La stella del mattino non era ancora sorta quando Iris varcò la soglia di quella sala; sapeva che avrebbe dovuto cercare Alhamba in quel luogo quando si era svegliata sola nel letto alle prime luci dell’alba.
E infatti lui era lì, mentre eseguiva una danza senza musica, volteggiando all'altezza di diversi metri, rilassato, noncurante, usava lunghi teli di seta turchese per fare acrobazie mozzafiato.
Iris ebbe le vertigini al solo guardare, eppure lui si destreggiava passando elegantemente dall'uno all'altro, come se non provasse sforzo, indifferente al pericolo.
Lo guardò estasiata, nella sua leggiadrìa, nella sua bellezza senza eccedenze, asciutto, ma con muscoli d'acciaio, forte ma flessibile come un giunco, virile ma a tratti femmineo.
Alhamba invece non l’aveva guardata ma sapeva che lei era lì, dalla pelle diafana, bianca come il sale e rossa come il sangue. Iris era fatta di ghiaccio e di fuoco, era proprio quell’eterno contrasto che trascendeva il suo aspetto e si rifletteva nel suo animo ad affascinarlo tanto.
La conosceva da molto tempo, tanto che non ricordava un periodo in cui lei non fosse stata parte della sua vita. Era statala sua prima amica e compagna di giochi, la sua prima cotta, la prima, impacciata, volta che aveva fatto sesso, e infine la sua prima favorita.
Nonostante ciò non si era mai stancato di lei, non era affatto un rapporto monotono e privo di stimoli, al contrario passavano molto tempo insieme, discorrevano, andavano a cavallo, viaggiavano, potremmo dire che fosse la sua ragazza, ma non era così. Iris era una schiava, una schiava educata appositamente per diventare la sua favorita.

Quella mattina si era svegliato sudato e attorcigliato nelle lenzuola insieme a lei, con un’erezione enorme, turgida, che reclamava soddisfazione. L’aveva guardata mentre dormiva, prona, con le braccia sotto il cuscino, la linea della schiena ben evidente e le natiche che si presentavano in tutto il loro splendore, morbide, piene e rotondeggianti. Se fosse stata qualsiasi altra delle sue schiave non avrebbe esitato, si sarebbe messo a cavalcioni sopra di lei, le avrebbe puntato la cappella sull’ano e l’avrebbe penetrata mentre era ancora dormiente e perfettamente rilassata, invece aveva abbandonato quei pensieri lussuriosi ed era andato ad allenarsi in una delle sue discipline preferite.
Adorava le arti acrobatiche, sfortunatamente la scherma e le discipline guerresche erano ritenute più adatte ad un giovane imperatore.

