Quando si sposarono, Antonella e mio fratello Carmine fu una felicità per tutti, dal momento che tutti apprezzavano ampiamente il carattere operoso e aperto di mio fratello e a tutti era arcinota l’estrema serietà di Antonella, che era arrivata vergine e casta a venticinque anni, di cui quasi dieci passati da fidanzata di Carmine, bene accolta in famiglia e insomma adottata a tutti gli effetti. Quando decisero di mettere su casa insieme a me in una nuova costruzione ai margini della città, per essere in qualche modo equidistanti sia dal lavoro che dal paesello dove rimanevano i genitori, furono tutti concordi sull’opportunità della scelta e ci furono dati anche sostanziosi aiuti per fare in modo che potessimo acquisire la costruzione e ricavarne i due appartamenti, uno per me, al piano inferiore, ed uno per gli sposi, al piano superiore. La vita scorreva serena e quasi felice per tutti quanti: le nostre quotidianità erano quasi intrecciate ed avevamo frequentissime occasioni per incontrarci; anzi, erano più le volte che io mi fermavo a pranzare o a cenare con loro che quelle in cui mi avventuravo in ristoranti e trattorie con occasionali amicizie. Comunque avevo la mia autonomia e non ci si disturbava: Qualche volta, ci scambiavamo confidenze, proprio come in famiglia; e devo dire che era più Antonella a confidarsi e chiedere suggerimenti che Carmine.
Per questo, quando mia cognata pose il problema di trovarsi un lavoro, anche non molto impegnativo, per non ridursi al ruolo di massaia che attendeva in casa il rientro del marito, la questione fu posta apertamente mentre ero a tavola con loro. Non esitai a dichiarare che trovavo molto civile che una moglie si cercasse un’occupazione e non venisse sacrificata nell’obsoleto ruolo di ‘angelo del focolare’. Non ci volle molto a convincere Carmine, che per natura era anche molto disponibile a stare a sentire i pareri altrui, almeno quelli di cui si fidava. Per un anno e più le cose andarono benissimo: una piccola utilitaria comprata usata consentiva ad Antonella di fare la spola tra casa e ufficio e, sul percorso, di provvedere anche agli acquisti per la casa; il suo orario era continuato e le consentiva alle 18 di essere a casa per occuparsi della cena di noi tre (io ero considerato quasi organico a loro); il sabato e la domenica si poteva andare fuori, ma normalmente li trascorrevamo in casa, tra giardino e terrazzo, accogliendo molto spesso amici che dalla città ci venivano a trovare.
Gli intoppi cominciarono quando Carmine decise di iscriversi ad una società di calcetto che lo impegnava il giovedì sera ad andare al campo per quasi tutta la serata, tra le chiacchiere con gli amici, qualche sgambatura, la partita e alla fine la birra collettiva. Non fu il nuovo impegno a incidere, quanto le chiacchiere stupide che evidentemente, i calciatori si scambiavano prima e dopo la partita. Non è stato mai chiarito come si arrivasse a quella situazione, ma ad un certo punto il discorso scivolò (malamente) sulle presunte infedeltà coniugali, insomma sulla corna. Naturalmente, il luogo comune delle femmine tutte zoccole e delle mogli che sicuramente tradivano i mariti diventò il pilastro intorno a cui ruotavano le riflessioni degli amici di mio fratello, il quale - essendo, come detto, facile a farsi trascinare da persone di cui si fidava - si convinse progressivamente che Antonella non poteva essergli fedele, dovendosi muoversi dalla periferia al centro ogni giorno. Me ne parlò, naturalmente, ed io lo mandai al diavolo in un modo assai cattivo: non gli potevo consentire di avanzare anche il minimo dubbio sulla perfetta onestà di una donna, anzi di una cara amica, di cui conoscevamo per filo e per segno la vita e le azioni.
Ma la potenza dei tarli e l’atteggiamento criminale dei compagni di calcetto lo mettevano continuamente in difficoltà; all’inizio, si trattò solo di domande strane ed ambigue sui movimenti di Antonella sul percorso casa - lavoro; poi passò alla verifica (clandestina) dei messaggi sul telefonino, delle e mail e dell’agenda di lavoro. Quando me ne venne a parlare, lo cacciai in malo modo da casa mia scaricandogli addosso gli epiteti più feroci ed offensivi che mi venivano in mente. Ma la pressione dall’altra parte era continua e feroce, secondo me perché avevano capito il soggetto e giocavano a mandarlo in crisi per il solo gusto perverso, sadico, imbecille e criminale, di vederlo crollare.
Carmine cominciò a rivolgersi male anche a sua moglie e a rimproverarle ritardi, assenze, incertezze nelle risposte che esistevano solo nella sua mente. Insomma, si avviava alla patologia delle corna. Più volte, Antonella si rifugiò al pianoterra, in casa mia, per piangere sulla mia spalla. In quelle occasioni, mi incazzai sul serio e lo minacciai anche fisicamente. Ma ormai era partito e, senza dire niente a nessuno, si rivolse ad un’agenzia di investigazioni per ‘appurare la verità’ sulla fedeltà della moglie. Cominciò un periodo terribile, in cui si vedeva chiaramente che lui era quasi pazzo nell’ansia di sapere qualcosa che non poteva sapere perché non esisteva; ma scoprii anche che delle persone bazzicavano intorno alla casa e, messo alle strette, Carmine mi confessò che aveva dato l’incarico di indagare: gli sputai in faccia e mi chiusi in casa. Poi mi resi conto che non potevo lasciare Antonella da sola nelle mani del pazzo e ripresi la solita frequentazione, evitando di parlare don mio fratello di qualunque cosa potesse fare riferimento a corna e tradimenti. Mi turbava molto osservare come l’agenzia, da una parte, conducesse le sue indagini con la massima serietà, quasi si trattasse di un affaire internazionale; e, dall’altro lato, insistesse con mio fratello a dichiarar che non c’era nessun motivo di sospetto.
