Conobbi Anna, alla quale mi univano infinite possibilità di rapporto: ma il sesso rimase quasi sempre marginale; quando, a diciotto anni, Alberto decise di iscriversi all’Università, accettai volentieri di ospitarlo nella casa dove vivevo con Anna. A risentirne, fu ancora una volta la mia vita sessuale, che si ridusse al lumicino. Il ragazzo non aveva esitazioni a portarsi a casa tutte le sbarbine che rimorchiava (quasi mai la stessa) e a scatenare il terremoto contro la parete di divisione dalla nostra camera: molte volte ero preoccupato per la colonna sonora che veniva imposta ad Anna; ma ormai io mi ero così abituato al rituale settimanale del sabato sera (penetrazione, quattro colpi, sborrata e giù a dormire) che non riuscivo neppure a pensare di cambiare qualcosa.
Mi ero quasi perduto nel dedalo di corridoi tutti eguali della grande azienda ed avevo urgente bisogno di pisciare; scoprii un’indicazione “WC” e mi precipitai: orinatoi affiancati senza separazione, due bagni chiusi: non c’era scelta. Mentre pisciavo, entrò uno che si sistemò a fianco a me e cominciò a sbirciare dalla mia parte: non provai nessun fastidio, anzi feci in modo da girare il cazzo perché lo guardasse meglio; quando ebbi finito, me lo scrollai un poco per non bagnare le mutande. “Posso toccartelo?” mi chiese quasi timidamente; non risposi ma mi girai quasi ad offrirglielo; allungò la mano e lo prese delicatamente, prima con due dita poi con il palmo, e cominciò a farmi una leggera sega: il cazzo mi si indurì immediatamente. Istintivamente, mi girai verso la porta e mi ritrassi, spaventato che qualcuno potesse entrare all’improvviso e cogliere la scena; ma l’istintiva accondiscendenza, la sensazione di piacere che il tocco della mano sull’asta mi aveva prodotto e l’improvvisa erezione che aveva scatenato mi colpirono: forse la mia parte gay era stata troppo a lungo ignorata e repressa: al primo accenno, saltava fuori.
“Seguimi!” disse con fermezza, e si avviò; lo seguii quasi senza rendermene conto fino ad una porta che aprì con una sua chiave: guardandosi intorno circospetto, entrò e mi invitò a seguirlo. Dentro, richiuse a chiave “Solo io ho questa chiave” disse rassicurante. Eravamo in un ufficio probabilmente disusato da tempo. Mi spinse contro una scrivania e cominciò a sbottonarmi i pantaloni fino a calarli alle caviglie insieme agli slip: il mio cazzo si era eretto in tutta la potenza e lo sentivo duro da farmi male. Riprese a carezzarmelo come aveva cominciato a fare in bagno, ma stavolta facendomi una sega esperta e decisa che accompagnava l’asta per tutta la lunghezza; con l’altra mano mi prese le palle e le massaggiava con abilità. Quando il cazzo diventò violaceo, tanto era duro, si accovacciò davanti a me, accostò il viso e allungò la lingua a lambirlo sulla punta: sentii un fremito attraversarmi tutto il bacino e provai la voglia di forzarglielo in bocca con violenza, ma mi trattenni; lui accostò le labbra e le aprì lievemente per farlo entrare in bocca con una lentezza esasperata: mi sembrava di penetrare una figa vergine e tutte le fibre dell’asta fremevano dal desiderio di essere avvolte da quelle labbra.
