Le spiegai allora quello che avevo pensato; vi aggiunsi che sarebbe stato bellissimo poterci mettere una sull’altra (a 69, come si diceva) e leccarci con gusto le fighe; ma dovemmo anche convenire che non si poteva. Allora, vista e confermata la sua disponibilità, misi in atto un’idea che mi era venuta mentre pensavo a quella situazione: mi andai a sedere sulla tazza del water, dietro di lei, le sollevai la gonna e le abbassai le mutandine, poi la spinsi a piegarsi davanti a me, tenendosi con le mani alla porta del cesso. In questo modo, si spalancò davanti a me non solo il suo culo giovane e pieno ma anche la figa vergine e intatta. Mi bastò allungare la punta della lingua verso l’ano e lambire dolcemente: rabbrividì e si contorse tutta; quando spostai la lingua verso le grandi labbra, cominciò a tremare e ad agitarsi, quasi a cercare un rapporto più intenso. Ricordandomi quello che mio padre aveva fatto, inserii i due pollici nell’ano e li spinsi in direzioni opposte: il buco si deformò e si dilatò offrendomi la vista dello sfintere rosso vivo; la mia lingua andò a lambirlo ed io la spinsi con forza dentro al muscolo che si rilassò e consentì l’ingresso di gran parte della lingua; Maria mi sollecitava a spingere e a darle di più “sfondami … rompimi il culo … chiavami … inculami!!!” ma io non potevo fare di più; invece mi spostai e mi dedicai alla figa: anche qui i pollici mi servirono a dilatare le grandi labbra per far emergere le piccole, rosso acceso e vivaci come un fiore che sboccia, e la lingua si infilò leccando a accarezzando la vulva fino al bordo della vagina; le reazioni di Maria divennero così forti che dovetti imporle di tacere per non farci scoprire.
Ma era fin troppo chiaro che quello che facevo le procurava un piacere immenso e cominciò lei stessa a muoversi con tutto il ventre per strusciare la figa sulle mie labbra e sul mio mento mentre il naso la penetrava nel culo. Non era esattamente pulita ed avvertivo un lieve sapore di piscio ed una vaga memoria di cacca; ma ero eccitata assai più di lei e non avrei perso quel contatto a nessun prezzo. Aspettavo solo che arrivasse a sborrare per sentire che effetto mi avrebbe fatto sentirlo nella bocca. E sborrò, all’improvviso, con una violenza imprevedibile: dovetti tapparle la bocca con la mano, per non fare esplodere il suo urlo; e rimasi per un attimo soffocata quando in bocca mi esplose uno spruzzo di umori misti a un po’ di piscio accompagnato da un rumore stranissimo, come si scoregge che partivano dal culo ma anche, e soprattutto, dalla figa. Non ci badai e continuai a succhiare il clitoride accompagnando il suo orgasmo verso la conclusione.
Naturalmente, l’operazione non aveva avuto effetti solo per lei: anche la mia figa era al massimo dell’eccitazione e mi procurava una sorta di tremito interno con espulsione di umori che avevano riempito le mutandine; il culo palpitava e si contraeva continuamente e tutto il basso ventre era percorso da fitte di piacere: chiaramente, aspettavo di ricevere anch’io lo stesso trattamento e Maria non si tirò indietro; appena io mi sollevai dal water, lei prese il mio posto e mi fece mettere davanti a lei piegata e con le mani sulla porta; mi abbassò le mutandine fino ai piedi e si gettò con la bocca sulla mia figa con l’impeto di un viandante nell’oasi: succhiava come una ventosa ed io sentivo la mia figa aspirata nella sua bocca e solleticata dalla sua lingua. Continuò a titillarmi per qualche minuto, strappandomi continui lamenti di piacere; poi passò la punta della lingua sull’ano: una frustata di piacere mi sferzò tutta e mi fece rabbrividire “Il dito … infilaci il dito … fino in fondo!” mi sentii gridare e sono certa che la voce mi uscì da sola, senza controllo. Maria non esitò: sentii il suo medio fare forza sull’ano, a malapena lubrificato dai miei orgasmi, e penetrarmi con violenza nell’intestino. Il dolore fu secco e vivo, ma riuscii a trattenermi e a concentrarmi sulla raffica di fitte di piacere che mi partivano dal culo, passavano per la figa e mi bruciavano il cervello. Un orgasmo squassante mi esplose nella figa che le sparò in bocca uno spruzzo di liquidi umorali che Maria ingoiò devotamente.
