Se dovessi scegliere una location per ambientare il racconto della mia vita, sono sicuro che il luogo ideale sarebbe la fila di ombrelloni del lido “Conchiglia”, il posto dove ho trascorso, per gran parte della mia vita, almeno un mese all’anno da quando sono in grado di ricordare; con le leggere modificazioni necessarie, quello è stato il nostro campo di battaglia, una striscia di sabbia bianchissima che dalla battigia arrivava fino alla struttura in legno del bar con direzione e piccola pista dove di sera si riusciva anche a fare balera, se non discoteca. Su quella sabbia ho inventato i giochi d’infanzia coi miei coetanei; su quella sabbia, più o meno, ho scoperto negli anni il sesso, prima tra ragazzi con la ricerca delle impossibili erezioni, poi con la caccia ai primi peli, fino alle prime sborrate, alle grandi seghe e ai pruriti più o meno confessabili. Su quella sabbia ho avuto i primi approcci con le ragazze e mi sono sentito sconvolgere al primo bacio, alle prime palpatine, ai primi contatti dei sessi, tra le cosce, in mano, in bocca, nel culo e, ala fine, in figa. Su quella sabbia ho bruciato i primi grandi amori che sparivano con l’estate, i primi grandi sogni, le lacrime cocenti per le prime enormi delusioni. Il paese non contava e neppure l’alloggio; quelli di necessità cambiavano. Il paese si andava modificando perché le ruspe e le gru assegnavano un volto sempre nuovo al territorio che si trasformava da zona agricola e località turistica.
Ma si diversificavano anche le sedi: all’inizio, una camera unica, con uso cucina, era sufficiente ai miei ed a noi due figli piccoli: con mio padre a fare il pendolare dalla città fino alla agognata settimana di ferie sindacali, lo spazio ridottissimo di una sola stanzetta, nella quale concentrare zona pranzo, zona letto, cucina e perfino una parvenza di salotto per gli amici, diventava più che sufficiente. Poi fu necessario prendere due camere, quando cominciammo a crescere e via via fino all’attualità del soggiorno nella pensioncina a tre stelle dove da oltre dieci anni sono una presenza immancabile, quasi come le sedie sotto il porticato. Anche il paesaggio umano cambiava: quello dei frequentatori più o meno abituali, che si modificava in relazione agli anni che passavano ed alle trasformazioni delle persone; e quello dei frequentatori occasionali, che si faceva di anno in anno più intenso creando situazioni anche assai interessanti di contatti sociali ed umani. In quelle poche centinaia di metri quadrati nacquero amicizie che sonno durate un’intera vita, si sono intrecciate storie di amore, di rapporti e di relazioni umane e sentimentali che più o meno ci hanno seguito e spesso condizionato nel tempo. Sulle assi di legno del bar, davanti ad un vecchio juke box, unico erede di motivi classici ormai introvabili, trovai il coraggio di mettere un braccio sulla spalla di Corinne e diventare subito il suo ragazzo, prima, il suo moroso, poi, il suo convivente, alla fine.
Sui pedalò arenati sul bagnasciuga scoprii, con dolore, il suo inganno mentre si faceva accarezzare dal bagnino. L’unico motivo di rabbia fu che per quasi una settimana non mi disse niente, fino a quando decisi di sorprenderli e, sempre su quel tratto di spiaggia, un mio amico assai abile scattò ad infrarossi le foto che mi obbligarono a chiedere a Corinne perché mi avesse così platealmente ingannato, pur avendo da tempo stabilito tra noi che qualsiasi trasgressione sarebbe stata consentita, a patto di essere vissuta in armonia, con lealtà ed onestà. Cercò di blaterare qualche spiegazione; le imposi di lasciare la casa che avevo messo su per noi. Rimanemmo amici, ma la perdita di fiducia mi impedì qualunque ripensamento, anche quando il pentimento di lei fu chiaro e la mia solitudine mi pesò. Non ci perdemmo di vista, considerata anche l’inevitabilità per chi, come noi, insegna per anni nello stesso istituto, frequenta più o meno le stesse persone, impegna i mesi estivi nella quiete rassegnata dello stesso posto. Anzi, ci vedevamo spesso, ma non rinacque mai lo spirito di leale amicizia su cui la relazione si era basata. Lei riuscì a crearsi una nuova relazione sentimentale e dopo poco tempo andò a vivere (non so se da convivente o da moglie) con un tale che lavorava in banca.
La prima estate al mare senza Corinne mi rivelò una realtà che avevo sempre deciso di ignorare, anche se non mi erano sfuggiti alcuni segnali precisi: la riviera, storicamente considerata territorio di caccia per latin lovers più o meno autentici, era anche (e più autenticamente) il luogo ideale per lo scarico delle frustrazioni per mogli (giovani e meno giovani) forse troppo trascurate dai rispettivi mariti, (votati o sacrificati decisamente alla “scopata veloce del sabato sera”) e per questo desiderose di rifarsi nei rimanenti cinque o sei giorni con incontri senza impegno e con molta carica di entusiasmo. Già mentre ero “ufficialmente impegnato” con Corinne, mi ero bene accorto di avances, tentativi, allusioni e contatti a cui avevo risposto con l’indifferenza. Quando, con piena evidenza, il rapporto era entrato in crisi e c’erano avvisaglie di rottura, le pressioni divennero esplicite e forti. Personalmente, non mi spiegavo neppure tanta attenzione; ma, tempo dopo, un personaggio, conosciuto sotto l’ombrellone e che vantava una lunga esperienza da amante latino, mi spiegò che proprio la mia professione di insegnante al liceo, l’aria da intellettuale di periferia, oltre alle notizie fatte circolare da “radio ombrellone”, sulle mie qualità di tombeur de femmes per di più superdotato, avevano acceso molte fantasie represse
Non appena si sparse la voce della rottura, e prima ancora che fosse da noi definita, Carla, la più aggressiva delle “arpie” decise di anticipare i tempi e cominciò ad esercitare su di me un autentico pressing: mi trovavo ad incontrala dovunque andassi, ammiravo estasiato il corpo meraviglioso che non esitava ad esibirmi con le motivazioni più speciose e banali finché individuò nell’area doccia - bagni il luogo ideale per piegarmi alle sue voglie. Un paio di volte l’avevo incrociata mentre si faceva la doccia nel’area su cui si aprivano gli accessi ai bagni e altrettante volte mi indicò significativamente quelle porte; per non passare da fesso, una volta che andai verso le docce e la vidi sensualmente bagnata fissarmi con cupidigia, decisi di deviare verso la porta di ingresso ai servizi e di trattenermi qualche secondo in più con la maniglia in mano e la porta semiaperta; quando la vidi precipitarsi grondante dalla mia parte, entrai e mi fermai dietro la porta. Balzò dentro come una furia e incollò le sue labbra alle mie prima che avessi avuto anche solo il tempo di respirare. Trovavo paradossale tutto quel che avveniva, poi me ne fregai e cominciai a palpare con lussuria il corpo bagnato, a baciarla per ogni dove, soprattutto sui seni e sul ventre, deciso di scoparmela lì, immediatamente, senza ulteriori indugi, per rifarmi almeno in parte della rabbia dell’inganno di Corinne. Mi trascinò quasi a forza nel bagno delle donne. “Finalmente! Ce ne hai messo di tempo per decidere!”
