Intanto, dopo essermi messa in vestaglia, mi avvio al bagno per lavarmi; guardo per un attimo nello studio e vorrei dirgli tutto, ma qualcosa mi frena inconsciamente; lui è concentrato sul computer. Cincischio ancora, mentre mi siedo sul bidet e comincio a lavarmi intensamente, quasi a cancellare le tracce di quanto avvenuto. La domanda mi coglie a bruciapelo. “Hai scopato?” “Si” “Lo ami?” “Nemmeno per idea; è stato un attimo, un intervallo a cinema: mi è piaciuto, ho goduto molto e lo vorrei fare ancora. Ma l’unico amore della mia vita sei tu, al di sopra di tutto. Se ti fa male che io abbia desiderio di sesso, rinuncio ora stesso; se non ti fa male e il mio amore ti basta, sono anche disposta a vivervi insieme, prendendo il cazzo da lui e l’amore da te.” “Anche nello stesso letto?” “Se in pieno accordo, senz’altro si; ma con il consenso di tutte e tre.” “Possiamo riparlarne?” “Certo, quando vuoi.” Non mi ha chiesto di chi si tratta e non so se è un buono o un cattivo segno; posso solo aspettare. Quasi meccanicamente forma il numero del biglietto; sento che parla con Omar: sono un poco sono agitata; ma, visto come sono andate le cose, penso che, alla fine, forse anche questo era scritto. Omar assicura che l’indomani mattina sarebbe venuto a verificare se poteva intervenire.
La sera, naturalmente, appena ci siamo messi a letto, Mario riprende il discorso e mi chiede di raccontare tutto dal’inizio. Gli spiego che da tempo sentivo sempre più vivo il desiderio di un cazzo che mi scuotesse tutto l’apparato, che ne avevo parlato con le amiche ricevendone suggerimenti vari, ma che avevo ignorato tutti e mi ero “rifugiata” a cinema per non pensare; gli spiegai che spinte immotivate mi avevano fatto scegliere l’ultima poltrona della fila di fondo in galleria e che lì era venuto a sistemarsi un tale molto bello, ben piantato, che mi aveva sconvolto da subito: con gesti infantili e stupidi ma efficaci, gli avevo fatto intendere che volevo essere “molestata”, che lui l’aveva fatto e che poi eravamo finiti nei bagni delle signore dove mi aveva preso in piedi, senza neppure togliermi un capo d’abbigliamento, prudentemente indossando un preservativo, che mi aveva fatto godere infinitamente ed infine aveva sborrato; subito dopo, ci eravamo seduti di nuovo a guardare il film e ci eravamo lasciati con l’accordo che, se mio marito avesse accettato la situazione, ci saremmo rivisti per fare ancora sesso, ma in maniera più comoda e, se possibile, con la sua partecipazione. “E’ quello della serranda?” Mi chiede ed io gli dico di si, precisando che i biglietti me li aveva davvero forniti la cassiera che cercava di aiutare una “persona perbene” ma bisognosa d’aiuto perché immigrato non sapevo quanto regolare. “E’ un nero, quindi?” “Si, nigeriano.” “Ed anche bello e ben dotato, immagino.” Non rispondo ma mi stringo a lui con amore. “E’ solo sesso; il mio amore è un’altra cosa ed è solo per te.”
Riusciamo in qualche modo a dormire e ci svegliamo un po’ storditi dagli eventi, ma innamorati come sempre: questo mi rende particolarmente felice e glielo dico. Suonano alla porta e Mario, che era lì vicino, va ad aprire; io mi nascondo quasi in cucina. Gli spiega il problema e l’altro garbatamente dice che è cosa da pochi minuti; chiede chi gli ha fornito il numero “La cassiera del Multisala ha dato alcuni biglietti da visita alla mia compagna.” Risponde Mario distrattamente: in quel momento esco dalla cucina e i nostri sguardi si incontrano; per un attimo fremiamo e a Mario non sfugge, ma abbozza e tace. “Devo ricordarmi di ringraziare Nicoletta per la pubblicità gratuita.” E’ il commento di Omar che si dedica immediatamente alla serranda. In pochi minuti, ha finito e ci chiama; Mario lo invita nello studio: è evidente che sa; Omar lo affronta a viso aperto, come è suo solito. Ad un tratto sembra illuminarsi. “Scusi, ingegnere; poi discuteremo di quello che le sta a cuore. Ma ritengo mio dovere avvertirla che in quel calcolo, quell’equazione è stata trascritta male.” Mario lo guarda con sospetto, poi osserva con estrema attenzione la schermata, si batte la fronte e impreca.”Ecco, i soliti imbecilli che neppure sanno trascrivere!” Poi si ferma perplesso. “Senti Omar, intanto diamoci del tu e tu sai anche perché; ma per ora quello che voglio sapere è come hai fatto a cogliere l’errore con una sola occhiata allo schermo.”