“Mamma, che sborrata!” esclamò la mia compagna; ed io ebbi appena la forza di accennare di si con testa, tanto l’orgasmo mi aveva scosso. Mentre ci rassettavamo mutandine, gonne e camicette, Maria osservò che ad ogni costo bisognava trovare un momento, un luogo e un modo per tornare a farlo ma in piena libertà, completamente nude e libere. Convenni con lei e dissi che avremmo cercato di vederci fuori della scuola, a casa dell’una o dell’altra, in un momento favorevole. Poi tornammo in classe dove già era difficile giustificare un ritardo così lungo nel rientro.
Dopo quell’episodio, non mancavamo nessuna occasione per uscire insieme dall’aula, con la scusa delle necessità fisiologiche, e rifugiarci in bagno dove, chiusa la porta dietro le spalle, ci fiondavamo nelle braccia l’una dell’altra e ci scatenavamo in aggressioni sessuali fantasiose: subito dopo la prima volta, cominciammo ad aprirci le camicette ed a succhiarci le tette: Maria le aveva più sviluppate ed anche i capezzoli erano più grossi e sporgenti. Per me era un’autentica delizia aggrapparmici con la bocca e succhiare come un poppante affamato, sapendo per certo che l’unica cosa che ne spremevo era il grande piacere che portava Maria fino all’orgasmo e che eccitava me da morire, finché era lei che mi ciucciava le mammelle ed io esplodevo nell’orgasmo. La nostra specialità era diventata il ditalino reciproco, in cui ci applicavamo con la massima diligenza, abbracciate in piedi, con le dita che scavavano nella figa dell’altra e tormentavano il clitoride fino a farlo esplodere nell’orgasmo; di tanto in tanto ci leccavamo da dietro, figa e culo insieme, ed io avevo imparato a godere da matti quando Maria arrivava all’orgasmo e la sua figa scoreggiava con sua enorme soddisfazione. L’obiettivo agognato rimaneva però quello di rotolarci in un letto, bocca contro figa, per scatenarci in una sabba animalesco con tutte le varianti possibili dell’orgasmo.
L’occasione si presentò abbastanza presto. I miei furono invitati ad una festa importante, che li impegnava tutto un pomeriggio fino a sera tardi; alla stessa cerimonia erano invitati anche i genitori di Maria. Fu quasi inevitabile, su nostra richiesta, che i quattro genitori decidessero che potevamo stare insieme a casa mia e che i suoi sarebbero passati a prendere Maria alla fine della festa.
I genitori accompagnarono Maria a casa mia verso le 18; poi andarono via seguiti dai miei che avevano la stessa destinazione. Noi due ci precipitammo tra le braccia l’una dell’altra e, con tutta la smania che avevamo accumulato, ci precipitammo sul mio lettino mentre già ci denudavamo a vicenda. Non ci fu né garbo né calma né eleganza nei nostri movimenti: l’unica desiderio era spogliarci a vicenda, guardarci nude, accarezzarci con passione e leccarci con gusto. Dapprima, cademmo sul letto affiancate e contrapposte sicché ognuna aveva la bocca sprofondata tra le cosce dell’altra: in quella posizione, cercavamo di catturare quanto era possibile del piacere dell’altra cercando il clitoride da martoriare succhiandolo, leccandolo, tormentandolo con la lingua e coi denti. Ma presto risultò evidente che non era agevole conquistare tutto quello che volevamo, soprattutto il culo: allora mi stesi sotto e la spostai sopra di me; a quel punto il buchetto fu alla mercé ed io cominciai a tormentarlo con uno, due, tre dita, mentre con la lingua percorrevo le grandi labbra fino al clitoride e tornavo poi giù fino all’ano; stringendo forte le cosce, imprigionavo la sua testa e la obbligavo ad accettare la mia stimolazione mentre lei si limitava a succhiare dalla mia figa gli umori che copiosi sgorgavano. La sentii sborrare più di una volta ed ogni volta aspirai con voluttà gli umori che piovevano dalla vagina insieme a qualche sentore di piscio, ma soprattutto al rumoroso scoreggiare della sua figa alla quale evidentemente mancava qualcosa che la riempisse.