Si voltò e le sorrise, lei se ne stava lì, sul bordo della grande piscina che riempiva quasi tutta la sala, si era portata dietro il lenzuolo dal quale era coperta interamente, come da un velo leggero. Era di buon umore quella mattina, seppur avendo abbandonato i propri propositi poco casti, un brivido di eccitazione gli era rimasta annidata nella mente, alimentata dal fatto che non aveva dato sfogo alla propria voglia.
Si lasciò cadere nella grande vasca sotto di lui, l'acqua sembrava di vetro, nemmeno un alito di vento la increspava. Lui si immerse senza nemmeno uno spruzzo, in un tuffo perfetto.
Ci mise un paio di bracciate ad arrivare vicino a lei
“Buongiorno” le disse sorridendo “Ti sei svegliata finalmente”
Poi allungò le braccia fuori e le circondò le caviglie tirandola leggermente verso di sé, non con l'intenzione di farla cadere ma di invitarla tacitamente a mettere i piedi nell'acqua.
“Non hai mai paura di cadere?” disse lei distrattamente accennando, con il capo, ai nastri mentre si sedeva provocando un leggero sciabordio, lui la ammirò qualche secondo prima di rispondere, lo faceva sempre, era innamorato del corpo della sua favorita, talmente bello da rasentare la perfezione. Le fece scivolare lentamente il lenzuolo giù dalle spalle, scoprendone le spalle delicate e il fisico sottile. Percorse con i polpastrelli il contorno di un seno, palpandone la morbidezza, e stringendolo leggermente nella mano.
“Non hai mai paura, ogni volta che ti lego, che decida di non liberarti, che ti lasci impotente e immobilizzata?” Alhamba aveva una voce roca nel dire quelle parole, la fissò intensamente con uno sguardo serpentino, mentre le posava un bacio sul ginocchio e vi appoggiava il capo attendendo una risposta.
“Certo…è normale essere intimoriti da qualcosa che non possiamo controllare.” Rispose lei come parlando di qualcosa di ovvio.
“Rinunceresti a farlo?”
Le domandò ancora incalzante.
Lei sorrise divertita “Non saprei, sei tu che decidi per me. Sei il mio padrone.”
“Ebbene ti ordino di prendere una decisione ora, vuoi continuare ad essere legata nei modi più assurdi e accettare il possibile rischio o ci rinunci anche se ti eccita profondamente?”
Iris lo guardò riflettendo qualche secondo “Non ci rinuncio, anche se non potrò mai essere certa che tu verrai a slegarmi ogni volta.”
“Sapevo che mi avresti dato questa risposta, sei molto intelligente e sai che per vivere bisogna accettare di rischiare. Anche io ho paura di cadere, e in realtà di molte alte cose, tuttavia la vita va presa di petto, e così continuo anche se potrei fallire. Il timore non ci deve mai rendere dei vegetali.”

Dicendo così risalì lungo una coscia con le mani umide lasciandole delle perle sull'epidermide chiarissima, poi prese a scendere verso il polpaccio, fino alle caviglie sottili, adorne di graziosi monili d'oro, per lasciarle infine un bacio sul collo del piede.
Lei era scossa dai brividi, ovunque lui la toccasse si sentiva lambire dell'acqua gelida e poi la pelle perennemente bollente dell'imperatore.
Alhamba cominciò a leccarle con delicatezza le dita dei piedi, senza fretta, attentamente, risalendo poi di nuovo per le caviglie dandole baci sempre più roventi.
Iris cominciò a sentirsi bagnata, era quella la particolarità del suo padrone, ogni volta riusciva a trovare un modo diverso e nuovo di provocarle piacere, la stuzzicava nei modi più impensabili, la scopava solo quando bolliva in ogni parte del corpo, solo quando la sentiva supplicare di essere presa.
Ogni volta che facevano sesso era sublime, pura arte erotica, scoperta e piacere. Un gioco che apparteneva solo a loro due, un'intimità che nascondevano gelosamente.

