Nicola - Atto IV
Il luogo dove Nicola passava le estati con la famiglia non era lontano; seguendo le sue indicazioni, impiegai poche ore a raggiungerlo; nella piazza principale, seduto al bar, lo individuai quasi immediatamente: salì in macchina al mio fianco e mi indirizzò verso la periferia dimostrando una profonda conoscenza della zona. Era sabato ed io facevo conto su un intero fine settimana da passare da soli; ma quando gli chiesi se stavamo andando ad un albergo, Nicola si limitò a sorridere. Poco fuori paese, mi indicò una villetta isolata, che appariva quasi dimessa e abbandonata, se non fosse stato per qualche indumento steso ad asciugare nello striminzito giardinetto a lato. Parcheggiai fuori, lungo il marciapiede, e seguii Nicola che faceva il giro dell’edificio per andare ad infilarsi in una costruzione bassa dietro la casa, forse un deposito adattato ad abitazione. Dentro, infatti, il monolocale appariva sistemato con pochi mobili di recupero che creavano un dignitoso ambiente di vita: un letto ampio ed un grande stuoia per terra colpivano immediatamente; due tende lungo la parete di destra celavano solo in parte un cucinino e il bagno. Sul grande letto, dormiva bocconi un uomo giovane e ben fatto, da quel che si intuiva dalla schiena solida e ben disegnata, dalle cosce abbronzate e muscolose, dalle natiche forti e decisamente pallide rispetto al resto del corpo, dalla nuca perfetta che lasciava sperare in un viso bellissimo.
Nicola si avvicinò e cominciò a carezzare le cosce salendo rapidamente verso le natiche fino ad infilare il medio della mano destra tra le chiappe strette: quasi fosse abituato a questo genere di manovre, l’altro si agitò lievemente, borbottò qualcosa di incomprensibile e si sollevò sulle ginocchia esponendo in piena luce il suo ano scurissimo e quasi oscenamente spalancato, segnale di una frequentazione abituale alle inculate. Nicola manipolò per un poco quel culo eccitante e chiaramente già pronto; poi gli disse di alzarsi perché c’era un amico; Gianni (così l’aveva chiamato Nicola) si girò a sedere sul letto e si rivelò proprio bello come lo avevo immaginato osservandolo di schiena. Provai una fitta di gelosia, a vederlo, perché era evidente che si trattava di un amico non occasionale, per Nicola, e forse - chissà - proprio di quel grande amore segreto di cui si vociferava nel nostro gruppo. Quando Nicola ci presentò, Gianni si limitò a fare un gesto vago con la mano e, quasi come se io neppure ci fossi, abbrancò Nicola per un braccio e lo costrinse a cadere sul letto accanto a lui. Con un comportamento che a me appariva assai strano e certamente non abituale, Nicola si lasciò cadere supino sulle lenzuola, allargò le braccia e si offrì completamente all’altro.
Gianni cominciò a carezzarlo con esasperante lentezza e, al tempo stesso, con straordinaria sensualità: partì dai piedi e dalle gambe per salire verso le cosce; dapprima, furono solo le dita a percorrere sapientemente tutte le fibre del corpo amato; poi fu la volta della lingua che sembrava assaporare voluttuosamente il gusto della pelle arsa dal sole, il lieve solletico dei peli piccoli e delicati che così bene conoscevo. Nicola rimaneva immobile: ma i muscoli del corpo che si tendevano ad ogni guizzo della lingua sui punti - chiave denunciava la sua intensa, spasimante partecipazione e, soprattutto, il gonfiore all’altezza dell’inguine montava al punto che la stoffa del pantaloncino che indossava sembrava dovesse scoppiare da un momento all’altro. Il modo in cui i due si comportavano segnalava un’abitudine antica a quel tipo di rapporto: ed io sentii vampate di gelosia montarmi alla testa ogni volta che un gesto più abile, un punto più delicato titillato o semplicemente la voglia che montava strappavano a Nicola piccoli gemiti, lunghi fremiti o un’accentuazione sempre maggiore dell’erezione. Con denti abili, Gianni aprì i laccetti che lo tenevano e fece scivolare il pantaloncino lungo le cosce, accompagnandolo fin oltre la caviglia; ma non toccò il cazzo che era emerso turgido, gonfio quasi fino ad esplodere, superbo e desiderabile.