Lasciai fare tutto a lei; me la trovai inginocchiata che mi succhiava il cazzo con un’abilità che non avrei mai sognato di trovare in una donna; subito dopo, il cazzo sembrò scivolare fra le sue tette che avviarono una spagnola per me devastante. “Franco, non abbiamo tempo. Scopami, per ora; poi ci organizzeremo.” Mi sentivo un elettrodomestico che accendi per l’uso e spegni quando hai finito; eppure mi resi conto che l’eccitazione che provavo non solo era vera, ma anche che non l’avevo mai provata così intensa. Subito dopo ero in piedi dietro di lei appoggiata alla parete; il mio cazzo era già tutto dentro di lei con il suo volume non indifferente e la sua vagina me lo spremeva sapientemente al punto che con pochi colpi sentii l’orgasmo che montava. “Attenzione, Carla, sto per venire!” “Vieni dentro, sono protetta!” Si limitò ad avvertire ed io mi sentii letteralmente esplodere dentro di lei. Scaricai una sborrata di quelle che non ricordavo da tempo immemorabile: probabilmente l’eccitazione per l’eccezionalità e la novità dell’ambiente mi avevano caricato; ma anche la fugacità e la pericolosità oggettiva avevano spinto all’orgasmo violento. In definitiva, la scopata risultava, pur essendo una classica “sveltina”, decisamente carica di lussuria, di libidine e, conseguentemente, capace di alterare tutte le mie reazioni. “Va’ sotto la doccia, per giustificare il fatto che sei mezzo bagnato.” Quella donna aveva il potere di farmi tornare ragazzino a scopare senza sapere come si fa.
Uscii con mille cautele e mi rifugiai sotto la doccia dove effettivamente riuscii a ripulirmi delle scorie di sborra che mi erano cadute addosso nella frenesia del rapporto e, al tempo stesso, resi uniforme il bagnato che altrimenti sarebbe apparso ridicolo. Lei uscì subito dopo e si sistemò sotto la doccia a fianco. “Chiariamo subito che non voglio una relazione né una storia; ma se sei capace di fare sesso a questi livelli, ne voglio tanto. Stavolta non c’era tempo e te la sei cavato con una sveltina, anche se devo dire che vale assai più delle scopate di mio marito. Ma la prossima volta voglio scopare come dio comanda, su un letto e facendo tutte le porcate che conosci.” “Io non so neppure da dove si può cominciare … “ “Lascia fare a me e ti svergino come si deve … “ Tornati che fummo agli ombrelloni, Carla continuò ad elaborare il suo progetto comunicandomelo a mano a mano con frasi opportune, apparentemente innocenti in realtà tese a definire quello che avremmo dovuto fare per passare qualche ora insieme a scopare in santa pace. La prima cosa che mi disse, fu che alloggiava nella camera esattamente accanto alla mia; da qui fu facile stabilire che sapevamo tutto di quello che succedeva nei letti di ciascuno, comprese le recenti mie disavventure; mi parlò della siesta dei figli, che avveniva nell’unica camera; mi fece capire che lei oggi, vista la necessità, avrebbe prolungato il riposo dei piccoli con qualche “aiutino”; infine, avvertì che la porta si sarebbe aperta con una piccola spinta.
L’idea di scoparmi una madre mentre i figli dormono nella stessa stanza non mi andava molto bene; sapere poi che doveva dargli del sonnifero per essere certa che dormissero, mi dava ansia. Ma ero già nella logica di non cedere a sentimentalismi e le feci capire che ci sarei stato. Andammo a pranzo come ogni giorno; subito dopo, Corinne andò ufficialmente a fare un giro (dal suo bagnino, pensai, ma stetti zitto) e mi rafforzai nella convinzione che la via giusta fosse quella che mi prospettava la vicenda con Carla; salii quindi in camera per andare a riposare; in realtà, stetti con le orecchie appuntate sui rumori nelle camere a fianco e riuscii a sentire finanche lei che si sdraiava sul letto: fui nella sua camera ancor prima che avesse il tempo di picchiare sulla parete per avvertirmi. Mi inginocchiai al suo fianco e cominciai a baciarla su tutto il corpo; lei mi tolse il costume, unico indumento; e si sfilò il bikini. Dopo averle succhiato ampiamente le tette, scivolai tra le cosce e cominciai a leccare, succhiare e mordicchiare la figa strappandole i primi orgasmi violenti: come sapevo per averla ascoltata spesso, urlò e dovetti tapparle la bocca con una mano perché non svegliasse l’albergo; continuò a sborrare e ad urlare, ringraziandomi forse perché le consentivo di sfogare almeno in parte la sua lussuria. Quando si arrese e cadde quasi in deliquio, mi stesi a fianco a lei che, appena ripresasi, si infilò il cazzo in bocca e mi spaventò - tanta era la parte che ingoiò - al pensiero che potesse soffocare o mettersi a vomitare per la violenza con cui l’aveva ingoiato.
Ma andò tutto liscio e per due ore circa non smettemmo di scopare come scimmie. Non volle prenderlo nel culo (anche se le sarebbe piaciuto molto) perché lì, mi disse, secondo suo marito, era ancora vergine; ma era vero solo perché l’avevano inculata quando era molto giovane, poi aveva abbandonato la pratica. “Se mi infili nel culo quella tua mazza, quando lui me lo chiede, si accorge subito che la via è aperta. Aspettiamo che lui apra la strada, poi a te farò sfondare l’autostrada.” Triviale, ma efficace. In compenso, volle assaggiarlo in tutti i modi, in tutti i buchi, in tutte le posizioni, in tutte le varianti lecite e illecite. Dopo un paio d’ore di intensa attività, eravamo veramente distrutti. “Dobbiamo fermarci” mi disse “ma come primo incontro ritengo di aver trovato un valido motivo per restare in vacanza qui. Cerca di non spaventarti e di non scappare.” “E’ la prima volta che faccio qualcosa di tanto illecito; ma ne sono felice, soprattutto perché ho incontrato una persona che mi completa perché è esattamente il mio opposto. Mi piace scopare con te e lo farò volentieri quando potremo”. Mi liquidò con un buffetto affettuoso sul viso; rientrai in camera mia e mi ficcai sotto la doccia. Riuscii persino a schiacciare un pisolino che mi rimise abbastanza in sesto. Alla fine, scesi in spiaggia per prendere un po’ di sole e, dal solito ombrellone, vidi la mia cara Corinne accomiatarsi dal solito bagnino con molto affetto e avviarsi sculettando verso di me. “Tutto bene?” Mi chiese. “A me si; e a te?” “Tutto bene.”