“E’ il mio vero lavoro. Sono laureato in ingegneria a Lagos, ma la mia laurea in Italia non vale una cicca.” “Quindi, ti intendi di calcoli?” “Si e anche di disegni: quello a cui state lavorando è la torre di un ponte.” “Perdio, ma come fa un genio come te a lavoricchiare?” “Perché sono un immigrato ed anche semiclandestino in attesa di un’anima pia che mi offra un qualsiasi contratto di lavoro.” Mario non si lascia mai crescere mai l’erba sotto i piedi. Afferra il telefono e tempesta l’interlocutore di parolacce, gli dice che i super pagati assistenti non sanno neppure leggere uno schema e un immigrato costretto a lavoretti, pur con la sua laurea in ingegneria, trova l’errore con un solo colpo d’occhio. Spiega poi che il lavoro era per uno studio di Ingegneria, dove lui fa solo da consulente, e che a gestirlo è un suo caro amico che si è già inventato di assumere Omar come giardiniere e di metterlo invece a lavorare al tavolo da disegno, con enormi vantaggi per Omar, che avrà un contratto a tempo indeterminato, ma soprattutto per lui che ha la facoltà di liquidare un paio di ignorantelli assunti per necessità di ufficio, risparmierà un fottio di soldi su paghe e tasse e, senza neppure saperlo, farà un favore ad una cara amica che potrà tenersi accanto l’amante preferito col beneplacito del marito. Omar è senza parole e non riesce neanche a capire tutto fino in fondo.
Mario però è già sul piede di partenza, chiede il costo della riparazione e paga, mi rassicura che per almeno due o tre ore si tratterrà allo studio tecnico. “Voi intanto fate pure tutto l’amore che volete e di cui avete bisogno: credo che una sveltina a cinema non fosse l’ideale. Quando torno, se mi facesse piacere di unirmi a voi, spero che non ci saranno obiezioni.” Lo bacio con un’intensità che non ricordavo e cerco di trasmettergli così tutto l’amore che sento profondamente e che in quel momento si amplifica all’infinito. Quando la porta si chiude dietro le sue spalle, abbraccio con foga Omar e lo avverto che sto per spiegargli qualcosa di importante. “Credi che faremo l’amore, adesso?” “Si, se vuoi.” “Allora, per favore, dammi il tempo di fare almeno una doccia veloce; non vorrei vergognarmi di come mi sono trascurato di recente.” Mi viene da sorridere e gli propongo di fare libero uso della doccia (volendo c’e anche la Jacuzzi) e di approfittare del guardaroba di Mario perché, anche se lui non lo ha ancora inteso, stiamo andando verso un’amichevole convivenza amorosa e sessuale. Mi guarda basito, borbotta che si fida e va verso il bagno. Ci ripenso e lo seguo, cominciando a spogliarmi ancor prima di aver varcato la porta di passaggio dalla sala al corridoio delle camere. Entriamo insieme nel bagno ed io sono già in reggiseno e mutandine. In un attimo siamo nudi tutti e due ed io posso finalmente ammirare il suo corpo in tutto lo splendore.
Mentre l’acqua ci piove addosso, posso appiccicarmi al suo corpo in un bacio sensualissimo che coinvolge tutto il fisico e soprattutto i sessi che si trovano attratti e accomunati pur senza penetrazione; ma il piacere che mi da sentirmelo scorrere fra le cosce, sotto la vulva che viene stimolata enormemente, è indicibile. Cominciamo a lavarci veramente, insaponandoci dalla testa ai piedi, ma solo per accarezzarci in ogni anfratto del corpo e, soprattutto, per masturbarci io massaggiando il suo cazzo che sento vibrare e irrigidirsi ad ogni tocco della mano, e lui titillandomi il clitoride dopo aver infilato il suo dita da pianista nel fondo della figa. Mentre mi succhia appassionatamente i capezzoli, gli insapono la testa e faccio correre l’acqua sul volto e sulla schiena, accompagnando il getto con la mia bocca che non si sazia di baciarlo. Quando si inginocchia e le sue labbra afferrano la mia figa e la risucchiano quasi intera nella sua bocca, ho una sensazione di svenimento, tanto è forte l’orgasmo; poi la sua lingua scivola nella vagina e la percorre fino alla testa dell’utero: io comincio ad urlare di piacere e di gioia. Non voglio che venga subito e lo freno; chiudo l’acqua e lo trascino fuori del box doccia, gli prendo un accappatoio pulito di Mario e, anche se gli va un po’ corto, lo faccio coprire con quello e lo trascino verso la camera da letto. Si trattiene per un attimo, pensando di deviare nella camera degli ospiti; ma lo spingo.”Va bene così; tra poco ci sarà anche Mario ed è giusto che facciamo tutto nel nostro letto.”