Sentii la gola seccarsi e la testa scoppiarmi alla vista dell’unico motivo vero che mi aveva spinto lì; ma, al tempo stesso, una rabbia sorda mi prendeva allo stomaco di fronte all’evidente condizione di marginalità a cui la loro intesa mi costringeva, visto che mai mi ero trovato a vivere con Nicola momenti così intensi come quello a cui i due mi stavano facendo assistere da estraneo. Ma le sorprese non erano finite: una volta completato il rito della spoliazione, Gianni riprese la sua perlustrazione, con le dita e con la lingua, della parte superiore del corpo di Nicola, lasciando libero il ventre su cui si ergeva maestosamente il grande cazzo di Nicola. Prima che mi riprendessi dalla meraviglia di fronte allo spettacolo di quel cazzo che pure conoscevo così bene, Nicola mi fece cenno con la mano di avvicinarmi, mi prese la tesata e la portò decisamente sul suo membro: aprii la bocca quasi d’istinto e lo presi tra le labbra con l’emozione della prima volta. Ma Nicola aveva deciso che doveva essere una grande occasione e, tenendomi per la nuca, mi abbassò la testa spingendomi l’enorme glande dentro la gola, fino all’ugola: in rapida successione, fui costretto a dominare senso di soffocamento e conati di vomito, prima di adattarmi alla grandezza e alla durezza, che mi apparivano inusitati, di quella meravigliosa verga.
Cominciai a succhiarla e a roteare la lingua intorno alla cappella, avviando il più bel pompino che ricordassi, quando sentii che qualcosa avveniva alle mie spalle. Quasi avevo dimenticato la presenza di Gianni, che intanto aveva abbandonato la posizione e si era collocato dietro di me, da dove aveva cominciato a sbottonarmi la camicetta estiva e il pantaloncino tipo jeans che mi fasciava i fianchi; delicatamente mi tolse ogni indumento e cominciò a umettarmi con il dito medio l’ano, ungendolo probabilmente con un liquido o un gel lubrificante. Passando da sorpresa a sorpresa, rimasi assolutamente sballato tra il piacere del cazzo che Nicola agitava nella mia bocca - chiavandomi dal basso in alto con secchi movimenti dei fianchi – e l’attesa insieme timorosa e avida di quel cazzo che, nella foga del momento, non avevo neanche osservato e che stava per trapanarmi il culo. La stazza era decisamente notevole: benché fossi ormai abituato al coito anale, sentii che lo sfintere era forzato fino a sanguinare da un cazzo fuori dal normale; e lo avvertii per tutta la lunghezza anche quando, superato dolorosamente la strettoia, affondò decisamente nel ventre andando a colpire zone fino ad allora mai raggiunte da altri cazzi.
Mi abbandonai completamente ai miei due amanti e fui avvolto da una sorta di estatico torpore nel quale avvertivo solo le fitte di elettricità che mi scatenava il cazzo che titillava le terminazioni nervose del mio sfintere e quelle ancora più sensuali che provenivano dalla cappella che si strusciava contro il mio palato, sulla mia lingua e tra le mie labbra. Andarono avanti insieme per un po’, in perfetta armonia, addirittura scambiandosi frasi dolci e comunicandosi sensazioni ed emozioni che quasi sempre mi eccitavano e mi gratificavano visto che erano tanti omaggi alla morbidezza del mio culo, alla sapienza del mio pompino, allo dolcezza dello scoparmi. Si bloccarono all’unisono, passandosi la parola, un attimo prima di esplodere nell’orgasmo; e uscirono dalla mia bocca e dal mio culo, lentamente, quasi con dolcezza per non farmi ulteriormente male; mi spedirono a rinfrescarmi, mentre si abbracciavano e si scambiavano effusioni da grandi amanti; poi si rinfrescarono anche loro, ma non insieme come mi sarei aspettato, bensì a turno mentre quello che restava con me aggiungeva qualche carezza e strofinata contro il mio corpo. Ci stendemmo poi in tre sulla stuoia e cominciammo a toccarci e ad accarezzarci reciprocamente cazzi e culi: il senso di gelosia che mi aveva aggredito a mano a mano si placò ed entrai quasi in sintonia con loro al punto di partecipare alle effusioni di ciascuno dei due sempre con maggiore intensità e partecipazione.