Nei giorni successivi Carla si inventò ancora una strana situazione e riuscimmo a scopare ancora una volta, in una cabina spogliatoio temporaneamente vuota, mentre più intense si facevano le “passeggiate” di Corinne che avrebbero portato alla rottura. La sera del sabato fu decisiva; nel pomeriggio, arrivò il marito di Carla che, dopo avere cenato velocemente, volle precipitarsi in camera, evidentemente a scopare. Corinne non volle assolutamente prendere in considerazione l’ipotesi di fare qualcosa insieme: ero certo che aveva in animo la grande scopata col bagnino e avvertii il mio amico che era il momento di effettuare ripresa gusta. Andai in camera, mi distesi a letto e mi dedicai all’ascolto dei vicini che scoparono per un bel po’ finche, sollecitato da lei, il marito le impose di frasi rompere il culo. La posizione di privilegio mi consentiva di sentire la scopata come se li avessi davanti. Mi impressionò soprattutto la capacità di lei nel mentire per fargli credere che la stava quasi sventrando mentre le violava l’ano; mi sorse spontaneo il dubbio che recitasse sempre, anche con me. Ma me ne fottevo. Invece, ero più interessato alla “spedizione fotografica” del mio amico; che mi chiamò dopo qualche minuto e lo incontrai nella hall: mi scaricò su una chiavetta le foto scattate e il video realizzato; mi salutò e andò via. In camera, ebbi modo di guardare sul tablet le immagini e mi resi conto di molte cose.
In primo luogo, che Corinne era decisamente molto più troia di come si comportava con me (confermando l’ipotesi che le donne comunque recitano); che lui aveva una gran bella mazza e che la usava bene; che lei si era fatta fare di tutto, mentre con me aveva parecchie riserve e paranoie. Quando sentii il ticchettio dei passi nel corridoio, misi in bella evidenza sulla poltrona la sua valigia che avevo già preparato ed accesi il tablet sulla proiezione del video e delle diapositive. All’apertura della porta, si trovò di fronte a me in evidente attesa: tra noi due, la valigia pronta; sul tavolo, il tablet. “Cosa c’è? Aspetta, devo andare in bagno!” “La sborra del bagnino te la lavi quando arrivi alla tua prossima vera destinazione. Quella è la valigia. Vattene!!!!” Intanto, facevo scorrere le immagini della sua eccezionale prestazione in riva al mare. Rimase un attimo perplessa; cercò di inventarsi una risposta; prese la valigia e andò via. La seguii, dal balcone, finché entrò nel garage da cui uscì in macchina; la vidi partire e sperai di riuscire a dimenticarmi presto di lei. Scesi in strada, andai al bar a bere qualcosa di forte e mi diressi in spiaggia a passeggiare. Forse stavo anche piangendo senza neppure accorgermene: comunque, un paio d’anni della mia vita si erano bruciati in un attimo; e ancor più mi faceva rabbia dover prendere atto che è l’inganno a dominare la vita e che la lealtà è un optional inutile utile solo a farti sentire imbecille.
Mentre arzigogolavo tra me e me stupidaggini in forma di filosofia, vidi una figura seduta su un pedalò. “Ce l’hai una sigaretta?” A chiederla non era la solita ragazzina sbandata che talvolta si incontrava, ma una distinta signora con l’aria molto triste. Le offrii la sigaretta e ne accesi per tutti e due. “Butta male?” “Uno schifo!” “Ti ha piantato?” “No, l’ho mandato al diavolo. Troppo amore, troppa filosofia, niente sesso.” “Non è grave; chiarendovi, forse un equilibrio di trova.” “E tu? Piantato?” “No. L’ho dovuta mandare al diavolo.” “Ti tradiva?” “Di quello me ne frego. Non ha rispettato l’elementare principio che le cose si dicono, prima; poi si scopa quanto si vuole; ma la fiducia non va tradita e si deve parlare prima. Non mi aveva detto una parola e già scopava alla grande. Ed io sapevo.” “Cazzo; allora è più pesante. Cosa farai?” “Mai più impegni, niente promesse, niente amore, niente stronzate. Sesso, sesso, sesso.” “Ti prendo in parola?” Non aveva finito di parlare che eravamo avvinghiati: cavolo, se era ben fatta! Tette da urlo, culo a mandolino, labbra da succhiare, restava da verificare la figa: già umida! Facemmo l’alba su quel pedalò, dovemmo staccarci a forza quando vedemmo avvicinarsi la squadra degli spazzini. Diamine, non conoscevamo neppure i nostri nomi. Stavo per chiederle il suo, quando mi anticipò. “Meglio non sapere niente. E’ stato solo sesso, alla grande ma solo sesso. Io, adesso, posso ragionare con un poco più di calma e cercare di ricucire. A te, tanti auguri.” E sparì sul corso.
Tornai velocemente in camera, mi feci una doccia per lavarmi sabbia e sporco accumulati nelle frenetiche ultime ore, abbassai le persiane fino a fare buio e mi ficcai a letto; dormii fin quasi a mezzogiorno e scesi direttamente per il pranzo. Il proprietario della pensione mi chiese se la signorina Corinne aveva davvero lasciato la pensione; gli riposi di cancellarla dagli ospiti ma di lasciare inalterato il contratto che era firmato da me. Naturalmente, in un battibaleno si sparse la voce che lei mi aveva lasciato, con diverse reazioni e commenti vari. La vicina di stanza trovò l’occasione, passandomi accanto, per sussurrarmi. “Stasera, dopo cena.” Difficile spiegarle che ero alquanto spompato, e poi non mi andava ancora di impazzare col sesso. Passai il pomeriggio a leggere seduto sotto l’ombrellone e guardandomi in giro quasi per censire la popolazione femminile e i possibili approcci: dalle occhiate e dai sussurri, non fu difficile cogliere che il terreno era favorevole a passare una buona estate. Il problema, forse, si sarebbe posto al rientro in città: ma non era il caso di pensarci ora. Mi colpì invece la sfrontatezza delle più giovani e la loro capacità di fare pubbliche avances ed espliciti inviti senza porsi problemi. Ma rinviai all’anno seguente l’approfondimento del tema. Per il momento, preferivo dedicarmi al’ipotesi di scopare ancora con la vicina di stanza e chiederle, stavolta, di darmi il culo, visto che la strada risultava ormai aperta.