Iris avrebbe voluto toccarlo avidamente, bearsi del calore del suo corpo, assaporarne le labbra, ma non poteva, lui doveva dirigere quel gioco, non le permetteva di prendere iniziativa. Le sue fantasie sarebbero dovute rimanere a gridare nella sua testa, eccitandola ulteriormente con il potere dell'immaginazione.
E mentre lui si destreggiava tra i suoi piedi e le sue lunghe gambe, lei gemeva sommessamente, estasiata.
Ebbe un brivido quando lui, che progressivamente l'aveva attirata a sé, aveva principiato a lasciarle dei lunghi baci umidi nell'interno coscia, avvicinandosi ogni secondo di più alla sua vulva gonfia, eccitata e umida.
Precipitava nel baratro della lussuria proporzionalmente alla velocità con la quale lui stava risalendo le sue gambe, poi cominciò a succhiarle l’incavo del pube, avidamente, si avvicinava ogni secondo al punto in cui lei avrebbe voluto essere leccata, arrivò così al punto di non contenersi più, sentì l'orgasmo arrivarle da dentro senza che lui l'avesse minimamente toccata, fu devastante, le gambe le tremarono e fu scossa dai brividi.
"Sei venuta." Non era né una domanda e nemmeno un rimprovero, ma una semplice affermazione "voglio che tu venga di nuovo."
Quindi affondò la lingua nella sua apertura, separando le piccole labbra e spingendo con forza sul clitoride, Alhamba si beò di quella figa umida, ancora pulsante, sensibile al punto che lei si contorceva smodatamente sotto i colpi precisi che le dava.
Ad un tratto l'istinto atavico del sesso si impossessò completamente del suo corpo e desiderò essere penetrata, era diventato un pensiero opprimente, incontenibile.
Alhamba se ne accorse, come di tutto ciò che accadeva in quel corpo che conosceva alla perfezione, leggeva quel desiderio nei suoi movimenti, nel rumore del suo respiro; così introdusse il primo dito dentro di lei, fino in fondo, ruotandolo, poi il secondo, il terzo, il quarto, il quinto fu il più difficile. Nonostante lui chiudesse la mano in modo da farle il meno male possibile, Iris ebbe un sussulto di dolore quando le sue nocche la sventrarono.
La accarezzò lentamente muovendo la propria mano dentro di lei, deciso a sentirla morire sotto il proprio tocco, con la lingua le stuzzicava il clitoride, la accarezzava internamente con le dita, e la scopava con la mano muovendosi ogni volta leggermente più veloce dandole il tempo di abituarsi bene a quella presenza così ingombrante.
Iris stava per venire, di nuovo, complice l'eccitazione di sentirsi tanto aperta e dilatata. Si sentiva prossima a scoppiare, piena di quella mano, ad ogni minuto aveva la sensazione di star per venire, eppure le sembrava di non venire mai. Come un’onda sul bagnasciuga, quell’orgasmo si avvicinava e si allontanava da lei, desiderava disperatamente di venire, liberare tutto quel piacere.
Poi finalmente si sentì talmente vicina che cacciò un urlo disperato
“Ahhhh...vengoo...ti prego, continuaaa!!!
“Supplicami, stronza! Voglio sentire quanto lo desideri!” L’imperatore poté percepire un brivido in lei al suono dispotico di quelle parole, il tremito della consapevolezza, della conoscenza di quel potere assoluto che lui esercitava sul suo corpo, quell’orgasmo era la concessione di un padrone.
“Alhamba, ti imploro, fammi qualsiasi cosa, ma fammi venire ora ti prego.” Proprio in quel momento, con le lacrime agli occhi, mentre lo pregava venne.
Lui la sentì inarcarsi e gemere rumorosamente per svariati secondi, e poi abbandonarsi completamente sul pavimento decorato con intarsi di madreperla.

Le depositò un ultimo, umido bacio sul clitoride gonfio e roseo, poi uscì dall’acqua in un unico movimento fluido. Aveva il membro completamente eretto che sbucava abbondantemente dall’orlo dei pantaloni fradici, si strizzò i lunghi capelli corvini creando una piccola pozzanghera ai propri piedi "Non credo che tu riesca ad alzarti" disse divertito per poi sollevarla tra le proprie braccia e darle un bacio lunghissimo, intrecciando la propria lingua con la sua. "Andiamo, ho una fame da lupi." Lei si abbandonò su quel petto marmoreo, posando la testa sulla sua spalla e lasciandosi trasportare di nuovo in camera senza opporre la minima obiezione.

