenze.” “E chi ti dice che il letto è stato disfatto perché ci ho fatto sesso?” “Se sarà necessario, lo saprai a tempo debito. Ti ho avvertita in presenza di una testimone. Caterina, hai capito quel che abbiamo detto? Se finiamo in tribunale, ti chiamerò a testimoniare.” “No, per favore, non mi mettete nei guai, io non so niente di letti disfatti e di gravidanze.” “Ma hai sentito che l’ho avvertita?” “Si.” “Bene, a me interessa quello. Cara mogliettina, augurati di non essere nel periodo fertile!” Andai nella camera degli ospiti e scaricai su chiavetta USB il filmato della scopata, che, rivista con calma, risultava ancora più impacciata e banale di quello che mi era risultato dal vivo. Purtroppo, la mancanza di elasticità anche nella vendetta danneggiava Marika che riduceva tutto ad esecuzione di ordini.
Telefonai poi alla moglie di Giorgio, che mi avvertì che il marito non era ancora rientrato. “No, ho chiamato per parlare con te. Tra poco, quando verrà a casa, Giorgio si accorgerà di non avere il portafogli; l’ha perso fra le lenzuola del mio letto matrimoniale dove ha scopato con mia moglie. Vuoi che lo consegni a lui o lo riporto a te?” “Ha scopato con tua moglie? Il cornutone ce l’ha fatta. Allora adesso tocca a noi?” “Che vuoi dire?” “Che domani mattina tu mi riporti il portafogli, li ripaghiamo della stessa moneta e tu non perdi il tuo, di portafogli.” “Ci staresti davvero?” “Se te lo dico … “ “Non sai quanto sono felice anche solo al pensiero che farò l’amore con te. A domani.” “Alle dieci, prima ho da fare.” “Ok. Ciao.” Rientrai in cucina e per tutta la serata non ci scambiamo una parola. Subito dopo cena, Marika telefonò ai nostri figli e li sollecitò a venire, la domenica successiva, a pranzo da noi perché voleva parlare a tutti. Davvero non riuscivo a capire che cosa potesse avere in mente ma non mi azzardai assolutamente a porre domande, anche perché alla fine avrebbe fatto in modo di affermare il suo punto di vista come verità assoluta: ed io ero ormai agli sgoccioli della mia pazienza con lei.
Puntualmente, alle dieci del giorno seguente ero a casa di Giorgio. La moglie, quasi avesse visto il video del’incontro tra suo marito e mia moglie, mi venne ad aprire con indosso una frusciante vestaglia di seta, chiusa in vita da una cintura della stessa stoffa, che copriva un intimo ridottissimo che si intuiva dalle trasparenze della seta. Senza neanche darci il tempo di salutarci, finimmo nelle braccia uno dell’altra e ci cominciammo e baciare col fervore di amanti dopo un lungo periodo di lontananza; percorsi di baci tutto il suo volto fino alla gola e mi piegai a leccare le tette e i capezzoli a malapena coperti da un ridottissimo reggiseno che sganciai dalla schiena e feci cadere nella vestaglia; sciolsi il nodo, aprii l’indumento, lo feci scivolare a terra e me la trovai intera davanti, coperta solo dai laccetti di uno striminzito perizoma che le solleticava il clitoride già gonfio, anziché coprirle in qualche modo la figa. Scendendo più giù con la bocca, arrivai a leccarle l’ombelico che sporgeva stranamente dal ventre ma diventava in tal modo un oggetto da leccare e da succhiare quasi autonomo rispetto al corpo; dopo che ci ebbi giocato per un poco, Elettra mi fermò la testa e mi sollevò per baciarmi sulla bocca e infilarmi la lingua in gola quasi a farsi spompinare la lingua.
Poi, presami la mano, mi accompagnò nella camera da letto. “Nel talamo, mi pare giusto!” Concordai e cominciai a spogliarmi mentre cercavo di abbrancarle il culo piccolo e sodo che mi piaceva moltissimo e che speravo di penetrare o, addirittura, di sfondare, quella mattina. Mi sollecitò a spogliarmi e cominciò lei stessa a togliermi giacca cravatta, camicia e pantaloni fino a lasciarmi con calzini, slip e maglietta. Mi sfilò il resto e mi spinse sul letto. Il cazzo mi si rizzò enormemente e vidi che lo guardava con lussuria e meraviglia. “Abbiamo un bell’arnese, qui. Vediamo cosa ne possiamo fare!” Mi stese supino e mi montò addosso. Per più di mezz’ora mi cavalcò convinta, prima di spalle al mio viso, poi di faccia; qualche volta si spostò fino a infilarmi la figa quasi sul naso e a farsi succhiare fino a che i suoi umori mi colano in bocca; altre volte scivolò fino ai piedi e si piegò in avanti a prenderlo in bocca e farsi scopare al limite dei conati di vomito. Concluse stringendomi il cazzo tra le tette e lanciandosi in una dolcissima spagnola. Finché non la interruppi, la scaricai sul letto, la stesi supina e cominciai io a trattarla con amore, cominciando dalla testa e scendendo via via fino alla figa.