Prima di cena assistei ai convenevoli del marito che partiva per tornare al lavoro e notai che Carla, abilmente, versava delle gocce nei bicchieri dei figli. Cenai in fretta e mi ritirai nella mia camera: mi sistemai sul terrazzino con un bicchiere di Whiskey e con le sigarette e per una decina di minuti mi rilassai completamente bevendo e fumando con molto gusto. Ad un tratto sentii del movimento sul terrazzino a fianco e lei si affacciò dal cancelletto di separazione e mi chiese di aprirle la porta. Lo feci e, appena fu dentro, l’accolsi con un abbraccio enorme. In un attimo, ci stavamo baciando come se non ci fossimo visti per un mese e le mani corsero su tutto i corpo. Spensi la luce centrale e lasciai solo quella del terrazzino che creava una lussuriosa penombra in camera; la spogliai delicatamente e abbastanza rapidamente, mi spogliai a mia volta e la spinsi sul letto. Rifeci il percorso già sperimentato di leccarle prima tutto il seno e poi tutto il ventre; le succhiai a lungo la figa e soprattutto il clitoride: la feci sborrare almeno quattro volte. Poi la feci girare sul letto e cominciai a leccarle le natiche, partendo dall’attacco delle cosce per allargarmi sulle chiappe, sulle natiche e precipitare infine col viso nello spacco del culo dove affondai profondamente facendo sì che la lingua passasse ano e sfintere e raggiungesse l’amaro dell’intestino. ”Pare che miri al culo!?!?” “Si!”
Non obiettò niente, si adagiò con tutto il corpo, sentii le natiche che si rilassavano, il buco del culo che si distendeva e diventava cedevole al medio che lo forzava. “Hai del lubrificante?” “Ho di meglio, un prodotto specifico che è anche leggermente anestetico: posso giurarti che ti troverai col culo rotto senza problemi e quasi senza accorgertene.” Presi il gel che avevo preparato e glielo passai nel canale rettale, fino in fondo, girando più volte il dito senza che avesse nessuna reazione se non gemiti di goduria; quando inserii il secondo dito, ebbe una leggera contrazione, io giravo in tondo allargando l’ano al massimo. Quando anche il terzo dito fu entrato e cominciai a ruotarli senza reazioni di rigetto, mi accostai al suo orecchio e le chiesi se era pronta. “Mi hai sentito stanotte?” “Si, per questo ti sto preparando al meglio; però sarà bene che mordi il cuscino ed eviti di urlare se non vogliamo svegliare l’albergo.” Si girò con qualche difficoltà e mi offrì la bocca da baciare: lo feci con trasporto, mentre la cappella cominciava il viaggio dentro il retto. Il percorso non era poi molto lungo, ma dovetti muovermi piano, con cautela e con molta goduria, fermandomi ad ogni millimetro a godermi il sapore del culo intorno al cazzo, per ogni anello che avanzava. Poi sbattei col ventre sul culo mentre le palle colpivano in pieno la figa. Un piccolo gemito, un fremito di piacere poi, quando il cazzo non poté andare oltre, esplose in un orgasmo strano, simile ad una grossa scoreggia, che non avevo mai udito.
Sentii che si vergognava e la rasserenai. “E’ stato un orgasmo anale; può capitare e a te è capitato: si vede che hai goduto molto. Anche per me è un’esperienza nuova.” “Franco, spero solo che tu non abbia provocato danni visibili.” “Scherzi? Adesso facciamo l’amore,poi ti farò verificare che è tutto in ordine.” “Lo so, mi sento benissimo e non ho nessun dolore: mai fatta una scopata così bella e così intensa.” “Adesso cerchiamo di completarla con una cavalcata degna!” “Prima di sborrare, mi fai passare sopra? Voglio cavalcarti un poco anche io!” La montai a lungo cercando di trattenere il più a lungo possibile la sborrata, finché sentii che il cazzo scivolava nel suo retto con estrema disinvoltura. Quando mi resi conto di possedere il culo totalmente, la guidai a cambiare posizione finché, senza uscire dal culo neanche di un centimetro, mi trovai spalle al letto con lei che mi dominava. Si inculò a lungo e con molto gusto; il volto esprimeva libidine, lussuria, piacere, gusto, voglia, rabbia; ogni tanto si interrompeva e mi strusciava sul petto le tette piene e sode, a volte si limitava a far ondeggiare i suo capelli sul mio petto o sul mio viso con effetti stravolgenti di libidine. Sborrò con una violenza ancora maggiore di prima e anche stavolta dal corpo le partirono fiotti di squirting che rumorosamente esplosero ai lati del cazzo piantato saldamente dentro. Sborrai anch’io, finalmente, dopo aver lungamente coccolato e rinviato la logica e naturale conclusione della giornata di eccitazione.
Scopammo per tutta la notte e sul tardi ci trovammo coi sessi arrossati e dolenti per il lungo ed elaborato sfregamento a cui erano stati sottoposti; mancava poco all’alba e le feci notare che dovevamo recuperare un poco di normalità: accettò malvolentieri di ritornare nella sua camera e dovemmo muoverci come ladri per fare il percorso di ritorno al suo letto. Dopo qualche tempo, per fortuna, sentii al di là della parete il suo sonno pesante (da stanchezza e da scopate) e scivolai lentamente anche io, rasserenato, nelle braccia di Morfeo. Ancora una volta, saltai la colazione e mi svegliai direttamente per il pranzo; ma ero totalmente rilassato e quasi felice. Quando scesi all’ombrellone, trovai Carla sdraiata bocconi sul lettino da sole; guardai interrogativo e un gesto della mano indicò il culo: non si vedeva niente, ma era chiaro che l’abuso dell’ano le aveva procurato difficoltà a sedere che aveva giustificato con emorroidi doloranti. Molto ironicamente, suggerii un prudente riposo nelle attività; la risposta fu naturalmente un mandarmi al diavolo assai esplicito e la minaccia di farmela pagare.
Quell’estate fu per me certamente la più interessante per le grosse novità, per la frenesia con cui i fatti si susseguirono e per la grande messe di successi che ottenni a letto. A parte Carla, che era diventata quasi una esigenza fissa, accettai le provocazioni di tutte le signore arrapate che popolavano quel tratto di spiaggia; per molte ci fu la ripetizione e da alcune la promessa di continuare in città. L’episodio, in qualche modo, più sconvolgente me lo fece vivere una ragazza poco più che maggiorenne, che mi tampinò per alcuni giorni perseguitandomi soprattutto quando andavi a sciacquarmi sotto le docce dopo il bagno in mare: a furia di proporsi con tutti i suoi, meravigliosi argomenti, più volte fece cenno all’accesso ai bagni, di cui avevo già sperimentato l’utilità; finché, una volta, decisi di accontentarla e mi ci diressi con determinazione; mi aprì la porta, mi lasciò passare, entrò e mi spinse in un bagno per donne. Decisamente era quasi una professionista nel baciare con una voluttà inaudita e, mentre la palpavo da tutte le parti beandomi delle freschezza e della consistenza delle sue tette piene ma ancora in crescita, del suo culetto che mi stava nelle mani completamente e della figa fresca e completamente rasata, mi prese il cazzo e lo guardò ammirata. “Lo sapevo che ce l’avevi bello grosso! Nel culo non lo reggerei perché mi spaccheresti come un melone; in figa non se ne parla perché sono e voglio restare vergine: o una sega o un pompino. Cosa preferisci?”