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“Riusciresti a capire ad occhi chiusi chi ti sta facendo un pompino?” disse Iris staccandosi momentaneamente dal membro di Alhamba, lunghi fili di saliva ancora connettevano le labbra rosse e gonfie alla cappella ancora turgida del suo padrone.
“Credo di si, tu sei inconfondibile ad esempio…!” rispose prendendole fra le dita i lunghi capelli, rossi come il peccato, e tirandole la testa indietro.
Lei spinse la lingua più in fuori possibile dandogli delle piccole leccate veloci sul prepuzio “Vorrei…proprio…metterti…alla…prova.” Disse maliziosamente tra un colpetto di lingua e l’altro. Lui buttò la testa indietro mentre il suo cazzo si tendeva all’inverosimile sussultando.
“Perché no?!” disse poi prendendola e infilandoglielo tutto in bocca fino alle palle, la sentì contorcersi e avere dei conati, quel pene era troppo lungo, grosso e duro per poter scivolare agilmente in quella bocca da fatina. La staccò subito da sé osservando affascinato il trucco che le aveva rigato di nero le guance “Vai” le disse sorridendole mentre con un lembo di stoffa candida si bendava li occhi.
I minuti gli sembravano infiniti mentre seduto sul bordo del letto aspettava il ritorno della propria favorita, il cazzo perfettamente eretto e ricoperto di saliva ben sotto le palle gli mandava degli stimoli fortissimi, lo sentiva accarezzato da una leggerissima brezza, irrigidirsi, pulsare, reclamare attenzioni. Fu quasi tentato di toccarsi da sé, ma poi vi rinunciò sentendo alcuni passi leggieri nella camera adiacente.

Riusciva a vedere le sagome delle due ragazze entrare e inginocchiarsi in mezzo alle proprie gambe, una era indubbiamente iris, riusciva a percepirne il rosso della chioma, l’altra era mora, ma non riusciva a capire chi fosse. Ma quando la ragazza inginocchiatasi gli prese tra le labbra il pene turgido e ancora lucido non ebbe più dubbi, quelle labbra carnose, soffici, quella bocca accogliente e quella lingua che si muoveva veloce facendolo impazzire avevano un solo nome e un solo volto: Joy, la negra tutte curve maestra del sesso orale.
Sembrava che volesse risucchiargli l’animo tanto era appassionata, e mise in atto tutte le pratiche che sapeva lo avrebbero fatto venire il prima possibile.
“Joy…che piacere!” esordì con voce roca mentre lei lo ingoiava completamente massaggiandogli le palle piene e soffici, pronte ad eruttare. Lei era la ragazza che prediligeva in assoluto per farsi dare piacere in quella maniera, aveva un ritmo forsennato, se lui avesse voluto scoparle la bocca non sarebbe mai riuscito a ricevere più piacere. Era talmente portata che raramente se la scopava, la teneva semplicemente sempre pronta a ricevere il proprio pene in bocca, dormiva spesso con lei, adorava il modo in cui lo svegliava, cominciando già alle prime luci a baciargli il pene, lentamente, per poi procedere in un climax di goduria estrema, quando lei cominciava lui dormiva ancora, quando finiva era già perfettamente sveglio, pronto a farle ingoiare tutto il proprio nettare biancasto.
Si tolse la benda improvvisata dagli occhi per guardare meglio mentre, appassionato, il capo ricciuto di Joy faceva su e giù dalla propria asta, Iris a quel punto prese i capelli della sorella di schiavitù e le spinse più volte con forza il capo contro quel bastone di carne, poi la staccò brutalmente dalla cappella pulsante e sul punto di sborrare.
Alhamba la guardò qualche secondo, la rossa se ne stava con la bocca aperta e la lingua pronta a ricevere il suo seme, le spruzzò quel liquido denso e lattiginoso in volto, sui seni morbidi e candidi, sulle spalle e persino sui capelli, i getti più intensi però le arrivarono in bocca, riempendogliela completamente. Lei lo tenne ancora qualche secondo tra la lingua e il palato, assaporando quel sapore particolarissimo, quasi dolciastro e vellutato in gola, poi lo ingoiò lanciando uno sguardo penetrante dritto negli occhi d’oro dell’imperatore.
Si buttò di nuovo sul cazzo ancora sensibile dopo l’orgasmo e lo ripulì tirandolo a lucido, ogni goccia di sperma che vi era rimasta sopra lei la leccava via come fosse nettare divino.
“Joy, preparati, oggi ho voglia di fotterti” Disse lui, con voce roca, alla ragazza accasciata sul pavimento.