Per evitare frizioni inutili, cominciai a frequentare molto più spesso la loro casa (fortunatamente lavoravo in casa e avevo intere giornate da dedicare ai miei) e, quando potevo, facevo in modo che fossero loro, ma specialmente Antonella, a venire in casa mia per stemperare l’atmosfera. Passarono sei mesi infernali e alla fine decisi che dovevamo scrivere la parola fine. Feci convocare il direttore del’agenzia e, alla presenza di mio fratello e di mia cognata, gli dissi fuori dai denti che aveva avuto fin troppo tempo per assodare una verità di cui tutti eravamo certi e che solo Carmine metteva in dubbio; lo pregai di riferire gli assunti a cui era arrivato: se Carmine non li accettava, io stesso avrei accompagnato mia cognata dall’avvocato per avviare il processo di divorzio; se li accettava, doveva impegnarsi formalmente ad abbandonare ogni sospetto e a fidarsi dei parenti. In quel caso, avrei io stesso avviato una diffida agli amici del calcetto per avere diffamato mia cognata e provocato un grave disagio familiare. Carmine cercava ad ogni costo di difendere gli amici; ma il direttore disponeva di messaggi ricevuti da Carmine con pesanti apprezzamenti su Antonella.
Fu lui stesso a telefonare a tre di quei compagni di gioco e a contestare le frasi che avevano scritto: immediatamente si precipitarono da noi, si scusarono in ginocchio con Antonella per la stupidaggine commessa. Decisi di non poter più stare con quelle persone e avvertii che mi ritiravo in casa mia; Antonella, piangendo, mi pregò di non lasciarla sola perché si sentiva fortemente umiliata. Il direttore del’agenzia mi suggerì di portala a casa mia e di lasciare che si riprendesse perché effettivamente era stata molto provata da una vicenda ignobile. “Ti va di venire a bere un caffè da me e, quando ti sarai ripresa e tuo marito sarà solo e più ragionevole, torni a casa tua?” Lei accennò di si con la testa. Allora, provocatoriamente, mi rivolsi ai compagni di calcetto e al Direttore. “Se vi fate passare per la testa anche per un solo attimo di dire una sola cattiveria su di me, non ricorro alla legge per perseguirvi, ma vengo personalmente … e armato!” Carmine si sentì in dovere di intervenire. “Ma che dici, Nicola? Sono amici!” “Quelli sono amici? Ti prego: non mi presentare mai più nessuno dei tuoi amici; già questi mi hanno rivoltato lo stomaco abbastanza. E spera di svegliarti, prima di trovarti in un mare di guai: questo parlandoti da fratello. Da estraneo, meglio che mi sto zitto!”
Antonella tremava come una foglia: era tesa come una corda di violino, piena di rabbia e di vergogna; non riusciva a capacitarsi che il marito avesse avanzato tanti dubbi: l’abbracciai istintivamente, quasi che l’abbraccio potesse frenare il tremore. E fu così: appoggiò la testa contro il mio petto, tra spalla mento; cominciò ad accarezzarmi un braccio per tutta la lunghezza e sembrava quasi cercare il contatto con la pelle per scaldarsi. Istintivamente, le passai una mano lungo la schiena, accarezzandola: sentii i capezzoli indurirsi contro il mio petto; una violenta reazione all’inguine mi obbligò a spostarla un poco. “No, non mi cacciare, abbracciami, ho bisogno di sentirmi protetta.” “Antonella, bada che io sono un maschio e la tu vicinanza mi può turbare, se diventa eccessiva.” “Non mi interessa. Sei il ‘mio’ maschio, questa sera; e sento che in braccio a te sto bene; lasciami ancora un minuto; poi ci riprenderemo e torneremo ad essere noi.” L’abbracciai deciso e sentii il mio corpo vibrare in armonia col suo, le poggiai il cazzo contro la figa ed accennai qualche movimento come per scoparla. Mi fermai di nuovo, deciso a interrompere l’elettricità che si stava caricando tra di noi; ma lei fece scivolare la mano tra noi e mi sfiorò il cazzo da sopra i pantaloni: credo che lo valutasse per intero, quasi incredula della dimensione.
“Tu fai l’amore con questa cosa?” “Antonella, vuoi smetterla, per favore? Lo capisci che stai mettendoti per la strada dalla quale appena sei uscita. Non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo andare più avanti e perdere il senso delle cose.” “Non stiamo facendo niente di male. Ti sto chiedendo se questo è il coso col quale fai l’amore.” “Si; è questo. Perché ti meravigli tanto?” “No, devi ancora dirmi altre cose; poi ti lascerò in pace … forse. Le tue misure sono normali?” “Si, forse un poco tendenti al grande, ma nella norma. Ma perché fai tante domande?” “Se una persona ce l’ha, diciamo, la metà del tuo, cosa prova?” “Beh, si sente un poco inferiore …” “Ed ha paura che la sua inferiorità possa procurargli l’infedeltà della moglie?” “Vuoi dire che quello di Carmine è assai piccolo?” “Un quarto del tuo. Per questo era così sensibile agli sfottò!” “Allora tocca a te rassicurarlo.” “E come?” “Limitati a dirgli che lo ami (ed è vero) e che non hai nessun motivo per non essere contenta di lui, Forse capirà.” “Si, ma ora io so che tu hai qualcosa che mi piacerebbe assaggiare. Come facciamo?”“Stai dicendomi che pensi di tradire tuo marito e di farlo con me?”