“Personalmente, preferirei spaccarti il culo e aprirti la fighetta; e lo farei anche, quanto meno per insegnarti a non provocare situazioni complicate. Ma, visto che sembri arrapata, giochiamo un poco con le mani; comincio io!” E diedi il via al ditalino più elaborato, più saporito e più lungo che fossi capace di realizzare, evitando accuratamente di spingere le dita troppo dentro, per non sverginarla con le mani. Quando si sentì masturbare il clitoride, cominciò a sdilinquirsi quasi scivolando a terra dal languore: la sostenni e la feci piegare a pecora per avere accesso con la bocca alla sua intimità. Sembrava sorpresa mentre le passavo la lingua a larghe leccate tra ano e vulva; ma impazzì quando presi a succhiarle il clitoride; la sborrata che mi esplose in viso quasi mi soffocò per la violenza e l’abbondanza. Quasi per non perdere una gara che solo lei immaginava, si fiondò sul mio cazzo con la sua boccuccia, veramente tenera e dolce; rischiando di slogarsi la mascella, ne fece entrare una buona porzione; la lingua piccola, sottile, sempre piena di saliva, mi percorse tutta la cappella e la esplorò fino al frenulo e al buchetto uretrale dove il leggero movimento mi diede brividi mai provati: le esplosi in bocca una sborrata che neanche io pensavo di poter realizzare; ingoiò con una disinvoltura che mi lasciò perplesso. Alla fine, leccandosi le labbra, mi prese in giro. “Per essere un vecchietto, sei davvero forte. Con un cazzo così, capisco perché le signore facciano la fila. Ce l’hai una sigaretta?”
Da quel momento la richiesta della sigaretta si fece quotidiana al punto che, per non farmi assillare, concordai col barista, che vendeva anche sigarette sottobanco, di addebitarmi i pacchetti necessari ma di offrire alla ragazza una sigaretta al giorno, da parte mia, a patto che non mi assillasse continuamente. La ragazza ringraziò e ogni giorno passava a farmi almeno ciao con la manina. Quando ormai la stagione volgeva al termine e i primi villeggianti abituali cominciavano ad abbandonare le “postazioni” per tornare in città, ebbi l’incontro più sconvolgente. Partì quasi come uno scontro perche, uscendo dall’albergo, urtai fisicamente una bellissima donna che avanzava distratta a sua volta. Nelle forme straordinarie - ricoperte a malapena da un costume di stile brasiliano e velate da un pareo di seta che lasciava tutto a vista - riconobbi a malapena Norma, la dirigente dell’istituto in cui insegnavo e dalla quale chiunque la conoscesse tutto si sarebbe aspettato tranne un abbigliamento così disinvolto. “Norma!!!” La meraviglia era più che lecita. “Franco, ciao, speravo proprio di incontrarti!” “Come mai qui?” “Poi ti spiego. Adesso ho un urgente bisogno di un bagno e, se possibile, anche di una doccia per rinfrescarmi e cambiarmi!” “Se vuoi, ho una camera in quest’albergo dove puoi liberamente fare quel che ti serve.” “Andiamoci!” “Sarà meglio che ci muoviamo separatamente; c’è molta gente che ci conosce e non vorrei dare adito a pettegolezzi!” “Non vuoi turbare l’idillio con Corinne?”
“Ti conosco troppo bene per pensare che tu non sappia della rottura.” Mi prese affettuosamente sottobraccio e ci avviammo all’ascensore. “So che vi siete lasciati, anche se non capisco la tua gelosia.” “Che ti ha raccontato la pulzella?” “Che s’è presa una vacanza col bagnino e tu l’hai buttata fuori.” “Vero; peccato che abbia omesso qualcosa: avevamo concordato che tutto era lecito tra noi, a patto che ce lo dicessimo con onestà, chiarezza e lealtà. Ha cominciato a scopare con Marino il bagnino, l’ha fatto sapere a tutta la città ed ha cercato di tenerlo nascosto solo a me, fino a che mi sono procurato le prove, gliele ho sbattute in faccia, le ho spiegato che la scopata non è un problema, ma il mancato rispetto di un accordo è offensivo dell’etica, dell’amicizia e di qualunque rapporto umano. Per questo è andata via senza proferir verbo.” “Ah, questa parte l’ha saltata; ma mi pare naturale e forse logico. Ed ora?” “Ora, basta relazioni impegnative, basta storie coinvolgenti; passione, lussuria e sesso a gogò. Mi ci trovo benissimo.” “Quindi sei sul mercato e disponibile?” “Per te lo sarei stato anche nei momenti di massimo innamoramento con chiunque altra!” “Dici davvero o fai il lumacone?” “Perché dovrei fare il lumacone con te?” “Perché, senza relazione o storia complessa, solo per il piacere di passare insieme ore lussuriose di piacere libero, io ti avrei tentato già da molti anni. Mi piace l’idea di stare qualche ora con te, anche se non accetterò mai di condividere la mia vita con nessuno.”
Eravamo entrati in ascensore che si era subito riempito; Norma capitò davanti a me col suo culo monumentale; il fratellino in basso prese coscienza e levò la testa piantandola tra le due natiche. “Caspita, hai reazioni così rapide e violente?” “Con chi mi fa certi discorsi … !” Eravamo arrivati al piano, uscimmo quasi a fatica, aprii la porta e la lasciai entrare. “Vuoi fare la doccia? … Ti va se la facciamo insieme?” “A questo non avevo pensato, ma ora che me lo proponi, certo che voglio, e con gioia anche!” Prese il cellulare e chiamò un numero. “Ciao. Io ho trovato come rinfrescarmi e cambiarmi per bene; ne avrò per un’oretta. Loro? … Ah, bene, se tardano per me va anche meglio; voi fate un giro, ti chiamo quando ho finito. Ciao.” Di fronte alla mia faccia meravigliata, ritenne giusta una spiegazione. “Non sono sola qui, ci sono anche Rossana e Fulvio, li conosci no? … Siamo stati invitati ad un pranzo al mare e aspettiamo di incontrarci per andare a pranzo; adesso ti aggreghi, volente o nolente, specialmente se succederà quel che tutti e due auspichiamo.” Per tutta risposta mi limitai ad abbracciarla a tentacoli e a baciarla come un’idrovora. Mi spinse indietro. “Se non mi lasci andare in bagno, te la faccio qui per terra!” Ridendo corse verso il bagno e non si preoccupò di chiudere la porta. Quando capii che sta svuotando l’intestino, non solo la vescica, mi tenni un poco in disparte e lasciai che concludesse le sue operazioni.