Lui invece si ritirò di colpo e si abbassò a prendere in bocca un coglione: lo leccò tutto quanto e lo succhiò a lungo; mi pareva che il midollo delle ossa scendesse fino alle palle e cercasse di riversarsi nelle sua bocca. Fece lo stesso trattamento con l’altro coglione ed io sentiti sempre più violenta la tensione ad entrargli in bocca fino a soffocarlo. Si fermò di colpo e cominciò a leccarmi l’asta partendo dalla base e girandoci intorno a cerchio: con una mano mi teneva stretti i coglioni e mi impediva l’orgasmo; con l’altra, manovrava il cazzo per far girare la lingua a mulinello su tutta la superficie dell’asta. Arrivò finalmente a prenderlo in bocca: ed io sentii il cielo aprirsi e scatenarmi in testa fulmini violenti; volevo sborrare, ma la stretta ai coglioni me lo impediva. Si fece penetrare la bocca da mezza asta, accompagnandola con la lingua che leccava e stimolava il glande e lo scroto; poi, di colpo, se lo fece affondare in gola: temetti che soffocasse, ed invece cominciò a risucchiarlo tutto imprimendo una pressione che si trasferiva direttamente alle palle, al cervello. Quando pensavo che stesse per farmi sborrare, si staccò di colpo, si sollevò in piedi e si girò mentre si calava pantaloni e mutande fino alle caviglie. Appoggiandosi ad un’altra scrivania abbandonata, sporse verso di me il culo depilato e roseo come quello di una bella donna: “Infilamelo!” disse perentorio; io esitai “Ma è bello grosso!”. Per tutta risposta, si spinse indietro e contemporaneamente mi catturò per un fianco e mi accostò al suo culo.
Pilotai il cazzo verso il foro mentre un miliardo di pensieri mi folgorava il cervello: ormai potevo solo accettare la mia omosessualità; lo afferrai per i fianchi e cominciai a spingere. In parte avvertì la penetrazione e si contrasse, ma solo per un attimo; poi spinse il culo verso di me e si fece penetrare fino alle palle; mi appoggiai con l’inguine alle sue natiche e mi gustai la dolcezza del mio cazzo immerso nel calore delle sue viscere; poi lui cominciò a muoversi ed io iniziai a stantuffarlo nel culo. Mi bloccò per un attimo, prese la mia mano destra e se la allungò davanti fino a farmi prendere in mano il suo cazzo: era bello grosso, forse quanto il mio, e duro da non immaginarsi. La sensazione di questo pezzo di marmo caldo e morbido che mi scorreva tra le mani mi mandò in estasi ancora una volta e sentii sciogliermi le ginocchia “Avvertimi se stai per sborrare” mi disse; “Come ti avverto?” chiesi; “Dammi uno schiaffetto sulla natica sinistra”. Cominciai a pomparlo nel culo con regolarità, dolcemente e decisamente, gustandomi ogni millimetro di dolcezza che mi procurava scivolargli nell’intestino; intanto, mandavo su e giù la mia mano gustandomi il piacere del cazzo che si faceva aggressivo e dolce, al tempo stesso. Quando i nervi del mio corpo furono tutti in tensione, sentii un groppo di sensazioni che mi attraversava il ventre e si avvicinava al cazzo: capii che stavo per esplodere in una enorme sborrata e gli diedi il colpetto sulla natica, sovrappose la sua mano alla mia destra che gli menava il cazzo ed accentuò la velocità della sega.
Con quattro colpi, arrivammo alla fine ed io gli feci esplodere in corpo la più bella sborrata che ricordassi; quasi contemporaneamente, mi esplodeva tra le mani la sua sborrata che andò a perdersi sotto la scrivania. A mano a mano che riprendevo possesso di me, il mio cazzo scemava e tendeva a scivolare dal culo: mi passò dei fazzolettini e mi avvertì di non sporcare i pantaloni, mio e suo. Lo feci con molta attenzione; ci rivestimmo e, solo alla fine, mi disse: “Io mi chiamo Valerio”. Riuscii solo a rispondere “Io, Mario”. Senza dire altro, uscimmo circospetti, prima io poi lui, dopo esserci accertati che non c’era nessuno in giro. Non riuscivo ancora a guardare le cose lucidamente, ma la mia parte femminile ormai mi appariva fin troppo evidente e cercai di non chiedermi neppure dove avrebbe potuto condurmi.