Dopo un primo, violento assalto, ci fermammo un poco a respirare: sdraiate testa a testa sul lettino, ci accarezzavamo le tette, ci stimolavamo i capezzoli, accarezzavamo le giovani pelurie sul monte di venere e inserivamo le dita negli ani ormai spanati ma sempre desiderosi di qualcosa di più che li violentasse. Maria diede corpo al pensiero comune: “Io avrei proprio bisogno di conoscere da vicino un bel cazzo! E tu? …” “Dipende … “ “Dipende da che?” “Io non rinuncio all’idea di dare la verginità e la figa ad uno che mi sembri quello giusto … “ “Anch’io … Però una sega, un pompino, un’inculata … per quello ci sarebbe spazio.” “Si … ma come?” Saltò fuori che Maria una mezza idea già ce l’aveva. L’individuo su cui la sua attenzione si era fermata era un mezzo parente di cui tutti dicevano che era un grandissimo scopatore e che non si fermava di fronte a niente. “Lo hai sentito dire, l’hai visto personalmente o l’hai sperimentato?” “Ho visto un paio di cose che me l’hanno confermato:”
Maria mi raccontò allora di quella volta che, a casa di sua zia (una villa grande, su due piani, alquanto isolata) si era trovata a fumare di nascosto su un terrazzo sul quale affacciavano varie stanze. Curiosando nei vari portafinestre, si era trovata a guardare la scena di sua zia, nuda dalla vita in giù, stesa sul letto e con le cosce spalancate in maniera oscena; davanti a lei, Carlo, il ragazzo di cui lei parlava (mezzo parente per strani percorsi) che si era accovacciato per leccarle la figa; fra le cosce, gli pendeva un cazzo di notevole stazza che lui si menava con la mano destra mentre con la sinistra stimolava la donna. Maria era rimasta come impietrita dall’apparizione e si era nascosta dalla visuale dei due senza perderli di vista e solleticandosi la figa da sopra le mutandine. Ancora più si eccitò quando Carlo, alzatosi in piedi e mettendo in bella vista la sua enorme dotazione, salì con le ginocchia sul letto e si abbassò a penetrare la donna - decisamente molto più anziana di lui - e cominciò a sbatterla con energia. Maria era quasi spaventata dalla violenza con cui lui la fotteva sul letto; la donna invece sembrava godere molto e incitava il giovane a picchiare più forte, a sfondarla, a farla godere. Mentre mi raccontava l’episodio, Maria era notevolmente eccitata ed io ne approfittai per leccarla profondamente, in figa e nel culo, finché un orgasmo enorme non la obbligò a interrompere almeno per un momento la narrazione. La scopata a cui aveva assistito, mi disse Maria, si concluse on una enorme sborrata che Carlo lasciò cadere nella figa di lei che la ricevette con gioia, godendo con altrettanto gusto.
In un’altra occasione, però, Maria ebbe modo di osservare una certa intesa che c’era evidente tra il giovanotto e la figlia di sua zia, quindi sua cugina, Emanuela, poco più giovane di noi ma evidentemente già ben esperta. Quando a tavola finirono seduti a fianco, Maria ebbe il sospetto di strane manovre sotto il tavolo, con la copertura della tovaglia. Ricorrendo a mille strani movimenti, riuscì a trovare una posizione da cui dare un’occhiata sotto al tavolo e scoprì che, effettivamente, i due si masturbavano reciprocamente: più che le dita di lui immerse profondamente nella figa di lei, le fece rabbia la mano di lei che sapientemente si muoveva su e giù lungo la meravigliosa asta di lui che a stento riusciva a trattenere una profonda emozione (forse uno stimolo a sborrare) facendo le smorfie più incredibili del mondo.
Quando i due guardarono con intenzione ai piani alti, Maria capì che stavano organizzando di scopare; il problema era capire dove lo avrebbero fatto e come spiarli di nascosto; poiché la direzione degli sguardi era al primo piano, Maria pensò che l’obiettivo poteva essere la camera di Emanuela che aveva comunque la solita portafinestra sul terrazzino. Precedendo i due, si precipitò sul terrazzino (la scusa della sigaretta era sempre valida) e scelse il punto di osservazione che le sembrava migliore. Dopo poco, i due arrivarono separatamente e, appena insieme, si avvinghiarono in un bacio sensualissimo, mentre Emanuela correva con la mano alla patta e tirava fuori di colpo la bestia di lui dalle mutande e Carlo, per parte sua, sollevava la gonna da dietro e andava a brincare figa e culo da dentro ai minislip che la ragazza esibiva.