Chiavarla in gola mi eccitava solo in parte, visto che lo aveva già fatto lei; così anche infilarlo tra le tette mi apparve scontato; quello che non ancora avevo provato, era leccarla per bene: la inchiodai al letto e le imposi di stare immobile; scesi verso le sue gambe e mi accostai con la bocca all’inguine: divaricò le gambe per farmi spazio e mi sistemai fra le sue cosce; cominciai a leccare le grandi labbra e andai a cercare il clitoride duro e gonfio da far paura: lo succhiai come un cazzo e, con due dita lo masturbai fino a che la sentii agitarsi tormentata sul letto, quasi morsa da una tarantola, e non esplose all’improvviso, con un urlo quasi disumano. Mi fermai e la lasciai riposare; mi fece sdraiare accanto a lei e scherzò. “Bada che sono debole di cuore: così mi provochi un infarto!” “L’amore non ha mai fatto danni; tu morirai di vecchiaia e vivrai migliaia di orgasmi come questo! … Il tuo culo è disponibile?” “Anche se la tua dotazione non è tra quelle abituali per me, adesso sono tutta tua e se non mi fai molto male, ti concedo tutto.” Ma avevo deciso che prima volevo farla sborrare col cazzo in figa; le montai sopra, alla missionaria, e spinsi lentamente in cazzo in vagina; feci qualche piccolo sforzo, perché evidentemente era abituata a calibri minori, ma alla fine ero dentro con grandi ululati di lei che godeva ad ogni spinta, ad ogni incontro della mia mazza con la sua vagina e, infine, con l’utero,
Quando la sentii esplodere per l’ennesima volta, mi sfilai e, in ginocchio tra le sue cosce, la feci ruotare, le misi due cuscini sotto al ventre per sollevare il culo; mi fiondai fra le natiche, cominciai a leccarle il buco e accostai le dita: il medio entrò subito; quando accostai l’indice, l’ano ebbe una breve reazione, poi cedette e si lasciò infilare tutte le nocche; alla fine, entrai con l’anulare e ruotai le tre dita fino a che si mossero liberamente; le chiesi se aveva un lubrificante, lo prese dal cassetto vicino alla testiera e me lo passò; la lubrificai bene, dentro e fuori, unsi anche il cazzo e cominciai a penetrarla con dolcezza; si aprì con facilità e mi lasciò entrare nel canale rettale. Ogni tanto mi fermavo a farla respirare, perché la massa era grande e nuova per il suo culo. Ma, alla fine, mi scatenai in una cavalcata infinita. “Ti va se sborro nel culo?” “Si, anzi è meglio, perché non sono protetta!” Accelerai i colpi e scaricai nel suo intestino una piena di calda sborra che ricevette con passione ed urli disumani. Continuammo a scopare per un paio d’ore circa, fino alla mezza; poi Elettra mi avvertì che era l’ora di preparare il pranzo per lui. Le chiesi un ultimo pompino per suggellare l’incontro e lo fece con profonda passione. “Ci rivedremo ancora o, esaurita la vendetta, non ti interesso più?” “Sei matta! Mi fai tanto, tanto, tanto sangue, mi ispiri tanto sesso che ti scoperei per giorni. Appena questa buriana sarà passata, ci rivedremo ancora e ne faremo di bellissime.” Un bacio suggellò l’impegno.