L’azienda in cui lavoro è molto grande: non ci si conosce tutti (anzi, ci si conosce in pochi) ed alcune persone non si sono mai incontrate, sul lavoro. Per questo, pensavo (ma soprattutto, temevo) che non avrei più avuto occasione di incontrare Valerio, a meno di un caso molto fortunato. Ma, evidentemente, in quel momento ne ebbi molta … o chissà … molto poca. La scoperta della mia omosessualità mi aveva lasciato parecchio perplesso, considerata la mia radice culturale; ma, dall’altro lato, l’esplosione improvvisa di piacere mi spingeva non solo ad accettare ma, anzi, a favorire la naturale tendenza. Per questo, ero lacerato tra il desiderio di rivederlo e il timore di entrare in un circolo da cui non sarei più uscito. Quindi, lasciai fare al destino, che fu molto benigno. Mi ritrovai di nuovo nello stesso settore, in un intervallo, e lo vidi arrivare da lontano, apertamente omaggiato dagli altri impiegati: mi scoprii a pensare che doveva avere un ruolo di potere (e speravo di no) o di prestigio (e mi auguravo di si). Ma il problema non si pose, quando mi fece impercettibilmente segno di seguirlo. Ci ritrovammo, manco a dirlo, davanti allo stesso ufficio abbandonato e chiuso: aprì con la sua chiave e mi fece entrare. Abbassò subito i pantaloni e slacciò i miei calandoli sulle scarpe; poi mi abbracciò e mi baciò sulla bocca. L’emozione fu improvvisa e violentissima, perché distruggeva tutto un mondo di mie convinzioni. Ma, come era già successo, in un attimo la mia emozione cambiò rotta, quando avvertii il sapore della sua lingua che mi perlustrava letteralmente le papille della bocca, dalla lingua alle guance al palato, fino in fondo alla gola.
Non cercai neanche di resistere: ricambiai con la stessa intensità e mi adattai a ripercorrere i suoi gesti quasi con infantile diligenza: a mano a mano che mi lasciavo andare e partecipavo al gioco di lingua e di sollecitazione, sentivo il calore inondarmi tutti il corpo e quasi convogliarsi sul cazzo che si rizzava e andava a sbattere contro il suo, che subiva evidentemente lo stesso fascino. Abbassai una mano ed andai a raccoglierlo nel palmo, recuperando le emozioni di calda dolcezza che quella mazza durissima riusciva a trasmettermi; a sua volta, prese il mio cazzo in una mano e cominciò a menarlo in una sega dolcissima, mentre mi frullava la lingua nella bocca. Ad un tratto si interruppe, si staccò dalla mia bocca e cominciò a premermi sulle spalle invitandomi ad accosciarmi: “Vuoi?” mi chiese quasi con affetto. Accennai di si con la testa e Valerio mi spinse con più energia ad accosciarmi davanti a lui; il suo cazzo si ergeva prepotente e bellissimo davanti a me: lo guardai un poco, quasi per impossessarmene già con gli occhi, recuperai i suoi gesti della volta precedente e, con la punta della lingua, lo sfiorai sulla punta; dal cazzo sembrò staccarsi un fluido elettrico che mi attraversò la bocca, mi colpì lo stomaco e mi scese alle palle; aprii un poco le labbra e ne feci entrare in bocca una piccola parte, sufficiente a farmi assaporare la dolcezza della cappella e a spingermi a ruotargli intorno la lingua. Poi lo estrassi e afferrai le palle, le accarezzai morbidamente e le presi in bocca, una per volta: mi riempivano fino a urtare il palato e io le tenevo così, chiuse nella cavità orale, leccandole e succhiandole come una ventosa.
