Nicola - Atto VII
Erano passati ormai un po’ di mesi, dal matrimonio di Nicola; la mia vita aveva preso un ritmo regolare fuori della sua influenza: a sostituirlo, c’era ora il biondino che mi consentiva frequenti e dolcissime occasioni di evasione e di piacere. Ma da qualche parte doveva essere scritto che non potessi evitare Nicola e la sua pressione sulla mia vita; la telefonata che mi fece a primavera inoltrata ebbe il tenore di tutte le sue altre comunicazioni: mi annunciò che sarebbe venuto nel mio studio la sera, dopo l’ora di chiusura al pubblico e non aggiunse niente altro. Com’era naturale, la cosa non mancò di agitarmi, visto che ero appena riuscito ad accantonarlo nella memoria: l’idea di incontrarlo di nuovo mi dava la sensazione di un fantasma che emerge dalle tenebre e si materializza per sconvolgerti la vita. In tutto quel tempo, Nicola non aveva dato segnali a nessuno del gruppo: neanche lontani echi di racconti o, che so, di pettegolezzi avevano messo in comunicazione il mondo del nostro gruppo con quello che lui si era costruito, nessuno sapeva dove; gli amici di più antica data che giustamente si erano sentiti offesi ed umiliati dallo svolgimento della sua cerimonia di nozze e che avvertivano come ancora più pesante un distacco così totale e assoluto, dopo qualche primo vago borbottio a mano a mano lo cancellarono dai discorsi e forse anche dai ricordi.
Personalmente, avevo sofferto nei primi giorni; ma l’incontro col biondino aveva un po’ lenito, sin dal primo momento, il senso di sconforto, di abbandono e di improvvisa irrimediabile solitudine che avevo provato; in seguito, instaurai col nuovo amico un rapporto semplice e leggero per cui ci si incontrava quando ne avevo voglia, o bisogno, ed ogni volta lui era delicato e condiscendente consentendomi di vivere gli incontri come momenti di gioiosa esplosione di piacere reciproco All’improvviso, quando ormai mi credevo assestato in una nuova serenità quotidiana, Nicola si faceva vivo con la solita imperiosità misteriosa che non dava spazio né a repliche né a richieste di chiarimenti. Non sapevo proprio cosa pensare, dal momento che l’ultima immagine che ricordavo era quella di un uomo sereno, se non felice, giunto ad un traguardo che forse sognava, il matrimonio appunto, e che per raggiungere quella meta aveva voltato le spalle a tutta la sua vita passata. Restava un piccolo interrogativo su quel “Mi dispiace” che mi aveva sussurrato al momento del commiato; ma non trovavo niente che potesse giustificare una riapparizione tanto assurda. Non riuscii a combinare molto, nelle ore di ufficio; sollecitai gli impiegati ad uscire presto e mi disposi con un certo nervosismo all’incontro, allo stesso tempo temuto e sperato.
La prima sorpresa la ebbi alla finestra, quando vidi giungere davanti al mio portone un’auto sportiva di grossa cilindrata da cui scese Nicola, elegante come sempre e più aitante che mai: l’uomo che non aveva mai voluto prendere la patente e che si avvaleva dei suoi amici come “automobilisti” che graziosamente gli davano dei passaggi, si era improvvisamente convertito alla guida di un’auto quasi da sogno (status symbol della nuova condizione, evidentemente!) che trattava con la disinvoltura di un veterano del volante. “Potenza dell’amore!” pensai fra me con molto livore e sarcasmo. Non ero molto bendisposto, nei suoi confronti: e non glielo nascosi, quando entrò e cominciò a muoversi nello studio con la disinvoltura e l’aria da padrone che aveva imparato ad assumere quando lo avevamo trasformato nella nostra piccola alcova; mi chiese come andava, gli dissi piuttosto bruscamente che stavo benissimo, che non avevo bisogno di niente e di nessuno, soprattutto da “quel” lato, e cercai di comunicargli immediatamente la sensazione che lo avrei buttato fuori senza il minimo rimpianto.