Mi rivestii, mi accertai di non lasciare niente, le lasciai invece il portafogli, la baciai teneramente sulla porta di casa ancora chiusa, poi uscii e tornai a casa dove arrivai in tempo per sedermi a tavola con la mia dolce consorte: sentì un odore strano e ne fu turbata, non sapeva che era odore di sesso e mi venne da sorridere. Fedeli alla norma che ci eravamo tacitamente imposti, non scambiammo una parola; d’un tratto squillò il suo telefono, si alzò e si spostò nell’altra camera; mi misi ad origliare e capii che era Giorgio che chiedeva conto del suo portafogli. “Guarda che ho cambiato il letto e non ho trovato niente. La donna delle pulizie se avesse trovato qualcosa, me l’avrebbe consegnata. Va bene, dopo pranzo rifaccio la ricerca; ora non posso parlare perché sono a pranzo con mio marito …. No ti prego, quel termine non mi va che lo si usi. Va bene, sarà anche così, ma è meglio se con me non lo usi, quel termine. Ciao.” “Scusa, qual è il termine che non deve usare?” “Si tratta di un alunno che vuole usare una parolaccia in un tema.” “In un tema cornuto non puoi considerarlo parolaccia; se lo usa il tuo amante nei miei confronti, allora è meglio che si guardi in testa quando passa le porte!” “Come al solito, sei volgare e non ho voglio di parlare con te.” “Lo farai … lo farai … “
Arrivò la domenica col pranzo previsto e l’atmosfera era fredda, tesissima. Subito dopo aver pranzato, Marika comunicò a tutti “Vi ho voluti qui per comunicarvi che vendetta è consumata, giustizia è fatta e non voglio se ne parli più.” “Quindi, ancora sei qui per enunciare editti e dire le ultime parole famose. Ancora sempre e solo ordini?” “Questo è il mio punto di vista. Voi tenetevi il vostro.” “Troia!!!!!” A parlare era stata la moglie del più piccolo. “Come ti permetti?” “E’ il mio punto di vista. Ti sei comportata da troia!” Marika stava per scattare; intervenne Luca. “Beh, mamma, tu affermi le tue verità assolute; se permetti ma anche e soprattutto se non vuoi permettere, ognuno di noi ha le sue opinioni e credo che noi quattro condividiamo il giudizio di Ada. Il tuo è stato un comportamento da troia!” Cerco di placare gli animi “Calma, ragazzi, come può fare la troia una donnina che non ha mai fatto un pompino, non sa che cos’è una sega, ha il culo ancora intonso e sa scopare solo alla missionaria? Anche per fare la troia ci vuole una capacità, una forza, un’esperienza. Poi il suo amante di una sola volta è così imbranato che non era in grado di farla diventare troia sul serio.” “E tu che ne sai del mio amante di una volta?” “Ragazzi, ha scelto uno così stronzo da lasciare nel letto dove ha scopato il suo portafogli e la tessera del club!”
Mi guardano tutti inebetiti; Luca parla per primo. “Che ne sai tu di tutto questo?” “Ha scopato con Giorgio, il più imbecille dei miei assistenti!” E, nel dirlo, getto sul tavolo la tessera del club di Giorgio. La solita Ada commenta. “Neanche l’amante sai sceglierti e pretendi di comandare il mondo!” Nessuno fiata. “Comunque, la cosa più assurda è che quel cretino viene qui a farsi una missionaria, mentre sua moglie prende cazzi di grande spessore in tutti i buchi, fa pompini meravigliosi ed una figa da pazzi!” “E tu che ne sai?” Questa è la tessera; il portafogli l’ho consegnato io personalmente ad Elettra che mi ha ringraziato meravigliosamente!” “E come fai a dire che il suo amante l’ha scopata una sola volta alla missionaria?” “Vuoi vedere il video?” “L’hai spiata?” “Avvocato, lei parla con un avvocato di grande esperienza. Non ricordi che questa casa è sorvegliata dappertutto? Non ricordi che è stata la tua mamma a pretendere il controllo su tutti gli angoli? Ho usato strumenti che sono organici all’appartamento per sapere cosa succedesse a casa mia; per caso, c’era mia moglie che scopava con l’altro. Ah, alla fine non s’è visto sperma fuoruscire. Ho già avvisato vostra madre e lo comunico anche a voi che, se per sua incuria, ignoranza, incapacità, o peggio dovesse essere rimasta incinta, il problema della paternità solleverà uno scandalo enorme.”
“Non succederà, stanno per venirmi le mestruazioni.” “Fortunata, ma comunque incosciente!” Ancora Ada insiste. “Perché, cosa avrei dovuto fare, secondo te che di troiaggine sei più esperta.” “No, la troiaggine la dimostri ampiamente tu, io sono esperta di scopate, soprattutto con mio marito, e se voglio fare sesso senza rimanere incinta uso le mani la bocca il culo, ma, come ha detto papà (a lui lo riconosco il titolo, a te no!) tu non sai neanche cos’è un pompino e non potevi chiudere con una bella pompa la scopatina che ti sei fatta. Più si approfondisce il tema, più risulti patetica come una ragazzina capricciosa!” Luca interviene ancora. “Mamma, se ti sei esposta al rischio di rimanere incinta, allora è veramente molto grave.” “Non è vero: ha concluso fuori!” Allora perdo le staffe e accendo il computer. “Guardate con calma; siete persone mature e in grado di valutare come faranno in tribunale.” Il video va e si vede tutta la copula fino al finale di lei distesa sul letto: nessuno ha visto sperma; alla fine, l’immagine zooma sul lenzuolo che non reca tracce organiche. “Cazzo, mamma, è chiaro che lo hai lasciato venire dentro e hai rischiato. Perché parli di tribunale, papà?”