Poi passai all’asta turgida, cominciando dai peli del pube: ci passavo la lingua disegnando una spirale che lentamente percorreva lo scroto per arrivare in punta; poi scivolavo con la lingua da un lato del cilindro di carne e risalivo dall’altra parte; finalmente cominciai a farlo penetrare in bocca, tenendo le labbra leggermente serrate per sentire più direttamente le pulsazioni del sangue che affluiva. Mi ingombrò la bocca tutta quanta, serrato tra lingua e palato: mentre lui sfregava l’asta sulla morbida carne dell’interno bocca, io ruotavo la lingua intorno all’asta e succhiavo continuamente la punta. Con un gesto deciso, me l’affondò nella gola; per un attimo rimasi quasi soffocato, ma lui cominciò un vai e vieni che allentò la pressione ed accrebbe l’eccitazione. Pensavo che mi avrebbe chiavato in bocca ed alla fine mi avrebbe sborrato direttamente nella gola ed attendevo quasi con ansia il getto del suo sperma sopra le mie tonsille.
Ma Valerio aveva altre idee: di colpo, si ritrasse e uscì; rimasi perplesso, ma lui mi rialzò in piedi e accennò a farmi voltare “Te la senti?” mi chiese col tono affettuoso di prima; “Me la sento … ma ho anche tanta pura di farmi male … non l’ho mai fatto e mi pare che sia troppo grosso”; sorrise e mi rassicurò “Non devi preoccuparti: farò in modo che il dolore sia appena avvertibile … e poi mi pare che i tuoi muscoli si adattino facilmente“. Mi girai e mi appoggiai alla scrivania di fronte, come lui aveva fatto; sentii le sue mani sulle natiche e i pollici che si accostavano all’ano e lo aprivano, ma delicatamente; poi qualche movimento alle mie spalle e la sua lingua che mi sfiorava l’ano, lo leccava e si inseriva nel buco: morbida e dolce, rivelava poi una consistenza dura e decisa, all’interno; utilizzata sapientemente, si infilava nel foro e lo percorreva. Le pareti del muscolo, nient’affatto abituate, reagivano accogliendola con dolcezza e avvolgendola. Dopo poco, sentii che il posto della lingua veniva preso da qualcosa di più duro e consistente. Capii che era un dito che si faceva strada nel mio corpo ancora inviolato e lo invitava ad aprirsi e a farlo entrare; lo feci e il dito si infilò dentro provocandomi autentiche scosse di piacere: Valerio cominciò a ruotare il dito per dilatare il muscolo; poi entrò con un secondo dito che si fece strada con la stessa sicura dolcezza. Un poco, però, la penetrazione mi disturbava; non era dolore, solo leggero fastidio: lui se ne accorse, ritirò le dita e sentii qualcosa di vischioso mi scorreva nel buco del culo; feci il gesto di girarmi, ma Valerio mi fermò “E’ una crema lubrificante e leggermente anestetizzante: vedrai che poi tutto sarà semplice … semplice e meraviglioso”.
Infatti, subito dopo avvertii che le dita che entravano dovevano essere almeno tre, ma non davano nessun disturbo: Valerio le ruotava e le aprire per accelerare la risposta dell’ano e soprattutto, dello sfintere che continuava a contrarsi. Quando avvertì che anche l’intera mano, chiusa in punta a becco di cigno, poteva entrare e superare lo sfintere, mi suggerì quasi sottovoce “Quando comincia ad entrare, spingi come se dovessi andare di corpo: vedrai che sarà come entrare nel burro …” Lo stetti a sentire e, quando sentii la cappella forzare l’ano, contrassi i muscoli come per espellere e la cappella passò, in un sol colpo, lo sfintere. Ma non fu entrare nel burro: la sentii bene, la mazza che mi sfondava il culo; il dolore ci fu, anche se sopportabile: con una mano gli feci cenno di fermarsi; si bloccò ed io rilassai i muscoli violentati fino a che abbracciarono il bastone di carne che li aveva violentati; diede un leggero colpo di reni e il cazzo cominciò ad entrarmi dentro.