Non era assolutamente vero, naturalmente: dentro di me, sentivo l’agitazione che sempre mi prendeva quando mi avvicinavo a lui e restavo in attesa che si decidesse a fare anche il gesto minimo per indicare che potevamo fare l’amore; senza che neanche me ne accorgessi, anzi contro la mia stessa volontà cosciente, l’occhio mi cadeva sul corpo asciutto e ben tenuto (“Tanto sport e palestra” pensai fra me; ma sapevo che era bello di suo); sui capi raffinati che indossava e che volentieri avrei appallottolato per spogliarlo e chiavarmelo per ore; ma soprattutto sul gonfiore sotto la patta che mi riportava alla mente il suo cazzo meraviglioso. Mi trattenni e lasciai che si adagiasse comodamente sul divano e fosse lui a parlare. All’inizio si mantenne sulle generali e mi parlò del nuovo lavoro di prestigio (ma forse, piuttosto, di sola rappresentanza) che svolgeva nell’azienda dei suoceri, della bella villa che aveva acquistato, dei preziosi mobili con cui l’aveva arredata, dei viaggi e di tutte le altre cose bellissime che ora costituivano il suo mondo: involontariamente, mi misi a pensare al biondino e commentai solo che ognuno ha quel che si è cercato: con intenzione, stavo semplicemente e volutamente parafrasando una di quelle frasi di cui lui non faceva economia quando voleva chiudere un discorso colpendo duro.
Dovevo aver preso nel segno, perché per un attimo si rabbuiò e sulla sua limpida fronte apparve una ruga passeggera ma fastidiosa; intuii che si doveva trattare di qualcosa che si riferiva alla vita intima e gli chiesi come andava con la bella mogliettina. La reazione fu l’unica che mai mi sarei aspettata dal Nicola che avevo conosciuto, ammirato ed amato: preso dallo sconforto, cominciò a parlare con voce incerta e quasi rotta e mi rovesciò addosso come un fiume in piena una storia che mi appariva quasi incredibile. In sostanza, lui non aveva voluto affatto quel matrimonio che era stato combinato dalle famiglie per motivi di prestigio: da un lato, c’era il patrimonio quasi inestimabile di lei che veniva messo con molta forza sul piatto delle trattative; dall’altro c’erano la sua prestanza fisica ed il prestigio della sua famiglia che ne facevano il partito adatto alla giovane ereditiera. Il fidanzamento era andato avanti per alcuni anni, ma gli incontri erano stati scarsi e fuggevoli, soprattutto nel periodo di villeggiatura, sempre sotto un controllo vigile e ossessivo delle famiglie e con una particolare resistenza della ragazza ad incontrarsi da sola con lui: in pratica, per tutti quegli anni, Nicola non aveva sfiorato la sua fidanzata neppure con un bacio; non potendo però sottrarsi ad obblighi assunti e che coinvolgevano le due famiglie con tutte le complicazioni della situazione sociale, aveva cercato altre vie, tra le quali la storia con me che - mi disse quasi implorandomi di credergli - era stata molto importante.
La capacità di affabulazione di Nicola non solo mi convinceva ma addirittura mi emozionava al punto che più volte ebbi l’istinto di accarezzarlo con dolcezza: mi frenai solo perché, in fondo al cuore, il sospetto di essere ingannato ancora una volta agiva con prepotenza, dal momento che mi risultava particolarmente difficile immaginare un Nicola vittima di imposizioni, al centro di intrighi e, soprattutto, capace di una sessualità sfrenata in certe situazioni clandestine e, al tempo stesso, costretto addirittura all’astinenza nel rapporto ufficialmente riconosciuto; per di più, avevo sperimentato la spudoratezza della cognatina e mi sembrava impossibile credere ad una totale castità della fidanzata, ora moglie. La spiegazione che mi offrì mi sconvolse: subito dopo il matrimonio Nicola aveva scoperto che sua moglie era totalmente ed unicamente lesbica forse in conseguenza di prolungate violenze sessuali di cui la ragazza era stata vittima da bambina (secondo Nicola, direttamente in famiglia); che il matrimonio era stato costruito e perseguito per impedire che la cosa sfociasse in scandalo; che tutte le concessioni fattegli erano i legacci per impedirgli di rivelare la verità. D’altro canto, la famiglia a cui Nicola era profondamente legato – non si sa se per ignoranza dei termini reali o per puro opportunismo – gli imponeva la più totale e supina accettazione.