Poi lui spinse la testa di lei ad abbassarsi all’altezza del cazzo e le impose di succhiarlo; lei non si fece pregare e lo imboccò fino alla radice. Ma il tempo a disposizione era poco. “Mettilo nel culo” suggerì Emanuela e lui, servizievole, la fece girare, la fece piegare con le braccia sul tavolo da lavoro e, con un solo colpo, la penetrò violentemente nell’ano. Maria temette che la mancanza di qualunque preparazione e la violenza del gesto avrebbero indispettito, per lo meno, Emanuela; ma quella invece accolse la mazza nel culo con un grido di gioia e lo incitò a picchiare forte. Maria non volle neanche vederli arrivare alla conclusione; ritornò a tavola con aria mogia, ripromettendosi di ottenere qualcosa di simile al più presto.
Mentre Maria completava il suo racconto, io mi ero sistemata sopra di lei, con i piedi ai lati della testa, e mi ero abbassata fino a portare figa e culo all’altezza della sua bocca; lei non ebbe esitazione a lambire ano e grandi labbra; io abbassai il dorso verso di lei e le chiesi di incularmi “Infila un dito nel culo” le chiesi e lei lo fece, dopo avere bene inumidito il medio che si insinuò nel retto senza neanche troppe sensazioni sgradevoli; una volta dentro, prese a ruotarlo e i tessuti interni, ancora intatti, reagirono spedendo fitte di piacere alla figa: “Aggiungine un altro” suggerii e Maria, servizievole, accostò l’indice al medio, li fece penetrare insieme e, con mia enorme goduria, cominciò a ruotarli nell’interno che reagì ancora con fitte di piacere intenso. “Abbiamo proprio bisogno di un cazzo che ci rompa il culo!” commentò Maria. E l’idea di coinvolgere il quasi cugino allora diventò un’ipotesi non peregrina.
L’occasione fu costruita da Maria con grande perizia. Contando sul fatto che Carlo era un discreto studente universitario di ingegneria, mi suggerì di rallentare un poco il rendimento in matematica e lei fece altrettanto; quando i segnali del nostro calo in quella disciplina si fecero evidenti e problematici, i nostri genitori - come avevamo ampiamente previsto - si posero subito il problema di un sostegno; non appena Maria accennò, insieme ad altri, a Carlo come possibile soluzione, tutti furono entusiasti di trovare la soluzione in casa e, forse, a basso costo. Detto fatto, si fissò un pomeriggio a casa mia, quando i miei sarebbero stati impegnati in una delle tante cerimonie pubbliche a cui erano obbligati a presenziare.
Appena ci trovammo in tre nella mia camera, Maria - decisamente spudorata - affrontò immediatamente l’argomento. “Senti, Carlo, quella della matematica è una scusa senza valore: non ci serve affatto il tuo aiuto; quello che ci devi dare è la possibilità di conoscere da vicino il tuo cazzo, in tutti i modi tranne che in figa perché siamo vergini e ci teniamo a rimanere tali.” Carlo sembrò provenire da un altro pianeta e si rivolse a lei in maniera scandalizzata. Maria accese il telefonino, scelse un’immagine, la aprì e poggiò il telefonino sul tavolo: “Vuol dire che zia saprà che a Emanuela hai da tempo fatto il culo e a noi non concedi neppure una sega o un pompino. … Anzi” e aprì un’altra immagine “zio saprà che ti scopi sua moglie e sua figlia ma ti neghi a me!” Carlo non dovette pensare molto: solo, voleva sapere che cosa ci aspettassimo. Maria ribadì “Che ci fai prendere dimestichezza col cazzo, che ci fai vedere come si fanno una sega o un pompino e che, alla fine, ci apri il culo, a tutte e due; se è possibile, ci scopi anche in figa ma senza rompere l’imene.”
Carlo sembrava meditare, ma dalla bozza del suo pantalone si evinceva chiaramente che era già eccitato alla proposta di sverginare due belle pollastrelle, per di più su loro richiesta. Cominciò a girarci intorno e a guardarci come bestie al mercato; palpò una tetta e il culo a me, poi si dedicò a Maria, con la quale aveva già una certa dimestichezza; alla fine, la prese tra le braccia e la baciò con molta passione; lei corrispose con energia ed intensità, quasi a dimostrare che nella sezione baci aveva già una certa dimestichezza. In cambio, afferrò il cazzo da sopra al pantalone e lo accarezzò per tutta la lunghezza; con l’altra mano, aprì la camicia e gli accarezzò il petto graffiandogli leggermente e delicatamente con le unghie i capezzoli.
