Inutile sperare di dormire, naturalmente con tutte le tensioni che la piccola vicenda ha scatenato. “Cosa c’è che non va in me, dal punto di vista sessuale?” “Non c’è niente che non vada o che vada male; manca qualcosa.” “Cosa?” “Vediamo se riesco a spiegarlo. Tu in questo momento, nel basso ventre, tra la figa e l’ombelico, avverti qualche sensazione?” “Niente di particolare.” “Non ti senti eccitata?” “No, sono normale.” “I tuoi capezzoli sono duri o morbidi? le tue tette sono normali o tese?” “Non vedo niente, non sento niente di quello che mi chiedi. “Hai voglia di fare sesso con me?” “Se me lo chiedi … “ “No, la domanda è un’altra. Senti uno stimolo a farti penetrare dal mio cazzo?” “No.” “Ecco, questo è il primo enorme problema. La diagnosi dovrebbe essere che sei asessuata. Il sesso per te non ha nessun interesse, nessun valore. Se guardi il mio cazzo, si sta già rizzando perché io voglio scoparti; anche i miei capezzoli sono più duri, perché voglio unirmi a te, essere quasi un corpo solo, fondermi con te, possederti e farmi possedere. Tu provi qualcosa di questo?” “Onestamente, no.” “Ti sei mai masturbata?” “No. Lo hai fatto tu qualche volta; io mai.” “Non senti mai il desiderio di toccarti, di masturbarti, di provare le sensazione che qualche volta ti ho fatto provare io?” “No; mamma mi disse che non dovevo prendere iniziative … ah, già, gli insegnamenti di mamma. Tutto da rifare.” “No, amore, io non sono in grado di far tornare dentro di te la sessualità che non c’è più da prima che ci sposassimo. Ormai sei destinata ad essere asessuata e priva di libidine; tu non capisci e non conosci il piacere.”
“Non è vero, non può essere vero! Quando tu mi infili la lingua nella figa e vai a stuzzicare quel bottoncino nascosto, io sento un grande calore che mi viene su dalle ovaie, forse, o dall’utero o non so da dove; e poi quel calore si espande e si fa intenso finché qualcosa mi esplode dentro come quando tu espelli la sborra, quella cremina bianca che, quando mi cade sulla lingua, mi fa provare quella stessa sensazione.” “Perché non mi hai mai detto niente? Perché ti mordi le labbra e non urli?” “Perché non sta bene, perché è peccato, perche è da donnacce!” “O signore mio, donnacce?!?!?! Le senti le urla di Luciana? Da che cosa credi che dipendano? E’ una donnaccia Luciana? Ma in quale casa di marzapane, in quale mondo di Alice vivi? Quella sta godendo, adesso, quella sta provando il calore che tu raccontavi, ma lo sta dicendo a tutto il mondo.” “Perché urlarlo a tutti?” “Tu credi alla confessione?” “Io si che ci credo; tu, piuttosto?” “Non ricominciare a montare in cattedra se no chiudiamo qui.” “No, no, scusa.” “Perché la confessione deve essere aperta e comunicata ad altri?” “Perché il pentimento quando è pubblico è più intenso, più giusto, più bello!” “Brava la chierichetta. ANCHE IL PIACERE. Te lo ripeto, se non lo avessi capito: tutti i sentimenti, quelli che tu apprezzi ma anche quelli che tu ti rifiuti di conoscere e di riconoscere, tutti i sentimenti sono più alti, più nobili, più giusti se vengono dichiarati pubblicamente e ad alta voce. Come la confessione si fa solo col prete, così l’amore si fa solo col partner e gli si comunica il piacere che si riceve dal rapporto amoroso, d’amore capisci, non solo di bestiale sensualità. Finché questo fondamentale concetto della condivisione non ti sarà entrato nel sangue, come parte vitale di te, tu resterai asessuata.”