“Io non sopporto più l’arroganza di tua madre che, davanti a prove concrete, continua ad insistere sulla sua versione come verità unica. Il matrimonio sta per saltare. Forse non sarà per questa scopatina che si è fatta convinta di essere clandestina, ma temo che la cosa andrà avanti, perché tua madre considera la partita ancora aperta e, alla prossima sciocchezza, non sarò delicato e picchierò con durezza e cinismo. Siete avvertiti: la cosa finirà in tribunale e dovrete testimoniare contro vostra madre, sappiatelo!” “Mamma, ma davvero non consideri la questione chiusa?” “Chiusa? Ora c’è anche Elettra. Come scopa? E’ più brava di me, è inevitabile. Ti sei divertito? Ci andrai ancora? Adesso ci penserò io a farti pentire di avermi tradita!” “Marika, lo ribadisco. Io sono disposto a chiuderla qui, Se ne combini una grossa, paghi tutto e con gli interessi. Attenta a te.” “Eh, no, avvocato, non mi fai paura. Vedrai che cosa ti ho preparato!” Luca sembra spaventato. “Mamma, cosa stai meditando? Per favore. Così ci fai paura. Lui può divorziare e ne ha già ottimi elementi, ma per noi resti sempre nostra madre e se fai qualcosa di brutto, paghiamo anche noi.” “Cazzi vostri!”
“Luca, prendiamo i bambini e andiamo a casa; qui non si respira e con certe follie non voglio averci a che fare. Andiamocene!” Si avviano; Ada li trattiene. “Un momento, aiutatemi coi bambini; neanch’io me la sento. Se tu vuoi stare con mamma e papà che si massacrano, buon divertimento. Io e i bambini andiamo a casa nostra in un’atmosfera più sana.” Anche il figlio minore si accodò e tutta la famiglia uscì. “Andate, andate. Coglioni! Mi vendicherò e poi tutto tornerà normale, sotto il mio controllo. Vedrete!” Mentre la sceneggiata assumeva toni da tragedia, vidi il telefonino di Marika in bagno e ne approfittai per scaricare tutta la memoria. Vi aggiunsi un’app che consentiva di seguirne i movimenti: era gratuita e si scaricava da internet con un clic. Esaminando la memoria del cellulare, scoprii che Marika aveva indagato sui club privè tra i quali ne aveva segnalato uno, il ‘Jambo’, al quale si era iscritta con lo pseudonimo di Nemesi, che è il più ovvio per un’insegnante. Mi iscrissi immediatamente anche io e come pseudonimo usai Polifemo, così per gioco. Feci appena in tempo a rimettere a posto il telefonino che Marika lo prese e chiamò Giorgio.
Stavolta ebbe la spudoratezza di parlare chiaro in mia presenza; sentivo male le risposte; doveva aver chiesto qualcosa che mi riguardava perché lei mi propose di parlare con lui; le imposi di mettere il vivavoce e di far fare lo stesso all’altro perché anch’io volevo parlare chiaro con chi era dall’altra parte. “Mi hai rubato tu il portafogli?” “Marika non ti ha detto che ho un video da cui risulta chiaro che lo hai perso tu nel nostro talamo?” “Io gliel’ho detto, ma preferisce non credere.” La voce era di Elettra. “Ciao, Elettra, come stai?” “Benissimo, non ti preoccupare; questo verme non si azzarda neppure a negare.” “Cosa vuoi fare con il video?” “Se finiamo in tribunale, sai a che può servire o non hai imparato proprio niente in tanti anni da aiutante?” “Domani posso venire al lavoro?” “Elettra, che mi consigli?” “Dai, non lo lasciare disoccupato. Già è una nullità; senza lavoro, sarebbe da fargli la carità. Ma è vero che è venuto dentro senza neanche sapere se era protetta?” “A parte il fatto che lei neanche sa come ci si protegge, si è venuto dentro, ma si spera che non si apra un altro contenzioso per l’attribuzione di un bastardo!” “Speriamo davvero; ma, scusami, tua moglie è proprio una bambina incapace: rischiare di farsi ingravidare. Neanche a quindici anni …”
Marika è verde di bile. “Allora,come dice Elettra, vieni anche a lavorare, ma non ti aspettare più nessuna cortesia; da oggi sono il padrone e mi comporto da tale, anche se sei il marito di Elettra.” “La tessera del Club?” “Quella l’ha presa Marika. Se ha nostalgia, te la porta lei. Se no, la da a me e domani te la consegno.”Stranamente, interviene Marika. “Senti Elettra, visto che secondo lui ci avete dato tanto dentro, com’è a letto mio marito?” “Cara signora maestra, io non sono come lei pura e candida alla prima esperienza di tradimento: ne ho fatte molte nel passato remoto, nel passato recente e adesso anche nel presente; suo marito merita un primissimo posto per molti aspetti e comunque è sul podio del trionfo in tutti i casi; è un peccato che lei non se lo sappia godere ed abbia cercato rifugio in un lumacone come mio marito. Ma de gustibus … Arrivederci.” E attacca. Marika mi lancia con malgarbo la tessera di Giorgio. “Non ho nessuna intenzione di rivedere quel personaggio … “ “Marika, per l’ultima volta con garbo e serenità: ripensa quello che hai detto; recupera il rapporto coi figli; non ostinarti nel desiderio di vendetta. Per favore … “ “No, troppo comodo! Devi pagare! E devi pagare caro!” “Vedremo a chi arriverà il conto!”