“Sarà bene concludere: ho voglia di sborrare” proclamò Gianni e non ci diede il tempo di rispondere: supino così com’era, mi prese la testa e mi obbligò ad inginocchiarmi di lato a lui per prendergli il cazzo in bocca; lo feci, ma con molte cautele, viste le dimensioni dell’arnese che mi avrebbe potuto soffocare: a gesti e a suoni gutturali gli feci intendere che il gioco l’avrei condotto io e, con mia grande sorpresa, si abbandonò riverso e mi lasciò fare. Intanto, dietro di me, Nicola si era inginocchiato a mettermelo nel culo; e non ebbe bisogno neppure del gel, vista la precedente esperienza che aveva dilatato notevolmente il mio ano e una certa sopportabilità del suo cazzo, che avevo sempre considerato enorme e che ora si ridimensionava di fronte all’arnese di Gianni che anche in bocca si rivelava di difficile gestione. Impiegai un po’ a dominare la verga di Gianni e a ricondurla ai miei giochi di lingua; ma quando ci riuscii mi resi conto che lo stavo estasiando, visti i gemiti e le contrazioni di tutto il corpo che gli procurava ogni mio colpo di lingua sulla cappella, ogni gioco di entrata e uscita dalle mie labbra strette, ogni leccata delle palle e dell’asta; ad un tratto, chiese a Nicola di fermarsi col cazzo piantato nel mio culo finché lui fosse venuto; Nicola le fece ed io scoprii una nuova sensazione col culo elettrizzato dalla penetrazione ma non partecipe della scopata che si svolgeva tra me e il cazzo di Gianni che nella mia gola prendeva e dava leggere scosse elettriche di piacere ad ogni movimento finché, al culmine del piacere, cominciò a spingere ritmicamente e, affondando con un colpo deciso, mi scaricò quasi direttamente nello stomaco una sborrata irrefrenabile che mi bruciò i sensi e per un po’ mi soffocò.
Mentre mi riprendevo dal piccolo sbandamento dell’orgasmo ricevuto, mi accorsi che Gianni aveva operato sotto di me una rotazione per cui, mentre io ancora tenevo ben stretto in bocca il suo cazzo grondante di sborra da tutte le parti, lui aveva trasferito la sua testa tra le mie cosce e aveva preso in bocca il mio cazzo che, in tutta quell’eccitazione, si era eretto in tutta la sua potenza e addirittura – ma solo ora me ne accorgevo – quasi mi doleva tanto era turgido. Gianni rivelò una tecnica nel pompino che quasi mi fece vergognare dei complimenti ricevuti e che pure avevo avvertito come sinceri: era irresistibile il suo modo di passare la lingua dall’ano – dove andava a leccare il cazzo di Nicola che vi era infilato – via via attraverso la parte nascosta dell’asta, per i coglioni e su fino alla punta che faceva sparire nelle profondità della gola con un gesto rapido e violento; non era molto abile nel lavoro di lingua intorno al glande, che invece a me piaceva molto; ma era comunque enorme il piacere che sapeva dare muovendo aventi e indietro la testa sul cazzo. In men che non si dica ero all’apice del piacere e sentii che l’orgasmo arrivava senza che neppure mi rendessi conto che intanto Nicola aveva ripreso a pomparmi con foga nel culo e che era sul punto di sborrare.
Esplodemmo insieme, lui nel mio culo e io nella bocca di Gianni che accolse la mia sborrata con la stessa gioia con cui avevo accolto la sua e accoglievo quella di Nicola: stramazzammo sulla stuoia, in una posa innaturale rimanendo legati io con i due cazzi – in culo e in bocca – Gianni col mio cazzo in bocca e Nicola dentro il mio culo; passarono forse dieci minuti prima che ci riprendessimo; ma mi sembrarono un attimo che avrei voluto fermare. Quando ci fummo ripresi e un po’ rinfrescati, Nicola mi disse che potevo passare la notte da Gianni, visti i suoi impegni di famiglia e che sicuramente ci saremmo rivisti l’indomani; intanto, potevamo andare insieme in spiaggia. Lungo strada, mi sorpresi a guardare più volte Gianni che appariva ogni volta più imprevedibile e che, dopo aver scatenato la mia gelosia più feroce, ad un tratto mi risultava molto più simpatico e disponibile di tante altre persone e, per certi versi, anche dello stesso Nicola che quasi mai si era preoccupato del mio sesso, nei nostri incontri, e comunque mi aveva sempre lasciato masturbarmi da solo senza aiutarmi neppure in quello.In sostanza, mi ripetevo, l’esperienza fin qui era da considerarsi piuttosto positiva, considerata la grande scopata a tre, la novità dell’atteggiamento di Nicola che mi metteva a parte della sua vita privata e la simpatia di Gianni che, chissà, poteva anche diventare qualcosa di più.