“Tu puoi benissimo riempire il vuoto che lascia tuo fratello e faresti solo un dovere, non commetteresti nessun adulterio!” “Antonella, ti prometto che ci penserò molto, ne riparleremo seriamente e, se decidiamo, lo facciamo anche. Adesso che mi sembri assai più spigliata e decisa, andiamo a consolare Carmine.” Tornammo nel loro salotto e Antonella si mosse decisa verso suo marito, gli si accoccolò in grembo, gli prese la testa e gli disse con grande e vero affetto. “Carmine, perché non ti convinci che ti amo con tutta l’anima, che ti ho amato da sempre, che non ho niente da rimproverarti, niente di cui lamentarmi e che voglio solo che siamo sereni e felici come siamo stati finora? Puoi cancellare questi pensieri strani e tornare ad amarmi come sempre?” Carmine era commosso e trattenne il pianto abbracciando la moglie e baciandola con affetto. Il direttore dell’agenzia concluse “Non sa quanto sono felice di queste conclusioni così belle. Io posso mettere la mano sul fuoco sull’onestà della signora; ho molte perplessità sulla serietà anche professionale di certi personaggi e mi congratulo con lei, signor Nicola, per come ha equilibrato la situazione. Spero di rivedervi, ma solo per bere insieme.” E se ne andò. Gli amici di Carmine uscirono borbottando un saluto, a cresta bassa e rasentando i mobili.
“Adesso si può sperare in un piatto qualsiasi o decidiamo di andare a cena fuori?” Antonella era pronta. “No, in queste condizioni, non me la sento di uscire. Preparo qui qualcosa di veloce per noi tre.” Carmine si allontanò per andare in bagno e lei mi venne vicino, mi accarezzò il pacco e sorniona mi sussurrò. “Presto dovrai trovare il modo di parlarmi a lungo di quest’argomento e mi dovrai insegnare tutto quello che una vita monacale non mi ha fatto conoscere.” “Vuoi dire che non sai proprio niente?” “No e voglio un solo insegnante, te!” Forse solo in quel momento mi resi conto che il problema, ufficialmente risolto, si riproponeva in termini molto più complessi e delicati. Da un lato, mio fratello che evidentemente si tirava dietro una problematica di natura anche sanitaria della quale non aveva fatto parola con nessuno; dal’altro, una donna, Antonella, con un enorme bisogno di aiuto, di guida e, perché no, di amore vero; in mezzo, io, fratello e cognato ma anche amico, confidente e al corrente di delicati segreti dei quali dovevo ad ogni costo venire a capo. Cominciò un periodo di grandi sofferenze per tutti.
Da un lato, mi risultava sempre più difficile incontrare Antonella, parlarle e celarle il desiderio che il mio fratellino costretto nelle mutande urlava ad ogni momento: le grandi manovre per evitare di trovarmi faccia a faccia con lei diventarono una guerra quotidiana che ci logorava soltanto. Dall’altro lato, anche parlare con mio fratello era quasi impossibile: registravo i suoi tentativi di aprirsi e,puntualmente, lo vedevo arroccarsi senza uscire dai suoi dubbi; più volte tentai di approfondire i motivi che lo mandavano periodicamente dallo specialista a visitarsi; ma mi scontrai con un muro di reticenza. Ero quasi arrivato alla determinazione di rinunciare, mandare tutto al diavolo e trasferirmi per sottrarmi alla cappa di sospetti e remore che ormai ci avvolgeva, quando una sera, entrando nel loro salone per cenare insieme, trovai Carmine affranto su una poltrona che semplicemente si lamentava e si teneva la testa, mentre Antonella cercava inutilmente di consolarlo in qualche modo. “Che diamine succede? Sembra quasi di essere in una camera ardente a piangere un morto!” Carmine mi guardò con tristezza. “In qualche modo, un morto c’è, anzi c’è stato!”
Non riuscivo a capire e mi girai verso Antonella che abbassò lo sguardo e si deterse una lacrima. “Cristo, se ti è morta una persona cara? Riguarda anche me? Che è successo?” Carmine si aprì il pantalone e tirò fuori dalle mutande un cazzetto da ragazzino. “Ecco cos’è successo … tanti anni fa!” “E questo sarebbe un motivo da funerale?” “Non lo capisci? Io non ho, non ho mai avuto un cazzo degno di questo nome; sono sterile, irrimediabilmente sterile; non so neppure se ho sverginato mia moglie! Non ti basta come motivo per un funerale?” “No che non mi basta; esistono tanti modi per affrontare i problemi; mettersi a piangere è il più imbecille!” “Di che cosa ci dovremmo mettere a ridere?” “Perché non cominciamo dall’inizio? Voi vi amate come avete dichiarato o questa limitazione ha esaurito il vostro amore?” “No, il nostro amore è intatto e forte come mai prima!” Aveva parlato Antonella, ma lo sguardo di gratitudine di Carmine diceva tutto sulla condivisione. “Quindi, una prima parte del problema è risolta. Passiamo alla seconda e cominciamo finalmente a chiarire perché avevi tanta paura che tua moglie ti potesse tradire: l’idea che si facesse ingravidare da uno sconosciuto ti terrorizzava; ora che sai che non è mai esistita una simile ipotesi, perché sei ancora terrorizzato?”
“Primo: te l’ho detto, non so neanche se Antonella è ancora vergine.” “E vuoi preoccupartene tu? Al massimo, dovrebbe essere lei a rifletterci e proporti delle soluzioni.” “Ma a me non va che uno sconosciuto la possegga e forse la ingravidi. Nostro padre mi ucciderebbe. Lui vuole un nipotino che sia di famiglia.” Antonella sembrò risvegliarsi da un incubo. “Nicola, è vero che mi amavi anche prima di Carmine? E’ vero che mi ami ancora?” Restai basito, poi decisi che la verità era la soluzione migliore. “Si, ti ho amata da quando eravamo ragazzini e mi sono tirato indietro quando Carmine si è proposto; non ho mai smesso di amarti, rispettandoti come era mio dovere ma senza smettere di amarti neppure un momento.” “Io con te forse avrei anche giocato un poco alla fidanzatina; forse, come facevano le mie amiche, avrei fatto anche un poco di sesso. Ma io sono stata e sono sempre innamoratissima di mio marito; me ne frego se ha il pisellino o il membro da maschio; il nostro amore è di ben altra natura. Carmine, accetteresti che Nicola colmasse quella parte che tu non puoi soddisfare? Sopporteresti che io e te continuassimo ad amarci come sempre, con i limiti che finora neanche conoscevamo, ed intanto Nicola mi desse quell’amore, quel sesso, di cui avremmo bisogno. Sopporteresti un rapporto a tre, in cui tra noi due domina l’amore e tra noi tre la complicità, la solidarietà?”