Da quel momento tutte le mie energie erano tese a cogliere la data in cui Marika avrebbe fatto la sua cazzata al Jambo; e non dovetti neanche attendere molto; nella stessa settimana prenotò per il sabato la cena alla 21 con dopocena libero. Seguii lo stesso procedimento. Il sabato pomeriggio vidi che si preparava e, come un ragazzino, cercai di spiare cosa avrebbe indossato: quando stava per uscire, gli occhi mi uscirono dalle orbite: una puttana perfetta! Aveva scelto i capi più trash, gli ornamenti più volgari e le pose più oscene. Feci da subito scattare le riprese per immortalarla. Uscì in macchina ed io la seguii con la mia; andò diretta al locale, parcheggiò ed io dietro di lei. In sala, si diresse al bar e cominciò a mandar giù aperitivi che erano chiaramente alcoolici: Marika non sopportava l’alcool. Si trasferì al ristorante e fece di tutto per farsi notare. Quando ebbe esaurito la cena, si andò a sedere su un divanetto vicino alla pista da ballo. Un giovanotto sulla trentina la avvicinò, la guidò in pista e cominciò a pomiciarsela. Addirittura, riuscii a registrare gli strusciamenti e l’ingrossatura del cazzo di lui che ben presto si piantò sotto la sua gonna, a contatto con i laccetti del perizoma.
Decisero di spostarsi e cominciò il pellegrinaggio. All’inizio, mia moglie sembrava esitare quando il ragazzo le propose una saletta vuota, in cui potevo guardare da una finestrella. Potei vedere così nitidamente come lui la carezzava e la baciava, come la spogliava piano e come la stendeva sul lettone per cominciare a scoparsela; mentre era fermamente piantato dentro di lei che sembrava urlare di piacere, entrarono altri ragazzi e ben presto fu preda di cinque maschi che la scopavano da tutte le parti: per la prima volta nella sua vita, Marika ricevette un cazzo nel culo conservato vergine con tanta cura e negato con forza a me; lei che per trent’anni mi aveva proibito assolutamente di infilarle il cazzo in bocca, faceva allegramente pompini goduriosi infilandosi il cazzo in gola fino ad avere conati di vomito. Erano in cinque che si alternavano nei suoi buchi e nelle sue mani; in un’ora, Marika era esperta di inculate, di scopate, di pompini, di 69, di tutto insomma. Continuavo a riprendere spietatamente e cercavo tutti i particolari possibili per dimostrare quanto fosse troia nel chiedere sempre di più. In breve, percorsero tute le sale del privè fino alla Glory Hole dove la neo troia si esibì con la bocca su una ventina di cazzi e con figa e culo su quattro o cinque di negri: la sensazione fu che sanguinasse dalla figa e dal culo, ma nessuno se ne curava e non potevo certamente essere io a metterla sull’avviso.
Per fortuna, davanti alle sale del sadomaso ebbe un attimo di resipiscenza, chiese l’ora e, visto che erano quasi le sei, chiese di andare via; la accompagnarono all’uscita. Prima di ritirare la macchina, telefonai ai miei figli li avvertii che il peggio era successo e che era indispensabile che fossero presenti tutti a casa mia entro mezz’ora. Mi rassicurarono e partii seguendo Marika che non pareva molto in sé mentre guidava verso casa. Quando mi resi conto che ce l’avrebbe fatta da sola, la sorpassai e la anticipai di qualche minuto. Quando entrai in casa, trovai i quattro seduti al tavolo. “Che è successo?” “E’ andata da sola al Jambo … “ ”Cosa?!?!? Al Jambo??? Ma quella è pazza.” “Vedrai com’è ridotta, adesso che torna. Ada, per favore, niente aggressione, avrà anche bisogno di assistenza medica perché l’hanno conciata male: cerca di trattenerti ed aiutala quanto puoi, anche se cercherà di impedirtelo con la sua arroganza.” “Va bene; non capisco, ma mi adeguo … “ Si sentì il rumore della sua auto, Luca si affacciò e la vide uscire barcollando, cercò di precipitarsi; lo fermai. “Attento, se cerchi di aiutarla si inferocisce. Ha bisogno di credere che ha fatto il giusto e che lo ha fatto da sola.” Luca si trattenne ma si fermò dietro la porta e, appena lei aprì, lui la accolse e le evitò di piombare giù a corpo morto. “Mio Dio, non toccatela! E’ tutta coperta di sborra!!!! Cosa ha fatto?”