Arrivati alla spiaggia, mi sdraiai in un punto all’ombra di un ombrellone aperto e mi abbandonai al piacere del sole e del mare, mentre Gianni si perdeva tra la folla a salutare un’infinità di persone le più diverse possibili e Nicola ci lasciava per andare sotto l’ombrellone della sua famiglia. Lo incontrai alcune ore dopo, mentre bighellonavo sulla battigia così distratto che quasi gli finii addosso. Non era solo; c’era con lui sua madre, che mi conosceva bene e che non nascose la meraviglia – e forse anche la stizza – di trovare anche lì dei paesani, ma c’era anche una ragazza giovane e carina che , non potendo farne a meno, mi presentò come la sua fidanzata “… anzi quasi moglie: ci sposiamo a settembre” come cinguettò lei. La botta che mi diede l’improvvisa notizia mi provocò un mancamento, tanto che il “premuroso amico” fu costretto a sorreggermi e, borbottando qualcosa su un colpo di sole, ad accompagnarmi ad un ombrellone vicino dove il perfido Gianni, che aveva assistito alla scena ed era evidentemente al corrente della situazione, rideva a crepapelle insieme a due suoi strani amici. Imprecando a mezza voce contro Nicola, contro gli amanti, contro il mondo ma soprattutto contro me stesso e la mia dabbenaggine, raccattai rabbiosamente il telo e il pantaloncino e mi avviai a casa di Gianni deciso a mollare tutto e a tornarmene in città, nonostante l’ora tarda sconsigliasse di mettersi in viaggio in quel posto e in quella stagione.
A casa, fui raggiunto da Gianni e dai suoi amici che cercarono di dissuadermi dall’idea, invitandomi invece a prendermi quello che potevo – per lo meno il fine settimana al mare – e a non prendere decisioni avventate che potevano peggiorare le cose. Gianni, più di tutti, fu premuroso e persuasivo e mi parlò a lungo, accarezzandomi affettuosamente, abbracciandomi e sbaciucchiandomi di tanto in tanto come gli avevo visto fare con Nicola: a mano a mano, l’atmosfera cambiò radicalmente e si trasformò in una sorta di alone di complicità che univa noi quattro, me Gianni e i suoi due amici, quasi fuori o contro il mondo; e progressivamente le carezze e i bacetti coinvolsero tutti e quattro con intenzioni sempre più marcatamente sessuali. Senza neanche rendermene chiaramente conto, mi trovai di nuovo sdraiato sulla stuoia con intorno i tre che si scambiavano effusioni e mi ponevano al centro delle loro attenzioni; Gianni, soprattutto, che già mi conosceva, non smetteva di elogiare la tenerezza del mio culo e la duttilità del mio sfintere invitando gli altri a verificare mentre mi sfilava il costumino e mi allargava le natiche per mettere a nudo l’ano di cui si impossessò immediatamente il più alto dei due che cominciò a saggiarlo con le dita infilandone progressivamente una poi due e infine tre con molta sapienza e delicatezza, quasi senza farmi alcun male.
Gianni intanto passava a decantare la mia bocca e la mia abilità nel succhiare il cazzo e, accompagnando i gesti alle parole, mi ficcava in bocca la sua enorme verga e me la agitava dentro come se stesse chiavando in un culo o in una figa. Il terzo, per non rimanere del tutto fuori, cominciò ad accarezzarmi la pelle dove poteva arrivare e mi ficcò, contemporaneamente, in mano un cazzo particolarmente tozzo e nodoso che quasi mi preoccupò per eventuali penetrazioni in un ano già tanto provato. Furono ore straordinarie di sesso: i tre non dovevano essere nuovi a certe esperienza e si muovevano quasi in sincrono alternandosi in tutte le disposizioni possibili per cui io avevo sempre un cazzo piantato saldamente fra le natiche e profondamente nel culo; un altro lo manipolavo con le mani masturbandolo e strofinandomelo sulla pelle di tutto il corpo ed uno mi riempiva la bocca fino alla gola. Ma, straordinariamente, non si creavano accavallamenti, confusioni o sovrapposizioni: come in una sorta di balletto, due rallentavano il ritmo per darmi modo di godere il terzo, per cui il piacere della penetrazione anale non era frenato molto dalla contemporanea masturbazione o dal pompino e quando, invece, indicavo a gesti che preferivo dedicarmi al pompino, quello che mi inculava si limitava a spingerlo dentro e a tenercelo, mentre l’altro faceva movimenti quasi impercettibili col cazzo che tenevo nella mano; lo stesso avveniva se indicavo che preferivo in quel momento la masturbazione.