Mio fratello abbracciò la moglie con affetto. “Se il nostro amore resta intatto, Nicola sarebbe la persona ideale per averti, per renderti madre di mio figlio, per creare insieme a noi una famiglia particolare, di cui abbiamo già vissuto largamente le anticipazioni; si, se siamo d’accordo, mi sta bene che sia lui a farti fare l’amore come meriti ed io mi contento di amarti come sento. Tu cosa ne pensi, Nicola?” Ero contrastato: la soluzione appariva la più logica; ma qualcosa dentro mi ribolliva all’idea che dovessi accontentarmi di possedere il corpo di quella donna e lasciare che il suo amore fosse tutto per mio fratello; anche l’idea di farle fare un figlio che però, agli occhi di tutti, fosse solo mio nipote, non mi scendeva giù. Eppure, la proposta di Antonella appariva la più saggia e praticabile. “Va bene, ci sto; ma, vi avverto, il mio ego è ferito e sarò sempre geloso del vostro amore!” “Così potrai metterci anche moltissimo amore, nei nostri rapporti. Io, ti ripeto, faccio l’amore con te anche fino a morire, ma amo mio marito, al di là di tutto.” L’abbracciai con violenza e la baciai come non avrei mai più fatto e come con nessuno avevo fatto mai: la divorai quasi; la presenza di Carmine lì a fianco mi stimolava anche di più e, in qualche modo, mi vendicavo così del fatto che il loro amore, anche in quel momento, valesse assai più della mia passione feroce.
Carmine si avviò silenziosamente verso la camera da letto e noi lo seguimmo abbracciati e continuando a baciarci come assetati d‘amore; mi rendevo conto che la vista turbava mio fratello; ma, da un lato, ero troppo preso dall’amore per lei per cedere alla preoccupazione fraterna; dall’altra, la scelta era stata fatta e bisognava accettarne le conseguenze. Mentre spingevo delicatamente Antonella sul letto, le sfilai la giacca e , quando fu distesa, le aprii la camicetta e apparve il suo seno meraviglioso, pieno, da succhiare ad ogni costo: e cominciai a succhiarlo. Con una mano, lei si sganciò il reggiseno e scoprì le tette togliendosi insieme camicetta e reggiseno; ma con l’altra prese per la testa suo marito e se lo portò sul capezzolo libero, quasi a significare che non doveva per forza stare a guardare ma poteva partecipare con mani e bocca. In un attimo ci trovammo a contenderci garbatamente il suo seno, uno per capezzolo; per evitare polemiche, mi diressi verso il ventre e sfilai, in un colpo, gonna, perizoma e calze, mi accucciai tra le sue cosce e diedi il via ad una lunghissima leccata di figa aggredendo immediatamente le grandi labbra, la vulva ed il clitoride.
Con una certa furbizia, Antonella mi prese la testa e mi obbligò a spostarmi verso la bocca, che baciai con molta passione, mentre lei guidava la testa di suo marito a leccarle la figa. Decisi che era meglio pensare a spogliarmi e lo feci. Quando fui completamente nudo, mi inginocchiai sulla testa di mia cognata e feci i modo che la cappella le piovesse nella bocca. Timidamente prese a leccarla e baciarla; poi, di fronte a una spinta decise, aprì le labbra e si fece chiavare in bocca quasi con durezza: in qualche modo, le facevo pagare il prezzo per avermi sottratto la leccata di figa. Si fermò per un attimo, sfilò il cazzo dalla bocca. “Adesso vorrei che mi penetrassi. Per praticare altro sesso, avremo molto tempo. Voglio che verifichi se sono ancora vergine!” A giudicare dalle condizioni del pisellino di mio fratello, non doveva averle neppure sfiorato l’imene. Mi sistemai addosso a lei e chiesi a Carmine di divaricarle le gambe e piegarle verso l’alto: la mia cappella così arrivò a sfiorare la vulva che già era rorida di umori vaginali. “Volete farlo voi?” Chiesi; vidi che lei accennava di si con la testa e sentii che Carmine mi prendeva il cazzo e lo dirigeva alla figa.
Antonella ebbe un gemito di dolore quando il cazzo valicò appena la vagina. “Evidentemente, ti farò un po’ male; scusami.” Sorrise, mi baciò e diede una spinta col bacino verso l’altro facendosi penetrare il cazzo per una buona metà, sufficiente a rompere l’imene che ancora era lì intonso. Sentii la sua reazione di dolore e mi contrassi sopra di lei quasi in attesa; appena si fu rilassati, spinsi a fondo e fui tutto dentro. Il primo urlo lo lanciò quando la cappella toccò la cervice dell’utero; di lì, ad ogni spinta, era un lamento di dolore e di piacere e, ogni tanto un orgasmo nuovo. “E’ meraviglioso sentirti dentro. Carmine, non puoi immaginare che gioia mi dà sentirmi penetrata fino al cuore. Baciami, amore, vieni a baciarmi i seni, la bocca, il corpo, vieni a sentire quanto godo con tutto il mio essere!” La rabbia per sentirmi strumento del loro piacere mi indusse a spingere sempre più forte, sempre più a fondo. Le accarezzai il culo, piccolo, sodo, delizioso e, di colpo, senza preavviso, le spinsi il medio fin dentro il canale anale. Urlò di dolore, poi mi incitò a continuare, a spingere per godere anche con il culo. “Un giorno ci infileremo il cazzo e vedrai quanto piacere ti darà!” Impiegai più di un’ora a scoparla, prima di arrivare a versarle nell’utero una lunga sborrata
Appena mi fui scaricato, mi spostarono quasi di forza e cominciarono a pomiciare; per qualche minuto mi soffermai a guardarli scambiarsi coccole e carezze; poi mi rivestii per togliere il disturbo. Antonella mi bloccò “Che fai? Perché te ne vai?” Non risposi, andai in cucina e presi una zucchina che pareva fatta apposta; la portai a Carmine e dissi a lei. “Quando sei così calda, non c’è più bisogno del cazzo vero: può bastare un vibratore che vi procurerete o anche un ortaggio come questo: con la lussuria che hai accumulato, lo sentirai come il cazzo che manca.” Mi guardò poco convinta, mentre io indicavo a Carmine come usare la zucchina per sostituirla al cazzo. Poi uscii in silenzio e andai in pizzeria per cenare. La scena si ripeté con poche varianti per le settimane successive, durante le quali però spanai il culo ad Antonella, le insegnare a fare dei sontuosi pompini e mi divertii a divagare su tutto il fattibile, dal coscialino alla spagnola, dalla sega al 69. Fu pronta ad imparare ed accolse tutto con molta gioia e partecipazione. L’unico neo, dal mio punto di vista, era che tutto veniva posto sotto l’egida dell’amore per il marito e che non c’era gemito di piacere che lei non dedicasse a lui. Da un lato, mi faceva anche gioire la verifica della passione che c’era tra loro e della fedeltà totale di lei, che riduceva me ad un semplice strumento, alla stregua dell’ortaggio che spesso mi sostituiva ed annullava ogni entusiasmo mio di partecipazione alle scopate.