Piombiamo distesi supini sul letto, poi io mi sollevo in ginocchio e me lo godo tutto, prima con sguardo, poi con le dita che faccio scivolare su tutto il corpo, poi con la bocca e con la lingua che passo su ogni centimetro, dalla gola al pube; gioco a lungo col cazzo sul viso e sui seni, poi comincio a leccarlo dalla radice e alla fine, me lo faccio scivolare in bocca. Ne entra solo poco più della metà e lui molto delicatamente evita di spingerlo troppo in fondo; raggiunge comunque le tonsille e va oltre, con qualche mio rigurgito e colpo di tosse. Mi fa ruotare sopra di lui e, mentre io affronto il suo obelisco innalzato sul ventre, lui affonda la bocca fra le cosce e lecca tutto, dalle grinze dell’ano, attraverso la fessura fino alla vulva, dove cattura in bocca il clitoride e dà il via ad una danza straordinaria che vede il mio ventre fremere di continue scosse di piacere, con le urla soffocate dal cazzo in bocca, il clitoride gonfiarsi nella bocca come un cazzo, le grandi labbra intumidirsi fino a dolermi ed alla fine il tutto esplodere in un orgasmo che in vita mia non ricordavo di aver provato. Mi prende la testa e sposta la bocca dal cazzo, per non sborrare. Mi fa ruotare sul ventre e mi gira supina sotto di lui: a gambe divaricate, aspetto che mi penetri col suo ariete; intanto, sbrodolo fino ad inondare di umori il letto come non avevo mai fatto. Si colloca tra le mie cosce, in ginocchio e mi guarda, con affetto se non con amore, dalla testa ai piedi, soffermandosi sul seno superbo, sui capezzoli irti e duri come lance ed infine sul monte di venere gonfio e teso.
Finalmente accosta la cappella alla vulva: non posso fare a meno di ammirarne il volume quasi spaventoso rispetto alla mia non piccola fessura e, quando comincia a spingere, ne vedo e ne sento la lenta penetrazione nella vagina. I tessuti sono tesi e dolenti; la mazza si fa sentire, anche se non posso parlare di dolore; infine affonda e mi schiaccia sotto il suo corpo muscoloso; mi rannicchio sotto il suo ventre; gli passo le gambe intorno alla vita per stringerlo a me più profondamente, anche se la cervice dell’utero mi duole per la pressione; poi lo invito a montarmi; lo fa con garbo, quasi con cautela ed io comincio un concerto di urli che quasi non si interrompe, tanto frequenti sono gli orgasmi che mi provoca. Mi ricordo che non ha indossato preservativi e lo fermo. “Non sei protetta?” Mi chiede. “Prendo la pillola; ma sono gli eventuali contagi che mi preoccupano.” “Non devi. Se vuoi, ho tra i documenti il certificato sanitario (è dell’altro ieri) che attesta che non ho nessun problema di nessun genere; ma, se vuoi essere sicura, devi avere tu il preservativo. Io non ne ho.” “Porca miseria; io neppure e non so come potrei fare per farti godere senza rischi. … “L’unica ipotesi che posso pensare è che tu mi faccia venire con le mani e che mi faccia scaricare sul tuo corpo, se ti piace vedere sborrare.” “Certo che mi piace! Ma mi piace anche di più sentirlo e, possibilmente, a pelle. Io provo a chiedere a Mario se ha qualche soluzione!”