Sicché, Nicola si era trovato sin dalla sera del matrimonio a dover dormire in una camera diversa da quella della moglie; solo col tempo, erano addivenuti al patto che potevano dormire nella stessa camera, ma in letti separati e con l’impegno che, quando lei avesse deciso di passare la notte con una sua amante, lui se ne andava a dormire sul divano in salotto senza interferire minimamente. Per parte sua, era libero di fare tutto quel che gli pareva; anzi, era sua moglie stessa che gli procurava donnine facili o amiche disponibili e disinvolte che gli tenessero compagnia e che gli consentissero di sfogare le sue voglie: manco a dirlo – almeno per me che lo avevo sperimentato – la più assidua frequentatrice del letto di Nicola era l’ineffabile cognatina che passava dal letto di lui a quello di sua sorella con la massima indifferenza. Tutta la storia mi colpiva come una serie di frustate che mi lasciavano stordito: ma, fino a quel punto, ancora non riuscivo a cogliere il perché di quella confessione proprio a me che ero, in qualche modo, parte in causa in quella paradossale vicenda. Lo dissi apertamente e Nicola mi pregò di aspettare che concludesse prima di trarre conclusioni.
Dopo alcuni mesi di questa impossibile vita, si era deciso ad affrontare la questione in termini chiari ed aperti con la moglie e le aveva rivelato senza mezzi termini la sua estrema disinvoltura in fatto di sesso e la frequenza non occasionale con rapporti omosessuali che trovava decisamente affascinanti; ed infine le accennò ad una storia lunga ed intensa che aveva avuto con un amico (io, naturalmente) fino al giorno del matrimonio. Quest’ultima rivelazione aveva scatenato la libido e le fantasie erotiche della mogliettina, che aveva insistito per conoscermi; lui non aveva né saputo né voluto negarglielo soprattutto perché desiderava che da questa particolare forma di avvicinamento potesse scaturire una rapporto migliore: per questo motivo mi aveva contattato; sperava cioè che accettassi di incontrami con sua moglie e con la sua amante e, se se ne fosse presentata l’occasione, di partecipare ad un incontro omosessuale doppio. La richiesta mi arrivò come una mazzata improvvisa e imprevista sulla nuca; dovetti sedermi per non crollare e per lunghi momenti rimanemmo immobili in un silenzio addirittura surreale.
Nicola forse prendeva coscienza solo in quel momento dell’enormità di quel che mi chiedeva: vista la discrezione finanche esagerata con cui avevamo condotto la nostra storia fino a quella che io consideravo ormai l’avvenuta conclusione, sembrava fuori di qualsiasi logica propormi adesso di riprenderne il filo in una situazione addirittura di coinvolgimento multiplo; più ancora, si meravigliava del fatto che non fossi, come sempre, prono ai suoi desideri e disposto a tutto pur di fare l’amore con lui. Io, dal mio canto, ero sconvolto dal nuovo, imprevedibile superamento di ogni limite che Nicola, com’era suo costume, mi proponeva con una semplicità disarmante: avevo bisogno di riflettere prima di decidere; glielo dissi e ci accordammo che gli avrei fatto sapere. Non era facile meditare da solo sulla proposta senza perdermi in mille considerazioni in lotta tra di loro, dalla provocatoria curiosità di sperimentare una situazione nuova e impensata fino a quel momento al timore di uscire allo scoperto in un ambiente sempre pronto a farti a pezzi e distruggerti la vita, se contravvieni a regole non scritte che tutti cercano di importi, dalla famiglia agli amici.