Glielo dissi lealmente una sera che Carmine era a calcetto e noi stavamo seduti a tavola a bere il caffè in attesa di cenare al suo ritorno. “Sei contento di come stiamo vivendo il nostro rapporto?” Mi chiese Antonella a bruciapelo. “Hai provato a chiederlo alla zucchina che mi sostituisce quando sei sazia del mio cazzo o al vibratore che tieni lì per ogni emergenza?” Mi guardò quasi spaventata. Proseguii. “Io, in fondo, svolgo la loro stessa funzione; l’unica cosa in più è lo sperma che ti verso in figa per ingravidarti. Per il resto valgo quanto loro. Non te ne sei mai accorta? Il tuo amore per tuo marito mi annulla assolutamente. Io vengo per sbatterti, neanche per scoparti; due che scopano si comunicano emozione, sentimento, amore qualche volta. Non parliamo di chi fa l’amore, invece che fare sesso: sono due che pensano insieme, godono insieme, vivono le stesse sensazioni. Io sono sotto il gradino più basso. Io sono il cazzo che tu usi per il tuo piacere e per dare un figlio a tuo marito. Non posso nasconderti che sono prostrato e umiliato. Non appena troverò una donna da amare, ti chiederò di sostituirmi, perché, come tutti gli utensili, non sono indispensabile e sono sempre intercambiabile.” Sta decisamente male; sta per piangere e non posso fare niente per fermarla. “Non era questo che volevo!”
“Ma è questo che hai chiesto e ottenuto. Nelle tue intenzioni, nel rapporto con me non ci doveva essere anima: l’hai detto dal primo momento, che secondo te e le tue amiche io ero giusto per una bella storia di sesso, per qualche scopata ma non per l’amore vero. Ora che l’amore vero ce l’hai, io sono solo il cazzo per scopare che al tuo amore manca. Non mi offendo neanche e continuerò a scoparti con tanta passione, perché io ce la metto e, anzi avrei dovuto dire con tanto amore, perché è quello che ci metto, l’amore. Quando però il mio ruolo sarà esaurito, se non sarai tu a licenziarmi, sarò io da andarmene per costruirmi anch’io una grande storia d’amore in cui versare tutto, sesso e affetto, quotidianità e sogni.” “Ma non capisci che io non voglio perderti?” “Ci sei o ci fai? Se ti riferisci a me come al frullatore di cucina, capisco anche che non vuoi perdere una comodità che ti garantisce il benessere. Ma se ti riferisci a me come uomo, non puoi mai perdermi perché non ti sei mai curata dai avermi; io sono solo il cazzo che ha compensato il vuoto del tuo amore.”
“Nico, aspetta, non tirare conclusioni affrettate. Cerca di capire come posso sentirmi di fronte a tante novità che scopro ogni giorno. Un dato è certo ed è che sei stato tu ad aprirmi gli occhi. In tutta lealtà ti ho confidato certe cose che non nascondo e non rinnego: non saprei amare te come amo mio marito; ma non ti considero affatto un mio oggetto d’uso. Tu usi amore e passione indifferentemente, io uso amore per Carmine e passione per te. Di quella ne ho a carrettate; ma non posso sbandierarla di fronte a Carmine; se faccio male a te, mi dispiace, ti chiedo scusa e, se vuoi, rinuncio a te, ma non riuscirò mai a sostituirti, soprattutto non con un cetriolo o un sexy toy. Se però faccio male a Carmine, sparo sulla croce rossa ed io non voglio né fare male a una persona che amo né colpire uno che non sa difendersi. Tu sei forte, lui è fragile. Tu puoi riconoscere da una stretta delle cosce se ti sto amando quando mi sei in figa; lui ha bisogno di sentirselo dire. Io non posso e non voglio dirti che ti amo, perché andrei in confusione e in paranoia. Ma il mio corpo pensavo che te lo avesse suggerito quando ti si è dato tutto intero, soffrendo fisicamente molto qualche volta, ma concedendosi per passione. Ti auguro di trovare una donna che ti ami quanto io amo Carmine o per lo meno quanto ti amo io, checché tu ne pensi. E se vuoi andartene, la porta è là. Piangerò, ed anche molto, poi mi abbarbicherò a mio marito e lui mi accompagnerà nel mio dolore, perché mi ama e non è un ragioniere dei sentimenti.”