Naturalmente, la telefonata è surreale; cercando di non far capire a chi per caso percepisca qualcosa della telefonata (è comunque in uno studio pieno di persone) Mario mi dice che di quelle cose non ne ha; mi chiede se lui sa di essere a rischio: gli parlo del certificato di due giorni prima. Mi dice che, se non aveva avuto rapporti strani prima di quello con me, posso fare anche a pelle, che non ci sarebbero rischi. Giro la domanda a Omar che mi fa leggere da cima a fondo il certificato, mi assicura che ha fatto sesso solo con me, e protetto. E garantisce che posso scoparmelo in assoluta sicurezza. E allora, vaffanculo il rischio, mi ci impalo e me lo faccio sprofondare fino allo stomaco, a rischio di farmi squartare in due da una mazza meravigliosamente grande che mi stimola tutte le fibre del ventre e mi fa godere da pazzi. Sborro a lungo e ogni goccia del suo sperma è un godimento per me, sia come orgasmo vaginale sia come gioia del piacere provato. Dopo che si è svuotato, si abbatte per un attimo su di me, sommergendomi sotto la sua montagna di muscoli; poi scivola lentamente di lato e si sdraia a fianco a me, lasciandomi la figa improvvisamente vuota e ancora desiderosa. Restiamo così un tempo assai lungo, a goderci il piacere dell’orgasmo appena raggiunto; e così ci trova Mario tornando a casa.
Mentre noi ci alterniamo in bagno per scaricare le scorie dalla vescica e per lavarci, Mario prepara alcune carte mentre intanto si spoglia nudo per essere “alla pari” con noi. Innanzitutto comunica ad Omar che l’errore è originario nel testo e che l’editore offre riconoscimenti e un premio a chi individuasse errori sfuggiti in stampa. Omar sa, ma sa anche che i compensi sono riservati agli studiosi riconosciuti: lui, se dichiarasse di aver trovato l’errore, si troverebbe con un pungo di mosche. “Ma io potrei dire che l’ho trovato io, visto che la scoperta è avvenuta sul mio computer!” Osserva Mario. “E’ vero e sarebbe anche giusto!”ribatte Omar. “Col cazzo; il merito è solo tuo e, se compenso deve esserci, che sia a te.” Sono stufa dei giochetti intellettuali di Mario. “Che cazzo hai deciso, insomma?” Sbotto. E lui, serafico. “Il merito lo lasciamo a Nicola (l’amico ingegnere) che ci tiene un sacco, se ne farebbe bello in tutto il Paese e darebbe anche in beneficenza i cinquantamila euro del premio. Per la verità aveva proposto: a me le lodi, ad Omar i soldi. Ma io ho rifiutato. Ho fatto male?” “No; hai fatto esattamente quello che avrei fatto io! Non capisco però perché sei comunque tanto allegro, visto che non prendiamo niente né io né tu.”
“E qui ti sbagli. La tua laurea in Italia non vale come laurea. Ma se un ingegnere ne attesta la qualità, può esserti riconosciuta come diploma di disegnatore tecnico. Nicola, che è ingegnere ed anche benemerito, con questa storia dell’errore, si impegna a far riconoscere il valore di diploma alla tua laurea, ti firma un contratto a tempo indeterminato come disegnatore tecnico con le relative garanzie legali e sindacali e tu, da domani, sarai un suo collaboratore, disegnatore stipendiato a tutti gli effetti. Sicuramente ti farà lavorare il doppio di quanto ti paga, ma certamente starai meglio.” Omar è emozionato, sembra quasi voler piangere e si agita tutto alla ricerca di non so cosa. Mario gli dà una pacca sulla spalla. “Senti, parte cazzuta di me (non dimenticare questo!), adesso non stare a piangerti addosso, prendi il telefono e chiamala.” Lo guardo con l’aria di chiedere “Chi?” “Ma costa un patrimonio!” “Un patrimonio per te, una sciocchezza per me. Prendi il telefono chiama casa e fatti consigliare!” Omar mi guarda. “Sei sposato?” Accenna di si. “Avete figli?” Tre dita sono la risposta. “Come si chiama lei?” “Aishia.” Mario scatta. “Ma che cazzo ti frega se è la moglie, la fidanzata, la madre o l’amante? E’ chiaro che ha bisogno di sfogare la sua gioia; prendigli il telefono, perbacco, e fagli condividere la gioia coi suoi cari!” Eseguo e gli vado a prendere il telefono. Mentre glielo consegno, ho l’aria di chiedere. “E io, adesso?”