D’altro canto, non avevo nessuno con cui dividere il peso della riflessione, visto che l’unico al corrente delle mie abitudini segrete, il biondino, non era certa la persona più giusta per aiutarmi a scegliere; e, di altre persone, non era proprio il caso di fidarsi. Per qualche giorno me ne stetti chiuso in me stesso, facendomi venire addirittura la febbre per il rovello nel dilemma; poi decisi di chiamare Nicola e di dirgli che, forse, si poteva fare, se tutto avveniva nella massima discrezione: mi rassicurò che non ci sarebbero stati problemi, che tutto addirittura sarebbe rimasto “in famiglia” visto che la quarta persona sarebbe stata l’ineffabile cognatina, che aveva rivelato il nostro fugace incontro in spiaggia e si poneva così in una condizione di totale complicità con noi. Ci accordammo che sarei andato alla loro villa il sabato successivo, all’ora di pranzo. Mi presentai come si conveniva ad un invito di quel genere, con i fiori per le signore e il vino di alta qualità appositamente scelto per essere in tono con l’ambiente. La villa era veramente splendida come Nicola me l’aveva descritta, su due soli piani con un parco piccolo ma ben tenuto. Anche l’arredamento era effettivamente di gran classe e lasciava trasparire ricchezza e gusto da ogni particolare.
Non ebbi il tempo di sentirmi imbarazzato perché fui quasi travolto dall’affettuosità di Nicola, che sembrava quasi tornato all’antica amicizia, ed anche di sua moglie Francesca e della cognatina Silvia, che comunque continuavo a guardare con una certa diffidenza. Il pranzo scivolò via molto facilmente e velocemente: tra una portata e l’altra ci si scambiò le solite frasi da convivio con pochi accenni alla nostra lunga amicizia; chi avesse guardato la scena dall’esterno avrebbe trovato molto semplici e normali le due giovani coppie che facevano onore alla mensa senza eccedere, che ciarlavano affettuosamente del più e del meno e che si colmavano di cortesie e di gesti eleganti.
Quando però, dopo pranzo, si decise di passare direttamente nella zona notte al primo piano, privata e inaccessibile anche alla servitù (che comunque sarebbe stata in totale libertà sin da quel momento), le cose precipitarono piuttosto rapidamente: Francesca e Silvia cominciarono a mettersi in libertà fino a restare solo in reggiseno e mutandine e si andarono a sdraiare direttamente sull’enorme letto che troneggiava al centro della camera principale; Nicola le seguì liberandosi per via del vestito e degli indumenti intimi esclusi gli slip, incoraggiandomi a fare altrettanto. Impreparato a un cambiamento così repentino, rimasi in dubbio per un po’ e li segui trasognato senza osare niente ma senza neppure riuscire ad eseguire, sicché mi trovai ad essere l’unico vestito di tutto punto in una stanza dove già la tensione sessuale era vicina al massimo. Francesca infatti aveva cominciato a baciare i piedi di Silvia proseguendo con molta perizia e assai lentamente su verso le caviglie; l’altra, evidentemente avvezza al trattamento, si era abbandonata sul letto in atteggiamento languido lasciandosi manipolare senza fare alcun movimentò né per reagire né per favorire la manovra della sorella. Nicola invece, anche lui secondo uno schema presumibilmente già sperimentato, si era accovacciato a poca distanza dal letto ed osservava con attenzione e passione i movimenti delle donne, mentre il cazzo gli si faceva duro e tendeva quasi a strappare lo slip insufficiente a frenarlo tanto che lui decise rapidamente di farne a meno, se lo sfilò e lo spinse lontano.