“Hai imparato presto a difenderti, vero?” “Ho avuto un grande maestro, non credi?” “Perché adesso, io e te faccia a faccia, non possiamo usare parola d’amore?” “Se tu non fossi prevenuto, in queste due ore avremmo potuto fare l’amore e non mi sarei sentita in colpa con Carmine; ma tu stavi a macerarti nella tua rabbia. Non ti avrei parlato d’amore e non lo farò mai perché, ti ripeto, la mia per te è passione pura: non ho nei tuoi confronti momenti di tenerezza, non ti vedo mai indifeso, piccolo, bisognoso di cure. Con te posso esprimere solo la mia immensa passione che, è vero, tendo a nascondere davanti a mio marito e, ti ripeto fino alla nausea, lo faccio perché è facile ferirlo anche con un solo gesto. Se tu non sai o non vuoi leggere il linguaggio della passione, va bene così. Adesso, zitti perché arriva il povero sconfitto (si sente già dal rumore dei passi che la partita l’ha persa) e lui si aspetta la mammina buona che lo consola, non l’amante che lo divora fra le sue cosce.” “Allora, è meglio che io ceni fuori; questa è serata da vibratore: non ha bisogno di me, di un altro avversario che può sconfiggerlo addosso a sua moglie!” “É così, purtroppo! Te la sentiresti di portarmi una volta in camporella? Non so cosa sia e vorrei provarlo!” “OK!”
Ce la portai in camporella; andammo fuori città e ci infrattammo; la scopai un’infinità di volte, in una sola giornata, dentro la macchina, fuori contro la carrozzeria, in tutte le posizioni in tutti i buchi, con tutta l’intensità di cui eravamo capaci. E verificai che effettivamente, se non fossi stato cieco, avrei capito da tempo che il suo modo di offrirsi a me e di consentirmi tutto quello che le chiedevo poteva essere frutto solo di una grande passione. E non era amore quello che cercavo, l’amore quasi elemosinistico che dava Carmine, fatto di carezze, moine, smancerie; era la passione di chi ti succhia il cazzo nella vagina e te lo spreme finché non sente di aver preso tutto e che, subito dopo, lo prende in bocca per succhiare le ultime gocce di sperma. Davvero avrei dovuto sentire che c’era amore in quei comportamenti e solo ora ne prendevo coscienza. Ma quando ci trovavamo nudi sul letto a darci tutto quello che era possibile darci, non potevo sottrarmi alla gelosia che mi scattava da bambino, quando la mamma dava più cura al ‘povero Carmine’ che a noi ‘maschiacci’ capaci solo di farei prepotenti. Antonella spesso mi sottraeva il suo corpo per concederlo a lui, quasi temendo che si adombrasse per essere trascurato; ed ero geloso.
In capo a sei mesi, finalmente arrivò l’annuncio atteso: Antonella era incinta. Nel giro di poche settimane, tutto cambiò e soprattutto, da Carmine arrivò lo stop al sesso, ‘che avrebbe potuto danneggiare il nascituro’; io e sua moglie ci guardammo meravigliati, ma tacemmo e, per la prima volta, nacque l’idea di un metodico tradimento: lui non rinunciò affatto alle sue partite di calcetto e quelle due ore diventarono l’appuntamento fisso per noi due che ci scatenavamo nelle più impensabili acrobazie del sesso vissuto alla grande. “A tutto c’è un limite, anche alla pazienza coi più deboli; qui è in gioco il mio equilibrio mentale ed io voglio fare l’amore e lo voglio fare con te, almeno una volta alla settimana.” Fui d’accordo e per nove mesi circa Carmine ci autorizzò senza accorgersene ad accoppiarci come scimmie senza i suoi occhi addosso. Poi nacque Luigi e arrivò la seconda mazzata: esaurita la funzione per cui era stato raggiunto, l’accordo del menage particolare saltava e avrebbero cercato altri percorsi. Suggerii allora a Carmine, quando Antonella voleva scopare, di affittare dalle agenzie specializzate un qualche bull che accettasse di scoparsela in sua presenza e con la sua partecipazione. Ci provarono, ad un costo anche molto elevato; ma subito dopo che avevano concluso, Antonella mi venne a chiamare, mi portò in casa sua e disse al marito, con aria quasi feroce.
“Mi pare che non vogliate capire. Allora devo essere esplicita, definitiva e cattiva. Vi devo ricattare. Io ho bisogno di scopare,non solo di essere leccata e titillata che mi fa un immenso piacere ma solo se dopo mi prendo in corpo, in tutti i buchi, una signora mazza che mi mandi in visibilio. Non ho bisogno di un cazzo a pagamento, senza anima, distaccato, professionale, ancora più freddo di un vibratore di plastica. E non ho bisogno di cilindri di qualsiasi materiale con o senza vibrazione. Voglio un cazzo. Anzi, io voglio il tuo cazzo, Nicola, comunque me lo dai. Se non vi decidete a farmi scopare così, io comincio a scopare in giro, proprio come tu, Carmine, temevi all’inizio di questa vicenda. Ma stavolta lo faccio in maniera che tutti ne parlano anche al paese e racconto in giro perché ho bisogno di cercarmi il cazzo fuori dal matrimonio, perché ha dovuto essere mio cognato a sverginarmi e a mettermi incinta. Poi mi prendo Luigi, distruggo l’amore per mio marito, ma anche quello che provo per tutti e due che è altrettanto vivo anche se diverso, e me ne vado per mio conto. Con lo scandalo e coi vostri genitori i conti li fate voi. Capito? Voglio il tuo cazzo, Nicola! E lo voglio come piace a te, ma anche come piace a me e, possibilmente, cercando di accontentare anche Carmine. Voglio scopartiiiiiii! Ho sopportato pazientemente quella macchina per scopare che mi hai imposto, che può andare bene per chi vuoi, ma non per me. Se tu adesso mi lasci fare l’amore - capisci? Fare l’amore, non scopare o farmi sbattere, fare l’amore sul serio - con Nicola, se tu me lo lasci fare, io resto con te e cerchiamo ancora altre soluzioni. Ma se cerchi di impedirmi di prendere l’antidoto contro quell’oscenità a cui mi hai costretto, io ti lascio per sempre.”