“Che stupida! Brava la mia mammina, ecco un’altra delle sue micidiali stupide bugie contro la masturbazione: ha fatto di tutto per impedirmi di diventare schiava del sesso e mi ha fatto schiava della sterilità emotiva. Sono arrabbiata, con me, con te, con Luciana, col mondo!!!” “Che c’entra Luciana? Che ti ha fatto?” “A me non ha fatto niente. A te ho visto che faceva cose che io vorrei imparare a fare con lo stesso entusiasmo, con lo steso amore, con la stessa dedizione. Non sai quanto l’ho invidiata quando l’ho vista prendere in mano il tuo cazzo e farlo crescere fino a diventare una sbarra di ferro: quanto l’ho odiata quando ho visto come se lo faceva sparire nella gola fino a soffocarsi; quanto l’ho amata mentre si agitava sotto i colpi che tu le portavi nella pancia con la tua bestia ritta. E’ da dieci anni che mi nascondo dietro la religione per non dire quanto amo il tuo cazzo, quando godo nel sentirlo entrarmi nella pancia, quanto avrei desiderato sentirlo che mi spaccava il culo in due e mi costringeva all’ospedale per ospitarlo nel mio intestino. Ti ricordi che ho scherzato sul cazzo di Alberto? Del tuo non potevo parlare perché qualunque cosa dicessi era da condanna all’inferno. E’ stupido, ma è così. E’ la parte più malata di me, quella che mi può prosciugare l’anima; tu dici che è inguaribile. Io spero di farcela ancora a liberare la troia che c’è in qualche parte di me.”
“Io credo che adesso siamo troppo emozionati per ragionare; ma forse, se davvero ti eri tanto costretta dentro al ruolo, possiamo farcela a tornare una coppia normale. Dobbiamo provare a fare tanto sesso, ma con tanto amore prima, dopo e durante.” “Forse devi anche costringermi a farmi violentare il culo, ma farlo con amore e con la passione necessaria a farmi riconoscere la bellezza di urlare che ti amo e che sto godendo con te, per te. Ma non so neanche da dove si comincia.” “Io saprei da dove cominciare; sono dieci anni che desidero fare l’amore con quel tuo culo meraviglioso, immagina quante volte avrò fantasticato sulle modalità per raggiungere la felicità; ma qui mancano strumenti fondamentali.” “Quali? Non si possono rimediare dei sostitutivi? Non so se sia per quello che è successo, per qualcosa che si è sciolto, per un desidero che riemerge da sotto un tappeto; ma ancora una volta devo dire che avevi ragione, le viscere entrano in subbuglio, da quando mi prospetti un nuovo modo di amarci e, stranamente, sento il tuo cazzo straziarmi l’intestino, anche se non so cosa si prova esattamente a prendersi nel corpo il tuo arnese. Cosa ti servirebbe per scoparmi nel culo ora, qui, immediatamente?” “Della vaselina o una crema equivalente che abbia effetto lubrificante.”
“Scusa, ma qui penso di saperne un poco di più. Sicuramente ci sono prodotti ad hoc; ma gli oli solari sono abbastanza lubrificanti, le creme alla vaselina o alla lanolina non si contano; forse mi faranno sentire di più il dolore, ma adesso voglio che mi sfondi con tutto l’amore di cui sei capace.” “Non ci sono alternative: o devo amarti o devo odiarti. Alla fine, suggerisci tu la soluzione al problema che tu hai creato. Ti rendi conto che, se avessi detto questa frase ad Alberto, ora staresti impalata direttamente sul suo cazzo?” “Senti, bello! Questa verginità è tua e nessuno la toccherà prima che tu l’abbia maciullata d’amore. Alberto mi piace e ci scoperò volentieri; ma il mio amore sei tu, il mio uomo sei tu, il mio pilastro sei tu. Forse ti farò incazzare ancora, spesso e molto, ma sarai sempre l’uomo della mia vita, il principe dei miei sogni. Chiaro o te lo devo stampare da qualche parte?” “Forse sul tuo culo: per rileggermelo dovrei venire a guardarlo ogni momento della giornata.” “Io non ci stampo un bel niente, ma tu, da oggi, vieni a fare visita al mio culo ogni volta che puoi; e, dopo che sarà passata la prima emozione, più ci vieni armato meglio rispondo.” Per la prima volta in tanti anni, Ornella prende l’iniziativa di baciarmi e lo fa con una voluttà che non avrei mai immaginato; io che ero abituato e percorrere i suoi denti bianchi, regolari, perfetti, con la punta della lingua prima di ingaggiare una battaglia con la sua lingua, io adesso vengo messo all’angolo dall’assalto della sua lingua che mi inonda la bocca e si spinge fino all’ugola, poi torna indietro, si lascia inseguire e rincorrere; ma, prima che esca fuori dalle labbra, la catturo e prendo a succhiarla come le facessi un pompino.