La vista del cazzo che tante ore di piacere mi aveva offerto spezzò le remore che mi frenavano ancora, mi avvicinai a lui e glielo presi delicatamente in mano: Silvia, che se ne era stata fino a quel punto assolutamente inerte, di fronte a quel gesto ebbe un fremito di grande evidenza, che indusse Francesca a girare la testa e, resasi conto che il movimento a quattro si era avviato, cominciò a passare la lingua sulle cosce della sorella con una passione ancora più intensa. Resosi conto che la situazione cominciava a funzionare, Nicola si alzò, mi abbracciò e mi prese la mano che stringeva ancora il suo cazzo, guidandola ad una prima dolce masturbazione; poi ridendo mi rimproverò di essere ancora tutto vestito e mi cominciò a spogliare dolcemente, forse un po’ spettacolarmente, facendo seguire alle mani, che mi mettevano a nudo il corpo, la lingua che mi leccava delicatamente e intensamente la pelle. Dopo avermi sfilato cravatta giacca e camicia, cominciò a sollevare la maglia accarezzandomi il petto e leccandolo centimetro per centimetro mentre io me ne stavo immobile e inerte a godermi le piccole scosse di piacere che mi dava la sua leccata; quando giunse a scoprirmi i capezzoli, cominciò a succhiarli alternativamente ed a mordicchiarli con una certa forza, fino a provocarmi leggere ma stimolanti sensazioni di dolore.
Cominciai allora a prendere parte attiva al rapporto, mi sfilai dalla testa la maglia, gli presi la testa e la sollevai fino a portare la sua bocca sulla mia: fu un bacio lunghissimo, quasi estenuante, in cui le lingue percorsero ed esplorarono tutte le cavità e gli anfratti delle nostre bocche fino alla gola: intanto, io continuavo a tenere ben stretto nella mano il suo cazzo che sentivo pulsare pieno di vita e diventare duro come la pietra; anche il mio si era ingrossato e premeva contro i vestiti e Nicola, resosene conto dalla pressione sul suo inguine, allungò la mano a palparmelo da sopra i pantaloni. La scena doveva risultare abbastanza inedita alle due donne - pur abituate a situazioni di sesso estremo – tanto che si interruppero e rimasero a guardarci affascinate dalle nostre manipolazioni. Staccatosi dal bacio, Nicola mi aprì i pantaloni e me li abbassò trascinando insieme anche slip, scarpe e calzini in un solo colpo e ponendomi nella sua stessa condizione di nudità Nei nostri incontri precedenti, Nicola non si era mai curato del mio sesso, sviluppando sempre un ruolo da dominatore: ma quella volta prese decisamente in mano la mia asta e cominciò a menarmela come avevo fatto io con lui.
Per stare più comodi, lo obbligai a sdraiarsi con me sul tappeto e, quando fu supino, mi impossessai della sua asta e me la ficcai immediatamente e ingordamente in bocca facendola affondare quasi fino alla gola: visto che c’ero, avevo pensato di contribuire anch’io alla spettacolarizzazione dell’evento; il gridolino simultaneo che udii provenire dal letto mi convinse che la scena non aveva mancato di colpire le dive – spettatrici; mi diedi da fare con molto impegno a leccare il cazzo partendo dall’ano, attraverso le palle e l’asta su fino al glande che facevo sparire in bocca e stantuffavo con energici movimenti della testa. Rendendomi conto, dalle pulsioni del cazzo e da piccoli avvertimenti liquidi, di orgasmi in arrivo, più volte interruppi il pompino per dare a Nicola il tempo di rilassarsi un poco e poi riprendere; in una di queste pause, mi sentii letteralmente sollevare in alto e mi trovai con il viso sul suo inguine mentre sentivo la sua testa insinuarmisi tra le cosce. Cominciammo allora un sessantanove di alta frenesia in cui il piacere di leccare accuratamente la sua asta e di farmela affondare in gola a più riprese, succhiandolo e risucchiandolo tra le mie labbra, si accompagnava all’altra sensazione, non di minore intensità – anche perché, da quando era iniziata la nostra storia, era la prima volta che praticavo quel rapporto con Nicola – di sentire la sua lingua che mi perlustrava l’ano e vi si infilava quasi a penetrarmi, scivolava poi lungo lo scroto e mi lambiva dolcemente l’asta fino a che, raggiunta la cappella, sentivo il cazzo affondare nella sua bocca umida e avvolgente dove la lingua scatenava con lunghe spire elettriche emozioni.