Lo sentivo avanzare, millimetro per millimetro, a mano a mano che nuovi tessuti dell’intestino venivano obbligati a piegarsi alla violenza del bastone di carne che li penetrava; poi, d’un tratto, fui aggredito da un ciclone di piacere proveniente dal mio stesso culo violentato ed avvertii contro l’ano i peli del suo inguine e il suo osso pubico andare a cozzare il mio osso sacro. Capii che, finalmente, mi aveva penetrato tutto e con tutta la potenza del suo cazzo turgido. Cominciò a muoverlo nel culo, prima lentamente per abituare i tessuti, poi con sempre maggiore decisione; in un punto ebbi quasi la sensazione che fosse uscito del tutto e fosse poi rientrato con estrema semplicità; mi sentii felice del piacere che provavo e di quello che davo. La mano destra di Valerio mi scivolò sotto il corpo, mentre aderiva profondamente alle mie natiche col suo ventre, e si distese fino a raccogliermi il cazzo che mi batteva sul ventre. Mentre mi inculava, non avevo quasi pensato a quanto il mio arnese si fosse indurito e solo ora avvertivo che era diventato una mazza quasi terrificante. Valerio cominciò a titillarla con sapienza e cominciò una sega stratosferica: “Avvertimi, quando senti che stai per sborrare” mi disse; e continuò a pompare con energia la sua asta nel mio intestino.
Dopo alcuni minuti di quel massaggio, avvertii una sorta di languore che mi prendeva dalle ginocchia e che si trasformava in violenta pressione dalle palle al cazzo: capii che stavo per venire e lo dissi “Vengo… vengo… vengo…”. Valerio accentuò la spinta ed io mi sentii il ventre squassato dai colpi: sembrava mi arrivassero direttamente nello stomaco; ma ormai il mio orgasmo era in arrivo ed io provavo solo l’intensità del piacere di sborrare. Sentii il primo spruzzo di sperma che mi esplose nella pancia un attimo prima che il mio cazzo eruttasse una lava violenta di sborra; gli spruzzi miei si susseguirono numerosi, ma quelli di Valerio furono ancora più lunghi, numerosi e intensi: quando io avevo ormai finito e il cazzo mi tornava floscio, lui continuava ad eruttare nel mio culo; o almeno così mi sembrava: ma forse erano le contrazioni del mio culo che si rilassava a mano a mano che il suo cazzo, indebolito, si afflosciava e tendeva ad uscire, anche per l’aiuto della crema usata per entrare.
Valerio mi tenne bloccato un po’: ”Pulirti sarà leggermente più impegnativo, tra crema e sborra”; lo lasciai fare e sentivo che usava più fazzolettini per pulirmi. Lo fece con estrema cura, prima di farmi rimettere a posto i pantaloni. Quando ci fummo ripresi, gli feci notare che non era possibile fare sesso in quel posto e in quelle condizioni; era d’accordo ma mi fece osservare che la mia condizione familiare mi rendeva più prigioniero di lui (come cazzo facesse a sapere tanto di me, non lo capivo ancora). Io gli dissi che la domenica mattina, spesso dedicata alla pesca sportiva, poteva essere una buona occasione, ma che era necessario un posto sicuro. “Casa mia non ti va bene?” mi chiese ridendo ed io risposi nell’unico modo possibile: “Ma vaffà…” “Già fatto” concluse ridendo.
Così la domenica successiva diventò il primo vero appuntamento. Ed io non avevo ancora capito come ero arrivato a quella scelta e, soprattutto, questa dove mi avrebbe portato. La casa di Valerio era un po’ fuori mano, in una zona a me quasi sconosciuta per cui incontrai qualche difficoltà ad individuarla, tra le tante villette singole che popolavano il nuovo quartiere residenziale. Quando riuscii ad arrivarci, mi si confermò il dubbio che Valerio avesse in azienda un ruolo più importante di quanto ancora ipotizzassi: zona ed edificio erano troppo eleganti per essere di competenza di un semplice impiegato. Mi accolse sulla porta coperto solo di una leggera vestaglia semitrasparente che lasciava intravedere tutta la sua struttura imponente e, soprattutto, il cazzo già duro: la posizione isolata e discretamente distante dalla villetta vicina gli consentivano libertà inusuali. Appena entrati, mi fece accomodare in un vasto salone con divani e tappeti che sembravano essere messi apposta per servire da alcova; versò il caffè appena fatto e si venne a sedere al mio fianco.