Sono stordito dall’iniziativa; non appena mi lascia respirare, sussurro. “Lo sapevi fare già da prima o l’hai imparato di colpo stasera?” “Me l’avevano spiegato come una cosa che facevano solo le puttane (oh, dio, ho detto la parola!) ed io ne sentivo una voglia irrefrenabile; è bastato lasciare le redini e scopro quanto amore può esserci in un bacio vero, quanto può fare godere anche sessualmente. Devo ricostruirmi e forse ce la farò. Adesso, inventati qualcosa e rompimi il culo.” In quel momento entra Luciana. “Ciao. Cosa succede?” “Niente: Alberto mi ha scopato con tanta foga e con tanto impeto che è crollato addormentato dopo la seconda sborrata. Io adesso ho il culo in fiamme. Naturalmente, si è rifatto sul mio.” Ornella la va ad abbracciare. “Scusami, è stata tutta colpa mia.” “Ma quale colpa? Io avevo voglia di una ricca inculata; se non fosse stato Alberto, l’avrei chiesta a Franco e non sarebbe stata meno violenta.” “Tu pratichi normalmente il coito anale. Hai un prodotto specifico per ridurre il dolore?” “Si, ho proprio un lubrificante ed anestetizzante che sarebbe giusto per una novellina; solo un avvertimento: a farlo entrare, a farti godere e a farlo uscire non avrai problemi; dopo, come capita a me adesso, dovrai reggere qualche fastidio. Hai deciso di farlo ora?” “Si, sto cercando di ricostruirmi un rapporto col piacere sessuale e questo potrebbe essere giusto.” “ Se non vi crea problemi, posso aiutarvi anche io; visto che non posso prenderlo, cerco di regalarti un cazzo nel culo!”
Luciana va nella tenda e torna con la boccetta del lubrificante; spinge Ornella sul letto e la invita a stendersi bocconi tenendo il culo più alto che le riesca; le prende due cuscini e glieli poggia sotto la pancia per tenere il culo alto: poi si stende dietro di lei, tra le cosce, affonda il viso nella piega tra le natiche e comincia a leccare l’ano, nel quale accenna ad infilare delicatamente un dito medio. Mi accuccio di traverso sul suo corpo e comincio a leccarle delicatamente le natiche, scivolando lentamente verso il centro dello spacco, all’ano martoriato dall’inculata del marito; sento che si offre alzando il bacino e continuo delicatamente a carezzare il buchetto; accenno a toccarla con la punta di un dito e mi rendo conto che una delle pieghette ha ceduto: forse c’è anche una piccola lacerazione. Non so se le farà bene, ma prendo la boccetta e verso qualche goccia sulla parte dolente: sembra che funzioni. Continuo a leccare e cospargere di saliva le natiche fino al coccige; infilo delicatamente, molto lentamente, un dito fino all’imbocco della vulva e cerco di individuare il clitoride. Stringe solo le natiche e mi sbatte fuori. “Fatti fare almeno un piccolo ditalino! Non ti farò male ,non ti toccherò altrove!” La imploro; con un sospiro di rassegnazione, mi lascia fare ed io mi impossesso del clitoride.
Mentre io masturbo lei, Luciana si dedica con amore al culo di Ornella e mi accorgo che va aumentando il numero delle dita che fanno cuneo ed entrano nello sfintere già pronto a cedere alla pressione del corpo estraneo; finché tutte le dita entrano e si muovono a loro agio; Luciana versa abbondantemente il lubrificante sull’ano, massaggia anche il mio cazzo, per tutta la lunghezza, con lo stesso liquido; e, con una piccola sega, lo porta al massimo dell’erezione; mi fa posto e punta la cappella sull’ano. “Rilassati; al momento, stringi i denti e spingi come se dovessi fare la cacca. Sentirai l’organo che ti attraversa il corpo, che se ne impossessa e al tempo stesso, si fa possedere definitivamente da te. Quando sentirai che non è più estraneo a te, ma è diventato parte integrante del tuo corpo, allora muovi i muscoli interni del retto e proverai un piacere indimenticabile.” “Per favore, vieni dalla mia parte e baciami; ho bisogno di sentire il tuo amore, con me.” “Tesoro, permetti che ti avvisi: mi stai chiedendo di avviare un rapporto saffico e non sai come io ami questo legame, per di più,con una donna che ammiro già tantissimo. Sei sicura di volere che ci amiamo come due sacerdotesse di Saffo?” “Non puoi mettermi nel culo il cazzo di mio marito, che ha già conosciuto il tuo culo, e meravigliarti che voglio essere unita intensamente con te, mentre gli do tutta me stessa e questa nuova verginità.”