“Cosa non ha fatto! E’ uscita col culo vergine ed ora non si siederà per un paio di giorni.” Tutti sono spaventati e hanno le mani nei capelli. Marika, impudente, sorride “Oh, i miei figli qui, come mai ragazzi?” “Mamma, lo vedi come sei conciata?” “Beh? Mi sono divertita un po’. L’avevo promesso che mi sarei vendicata alla grande. E l’ho fatto!” Ada la prende sottobraccia e l’accompagna sotto la doccia, quando ritorna, è sconvolta. “Mai visto una figa tanto lacerata, mai visto un culo così mal ridotto. E’ tremendo, non è umano!!!” Si rifugia in braccio al marito, pallido come un cencio. Finalmente esce anche MariKa, avvolta in un accappatoio; cerca di sedersi: non può, perché il culo rotto le duole. “Va beh, incerti del mestiere!” “Quindi per mestiere tu fai la troia||||! Però non ho mai sentito di puttane che considerano incerto del mestiere un culo così sgangherato; si tutelano, quelle.” “Ma forse perché non si divertono.” “E tu ti sei divertita, amore mio?” “Peccato che non ci fossi, ti saresti divertito anche tu.” “Io c’ero, ma non mi sono affatto divertito!” Tutti mi guardano, io mostro il timbro che hanno posto all’entrata e che lei ha eguale sul polso. “E se c’eri, perché non hai partecipato?” “In quella folla, non mi avresti visto.” “E’ vero, sono stati tanti!”
Luca è come sempre il primo a riprendersi. “E adesso?” “Adesso è tutto finito, io ho avuto la mia vendetta e torno a fare la brava mogliettina.” Ada è verde di bile. “Se ti prendi in casa questo cesso, i tuoi nipoti te li scordi.” Il marito non accenna nemmeno a protestare. Luca cerca di essere conciliante. “Mamma, l’hai fatta troppo grossa; non ti può perdonare.” “Cosa può o non può? Lui fa quello che dico io!” “Ragazzi, andate, volevo solo avervi testimoni di quello che ha combinato questa signora. Così adesso capirete la vera vendetta, la mia, che sarà terribile.” Se ne andarono spaventati Mi ritirai nella stanza per gli ospiti e cominciai a smanettare con il portatile, con le chiavette e con il materiale registrato. Ci lavorai per un’intera giornata e alla fine realizzai una trentina di video. Marika dormì quasi tutto il giorno; si svegliò per poco ad ora di pranzo e mangiò un trancio di pizza che avevo comprato in rosticceria. Poi tornò di nuovo a dormire. Si risvegliò di nuovo ad ora di cena e mangiò un altro pezzo, freddo, della pizza di mezzogiorno.
“Da domani faccio la brava moglie e preparo io pranzetti per il mio amore. Non sei contento che tutto è finito?” Non rispondo; esco, vado a pranzo in un ristorante vicino casa e, anziché tornare, provo a telefonare a Nicla, una mia impiegata che da mesi mi fa il filo e le chiedo se le va di stare un poco con me. Accetta volentieri e mi passa a prendere; le chiedo dove preferisce andare. “Casa mia non ti sta bene?” “Certo; ma non osavo.” “Osa. Qui non sei il principale. Sei un uomo che mi piace e io non faccio tante storie per fare l’amore con chi mi piace.” Andammo a casa sua e, finalmente, riuscii a scaricare tutte le tensioni con una scopata che durò quasi tutta la notte e non lasciò scampo a nessuna ipotesi di sesso. Dopo averla scopata quattro volte in figa (sborrando una sola volta) e tre volte nel culo (con altra sazia sborrata), dopo averglielo fatto assaggiare in bocca, tra le tette, fra le cosce, dovunque si potesse appoggiare, crollai addormentato come un sasso; l’ultima cosa che ebbi la forza di raccomandarle fu di staccare il mio telefonino e di avvertire lo studio che lei restava con me e che avremmo fatto assai tardi per una pratica in corso. Mi svegliai che mezzogiorno era passato da un pezzo; Nicla stava già spignattando per il pranzo.