Lo scosse un moto di sorpresa quando la sentì singhiozzare sommessamente, si staccò di dosso la rossa ancora intenta a succhiargli il cazzo e la squadrò con sommo sbigottimento, la negretta era piena di grossi lividi violacei in tutto il corpo, piangeva calde lacrime e aveva persino un taglio tumefatto sulla fronte “SI PUÒ SAPERE CHE CAZZO HAI CAMBINATO?!!” tuonò furibondo nel vederla ridotta peggio di un mucchietto di stracci.
Joy ebbe un sussulto e cominciò a balbettare delle sillabe sconnesse tra loro. “Allora? Parla o mi farai incazzare davvero!” la incalzò con un tono che lasciava trasparire una certa preoccupazione.
Inaspettatamente la favorita intervenne in aiuto della malcapitata che non riusciva ad articolare nemmeno una parola “Non le è successo nulla, solo una serata più movimentata del solito con il cadetto di Persia. Non è vero cara?” le chiese con tono mellifluo.
Le arrivò uno schiaffo “Non ti ho detto di parlare!” inveì Alhamba contro la rossa, era fuori di sé, quella schiava se ne stava lì ancora traumatizzata, tutta quella paura e quel dolore li percepì come un sapore disgustoso sotto la lingua. I suoi poteri come al solito facevano capolino nei momenti meno opportuni e in modo amplificato.
“Parla” ingiunse infine a Joy, cercando di reprimere un senso di nausea opprimente.
“Io…” cominciò balbettando quella “io, mi dispiace…è stata colpa mia…il principe mi ha punita…l’ho fatto arrabbiare molto…voleva infibularmi” concluse mettendo fine a quell’accozzaglia di parole sconnesse tra loro.
Alhamba ci mise qualche secondo a capire come erano andate le cose, Kassandros aveva semplicemente dato sfogo al proprio sadismo, non era la prima volta che qualche sua schiava tornava, dopo una notte passata con lui, con segni evidenti nel corpo e nella psiche. Fu colto fa una furia esagerata, che seviziasse le proprie schiave quel malato di mente! E poi da dove gli era uscita la voglia di mutilare una schiava non sua?!
Decise che gli avrebbe fatto una bella ramanzina, quella volta aveva passato il segno, non poteva permettergli di passarla liscia!
“Accompagnala da un medico subito! Che aspetti? L’alba di domani? Fai controllare che non abbia nulla di rotto e falla riposare qualche giorno. Dopo torna subito qui. Io e te dobbiamo parlare.” Dicendo questo si coprì la bocca con un braccio, sentiva di stare per vomitare.
Quando le due ragazze furono uscite si sentì subito meglio, si sdraiò sul letto e il suo gatto nero, che durante quella sfuriata si era rifugiato sotto un mobile, uscì e salì sul letto per poi accoccolarsi nell’incavo del suo braccio. Si sentì meglio, quasi come se quella palla di pelo avesse risucchiato il proprio malessere.
Gli esperti ancora non sapevano dire con certezza di che natura fossero i suoi poteri, avevano accennato a qualche forma di mentalismo, ma non sapevano spiegarsi come mai uscissero soltanto in determinati momenti e con un’intensità quasi insopportabile. Alhamba sapeva solo che dopo quegli attacchi era completamente sfinito come se il proprio corpo non fosse pronto a far da tramite ad una tale energia.