Il mio povero fratellino poté solo abbassare la testa. Antonella mi prese per un braccio, si precipitò in camera da letto e chiuse la porta a chiave. “Adesso amami, fammi l’amore, fammi fare l’amore, ma non scoparmi. Fammi sentire che sei mio, almeno per questi momenti. Sono stanca di sotterfugi. Voglio essere amata da te come non sono mai stata amata, come non hai mai amato nessuna!” “Anto, lo capisci che è troppo tardi per tutto? Prima il matrimonio, poi anche il figlio, prima il tentativo di essere in tre, ora la tua ribellione ai tuoi stessi convincimenti. Dove pensi di arrivare?” “Nico, non lo so. Il matrimonio c’è ma è come non ci fosse mai stato: anche la chiesa l’annullerebbe per impotentia coeundi; il figlio c’è, è bello, è sano, è giusto, ma soprattutto è nostro, è mio ma è anche tuo. Io non so se sia giusto continuare pietisticamente a mantenere un matrimonio che non ha nessuna concretezza o non sia più giusto romperlo.” “Mi chiedi se devo uccidere mio fratello o farmi da parte per lasciarlo vivere il suo sogno?” “Cristo, hai ragione! Neanche io voglio fargli del male; ma non è possibile più stare dietro ai suoi capricci. Deve pure accettare la realtà.” “Intanto abbiamo fatto un casino per non concludere niente. Gli hai lasciato intendere che venivamo a scopare e stiamo tormentandoci. Andiamo di là.” Apro la porta e accarezzo dolcemente mio fratello appiccicato a origliare. “Non è successo niente, ma tu devi crescere, almeno adesso.” “Che vuol dire?”
“Credi davvero di poter imporre un maschio a tua moglie come se fosse una vacca o una giumenta? Se ha voglia di un maschio e tu non puoi esserlo, deve sceglierselo lei; poi l’ami come vuoi, quanto vuoi, fin dove vuoi; ma, per quei momenti, deve essere libera!” “Potresti essere tu il suo maschio?” “Se non ti metti fra i coglioni, ci posso provare!” Si rivolse a lei. “Anto, ti piacerebbe farti amare da Nicola anche senza di me?” “Stronzo! Senza di te è impossibile, perché sei nel mio e nel suo sangue, nel mio e nel suo cervello; ma voglio amarlo lontano da te, questo si; voglio tenermelo per qualche ora tutto per me; poi torno da te, anche se non me ne sono mai andata. Lo capisci che è il padre di mio figlio e che, almeno per questo, sento di amarlo?” “Va bene, fate come ritenete giusto. Quando deciderete di stare da soli, io mi occuperò di Luigi per lasciarvi più liberi.” “Nico, posso dirti che ti amo?” “Alla solita condizione? Si; anch’io ti amo, nei limiti che mi concedi. Sai, ho imparato a leggere le tue comunicazioni corporee quando fai l’amore con me, Perdonami se non le avevo colte prima.” Cominciò una fase ancora nuova (anche se durante la gestazione già eravamo stati liberi di amarci, una volta alla settimana) ed arrivammo pesino a dormire tutti e tre nel lettone; infatti, alcune volte ci prese la fregola di fare l’amore dopo cena e, quando cedevamo per spossatezza (arrendersi, mai: non era nel vocabolario di Antonella) non restava altro che infilarsi tutti e tre nel letto e dormire. Poi, all’improvviso, apparve Maria.
La cosa paradossale fu che a presentarci fu proprio Antonella, di cui Maria era collega ed amica. Dopo pochi convenevoli di rito, invitata a fermarsi a cena, non rifiutò e si trattenne con noi fino a sera inoltrata. Ad un certo punto, senza accorgersi che l’ascoltavo, chiese sottovoce ad Antonella se il cognatino era preda libera o aveva già i picchetti; andai diretto verso di lei e le chiesi a bruciapelo. “Ti va di fermarti da me? La mia abitazione è quella sotto.” “Non si può dire che perdi tempo, ragazzo!” “Grazie per il ragazzo. Vuoi che cominci a dire che mi hai fulminato appena ti ho visto? O preferisci che vada più oltre e ti reciti una ballata composta per l’occasione? Per me è sufficiente dirti che mi piaci, che mi sembra ci sia della chimica tra noi. Possiamo concludere qualcosa?” “Ho capito: mi hai ascoltato e ti vendichi. Che ne pensa la cognatina?” “Antonella è notoriamente innamoratissima di Carmine; le sue opinioni sui miei gusti in fatto di donne non credo possano incidere sulle decisioni mie o sulle scelte altrui. Potresti anche non piacerle, ma il problema non si pone per me. Temi che sia segretamente innamorata di me? Prova a farla ingelosire: se non ti cava gli occhi, hai preso un abbaglio. Insomma, decidi tu, ti affidi alla monetina o ti fai trascinare a forza da me?” “I tuoi approcci sono sempre così brutali? Mi piaci; ci sto.”
Passammo ancora un’oretta a chiacchierare amenamente: anche io mi ero reso conto che Antonella aveva dato segni di gelosia; ma la rasserenai sussurrandole in un orecchio un “Ti amo” che la obbligò a darmi uno spintone a metà fra la dolcezza e la gelosia. Poco dopo, io e Maria andammo nel mio appartamento e quella notte fu di autentico fuoco: quella donna era l’esatto opposto di mia cognata: aperta a tutte le prospettive, passata attraverso molte esperienze, navigata nel mondo del piacere ed anche in quello del male e della cattiveria umana, insomma una donna di grande carattere, decisa e intrigante molto al di là della sua bellezza, che non era poca cosa. Parlammo a lungo, di molte cose ed ebbi la sensazione che ci fosse altro, al di là della scopata che pilotava con grande maestria. A bruciapelo, le chiesi. “ E’ mia impressione o mia cognata ti interessa particolarmente, anche dal punto di vista sessuale, intendo?” “Non ti sbagli. Sono eterosessuale e mi pare di avertelo dimostrato ampiamente; ma sono anche abbastanza convintamente bisessuale; e Antonella, come si dice, mi fa sangue. Sogno spesso di fare l’amore con lei, ma anche con uno proprio come te: peccato che tu sia suo cognato … “ “E’ un grosso problema?” “Per me non lo è affatto, ma per voi … e per il marito che mi pare un’anima candida?!”