Andarono avanti a lungo, alternandosi nella disposizione e sempre fermandosi un poco prima dell’orgasmo, segno che erano – se non professionisti – decisamene grandi esperti. Il balletto durò fino a sera e per tutto il tempo io non potei che sottostare a tutte le loro voglie che comunque non furono mai particolari o inaccettabili: solo mi si affacciò in mente e si radicò il sospetto di essere stato usato, se non in un progetto razionalmente organizzato, quanto meno in una situazione che mi vedeva occasionalmente funzionale ad abitudini che quel gruppo aveva radicato e sviluppato nel tempo. Ad ogni buon conto, anche avere tanti cazzi, così notevoli e così esperti, a mia completa disposizione mi induceva a rinunciare ai cavilli ed a godermi fino in fondo la gioia del sesso, vista anche la sorte riservata ad altri tipi di rapporto. Mi dedicai con estremo piacere alle mie pratiche e favorii tutte le richieste che – apertamente o tacitamente – mi venivano avanzate: in breve riuscii a risucchiarmi nel culo, facendoli godere quasi fino all’orgasmo, tanto il cazzo enorme di Gianni quanto quello nerboruto dell’amico più basso; feci urlare di piacere tutti e tre quando gli succhiavo il cazzo con le movenze che mi erano diventate quasi naturali e, alla fine, conseguii addirittura di farli esplodere contemporaneamente – nel culo, in bocca e sulla pancia – lasciandoli ansimanti a riprendersi da una sborrata che – arrivata dopo tanto tempo e tantissime interruzioni - si rivelò quasi micidiale per tutti e tre.
Mi ficcai sotto la doccia e mi lavai velocemente; e mentre ancora i tre giacevano tramortiti sulla stuoia, uscii sulla spiaggia per prendere aria e stare un po’ da solo. In verità, la spiaggia, in quel punto di estrema periferia era ben poco vuota, a quell’ora: nella luce incerta della luna nuova, si intuivano, più che vedersi, i gruppi che stazionavano sulla sabbia impegnati in giochi e attività più o meno di gruppo: da una barca rovesciata arrivavano gemiti inequivocabili; intorno al fuoco sulla battigia si vedevano ombre muoversi a danzare; sulla sabbia ogni tanto bisognava scavalcare corpi aggrovigliati. Per evitare equilibrismi inutili, decisi di fermarmi o di tornare – molto malvolentieri – a casa: per fortuna mi apparve un muretto che mi consentì di appoggiarmi e di accendermi una sigaretta per pensare ai cazzi miei. L’ombra che si materializzò nel buio all’improvviso mi diede un palpito di terrore; ma mi rassicurai rapidamente scoprendo che era una ragazza di una ventina d’anni, magra da anoressia ma con due tette al fulmicotone, che mi sconvolse con una frase sibillina “E’ un pegno” mentre mi abbassava pantaloncini e costume in un sol blocco e prendeva tra le mani il mio cazzo semiturgido, ancora in credito di una sborrata, dato che Gianni e gli amici non si erano curati affatto di me mentre mi inondavano di sperma ed io ero perciò andato in bianco.
La ragazza dimostrò di essere abilissima, prima con le mani e poi con la bocca: contro ogni mia aspettativa, con due manate assestate mi tirò su l’uccello al massimo dell’erezione e, quando se lo ficcò in gola, lo leccò con tanta sapienza che, dopo il quinto scappellamento, le stavo sborrando sulle tette. Considerate le esperienze avute fino a quel momento, ero convinto che mai con le donne avrei provato alcun piacere; ma evidentemente mi sbagliavo nel considerarmi unilaterale e, mentre tornavo a casa, mi ripromisi di approfondire la questione. La mattina seguente, mi svegliai verso le dieci e scoprii che Gianni non aveva neppure dormito in casa; la cosa non mi faceva nessun effetto e mi avviai alla spiaggia. Per una strana coincidenza, la prima persona che vidi fu proprio Nicola che passeggiava sulla battigia; gli andai vicino deciso a chiedergli per lo meno qualche spiegazione ma, mentre mi accostavo, lui fu raggiunto da una ragazza che lo abbracciò affettuosamente: stavo per deviare, quando lui mi chiamò ad alta voce e , quando fummo vicini, mi presentò la ragazza che era con lui: per poco gli occhi non mi schizzarono dalle orbite quando mi accorsi che “la sua cognatina” era esattamente la ragazza che la sera prima mi aveva tanto abilmente spompinato; ma la puttanella, senza fare una grinza si limitò a commentare che era “molto felice di conoscere gli amici di Nicola”.
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Categorie: Gay e Bisex