Quando si fu svuotata, scaricò lo sciacquone e solo allora mi feci avanti, per scoprire che aveva poggiato il pareo sull’attaccapanni dietro la porta e che si stava liberando del costume. La guardai incantato, mentre si avviava verso la doccia e apriva l’acqua regolando la temperatura. La raggiunsi nel box della doccia. Quando osservò finalmente da vicino il mio cazzo, si leccò le labbra, mi abbracciò con forze e mi succhiò la lingua per farla giocare con la sua. Per una buona oretta non facemmo che scopare alla grande: Norma era un po’ come la suora che esca dalla tonaca e sveli la sua femminilità. Abituato a vederla per anni nel ruolo di dirigente scolastica, mia diretta superiora, con l’abito e l’espressione del ruolo incollati addosso, mi sorprendevo a scoprire una donna caldissima, affamata di sesso, di esperienze, di novità. Le sperimentammo tutte, da quelle più semplici e note a quelle più ardite inventate da noi. Stavamo asciugandoci, ero steso sul letto e Norma, inginocchiata accanto a me, mi stava sottoponendo ad un lunghissimo, tormentoso pompino (l’ennesimo della mattinata, perché sembrava piacerle tanto) quando il suo cellulare squillò; interruppe la succhiata e rispose quasi stizzita. “Ah, siete arrivati. Io sono nell’albergo di Franco, anzi nella sua camera e sto asciugandomi. Fra poco vi raggiungiamo. No, devi essere tu ad occupartene. Ciao.” Prese il costume che aveva indosso e lo rimise pari pari; anche il pareo era lo stesso. “Ma non avevi detto che volevi cambiarti?”
“Sono superstiziosa. Questa mattinata deve andare avanti così; anche l’abito non deve cambiare almeno finché galleggeremo in quest’atmosfera di lussuria.” Sorrisi e mi vestii; quando eravamo sul punto di uscire, bloccai per un attimo la porta e la baciai con un’intensità che neanche io prevedevo. ”Forse avremo un bell’anno scolastico!” Commentai. Usciti dall’albergo, ci dirigemmo al Lido e, ad uno dei tavoli vicino al juke box, vidi Rossana, Fulvio, uno sconosciuto e … Corinne. “Vieni con me o non ce la fai?” “Posso baciarti o è contro il regolamento?” “Hai detto che ci sono anche alunni del’Istituto, qui … Quindi, sta’ calmo!” Passò la solita ragazzina. “Ciao, prof! Quand’è che ti decidi a darmi una ripassatina?” “Quando tu ti decidi a riprendere gli studi!” “Cazzo, anche le ragazzine?” “Te le raccomando, quelle ragazzine! Si, mi scopa ogni tanto; ma ti assicuro che è lei e fare tutto. Forse dovremmo riflettere su questo anche coi nostri studenti.” “E sui professori?” “Vuoi la guerra? Vuoi che aggiunga le professoresse, i dirigenti, le dirigenti, il personale? Io facevo un discorso serio.“ “Nel posto, nel momento e con la persona sbagliata. Oggi mi sento addirittura troia, perdona il linguaggio crudo; e voglio soltanto godermi queste ore con te. Se non ti va, ti ho già detto che puoi startene qui.” “Dai, smettiamola di fare i ragazzini. C’è tanto disagio; cerchiamo di superarlo.” “Ciao. ragazzi, guardate chi ho incontrato qui!” Rossana mi salta al collo con gioia. “Franco, che bello rivederti! Sei proprio in forma smagliante!” Fulvio si limita a stendermi la mano ma si vede che è contento. Con Corinne ci scambiamo un cenno con la testa e un “ciao” biascicato. “Lui è Mario, il mio fidanzato.” “Piacere!” e ci stringiamo la mano.
Mentre si svolgevano i convenevoli, vidi arrivare da lontano Marino il bagnino che sembrava avesse riconosciuto Corinne e si dirigeva verso di noi; mi accostai a lei con aria di padrone e faccia burbera; Corinne era perplessa e quasi accennava a protestare; poi riconobbe anche lei il bagnino, mi si accostò e mi baciò sulla guancia, come se solo adesso si ricordasse della nostra amicizia; il bagnino fece dietrofront e sparì. Norma mi batté sulla spalla e mi attirò a sé. “Perfetto! Un vero gentiluomo! Ma io non posso ancora baciarti. Allora, che si fa?” C’era grande perplessità. Poi Corinne rispose per tutti “Beh, con Franco saremmo in sei e la macchina ha cinque posti … “ Norma è categorica. “Bene, io sono uscita per andare a pranzo al mare. Se non è possibile farlo tutti insieme, io accetto l’invito di Franco e auguro a voi una buona giornata.” “Norma, scusa; questo posto già mi è stato sfavorevole una volta; non vorrei che rovinasse delle amicizie. Se avevate un progetto, io non voglio rompere le uova nel paniere … “ “Tu stai zitto e lasci fare a chi ne sa più di te. Signori, vi comunico che oggi, per tutto il giorno, io sono la donna, anzi la puttana, di Franco. Chi sa, capisce anche che questo vuol dire passare la giornata ad amoreggiare, a scopare, a godere, a divertirmi con il collega che tutte le professoresse dell’Istituto, per dieci anni, avrebbero voluto conoscere biblicamente. Io l’ho fatto e intendo continuare. Poiché la cosa può turbare la coscienza di qualcuno, io resto con lui e voi andate con dio.”
“Aspetta, Norma. In estate, in queste località, tutto è molto elastico, anche la polizia; in quattro sul sedile posteriore ci si può adattare; altrimenti, prendo la macchina dal garage e andiamo, separatamente, a pranzare insieme. Credo che sarebbe più limpido e coerente passare la giornata insieme, visto che almeno per il prossimo anno dovremo comunque convivere con tutti i nostri problemi.” Rossana intervenne. “Intanto, mi fa piacere di scoprire ancora di più che la nostra dirigente è anche una gran figa calda, scusami Norma ma te lo dovevo dire; secondo, Franco ha ragione: ci stringiamo in tante situazioni strane, perché non farlo adesso in un’automobile per qualche chilometro?” Fulvio era ancora più conciliante. “Ma dobbiamo per forza spostarci? Non c’è qui un locale dove pranzare in allegria?” “Si, ci sono qui posti dove stare anche bene; ci ho passato molti anni e alcuni anche assai felici. Ma il posto a cui aveva pensato Mario è particolare e non mi dispiacerebbe accontentarlo.” “Scusa, Corinne, dove pensavate di andare?” “Al … lo conosci?” Mi venne spontaneo sorridere di gusto … e di gioia. “Ci ho passato una delle serate più belle della mia vita, una di quelle che non cancelli manco se distruggi il corpo e la memoria; quel ricordo rimarrà per sempre!” “Bum! Come al solito, enfatizzi tutto. Insomma, ti sta bene?” “Messa come l’hai messa tu adesso, farei altre scelte, anche per delicatezza a Norma; mi hai fatto appena confessare che in quel locale ho vissuto un incontro meraviglioso. Anche lei merita un posto straordinario.”