Luciana si sposta verso Ornella, le abbraccia la testa e le bacia a lungo il viso, gli occhi, la fronte; ma è Ornella a prenderle le labbra ed a succhiargliele in un passionale bacio d’amore; Luciana la ricambia entusiasta. “Sapevo che poteva succedere anche questo e sono veramente felice; a Franco non posso dirlo, ma a te devo dire che ti amo, con tutta l’anima!” La mia prima spinta fa entrare il cazzo per circa un quarto e Ornella sobbalza e lancia un lungo gemito. “Male?” sussurra Luciana. “No, solo sorpresa. E meraviglioso sentire che entra in me, mi sconvolge tutto il pacco intestinale; non mi fa male e mi eccita da morire; sento che si avvicina il primo orgasmo.” “Attenta, se alla fine ti scatta quello anale protesti avere reazioni di cui qualcuna si vergogna. Tu pensa solo che questo è il tuo amore, il suo amore, il mio amore, insomma il nostro amore.” “Va bene, quando penserò di dovermi vergognare, ti morderò il labbro e almeno tu saprai che mi vergogno.” “Scommettiamo che non succederà?” Ornella non può rispondere perché la seconda spinta ha piantato due terzi del cazzo nel suo intestino e l’ingombro adesso è evidente anche per me. “Ornella, se non ce la fai, non te ne vergognare; smettiamo qui e sei comunque già mia.” “Fino in fondo, maledetto, io non sono più fragile di Luciana e non ti amo meno di lei; se lei ti ha preso tutto, vuol dire che chi ti ama deve prenderti tutto dentro ed essere una sola cosa con te!”
Luciana decide: una botta sui lombi ed istintivamente affondo coi coglioni fino all’ano: sono tutto dentro; Ornella è senza fiato; Luciana la consola, baciandola e accarezzandola ed io do il via alla mia personale sarabanda nel culo violato di mia moglie; il movimento è da massacro: quasi non me ne rendo conto, ma picchio contro il suo culo come non avevo mai immaginato; sbuffo e mi agito come una bestia, lei geme ed urla ogni volta che l’asta picchia contro un tessuto vergine; poi comincia a lamentarsi con una vocina che ricorda il suono di una sirena; in un continuum di esaltazione, il suo godimento raggiunge vette mai conosciute e si carica sempre di più finché, con un suono disumano che non so riconoscere, sembra che le scoppi tutto il ventre: sento esplodermi sulla pancia qualcosa che può anche essere cacca: non me ne fotte; mi interessa solo sentire che Ornella sembra aprire il ventre e accogliermi dentro fino alle palle, spalancare il culo fino a renderlo immenso; d’improvviso mi accorgo che sta mordendo il labbro di Luciana. “Perché ti vergogni?” Le sussurro. “Forse ti ho riempito di cacca!” Luciana interviene. “Non è vero; hai inondato di umori il suo ventre ma anche lenzuola e cuscini; hai sborrato dalla figa e dal culo contemporaneamente, senza rendertene conto perché tu non hai ancora il senso delle tue sborrate. E’ stata la cosa più bella mai vista!”
“Lo dici per consolarmi?” “Lo dico perché è la verità; ci voleva poco, anche solo guardandoti, a capire che avresti avuto un orgasmo anale da infarto. Conosco gente che, per osservarne uno, ti cederebbe interi patrimoni. Noi tre ce lo siamo goduto gratis. E non c’è da vergognarsi, ma solo da essere felici perché, anche se non lo ammetti, è l’amore che ha cantato il suo trionfo in questa inculata storica. Spero solo che sia valsa ad avviarti sulla strada del vostro recupero: e ti confesso che mi fa male ammettere che, dopo queste vacanze, lui sarà solo e per sempre tuo e tu sarai solo e per sempre sua. Io dovrò farmi da parte.” “Io non credo perché non lo voglio; e neanche Franco.” “Beh, si vedrà; intanto facciamo un po’ di pulizia, anche se, ambedue con il culo dolorante, non so cosa riusciremo a fare.” Invece riusciamo a rimettere tutto in ordine e i danni reali si rivelano assai inferiori al temuto. Oriella, provata dalla dolorosa inculata, cede al sonno; Luciana si sistema sul letto, quasi abbracciata a lei, e cede anche lei al sonno. Io utilizzo uno dei lettini da mare per ricavarmi un giaciglio dove riposare qualche ora e alla fine dormiamo come angioletti, nonostante i disaggi del caldo, dell’ambiente comunque piccolo e poco ventilato, nel mio caso del letto di emergenza. Ma alla fine il risveglio ci trova pronti alla nuova giornata.