Come avevo già sperimentato, il pompino reciproco aveva il vantaggio di poter dirottare l’attenzione dalla funzione attiva a quella passiva sicché, quando mi sentivo troppo vicino ad esplodere, mi bastava concentrarmi con tutto il mio essere sulla sua asta che stavo succhiando e l’orgasmo veniva rispedito indietro; altrettanto stava facendo Nicola, per cui il nostro pompino avrebbe forse potuto durare un tempo interminabile. Ogni tanto, con la coda dell’occhio, davo una sbirciata alle sorelline che, sul letto, avevano anch’esse affondato più decisamente l’azione di leccaggio; ma, nel loro caso, Francesca manteneva un ruolo dominante e passava la lingua su tutto il corpo di Silvia, facendole assumere le pose più strane per arrivare più comodamente a leccare il punto che si era prefisso, dagli interstizi tra le dita dei piedi al grilletto violaceo che si appariva dalla figa rosa, dai capezzoli, duri e grossi come nocciole, al buchetto del culo che dal colore bruno non molto scuro appariva presumibilmente vergine o quasi ; in altri momenti le vidi sovrapporsi e strofinarsi vigorosamente ventre contro ventre, con Francesca che apriva le cose di Silvia per far aderire il suo inguine alla figa di lei e montarla quasi come un maschio.
Contrariamente a quanto mi sarei aspettato, non vidi apparire oggetti meccanici più o meno strani, segno evidente che Francesca aveva bisogno di sentire il suo corpo che cercava e offriva piacere, senza aiuti esterni; e i gemiti che sentivo sempre più intensi e frequenti, fino agli urli quasi spasmodici, specialmente di Silvia, mi dicevano chiaramente che ci riusciva benissimo e che la sorellina cerbiatta riusciva ad avere orgasmi estenuanti. Difatti, ad un certo punto mi resi conto che avevano smesso, forse perché stanche o solo per riprendersi; e proposi anche a Nicola di interrompere per un attimo le nostre succhiate. Mentre ce ne stavamo surrealmente nudi e seduti, noi sul tappeto e le ragazze sul letto, Francesca mi chiese ad un tratto se pensavo di essere bravo quanto lei a leccare una figa: non lo sapevo affatto e glielo dissi; mi invitò a provare con lei, perché le era venuta improvvisamente voglia di farlo: un’occhiata veloce con Nicola mi assicurò che era d’accordo; mi alzai e andai sul letto dove mi inginocchiai fra le sue cosce e cominciai a passare delicatamente prima la mano e poi la lingua sulla pelle sottile e candida delle sue cosce lunghe e nervose; da lì salii lentamente vero i peli del pube, biondi, corti e sottili che presi a mordicchiare senza fastidio; divaricandole bene le gambe, con un dito mi aprii la strada nella sua vulva rosea e stretta, quasi verginale, e subito dopo vi affondai la bocca e la lingua che corse immediatamente a cercare il clitoride, ben nascosto sotto l’attacco superiore della fessura, che catturai e strinsi fra le labbra succhiandolo come un cazzo infinitesimale.
Mentre ero concentrato in questa che per me era un’azione quasi inedita (solo poche volte, anni prima, mi era capitato di leccare la figa di qualche amica senza provarne molto piacere) sentii un corpo che si insinuava sotto il mio e, prima che potessi rendermene conto, il mio cazzo fu catturato da una bocca che riconobbi, ma solo per esclusione, essere quella di Silvia che già avevo avuto modo di sperimentare. La situazione si fece per me di estrema eccitazione anche se, come già era avvenuto prima con Nicola, la contemporaneità delle due azioni, di leccare e di essere succhiato, un poco disperdeva le energie e non mi consentiva un’adeguata concentrazione sull’una o sull’altra forma di piacere: mi abbandonai comunque al flusso e lasciai che il mio cazzo ricevesse continui e imprevedibili fremiti di piacere dalla lingua di Silvia mentre la mia bocca si beava dei sapori che venivano fuori dalla figa di Francesca sempre più eccitata e disposta ad accettare una lingua nella vagina senza preoccuparsi che fosse quella di un uomo, piuttosto che quella di una donna. Ad un tratto sentii che chiamava Nicola e gli indicava con gesti qualcosa che, dalla mia posizione, non potevo distinguere; capii immediatamente dopo, quando sentii le mani di Nicola, che conoscevo benissimo, artigliarmi le anche e cominciare ad attirarmi a sé; subito dopo, sentii la punta del suo cazzo che cominciava a premere contro il mio ano che non era stato neppure preventivamente lubrificato ma che per l’eccitazione cedette dolcemente e si lasciò penetrare senza sforzo.