Mario, al solito, legge subito le situazioni: mentre Omar fa il numero, mi dice quasi sussurrando. “Se tutto gli va benissimo, non potrà farli venire in Italia prima di tre o quattro anni, fidati: la burocrazia è lenta. Intanto, ti cerchi un sostituto all’altezza, sempre se c’è. Per questi anni, ti amerà come se tu fossi Aishia; ormai si è legato a noi e mi piace l’idea di questa storia a tre: spero che funzioni abbastanza a lungo. Adesso preparati, perché, dopo la telefonata, sarà un toro imbizzarrito pieno di voglia di Aishia e ci metterà poco a operare il transfert e chiamarti col nome di lei mentre ti scopa.” “Ma tutti e tre sappiamo che io questo transfert l’ho già operato con convinzione dal primo momento.” “Si; infatti, tocca solo a me, adesso, operare il transfert definitivo e suggerirgli di fare con te le cose che io vorrei ma non posso.” “Che intendi dire?” “Poi lo vedrai nel concreto; ma, per farti intendere, voglio chiedergli di tenertelo a lungo dentro, prima di montarti, di incularti, quando mi verrà voglia; riesci a cogliere?” “Certo! E ti dico che sarà ancora più bello quando lui chiaverà me e mi chiamerà Aishia e mi scoperà su tua indicazione così che io saprò che sei tu che mi stai scopando col suo cazzo. Non vedo l’ora!” Intanto, osservo con curiosità e voglia il suo cazzo che diventa sempre più grosso e sempre più rigido a mano a mano che parla al telefono con la moglie dicendosi dolcezze che posso intuire ma che non capisco.
Alla fine, Omar ci ringrazia e ci trasmette la gioia e il ringraziamento anche di sua moglie. “Adesso hai voglia di scopare la tua Aishia?” Mi dice di si con gli occhi, col sorriso e poi con la voce. “Lo sai che adesso sono io la tua Aishia, viene a fare l’amore con me e fammene tanto da stancarmi.” Guarda con un certo imbarazzo Mario poi mi abbraccia “Si, Aishia, grande amore mio!” In un attimo, il suo mostro è sparito nella mia vagina e mi sta montando veramente come un toro, come aveva previsto Mario. Abbraccio mio marito con l’unica mano libera e lui mi stritola in una stretta passionale perfino feroce; ho il tempo di sussurrargli con le lacrime agli occhi. “Sapessi quanto ti amo.” Poi vengo avvolta da una nuvola di lussuria e d’amore che non so da dove derivi, se dalla sborra che il “mio cazzo” mi sta spruzzando nell’utero, se dall’amore infinito che l’abbraccio del “mio adorato” mi sta trasmettendo o se dall’amore immenso che io ho per il mio uomo diviso, amore da una parte e sesso dall’altro. Omar si ferma, quasi a riprendere fiato, e Mario gli suggerisce. “Adesso prendila nel culo: è il momento di qualcosa di speciale!” Lui non se lo fa ripetere, mi gira a pecorina e si abbassa a leccarmi l’ano; Mario lo spedisce verso la mia testa.
“Fattelo succhiare e lubrificare molto; al culo ci penso io!” Omar si sposta verso la mia testa e mi offre il cazzo davanti alla bocca. Ho veramente la sensazione che sia Mario quello che sto succhiando, perché è lui che l’ha chiesto e voluto. Per un poco mi perdo lussuriosamente tra il piacere della lingua che penetra nel canale anale fino in fondo allentando la tensione delle pieghette, e l’esaltazione di sentire scivolarmi nella bocca, fino alla gola, il cazzo che tra poco mi violenterà le viscere; godo moltissimo ed ho frequenti piccoli orgasmi. Poi Mario si sposta dalla mia parte, spinge via Omar e mi cattura la bocca in un bacio sensualissimo, mentre l’altro appoggia la cappella all’ano e spinge dentro il mostro che mi divora le viscere: urlo come un animale al macello; Omar si spaventa e mi chiede se deve fermarsi. “Ad Aisha queste domande non le fai, entri e la possiedi perché così è giusto.” Suggerisce Mario; l’altro spinge profondamente e temo che mi spacchi qualcosa quando arriva al fondo: io non so più se Omar ha sfondato Aisha o se Mario ha inculato violentemente Anna. Ma siamo tutte e due all’apice della felicità.
Mario lavorò per molti anni nello studio dell’ingegnere, felicissimo di averlo assunto; dopo cinque anni, Omar ottenne il ricongiungimento in Italia per la sua famiglia e non ebbe più possibilità di frequentarci in quel rapporto strano e anomalo che per cinque anni aveva tenuta viva una sorta di comunità d’amore con due uomini (un amante meraviglioso ed un innamorato devotissimo) ed una donna divisa tra due necessità equivalenti ed opposte, un sesso senza limiti ed un amore senza fine. Successivamente, e fin quasi all’attuale vecchiaia, qualche rara occasione si è riproposta, ma alla fine solo per accrescere l’immensa nostalgia per quel rapporto trino irripetibile.
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Aggiunto: 5 anni fa
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