Anche Alberto emerge dalla tenda in mattinata inoltrata e solo a tavola il gruppo si ricompone: Ornella, saggiamente, aveva giocato al risparmio di tempo ed aveva acquistato abbastanza per cena e pranzo, sicché ci troviamo a consumare quasi le stesse cose della sera precedente, ma nessuno ci fa caso. Ornella ha superato tutti i suoi problemi e va a sedersi accanto ad Alberto, per riprendere ad amoreggiare; lui cerca di invitarla a sedersi sulle sue ginocchia, ma Ornella viene bloccata appena in tempo da Luciana che le fa segno di ricordarsi del culo dolente. Lei si accontenta allora di accostarsi di più con la sedia e di accarezzarlo dolcemente sul viso e sul corpo; non riesco a vedere se arriva a menargli anche il cazzo, ma ormai non è più un problema. Dopo pranzo, Ornella a Alberto si ritirano nella tenda e mi viene spontaneo commentare. “Allora, il rientro al quotidiano è rimandato?” Sento dei sorrisini di risposta; poi Alberto non regge. “Tu hai scopato a lungo con Luciana, io Ornella non l’ho quasi assaggiata.” “Ti consiglio di muoverti con cautela se non vuoi scatenare un’altra tempesta.” “Già previsto: seguo solo sentieri garantiti.” Passa qualche minuto e rumori inequivocabili mi dicono che hanno cominciato a scopare. Guardo Luciana con l’intento di sapere se se la sente di scopare. Mi fa cenno di si. Dalla tenda, torna la voce di Alberto.
”E voi che fate lì impalati?” “Qualche stronzo ha maciullato il culo del mio amore; ora io posso solo dedicarmi a curarle le lacerazioni!” “Oh, cazzo, scusatemi. Ma, in fondo, eravate già molto avvantaggiati!!!” E riprendono a ridere. Luciana si avvicina, si siede e mi prende il cazzo in mano; le faccio segno di andare dentro, per evitare spettacoli strani; appena nel bungalow, si sdraia sul letto e spalanca le cosce; vedo nettamente che l’ano è provato: mi inginocchio sul letto e comincio a leccarla delicatamente, in parte per lenire il dolore al culo, in parte per stimolare il clitoride che ha risposto prontamente. Dopo una decina di minuti di leccate intense e appassionate, Luciana lancia un urlo da far invidia a Tarzan, mi stringe la testa tra le mani e comincia a spruzzarmi in bocca, in faccia, fin negli occhi un misto di umori vaginali, di secrezioni vulvari e di piscio trattenuto: non faccio analisi e bevo tutto. Lei ansima e si dibatte; Alberto e Ornella si sono precipitati dentro. “Non hai avuto la scempiaggine di scoparla in culo?!” La risposta gli viene dalla moglie. “Stronzo, va a scopare per cazzi tuoi; io qui ho un partner che è straordinario che mi scopa alla morte e mi dà solo piacere, neanche un briciolo del dolore che qualcuno ha provocato. Franco, se ti confesso un desiderio di quelli improponibili assolutamente, ci staresti?”
“Senza neppure sapere cosa vorresti? Si, si, si, infinitamente si, per te farei qualunque cosa …” “… però il tuo amore è Ornella, come hai detto ieri sera … “E come ti ripeterei sempre, all’infinito. Finché avrò la pazienza di andare al di là degli errori contingenti, lei sarà comunque la mia donna, anche quando si facesse scopare da mille altri.” “Per una risposta così, ti dovrei odiare; ma invece finisce che mi attacco a te ancora di più. Anche per me, Alberto è l’uomo della vita. Ma con te vorrei farmi passare tante di quelle voglie … “ “Perché non cominci ora?” “Ti faresti pisciare addosso da me?” “Intanto, ti dico di si a prescindere; e se me lo dovessi domandare, mi fare anche cagare addosso, ma quando il tuo culo sarà guarito e in diverse situazioni, con cacca dura e con cacca molle; pensavo che lo avessi intuito.” “Proprio per quella intuizione, te lo chiedo. Io vorrei veramente che unissimo il nostro piscio, urinandoci addosso come segno di estremo amore.” “Allora, ti ribadisco che ti propongo una variante che forse apprezzerai: noi ci orineremo direttamente sui sessi: io lo farò nella tua figa, tu lo farai sul mio cazzo dentro la tua figa. Ti va?” “Oh Dio, certo che mi va. Come si può fare?”