Di colpo, mi afferrò per il viso e mi baciò sulla bocca: un bacio lungo, intenso che mi provocò nuove, profonde emozioni; la lingua ruvida e dura mi perlustrò tutta la bocca e si spinse in fondo, verso la gola ed io sentii il cazzo che mi si gonfiava fino a dolermi; passai le mani sulla sua schiena e poi le trasferii sul petto, spostando le falde della vestaglia per arrivare ai capezzoli duri e scurissimi. Interrompendo per un attimo il bacio che mi succhiava l’anima dalla bocca, mi cominciò a spogliare: lo faceva con molta perizia, nonostante la bardatura da pesca che avevo indossato per giustificare l’uscita. A mano a mano che i pezzi cadevano e il corpo si mostrava, mi copriva di baci ogni centimetro della pelle, dal collo alle spalle giù giù fino al petto, dove si dedicò con particolare attenzione ai miei capezzoli: sentivo brividi di piacere elettrico attraversarmi il corpo e andarsi a scaricare giù verso il cazzo e verso il buco del culo, che cominciava a pulsare e contrarsi desiderando qualcosa che lo riempisse e lo stimolasse.
Quando mi abbassò i pantaloni, la mia asta cominciò a premere con forza sulle mutande e sperai che me la toccasse subito. Invece, con un sadico gusto lascivo, si dedicò con attenzione alle mie gambe, ai piedi, alle cosce; accarezzò con lentezza, cercando i punti meno esposti e meno frequentati: mi impose con un gesto di starmene fermo e cominciò un percorso di esplorazione - con le mani, con le dita, con la bocca, con la lingua - sui piedi, sulle caviglie, sulle gambe e via via verso lo cosce. Quello che mi diede i maggiori brividi, fu sentire la sua lingua percorrere l’interno delle mie cosce, intorno agli slip ancora indossati; poi, quasi all’improvviso, la sua mano si insinuò, da sotto, tra le natiche e le sue dita raggiunsero l’ano. Stavo ancora aspettando che mi accarezzasse il cazzo, quando invece si infilò con prepotenza nel culo, insinuando prima due poi tre dita e allargando lo sfintere a mano a mano che il dorso della mano premeva sull’ano.
Ormai non resistevo e abbassai la mano ad impugnare il cazzo che mi doleva, stretto com’era: con un gesto quasi brusco, spostò la mia mano e cominciò ad abbassare gli slip; il cazzo svettò nell’aria quasi superbo e vidi che lo guardava quasi con ammirazione. Ma non accennò a prenderlo in bocca come ormai desideravo con tutte le mie forze: spinse via gli slip, lasciò cadere la vestaglia e mi abbracciò appassionatamente. Sentivo tutto il suo corpo fremere contro il mio, i cazzi che si sfregavano e si infilavano tra le cosce l’uno dell’altro, le mani che percorrevano la schiena e il culo, si aggrappavano alle natiche e le allargavano per comprimere poi il bacino contro il bacino; lo scontro degli ossi pubici quasi procurava dolore. Valerio si staccò dall’abbraccio, mi prese per mano e mi condusse alla camera da letto arredata con gusto dannunziano, in un colore porpora intenso tutto cortine e luci soffuse: mi fece accostare al letto, sulle lenzuola di seta rossa come le pareti, e si sdraiò sopra di me.
Riprese a baciarmi con passione e metodo, percorrendo tutto il mio corpo dalla testa ai piedi: mi teneva le mani intrecciate e quasi mi impediva ogni movimento; ma io me ne stavo beato a godermi la sua lingua che mi titillava le orecchie, la gola, i capezzoli, il ventre, le cosce; saltò volutamente il cazzo, girandoci intorno e facendolo esplodere in tutto il suo vigore. Di colpo, cambiò posizione e si distese a fianco a me, coi piedi verso la mia testa e la bocca all’altezza del mio cazzo. Mi rotolò sopra e, finalmente! agguantò fra le labbra la mia asta che era diventata dura come il marmo e quasi viola dal gonfiore. Mi trovai all’altezza della bocca il suo enorme cazzo e non ebbi esitazioni: lo afferrai tra le labbra e lo mandai con solo gesto in fondo alla gola; avrei voluto prenderlo in mano, ma Valerio aveva di nuovo intrecciato le sue dita tra le mie e stringeva con forza, trasmettendomi intense emozioni di complicità e di piacere.