“Ciao amore, buongiorno … oh, scusa, forse ti devo chiamare capo … “ “ … in ufficio, tassativamente, qui sono solo, come hai detto? Ripeti, per favore?” “Amore, ho detto amore, ma senza nessun valore semantico; sei il mio amore finché stiamo facendo l’amore; poi possiamo essere chi vogliamo.” “Cosa pensavi di preparare?” “Non so; cosa vorresti? “Vorrei lavarmi, vestirmi, uscire con te, andare al ristorante dove dovevamo andare ieri sera e, dopo pranzo, apparire come due fantasmi in ufficio.” “Perfetto! Giorgio mi ha assicurato che tutto procedeva benissimo e che ti avrebbe fatto trovare tutto in ordine.” Mi lavai, mi vestii con gli stessi indumenti della domenica e uscimmo. Dopo pranzo, entrammo in ufficio; finalmente, accesi il telefonino e trovai moltissime chiamate senza risposta, messaggi in tute le formule e avvisi di ogni genere. Telefonai a casa, mi rispose Luca. “Ciao, come mai sei lì?” “Mamma ci ha avvisato che eri sparito ed eravamo in ansia per te. Dov’eri?” “In un albergo. Piuttosto che sentire tua madre che mi chiamava amore e prometteva di essere la casta mogliettina di sempre, ho preferito dormire fuori; ora sono in ufficio.” “Vieni a casa?” “Non lo so. Ci devo pensare!”
“Papà, mi costringi a parlarti da avvocato. Tu puoi anche chiedere la separazione, forse anche per colpa, vista l’evidenza; ma se oggi non torni a casa, a fine lavoro, ti denuncerò io stesso per abbandono del tetto coniugale. Te l’ho già detto: tu vuoi, puoi e forse devi abbandonarla alla sua stupidità orgogliosa; ma per me è la mamma e sono con lei fino alla morte … anche alla morte tua, ideale beninteso, se fosse necessario. Stasera torna a casa, poi domani deciderai. Ciao.” “Avvocato, i miei complimenti: spera che tua madre non ti trascini in tribunale contro di me; se mi vedo messo alle strette, io ti massacro!” “Ci vediamo qui a casa.” Effettivamente, anche giuridicamente, dovevo tornare a casa, anche se mi costava. Li trovai tutti schierati, tutti pronti a conciliare e mettere d’accordo; andai nella stanza degli ospiti e presi la chiavetta USB montai il proiettore e feci andare il filmato per intero. Marika sin dalle prime immagini urlava e cercava di scappare. Le imposi di fermarsi e aspettare. Luca mi fermò ad un certo punto e disse. “Papà, è inutile che ci fai soffrire così … “ “IO HO SOFFERTO TUTTO QUESTO DAL VIVO, SULLA MIA PELLE e voi ora siete qui a sollecitarmi di perdonare questa signora che non qualifico per non finire nel penale; e questa signora che non qualifico se ne viene ora a raccontare che vuole tornare a fare la mogliettina casta e pura, dimenticando tutto!”
“Cosa proponi?” “Divorzio per direttissima!” “Marika sembrò svegliarsi. “Te lo sogni, ti piacerebbe, ma te lo farò penare io!” Luca, ti ho avvertito, se divento cattivo, massacro. Fate attenzione.” Sempre Marika. “Sentiamo un po’ cosa potresti fare, povero cornuto!” “MAMMMMMAAA Ma sei pazza?????” “Perché? Ora è cornuto pure lui, finalmente!” “Allora, poiché sono cornuto, io adesso posto questi filmini, uno per uno, uno ogni due giorni, su youporn. Sono sicuro che faranno la gioia di internet, del liceo, del preside, del provveditore, del Ministro perfino; la professoressa troia che se ne scopa cinquanta in una sera sarà esclusa dall’insegnamento. Forse io diventerò l’avvocato fatto cornuto dalla professoressa troia, ma è risaputo che i cornuti sono gli ultimi a saperlo; io prima passavo per tombeur de femmes; i conti si pareggeranno e solo la signora resterà senza lavoro e potrà ammirare le sue nobili gesta in internet per uno o due anni, fino a quando sarà decretato il divorzio per colpa di lei per aver tenuto un comportamento incompatibile col minimo della decenza umana. Caro Luca, questa è la mia strategia. Parlane con la tua assistita e cerca di convincerla o fra due minuti il primo video va in rete e da domani tua mamma sarà provvisoriamente in congedo provvisorio e voi sarete ufficialmente figli di puttana. Pensateci; e pensateci anche voi ragazze perché il fango arriva dappertutto. Se la troia divorzia, può scoparsi chi, dove, come e quando vuole; se non vuole divorziare, la merda colpisce tutti.” “Papà, prima di postare, dammi il tempo di consultarmi con mamma.”