“Andiamo nelle docce pubbliche, le più utili; ne scegliamo una appartata; io ti penetro in figa in piedi (ce la faccio, stai certa); tu non avrai la prontezza di pisciare per la novità della situazione; quando io comincerò a spruzzati la mia urina sull’utero, avrai le stesse emozioni della sborra e la mia pisciata sarà per te una lunghissima sborrata che scatenerà anche la tua lunghissima sborrata. Contemporaneamente, la tua vescica sarà stimolata ad urinare e tu annegherai il mio cazzo con la tua urina mista alle secrezioni vaginali che la situazione ti scatenerà.” “Cazzo, dobbiamo farlo e dobbiamo farlo adesso che c’è meno folla alle docce. Andiamo!” Ho visto le facce dei due farsi terree dallo spavento; per Alberto è solo un limite da spostare un poco più avanti; per Ornella, è il crollo definitivo di un mondo che stava già demolendo: mescolare l’urina con lo sperma e le secrezioni vaginali è per lei qualcosa di indicibile, più che da dannazione eterna; ma anche l’idea stessa che due esseri umani, due persone intelligenti che lei conosce e stima, possano ideare una simile mostruosità la fa delirare. Ciò nonostante, ci seguono alle docce, ci fanno, forse involontariamente, lo schermo necessario e registrano la penetrazione in figa, il primo spruzzo che Luciana segna con un urlo e tutta la fase successiva, con le nostre urine che scorrono insieme lungo le cosce di noi due, con i lamenti di lei che accompagnano tutta la minzione come un lunghissimo, appassionato orgasmo.
Terminiamo tenendoci appoggiati nell’abbraccio, per non crollare esausti, e accarezzo con le labbra tutto il viso bagnato di Luciana che mi appare stupendamente sensuale. Ornella appare stralunata; mentre torniamo al bungalow, mi sussurra. “Qualche volta lo farai anche con me?” “Io con te voglio fare e farò tutto quello che è umanamente possibile. Bisogna che tu ti renda conto, a mano a mano, di quanto sei pronta per certe esperienze più avanzate.” Sento che, davanti a noi, forse anche Luciana e Alberto fanno lo stesso discorso. Al bungalow, faccio osservare che in due giorni, il mare lo abbiamo visto da lontano; si decide che è il momento di andare sulla riva a bagnarci e a prendere il sole. Trascorriamo alcune ore crogiolandoci al sole come ramarri; ma per tutto il tempo non vedo neppure l’ombra di Alberto che sembrava aver perso di colpo qualunque interesse a Oriella; provo ad accennarne a Luciana ma mi risponde con accenni vaghi ad altre frequentazioni, ad altre ipotesi. Poi scopro la verità: Alberto fa il lumacone dietro una straniera, lungo la linea d’acqua della battigia, seguiti da un signore anziano, pancetta e pelata; non posso fare a meno di chiedere a Luciana cosa stia succedendo. Mi risponde che semplicemente Alberto ha agganciato un’altra coppia e che spera di combinare anche con loro. “E tu?” “Sfortunata, il vecchietto è anche gay e quindi basta lui per entrambi.” La guardo ma non ho la forza morale di formulare la domanda che più mi preme. Poi mi decido.