Rosanna era stufa delle schermaglie. “Ci dici dove vuoi andare?” “Avete prenotato al ristorante scelto?” “No, non c’è prenotazione!” Asserì Mario. Corinne, che mi conosceva bene, lo invitò a telefonare per verificare. Era come dicevo io: niente prenotazione, niente tavolo. La situazione si era fatta pesante, ma per fortuna il barista ci aveva sentito e mi suggerì un locale dell’interno che non era ricercato dai turisti ma era molto interessante. Lo proposi e, in mancanza di idee, accettarono tutti. Il problema era che c’erano assai più chilometri da percorrere nell’interno e Mario sembrava perplesso all’idea di sottoporre la sua auto ad uno sforzo eccessivo per un percorso lungo. Chiesi a Norma di esonerarmi dall’impegno; mi disse chiaro e tondo che piuttosto si mangiavano due panini e si tornava in camera a completare l’opera. Non potevo darle torto. Corinne evidentemente schiumava. Proposi di fare il percorso con la mia macchina, che era abituata a sforzi particolari, ma Corinne fece presente che il suo fidanzato non viaggiava in auto guidate da altri. Gli chiesi se se la sentiva di guidare la mia auto nelle condizioni di sovraccarico. Finalmente era contento; il carrozzone sembrava potersi avviare: mandai un ragazzo a recuperare dal garage la mia station wagon che incontrò il favore di Mario (bontà sua!) e ci organizzammo come avevo già meditato: Mario guidava, al suo fianco Corinne; dietro, Rosanna con Fulvio e me; io, stretto contro il finestrino, invitai Norma a sedersi sulle mie ginocchia. Corinne sorrise sorniona.
Difatti, non appena Norma ebbe trovato una posizione comoda, la mia mano le scivolò sulle natiche, spostò il pareo, trovò lo slip, si infilò e con il medio cominciò a titillarle la vulva. Si girò verso di me quasi indispettita, ma il mio dito le provocò una fitta di piacere e il volto si distende in un sorriso, si accostò e mi baciò in bocca: giocò con la lingua sotto lo sguardo allibito dei colleghi. “Il viaggio è cominciato!” Commentò Corinne e Norma si girò a sorriderle “E sarà solo piacere, da ora in avanti!” “Posso dire un’eresia? Ti invidio!” “Se ti impegni, anche tu diventerai dirigente e non mi invidierai più.” Mentre loro si beccavano, io manovravo per spostare il cazzo, sfilandolo dal costume, verso la vulva di Norma. Sapevo che era quasi diabolico, ma mi andava; riuscii ad appoggiare la cappella e, con un brusco movimento favorito da una buca, lei si infilò il cazzo in figa, fino in fondo; e accompagnò la cosa con un lungo gemito. “Perdio, ci sei riuscita!” Fu il commento di Corinne che a quel punto estrasse dalla borsa delle salviette umidificate e le passò a Norma. “Cazzo, sei pronta a tutto!” Osservò Norma. “Tesoro, mi ero quasi specializzata!” “Mi dispiace tanto per lui!” Commentò Norma ed accennò a Mario che si impegnava al massimo nella guida. I professorini a fianco avevano capito che qualcosa stava succedendo e, dopo essersi guardati perplessi, cominciarono a manipolarsi con gusto fino a che nell’aria si spanse un odore che avvertiva che lei aveva sborrato; subito dopo, fu lui ad esplodere, forse in un fazzoletto.
Alla povera Corinne non restò che accentuare il movimento della mano sulla figa e, cercando di non farsi notare dal fidanzato, riuscì comunque ad arrivare in fondo. “Ti offendi se cerco di farmi prestare qualcosa?” chiese Corinna a Norma. “Cosa avresti risposto a questa domanda un mese fa?” “Ti avrei mandato al diavolo!” “L’hai detto!” Mario avvertì l’odore strano e chiese cosa fosse. “E’ odore di sesso, l’odore della mia macchina!” “Ma non rispondi mai seriamente?” “Perché, questa macchina è tarata per il sesso!” “Ma va’. Vuoi dire che fai sesso anche mentre guidi?” “Beh, nella tua posizione di guida, a 120 all’ora in autostrada, una donna meravigliosa mi ha fatto il più bel pompino della mia vita!” “Ma va’!” Corinne era in difficoltà, ma fu brava a cavarsela. “Mario, non insistere conosco gente che lo ha fatto e che lo fa. Se vuoi, posso provarci anche io, una volta, con te.” Faccio finta di scandalizzarmi. “Dio ne scampi! Corinne!!!!!! Non conosci il rituale del sabato sera di tutti i bancari?” “Che ne sai che lavoro in banca?” “Oh, dio, sei un bancario!?!?!? Scusami, non sapevo!” Ormai eravamo alla goliardia pura e, in qualche modo, la cosa ci divertiva più di quanto pensassimo. Come dio volle, arrivammo sul posto indicato e scoprimmo che valeva la pena, per il paesaggio particolare (tanto verde con vista sul mare) per la struttura del ristorante (un vecchio casale ristrutturato) e per il cibo (ma questo l’avremmo scoperto dopo).
Una volta scesi, mi trovai a fianco Mario che quasi mi “bruciava” con una domanda “Tra te e Corinne c’è stata una storia?” “Cosa ti cambierebbe, se anche fosse vero?” “Niente; ma ho visto che, anche beccandovi, parlate con molta franchezza.” “Su questo, puoi giurarci!” “Ti ha detto che sessualmente sono poco cosa?” “Mario, ti assicuro che dopo la separazione ho visto Corinne solo stamane, davanti a te; non ho avuto modo di sapere niente. Perché me lo chiedi?” “Credo che tu sia l’unica persona che può mediare questa mia difficoltà. Io sono per natura un cornuto contento: non un cuckhold, non lo schiavetto, ma uno che gode a vedere la sua donna scopare con altri.” “Non mi pare che ci sia niente da commentare. Perché non glielo dici?” “Perché ho paura che la perderei e sono sicuro che se ci intendiamo siamo una coppia perfetta.” “Io non riuscirò mai più a scopare con Corinne.” “Perché?” “Perché anch’io non do nessun peso a scopate fuori matrimonio; ma non sopporto che si tradisca la fiducia. E in questo non so se Corinne può essere affidabile. Lei aveva scopato, e spesso, con un bagnino … “ “Quello che stamane ha cercato di avvicinarsi e che tu hai terrorizzato?” “Te n’eri accorto?” “Adesso che mi hai detto, la scena mi risulta chiara.” “Bene, non mi dispiaceva che avesse scopata con uno con un bel cazzo; ma il fatto che non me ne avesse parlato e che, in una settimana, tutto il lido sapeva e lei non mi diceva niente, mi ha fatto dubitare della sua lealtà, della sua sincerità e della sua onestà. Ergo, mai più con Corinne; poi avrai visto che oggi scopo con Norma.”