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“Complimenti” esordì l’imperatore dagli occhi dorati, quando si furono allontanati di una decina di metri dalla loro scorta “immagino ti ritenga soddisfatto del tuo operato. Ti ho dato una schiava in perfetta forma, bella e intelligente e tu me l’hai restituita tumefatta e con una costola incrinata! E non contento di ciò volevi persino mutilarla in modo orribile e barbaro! Hai una sola occasione per giustificarti in qualche maniera.” Ahlamba dicendo ciò lanciò uno sguardo assassino all’amico che cavalcava un destriero arabo di fianco a sé.
Kassandros si prese qualche secondo per rispondere, il silenzio era spezzato soltanto dal fruscio degli alberi e dai passi dei cavalli. “Non intendevo farlo seriamente, lo sai.”
“Il punto non è questo. Non mi interessa se vuoi sfogare il tuo sadismo su una schiava, ma non ti devi assolutamente permettere di fare o anche solo pensare di fare ciò che ti pare su qualcosa che mi appartiene. E poi sappiamo entrambi che invece intendevi farlo, puoi giustificarti nascondendoti dietro un dito con chiunque, ma non con me.”
Il principe rimase in silenzio con lo sguardo puntato verso l’orizzonte, Alhamba aveva dannatamente ragione, come sempre. “Mi spiace. Non pensavo di averle fatto così male”
“TI DISPIACE??” alzò la voce Alhamba guardandolo come se avesse voluto incenerirlo “Che scusa patetica. Mi hai mancato di rispetto e ti giustifichi cosi? Bene. Darò io una spiegazione a tutto questo. Lo sai perché ti fa così tanta paura che tua sorella si debba sposare con il re di Samotracia? Perché sai che quello è un bastardo sadico e perverso esattamente come te”
Per un attimo sembrò che Kassandos fosse stato colpito da una stilettata al centro del petto, quelle parole gli avevano quasi fatto perdere l’equilibrio.
Alhamba rigirò il dito nella piaga “E tu che sei troppo orgoglioso per chiedermi aiuto direttamente ti lasci corrompere dalla mia favorita e fate un patto che ben si concilia con la tua indole!” rise amaramente, era ferito da quel comportamento tanto diffidente che Kassandos aveva adottato nei suoi confronti.

Il cadetto di Persia d’altro canto si faceva ad ogni parola più oscuro in volto e silenzioso, ogni speranza di salvare sua sorella da quel matrimonio combinato era sfumata. Ebbe un brivido, Ahamba non poteva minimamente immaginare quanto Dunxax re di Samotracia lo superasse in sadismo e perversione; aveva passato tre anni ospite alla sua corte ed erano bastati per rendersi testimone di fatti barbari e osceni, ricordava ancora gli occhi pieni di terrore di una schiava che era stata stuprata e sbranata da cani rabbiosi.
“Ma sai una cosa?” continuò l’imperatore “non è giusto che tua sorella paghi la sfortuna di avere un fratello tanto scellerato. Ti aiuterò Kassandros, perché anche se ora sono arrabbiato con te, capisco la situazione, e tu sei il mio più caro e sincero amico.” Dicendo ciò tirò le redini del proprio cavallo costringendolo a fermarsi.
“Alhamba…io…non so cosa dire. Ti ringrazio” disse Kassandos come un’anima in pena appena risorta dalle viscere della terra.
“Non credere che sia disposto a perdonarti così facilmente, dovrai pagare pegno! Ogni azione ha delle conseguenze.” Specificò ridendo di rimando mentre voltava il proprio cavallo e si accingeva a tornare indietro.
“Vuoi punirmi?” rise il principe divertito.
“Si, ti farò circoncidere, tu che volevi farlo alla mia schiava, riceverai una azione uguale e contraria. È fisica!” rispose Alhamba tra il serio e il faceto mentre spingeva il proprio animale al trotto.
“STAI SCHERZANDO?!?!” gli urlò dietro i biondo con un’espressione sconvolta in volto.
L’imperatore rise in risposta.


Io sono Fairy Land e questa è la mia storia di fantasia. Ogni riferimento a fatti o a persone realmente esistenti è puramente casuale.

Scrivetemi per critiche, consigli e suggerimenti all'indirizzo email landfairy117@gmail.com :p
La mia storia si chiama L'impero dell'Alba e la trovate pure su Wattpad.
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