“E con noi?” “Con lei è finita, lei è già nel capitolo dei ricordi da cancellare. Con te, dipende da me. Quando lui parte per la tangente, io divento improvvisamente nessuno; in compenso, posso fare quello che voglio. Io potrei essere la tua amante fissa, se tu mi volessi, a patto di rientrare nel ruolo di moglie, se decide di troncare tutto di colpo; oppure di ritornare sua complice se gli si presenta un’altra buona occasione. Se ci pensi, ha fatto tanto casino, ma quello che ha perso di più è lui: Oriella si trova a cambiare esistenza per aver finto di essere innamorata di lui; tu hai rivoltato tua moglie come un guanto e te la potresti ritrovare rinnovata e pronta ad una nuova vita; io ho avuto la mia grande storia d’amore con te che, se ci dovessimo trovare d’accordo, potrebbe funzionare anche dopo, alquanto più segretamente, beninteso. Lui invece ha perso tempo con Oriella; ha perso la residua fiducia di sua moglie che si è innamorata di un altro; non è riuscito a conquistare la tua stima alla quale tiene più di ogni altra cosa; ha perso su tutta la linea.” Non riesco ad obiettare perché Oriella, quasi riemergendo da un mondo personale in cui si era persa, domanda a bruciapelo. “Ma Alberto, dove è finito?” “Alberto è libero, svolazza, si muove di cose in cose; per due giorni è stato con noi, amico, quasi innamorato di te (attenzione al quasi!) e complice di sua moglie. Ora ha incontrato due stranieri e sta cercando di creare un nuovo e diverso legame. Forse lo rivedremo per salutarci.”
“Se lui ha già cancellato il suo amore per me, tu non puoi più essere innamorato anche di Luciana, mentre lo sei di me!” “Questa è una nuova regola che inserisci tu nel decalogo del libero amore?” “No; la logica suggerisce che le cose o si fanno insieme o non si fanno.” “Anche di questa logica non mi ero accorto quando amoreggiavi perdutamente con Alberto. Amore, non arrampicarti sugli specchi: lui è sparito, Luciana è qui; lui ha altri amici, lei forse ha ancora bisogno di noi nonostante sia abbastanza forte. L’amicizia va rispettata sempre, anche quando cambiano le situazioni. Noi stasera dobbiamo per forza andare in paese per cenare. Te la senti di lasciare Luciana qui da sola, dopo l’amore saffico di ieri sera?” “No, non volevo dire questo. Sono felice che Luciana stia con noi e lo sono anche se penso che comunque vi siete innamorati sul serio. E’ solo che sono schifata perché quell’imbecille neppure ha detto ‘ciao’ ed è sparito come un ladro. Sono solo incazzata con me stessa per aver preso un altro abbaglio; sono invidiosa di te che riesci sempre a trovare le parole e le mosse giuste; sono gelosa di Luciana che amo moltissimo ma che rischia di rubarmi l’amore di mio marito.” “Sei sempre e soltanto la solita Oriella piena di dubbi e con pochissime certezze che affronta con la sua personale logica problemi troppo grandi. Io non ti lascerò mai; Luciana non vuole rubarmi a te; c’è amore, tra noi; ma sappiamo tutti e due che abbiamo una vita, davanti e dietro le spalle, che ci condiziona.”
Decidiamo comunque di andare a cenare tutti e tre; ci vestiamo, prendo la macchina e andiamo in un ristorantino sul mare assai suggestivo. “E’ un posto da innamorati.” Suggerisce; ed io, pronto. “Il posto per un uomo come me felicemente innamorato di due bellissime donne come voi!” “Ma anche innamorate tra di loro e, in fondo, molto amiche.” La cena va avanti così tra scherzi leggeri e battute goliardiche, senza neanche un accenno al sesso che ci ha condizionato fino al pomeriggio, nelle docce. Rientriamo al camping che è ancora abbastanza presto e, poiché dalla spiaggia vengono suoni e voci, ci aggreghiamo. Falò di legni di risulta sui sassolini, chitarre e percussioni, vino e un poco d’erba il cui odore si avverte nettamente nell’aria, pare di essere tornati agli anni Settanta; ed il repertorio da cori di gita o da karaoke è proprio di quegli anni. Io e Luciana ci troviamo immersi in un’atmosfera che conosciamo per averla vissuta poche ore prima. Quando uno dei ragazzi attacca ‘T’amo e t’amerò’, scherzando dico a Luciana che la dedico a lei; accusa il colpo, da un suggerimento ad un altro ragazzo e subito dopo attaccano un vecchio motivetto ‘ la donna dell’amico mio ’ e mi invita a ballare; molti ci imitano, a suonare sono bravi e all’improvviso mi trovo a pomiciare con Luciana, coi piedi quasi nell’acqua, assaporandone tutti quegli odori e tutti quei sapori del corpo, che conosco già bene e che tra poco dovrò perdere. Evitiamo di baciarci davanti a tutti, ma i corpi si baciano, eccome!