Mentre ci succhiavamo a vicenda i cazzi vogliosi, Valerio fece un altro scarto e mi ritrovai rotolato sul fianco, sempre legato a lui dai cazzi che si muovevano dentro le bocche. Non avevo neanche più voglia di pensare e mi lasciavo andare al piacere, facendomi guidare da lui che sicuramente aveva in testa un programma preciso. Ad un tratto mi mise in mano qualcosa che a stento riconobbi come un vibratore di notevoli dimensioni; contemporaneamente mi resi conto che qualcosa di duro mi premeva sull’ano: capii che stava proponendo di incularci reciprocamente con un vibratore, mentre allegramente ci succhiavamo i cazzi. Ma la posizione assunta non facilitava l’apertura delle natiche. Allora presi io l’iniziativa e lo ribaltai per collocarmi sopra di lui, sempre attento a non perdere neppure per un attimo il contatto del suo cazzo con la mia bocca: mi trovai così sopra di lui con il cazzo piantato saldamente in gola e il culo aperto oscenamente davanti ai suoi occhi e alle sue mani; allo stesso tempo, mi facevo strada fra le sue natiche per infilare il vibratore nel suo ventre: mi facilitò, piegando le ginocchia e sollevando il bacino; feci la stessa operazione per favorire i suoi movimenti.
I due cazzi artificiali cominciarono a penetrare quasi contemporaneamente negli intestini e ciascuno dei due si diede da fare per rendere la penetrazione quanto più lenta e dolce fosse possibile. Sentivo l’asta del vibratore farsi largo nelle mucose del mio ventre e ingombrarlo progressivamente: Valerio si fermava, di tanto in tanto, arretrava il bastone di qualche centimetro, lo ruotava provocandomi nuove scosse di piacere ed affondava di nuovo, ancora per qualche centimetro. Presi a fare la stessa cosa con lui. Quando le due aste furono penetrate fino in fondo sentii un fremito continuo nel mio culo: notai allora un piccolo pulsante alla base dello strumento e capii che era di quelli che vibrano con la batteria: azionai anche quello che avevo in mano e il suo ano cominciò a vibrare. Solo mentre i due cazzi artificiali si agitavano nei nostri corpi, ripresi contatto con la realtà del cazzo che avevo in bocca e che avevo quasi dimenticato, nell’emozione della novità: cominciai allora a risucchiarlo nella gola come un’idrovora; mi fermavo ogni tanto e mi dedicavo a leccarlo delicatamente con la lingua che gli roteava sulla cappella, mentre l’asta rimaneva impalata in bocca per buona metà.
Lo estrassi un paio di volte e lo afferrai con la mano per titillarlo in una sega volutamente piacevole, senza nessun desiderio di farlo sborrare; sentii che un analogo trattamento era riservato al mio cazzo nella sua bocca. Dopo un lungo tempo dedicato a questo piacevole diversivo, Valerio di colpo si staccò e spostò anche me; ci adagiammo sul letto e Valerio mi disse che era l’ora di prendere ormai il caffè che era rimasto in salotto. Senza toglierci il vibratore dal culo, andammo in salotto e io mi sedetti sul divano; lui, invece, prese una delle tazze dal tavolino ed intinse la cappella del cazzo nel liquido ormai diventato freddo: senza parlare, orientò il cazzo verso di me e mi fece cenno di leccare “Vedrai che è più buono” disse sornione. Non mi feci pregare e cominciai a succhiare il caffè dal suo cazzo; ripeté l’operazione più volte finché la tazzina non fu vuota: intanto, gli facevo il più originale dei pompini e rimasi attaccato al suo cazzo anche dopo che l’ultima goccia di caffè mi passò in gola dalla sua cappella. “Dammi il culo!” disse perentorio alla fine. Mi girai verso di lui, che mi estrasse delicatamente il vibratore dall’ano; si abbassò poi a leccarmi il buco del culo: non ci fu bisogno di lubrificazione; mi penetrò facilmente e dolcemente, mi fece sdraiare sul tappeto e cominciò a pomparmi dentro con foga.