Ada si inferocisce. “Che cazzo vuoi consultarti. Noi stiamo qui a rischiare dignità, decoro, lavoro e avvenire perché una stronza ninfomane ha voluto farsi qualche scopata a modo suo e non sapeva neanche dove sta il cazzo? Ma vaffanculo, troia, concedi questo divorzio e levati dalle palle. Statti sicura: comunque vadano le cose, i miei figli li vedrai solo se tu concedi il divorzio a tuo marito ed io resto col mio; se fai la stronza e mio marito si schiera con te, io lo abbandono e mi porto i figli, lo chiedo io il divorzio, con un’ira di dio di assegni e porto a motivazione la puttanaggine di sua madre. Stai attenta, perché son stata fin troppo paziente.” Luca sembra interrogare sua moglie che gli conferma. “Luca, se tua madre fa ancora i capricci e per una sua ripicca distrugge tre famiglie, io chiedo immediatamente il divorzio, porto quei filmini a testimonianza e ci aggiungo la registrazione che sto facendo di come difendi una troia contro qualunque logica. Stai attento e pensa anche a noi: se tua madre non si cura dei figli, tu non puoi fare lo stesso coi miei.” Si avvertiva netto nell’aria il disagio dei nostri figli di fronte ad una situazione così delicata. Come era spesso avvenuto in questa vicenda, fu Luca a dover decidere.
Prese dalla sua cartella dei fogli e li consegnò a Marika. “Mamma, questi sono i moduli per il divorzio consensuale e rapido. Se li firmi, da domani siete liberi di farvi un’altra vita. Se non li firmi e papà, come ha minacciato, pubblica quelle tue eroiche gesta, allora sappi che sarò tra i nemici peggiori che puoi avere. Hai sbagliato, hai perduto e devi pagare; non c’è alternativa, non c’è remissione. O firmi o segni la tua rovina umana, professionale e anche familiare; io non rischio la mia famiglia per te.” “Mi state ricattando? Io non subisco ricatti! Non firmo!” “Papà, mi spiace: procedi.” All’improvviso, Marika sembra rinsavire. “Fermo, che fai? Firmo, firmo, dove si firma?” “Qui si firma.” Firma i singoli fogli come suo figlio le indica; lui raccoglie i moduli e me li passa. “Domani depositali in Cancelleria e ti metteranno in lista per il divorzio immediato.” “Mi dispiace ragazzi; non avrei mai pensato, dopo trent’anni, di trovarmi di fronte ad una situazione simile. Spero di incontrarvi ancora, magari a pranzo in un qualsiasi ristorante. Se no, buona fortuna a tutti.” Se ne andarono in silenzio, a testa bassa, quasi sentendosi in colpa ed erano solo vittime. Quando fummo soli, Marika mi chiese “Possiamo parlare?” “Non ho niente da dire, non ho niente da ascoltare.” “Ma io vorrei spiegare.” “Credi che ci sia qualcosa di spiegabile?” “Beh, se accetti un presupposto, si.”
“Quale sarebbe il presupposto?” “Il mio amore per te.” “Beh, dimostrato malissimo, nelle ultime settimane.” “Forse; ma io mi riferisco a qualche tempo prima. Io ho sempre creduto che fossimo unisoni nell’interpretazione dei sentimenti.” “E qui c’è il primo tuo grosso abbaglio. Tu credi sempre che tutti siano concordi con te perché credi di essere la verità. Noi non siamo mai stati unisoni, perché io non credo nei valori iperreligiosi che ti animano, io non sono iperfideista come te, con sono così convinto delle mie verità perché è il dubbio che mi fa crescere. Basterebbe questo per dire che non siamo unisoni: Ma tu, proprio per questa attitudine, sei convinta di essere la verità: perché tu ci consideri unisoni, dobbiamo esserlo per forza, solo perché tu lo credi. Ma in realtà non lo siamo mai stati.” “Quindi anche il senso della fedeltà coniugale non è lo stesso?” “Lo è sostanzialmente ma non in toto; tu sei per la Verità io sono per il Dubbio, anche a proposito di fedeltà coniugale. Ovvio che quando mi hai visto incrinare la tua convinzione di fedeltà sei diventata massimalista dall’altra parte e hai scatenato la puttana che c’è in te; ora ci fai i conti, con quella parte di te; io sarò da un’altra parte, con altre puttane meno esigenti e imperative di te.”
“Per cui … “ “Tu domani ti trovi un altro appartamento, ti ci trasferisci e inizi una nuova vita, spero con un uomo che possa aderire al tuo modello. In questa casa entreranno altre donne e forse tra esse cercherò quella che meglio corrisponda ai miei bisogni reali. Addio.” Mi ritiro nella camera per gli ospiti e chiudo la copertina sulla prima parte della mia vita.
Visualizzazioni: 10 803 Aggiunto: 5 anni fa Utente:
Categorie: Tradimenti