Oriella si accorge a malapena che qualcosa non va; mi chiede come mai annettiamo tanto valore a canzonette vecchie di decenni; cerco di farle osservare che ognuna si presta ad esprimere un’emozione, un momento, un sentimento e che non ci interessa l’esecuzione o il senso, ma il ricordo di quel che abbiamo vissuto e comunicato in quei tre minuti, nel corso degli anni. Mentre cerco di impegnarmi a spiegare inutilmente, compare sulla scena Alberto, con un’uscita ad effetto, accompagnato dalla bellissima straniera che calamita l’attenzione generale soprattutto per l’aura di mistero che le hanno costruito intorno; ce la presenta con orgoglio e fa pesare che lei parla solo inglese. “Ma tu non sai una parola di inglese!” Commenta Luciana. “Ma mi lascio capire benissimo!” Mi rivolgo alla bellezza in un inglese degno di Harward e le spiego che il nostro amico Alberto ha difficoltà perché non parla inglese. La ragazza, che dimostra una grande verve, risponde che lei non gli chiede affatto di parlare, anzi mi chiede di pregarlo di essere meno invadente con il suo eloquio eccessivo. Traduco letteralmente ed un altro campeggiatore bilingue conferma quello che ho detto. Alberto capisce che non è aria. “Senti, Luciana, stasera potresti farti ospitare da qualche parte? Ho un piccolo movimento nella tenda. Tutti abbiamo capito; il gesto migliore è quello di Oriella. “Che problema c’è? Abbiamo già dormito insieme nel letto spedendo Franco sul lettino da mare!” “Bene, aggiudicato, caro Alberto, stasera Luciana dorme nel bungalow.” “ … dopo … forse” commenta Luciana e ammicca a Oriella che risponde allo stesso modo.
La musica intanto ha ripreso, Oriella si avvicina a Luciana e le sussurra in un orecchio. “Mi puoi chiarire alcune cose?” “Dimmi” “Tu sei brava a ballare?” “Neanche per idea!” “E Franco?” “Un orso balla meglio!” “E che ci facevate in piedi sulla riva come se vi steste dondolando?” “A quei tempi si chiamava pomiciare; oggi non so neppure se esiste il concetto. Comunque era una scusa per starsene abbracciati in piedi a stringersi vogliosamente il corpo, a strusciarsi i sessi fino a raggiungere l’orgasmo.” “Quindi, non avevo pensato male, credendo che era una scusa per scopare davanti a tutti.” “Ma senza uscire dal lecito!” “Un’altra domanda. Quale canzone di quegli anni dice apertamente a una persona ‘ ti amo ’?” “Ma ti ci vuole proprio tanto per dire che vuoi pomiciare con Franco al ritmo di una canzone per sentire l’effetto che ti scatta fra le cosce?” “Si, non sapevo come dirlo. Puoi scegliere una canzone che io poi possa dire che è la ‘nostra’ canzone?” Luciana parla col chitarrista e spinge Oriella verso di me. “Fai ballare anche me, per favore?” So che non sa ballare, ma capisco cosa è successo e mi preparo: la accolgo fra le braccia come arrivasse dal Capo Nord e la stringo a me con forza; Quando attaccano ‘ mi sono innamorato di te ’, la sento fremere mentre mi sussurra sulle labbra. “Mi piacerebbe che da stasera fosse la nostra canzone.” Stavolta non esito, la bacio con passione, me la stringo al corpo e le faccio sentire il sesso gonfio d’amore e di voglia fin oltre il culo, fino a sporgere tra le natiche bardato dei vestiti che abbiamo indossato per la cena. Quando le ultime note si spengono, mi ripete variandolo l’ultimo verso: e sempre ti vengo a cercare. “E sempre mi trovi perché ti appartengo e tu sei mia.”
Le raggiungo e ci avviamo verso il bungalow. “Come stai, Franco?” “Vuoi sapere se ce la faccio con tutte e due?” “Si; non preoccuparti se devo adattarmi al lettino da sole.” “Stasera si dorme tutti nel letto grande; finché reggo, vi faccio tutto l’amore possibile a tutte e due; quando non ce la farò più, chiederò scusa e andrò sul lettino. Adesso basta chiacchiere e andiamo a letto.”
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