“Diciamo che per ora è meglio fermarci qui. Se torni con la stessa determinazione, potresti trovarti invitata a ben altro che ad una sana scopata con un maschietto prestante.” “Se mi accenni anche vagamente che c’è la possibilità di farmi Antonella, prendo tutti gli impegni che vuoi.” “Per darti un’idea, devo avvertirti che Antonella è rimasta vergine fin quasi alla maternità, che ha imparato da poco a trattare un cazzo, che non sa che cosa sia l’amore lesbico. Lei è in realtà più candida di suo marito che, invece, è meno problematico di quello che tu pensi. Ho detto troppo!” “Nico, quando ci rivediamo?” “Per me, oggi pomeriggio puoi trasferirti qui e da stasera essere la mia compagna; da domani, chissà …” “Oggi pomeriggio? Ci sto, compagno!” Adesso mi toccava dare la notizia ad Antonella, soprattutto; a Carmine non gliene fregava niente di quel che potevo fare; ma lei sarebbe diventato senz’altro feroce. E passai la mattinata ad arrovellarmi su come potevo affrontare con mia cognata il tema della mia nuova condizione sociale e, soprattutto, del rapporto che avevo deciso di stabile con una donna, non solo, ma con una sua amica e sua compagna di lavoro. Temevo una grossissima litigata.
Invece, al rientro dal lavoro, Maria fece il suo ingresso direttamente nel mio appartamento con le sue due valigie, accompagnata da Antonella che le indicò i posti dove sistemare le cose, poi, con la massima disinvoltura, mi abbracciò e mi avvolse in un bacio lussuriosissimo, da provocarmi un’erezione visibile anche dal pantalone. “Adesso ci penserà Maria a svuotarti le palle: lei è bravissima a farlo, da quel che mi dice. Ma da domani ci dobbiamo mettere d’accordo. Io non rinuncio a te.” Intervenne Maria. “Tu non dovrai rinunciare a niente assolutamente, specialmente se succederà una certa cosa.” “Che cosa?” “Fidati e attendi!” Appena Antonella fu uscita, Maria mi sbatté letteralmente sul letto e mi scopò senza darmi l’agio di capire cosa succedesse: mi abbassò insieme pantaloni e mutande, abbassò i suoi in un solo colpo, immediatamente si impalò sul cazzo che Antonella aveva fatto rizzare e si fermò guardandomi fisso negli occhi. “Ti ha detto tutto?” Chiesi. “Non so se tutto, ma quello che interessava si. Ho una mezza idea e sono certa che arriveremo a soluzioni di grande soddisfazione. Ora scopami, poi andremo a cena da loro e forse avvieremo certe pratiche che mi intrigano.”
Mentre le sfilavo il blocco inferiore (pantaloni, mutande, calze e scarpe senza fare differenze) lei stava già sfilandosi dalla testa maglione e reggiseno per cui fu completamente nuda tra le mie braccia. Non fu una scopata, e nemmeno una semplice cavalcata, quella che Maria realizzò su di me: fu l’esercizio di un autentico dominio del mio corpo che fece vibrare in ogni tendine, in ogni fibra, in ogni pigmento; mi diede scosse di piacere che mi bruciavano il cervello;tirò la mia eccitazione fino al limite in cui il cazzo sembrava scoppiare e bloccò l’orgasmo obbligandomi a ricominciare per godere nuovamente, e con la stessa intensità, della lussuria che aveva già vissuto. Dopo un’ora di questo giochino ero al punto massimo dell’esasperazione: la ribaltai sul letto, mi portai le sue caviglie dietro la schiena e la cavalcai selvaggiamente per alcuni minuti; la fermai quando tentò di strizzarmi ancora i coglioni e le versai in figa la più corposa sborrata che potesse immaginare. “Stronzo, non sai neanche se sono protetta!” “E allora?” “E se mi hai ingravidata?” “Avremo un figlio.” “Così saresti padre di due bastardi!” “Che cazzo ne sai?” “Non montare in cattedra. L’hai capito o no che io e Antonella siamo veramente amiche e che a me no riesce a nascondere niente, neppure che ti ama più che suo marito e che non lo lascia solo perché sa che tu e soffriresti più che se lasciasse te per sempre. Poi lo scoprirai, cosa significa amare ed essere amato da due donne come noi.” “Vorresti dire che mi ami?”
“No; ti scopo con tanta passione che per trovarla uguale devio girare il mondo e tornare qui a casa tua, Adesso, smettiamo di fare i cretini e andiamo a trovare i nostri prossimi amanti.” Mi blocco interdetto. “Che hai detto?” “Ti ho fatto il riassunto. Ci ho messo dieci secondi a decidere che tu eri il mio uomo; ci metterò una serata per convincere la tua cognata amatissima che deve fare l’amore con me e con te insieme; poi trascinerò anche tuo fratello nel giro. Sarà un ‘menage a quatre’ Che non si è mai visto nella storia del mondo; ci darà soddisfazioni che non riesci ad immaginarti e durerà molto più di un normale matrimonio, forse per sempre!” Mentre lo dice, mi bacia delicatamente e intanto si riveste; lo faccio anche io e dopo poco siamo pronti a salire al piano di sopra. Quando Antonella apre la porta, Maria la prende fra le braccia, la bacia sulla bocca e le frulla la lingua; Antonella sembra sorpresa ma subito dopo, come io so bene, si adegua e non solo accetta la provocazione ma partecipa e ricambia, addirittura mettendole le mani sul culo e stringendola a se. “Stasera ti farò fare l’amore come non hai mai immaginato.” Antonella guarda verso di me. “Anche con lui; siamo già d’accordo; e anche con tuo marito, se lo convinciamo.” Antonella si limita a sorridere ammiccando, viene accanto a me e mi bacia con un amore che non aveva ancora espresso. “Sei mio?” “Sono tuo, ma anche di Maria e di Carmine; dovrai abituarti a condividere.” “Basta che mi dai l’amore di cui ho bisogno.”
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