Ormai tutte le mie fibre erano tese nel piacere che mi veniva da quel cazzo e me lo gustai con entusiasmo: pompò una decina di volte, poi si fermò e tirò l’asta quasi completamente fuori dall’ano; ma la rimise dentro, con una foga che mi fece sobbalzare. Continuò a chiavarmi con forza; poi, all’improvviso, cominciò a fremere in ogni muscolo, si irrigidì e cominciò a sborrarmi nel culo. Avvertii una serie di scariche elettriche attraversarmi il ventre mentre la sborra schizzava dentro a getti violenti. Si accasciò, alla fine, sulla mia schiena e rimase così, col cazzo piantato nel mio culo, per alcuni secondi; poi, delicatamente, si ritrasse e si mise a leccarmi il buco dolorante finché raccolse anche l’ultima goccia della sborra di cui mi aveva inondato. Mi sedetti sul tappeto e gli presi in bocca il cazzo, barzotto ma non floscio: lo pulii accuratamente di ogni residuo. “Adesso tocca a te” annunciò alla fine “come preferisci sborrare?” Non ci avevo affatto pensato, ma poi ritenni che fosse giusto ripagarlo della stesa moneta “Nel tuo culo, naturalmente!”.
Si appoggiò con le mani al divano, estrasse dal culo il vibratore che aveva continuato a funzionare e mi offrì il culo letteralmente spalancato. Accostai la cappella all’ano e spinsi dentro; entrai in un sol colpo, ma non diede segni di avvertire l’intrusione; il suo cazzo, invece, si rizzò di nuovo, di colpo: allungai la mani, glielo presi e cominciai a masturbarlo, mentre mi muovevo delicatamente nel suo culo. Cercai di durare al massimo, interrompendomi spesso e sfilando il cazzo per poi ripiantarlo seccamente fino in fondo; allo stesso modo, titillavo il cazzo per lunghi tratti e poi mi frenavo per stringergli le palle e rinviare l’orgasmo. Quando mi resi conto che non avrei resistito ancora per molto, lo avvertii “Sto per venire” e accelerai la spinta sia del cazzo nel culo che della mano che lo masturbava. Sentii che si irrigidiva e stringeva i muscoli dell’intestino, quando stava sul punto di sborrare; e spinsi con forza, quasi con frenesia.
Esplodemmo insieme (lui per la seconda volta) e la mia sborra gli inondò il ventre, mentre la sua mi piombava sulla mano che avevo posto a protezione e che poté contenerla, dato che fu assai meno abbondante. Ci accasciammo insieme sul divano e, da dietro, gli porsi la mano da leccare, dividendo con lui la crema raccolta; poi mi sfilai lentamente dal suo culo e mi chinai a leccarlo per raccogliere, come lui aveva fatto, la mia sborra dal suo culo; quando ebbi finito, Valerio si girò e mi leccò diligentemente il cazzo. Passammo ancora qualche tempo in salotto, baciandoci e accarezzandoci. Ma eravamo sazi dell’incontro sessuale e non accennammo altre iniziative. Prima di lasciarmi andare, Valerio mi avvertì che a giorni ci sarebbe stata una bella occasione, in ufficio, per un’esperienza nuova e interessante. Non cercai di approfondire, ma, tornando a casa, passai dal laghetto di pesca sportiva e comprai tre trote da portare a casa come trofeo della mia particolare giornata di pesca.
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Aggiunto: 5 anni fa
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Gay e Bisex