Cominciò così un balletto assurdo di cui dava il ritmo Nicola con i colpi con cui spingeva dentro e fuori il cazzo dal mio culo; per conseguenza di movimenti, ma anche per mia partecipazione, la mia bocca si muoveva su e giù lungo l’inguine di Francesca martoriando il clitoride che tenevo ben stretto fra le labbra; e, intanto, sotto di me Silvia si adattava benissimo al ritmo per far entrare e uscire il mio cazzo dalla sua bozza in un pompino generosissimo; non so se, contemporaneamente, provvedeva da sola a masturbarsi o se era Nicola ad allungarle una mano fra le cosce per stimolarle il clitoride: di certo l’intensità alterna di salivazione sul mio cazzo segnalava la frequenza dei suoi piccoli orgasmi. Il primo ad esplodere in una enorme sborrata che sentii nettamente riversarsi nelle mie budella fu Nicola che, tra l’altro, sfruttava anche una partecipazione visiva a tutte le attività sessuali degli altri, oltre a godersi il mio culo; immediatamente dopo, fui io a riversare nella bocca di Silvia un lungo fiotto di sperma che la ragazza ingoiò senza perderne una goccia, anzi continuando a succhiarmi l’uccello quasi a spremerne ancora; per ultime esplosero urlando loro due, quasi all’unisono; ci accasciammo stremati sul letto decisamente troppo piccolo per tutti e quattro.
Quando ci fummo abbastanza rilassati, facemmo tutti una rapida doccia per liberarci dalle scorie dell’incontro che era stato particolarmente faticoso; in un momento in cui restammo soli, Nicola mi chiese come andava; gli risposi che non c’erano problemi, che stavo benissimo. Ma mentivo. Nel corso di tutta la vicenda mi aveva folgorato il sospetto che non fosse vero quel che mi aveva raccontato e che, ancora una volta, fossi caduto vittima di una trappola che mi aveva teso, stavolta con la complicità di moglie e cognata con le quali presumibilmente aveva stabilito i termini per gioiose trasgressioni a scapito di poveri ingenui come me, utili solo al loro piacere estremo. Non avevo nessun elemento per sostenere questo sospetto e quindi non avevo neanche motivo per dirgli che avrei preferito la chiarezza totale e che, a condizioni di massima lealtà, avrei volentieri partecipato ai suoi (o ai loro) giochi; ma che in quelle condizioni era troppo forte il senso di frustrazione - per essere stato volgarmente usato – per pensare di entrare in sintonia con loro e con le loro voglie. Sicché, quando Francesca mi disse che aveva provato un immenso piacere e mi chiese se ci saremmo rivisti ancora, risposi che non lo sapevo.
Ma in cuor mio dicevo già che non sarei mai più caduto nelle loro stupide trappole e che sarei tornato a gestirmi la mia serena quotidianità con il mio semplice e tenero biondino e che avrei lasciato a loro le trasgressioni di lusso e le avventure più o meno possibili. Questo significava per me staccarmi – e stavolta definitivamente – anche da Nicola; ma mentre guidavo fischiettando sulla via del ritorno mi convincevo sempre più che era l’unica scelta giusta e che stavolta non sarei tornato indietro.
F I N E
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Categorie: Gay e Bisex