“Ma non le parleresti neppure?” “Di questo tuo problema? Si, posso senz’altro parlarne, ma non assumo impegni.” “Niente impegni, parlale per favore.” Chiamai Corinne. “Senti, cara, Mario mi ha parlato di un suo problema che ti riguarda.” “Non mi sembra molto garbato che il mio fidanzato parli con te di qualcosa che riguarda noi due.” “Data la natura dell’argomento, avendo ben capito quali sono stati i rapporti tra te e me, ha deciso di essere leale e mi ha pregato di mediare. Vuoi ascoltare o continui a polemizzare?” “No, io non polemizzo; semplicemente non mi va di parlare con te di cose che non riguardano.” Non sapevo che rispondere, guardai Mario e, di colpo, lui decise “Lascia stare, Franco. Non ne parliamo più.” Corinne cercò di essere melliflua. “Dai, Mario, perché non parli lealmente con me?” “Perché, da quel che so, tu non hai parlato lealmente con lui.” La mazzata era dura e Corinne l’accusò netta. “E allora? Forse lui non meritava la mia lealtà e tu si.” “Scusa, gli hai fatto tu il pompino in autostrada? E’ stato con te al ristorante dove tu volevi che avessimo la prima occasione importante d’amore? Questa è la tua lealtà? Forse è meglio ripensare i nostri progetti.” Norma e gli altri avevano visitato il locale e scelto il posto dove sederci a pranzare; ma l’atmosfera non era più quella della scampagnata tra amici. Rendendosene conto, Norma cercò di parlare con Corinne. “Che cavolo combini ancora? Adesso litighi anche con Mario!”
“Non sopporto che in ogni cosa Franco debba venire un passo davanti a me, un attimo prima di me, insomma che sia sempre il primo della classe.” “E quindi, distruggi la classe, distruggi te stessa o provi a distruggere Franco e non ce la farai mai perché è oggettivamente più forte?” “Distruggo tutto, ma una volta tanto, non gliela do vinta.” “Intanto, adesso stai con un ex amante e un ex fidanzato. Non ti sforzi nemmeno per un attimo di arginare almeno una delle falle?” “Che dovrei fare?” “Mario ha chiesto a Franco di parlarti. Ascoltalo. Poi decidi.” “Ma perché doveva chiederlo a Franco?” “Ti potrei addurre mille motivazione. Ma una è fondamentale. Se per lui va bene così, perché dovrebbe adeguarsi a quello che va bene a te?” “Perché io sono la fidanzata!” “Bellissima motivazione, specialmente perché ha detto con chiarezza che non te ne poteva parlare proprio perché sei la fidanzata. In una mattinata gli hai fatto conoscere il tuo ex amante e il bagnino per il quale Franco ti ha sbattuto fuori dalla sua vita … Sta’ zitta e non bluffare con me! E’ stato lui a cacciarti perché sei stata sleale! … Gli hai fatto sapere che gli volevi dedicare il locale che Franco aveva dedicato a te in una serata che ha definito indimenticabile. Gli avete fatto sapere che hai scopato spesso in macchina e che in autostrada, a 120 all’ora, gli hai fatto un pompino epico. Vuoi ancora insistere ad avere pretese perché sei la fidanzata? Fra te e Franco, è lui che merita fiducia; e Mario lo ha capito. Perché non scendi dal piedistallo?”
Corinne sembrò addivenire a più miti consigli. Mi chiamò in disparte e si raccomandò. “Per favore, senza litigare, cosa Mario voleva che mi dicessi?” “Mi ha confidato di alcune sue particolarità che si vergogna di esternare anche con te. Ha detto che è ipo dotato, insomma ce l’ha piccolo e sa perfettamente che per una donna calda come te questo è un grosso handicap. Ho confermato perché è così. Ma ha anche aggiunto che lui appartiene alla categoria dei cornuti contenti: attenzione, non cuckhold o schiavetto felice, ma cornuto che si eccita a vedere la sua donna scopare con altri e poi riesce anche ad avere rapporti normali con la stessa donna. Il suo problema è stabilire con te un accordo per cui resti libera di scopare con chi vuoi, innanzitutto rispettando tutte le precauzioni indispensabili, sia di natura igienico-sanitaria che per maternità indesiderate; che non lo umili o lo offenda né lo faccia umiliare od offendere da altri; che ti faccia scopare regolarmente anche da lui, quando ne abbia voglia e non disprezzarlo dopo aver assaggiato mazze ben più possenti. Ecco, di questo voleva parlarti e non ce la faceva; io non ho difficoltà a parlartene, anche se mi preoccupa l’idea che tu debba assumere impegni che potresti disattendere in ogni momento.” “In questo accordo è previsto anche che tu debba essere il mio amante privilegiato?”
“Io non c’entro niente con questo vostro accordo; Mario è rimasto semplicemente impressionato dalla feroce onestà con cui ci scannavamo e mi ha chiesto di parlarti di questo. Io non ti scoperò mai più: e non perché tu non mi piaccia o tu non lo meriti: ma soprattutto, e forse unicamente, perché un rapporto tra due persone deve fondarsi sull’amicizia e l’amicizia impone lealtà. Tu sei stata sleale, quindi hai tradito l’amicizia; e questo non si perdona neppure a dio.” “Ti ha mai sfiorato l’idea che io abbia cercato ogni tanto di essere più furba?” “Il fatto che sia stata scoperta indica che non sei stata più furba ma solo più infida.” “Va bene. Adesso cosa vogliamo fare?” “Io non voglio, non posso e non devo fare niente. Tu devi parlare col tuo fidanzato e decidere se vuoi ancora sposarlo, confermando l’accordo che lui ti chiede.” “Quanto sei legato a Mario?” “Solo per l’affetto che ho ancora per te.” “Tu hai dell’affetto per me?” “Corinne, ascoltami, in una relazione lunga e intensa come quella che abbiamo vissuto, concorrono tre sentimenti fondamentali: il primo, pilastro di tutte, è l’amicizia; il secondo è l’affetto, quel volersi bene quotidiano che ti fa stare con una persona anche quando non ci sono picchi di entusiasmo; il terzo è la passione, quella che conferisce anche fisicità al rapporto. Tu hai tradito l’amicizia ed io sono ferito mortalmente da questo; ma l’affetto è rimasto immutato; e la passione, se metto da parte l’orgoglio, potrebbe comunque riemergere.”
“Il sesso, quindi, rientra nella categoria passione. Se io, per non cercarmi tanti bagnini, chiedessi a Mario di aiutarmi ad avere un solo amante, tu cosa gli suggeriresti?” “In linea teorica, sarebbe oggettivamente l’ideale. Concretamente, non so se cederei alle tue sollecitazioni o a quelle di Mario, che pure mi sta tanto simpatico. Intanto non dimenticare che, presumibilmente, l’anno prossimo sarò disponibile per Norma; per il futuro, vedremo.” ”Quante volte alla settimana credi che Norma avrà bisogno del tuo cazzo?” “Non riesco a valutare. Neppure la conoscevamo, sotto questo profilo.” “Bene, io dirò a Mario, che comunichi a te, che io ho bisogno di qualcuno che mi scopi anche due, tre volte al giorno e l’unico che ho conosciuto di questo livello si chiama Franco. Valuta quante possibilità di scopare avrai, poi al momento giusto, sappi che io sono sempre molto innamorata di te del tuo cazzo e che il mio futuro marito sarebbe perfino felice di vederti scoparmi. Ciao, amore.” Corse ad abbracciare Mario e parlarono a lungo, fitto fitto; poi ci sedemmo a pranzare. Ma io adesso avevo per la testa molti interrogativi.
Visualizzazioni: 7 370 Aggiunto: 5 anni fa Utente:
Categorie: Tradimenti