Carlo allora si rese conto che non era propria la verginella che aveva detto: le aprì i bottoni della camicetta e si impossessò con forza di una tetta; la palpò per qualche tempo, poi prese tra le dita il capezzolo che si era rizzato con forza e cominciò a titillarlo strappandole gemiti di godimento; Maria aprì la lampo dei pantaloni, tirò fuori il cazzo già rigido e cominciò a masturbarlo sapientemente: ogni volta che spingeva la mano in basso, la cappella si rivelava gonfia e rossa in cima al’asta; ogni volta che la mano ritornava su, la cappella tornava ad incappucciarsi. Di fronte alla scena, mi sentii quasi obbligata a sfilarmi le mutandine, sollevare la gonna e infilarmi due dita nella figa per masturbarmi appassionatamente: giunsi all’orgasmo ancora prima che i due si fossero spogliati.
Intanto Carlo e Maria erano ormai praticamente nudi e giocavano a leccarsi reciprocamente tutto il corpo; lui percorreva le mammelle in tutta la loro grandezza e si gettava a succhiare i capezzoli come un neonato; lei invece lo baciava su tutto il petto, dalla gola alla cintola dove era costretta a fermarsi, finché si decise d abbassare i pantaloni fino alle caviglie ed ebbe davanti il cazzo in tutto il suo vigore. Carlo le prese la testa e la forzò verso il cazzo, glielo sbatté un paio di volte sul viso e sulle labbra e infine lo accostò alla bocca; lei cominciò a coprirlo di baci; “Lecca!” le impose quasi con violenza; e Maria leccò appassionatamente tutta l’asta fino alla radice; si dedicò poi alle grosse palle che pendeva tese e gonfie dall’inguine e le leccò con amore; “Succhia!” fu l’ordine successivo e Maria prese in bocca le palle, una per volta e le succhiò, poi si spostò verso la cappella, imboccò la punta del cazzo, non senza un certo sforzo, vista la dimensione, e cominciò a succhiare anche il cazzo; “Lecca mentre succhi!” fu la richiesta successiva; e lei si diede da fare per usare la lingua sulla cappella mentre le labbra stringevano l’asta e la succhiavano. Io intanto continuavo a strapparmi orgasmi dalla figa con il solo aiuto delle dita che martoriavano il clitoride ed entravano appena appena nella vulva, per timore di deflorarmi; non vedevo l’ora di essere io, là, con quel cazzo in bocca, a fare il primo grande pompino della mia vita.
La prima parte della lezione sembrava esaurita, a quel punto; Carlo si mosse un poco col busto avanti e indietro chiavando in bocca Maria che sembrava non volesse saperne di abbandonare quel trofeo tanto atteso; poi lui strappò letteralmente il cazzo dalla sua bocca, la spinse sul letto in maniera che il culo restasse sul bordo estremo del materasso, si inginocchiò sul letto accavallandola e facendole scivolare il cazzo per tutto il corpo fino alle tette; qui giunto, posizionò il cazzo in mezzo alle due mammelle, prese le mani di lei e le strinse ai lati dei due globi invitandola a stringere sul cazzo “Questa si chiama spagnola” suggerì quasi con sussiego; Maria accennò di si con la testa, avvolse l’asta tra i due globi e cominciò a strofinarli eccitando il maschio in maniera invereconda.
Carlo si rese conto che la ragazzina era vivace, non sprovveduta e pronta ad apprendere immediatamente e mettere in pratica i suggerimenti; per evitare una sborrata intempestiva, si sfilò di nuovo da lei e rimise i piedi a terra. Prese Maria per le caviglie e le sollevò le gambe in alto, appoggiando i piedi sulle sue spalle. Dietro di lui, mi resi conto immediatamente che davanti aveva tutto il ventre di Maria, la sua figa spalancata e il buco del culo occhieggiante nel biancore delle chiappe; in pratica, poteva fare di lei quello che voleva. Infatti, Carlo prese con la destra il cazzo e cominciò a spennellare con la cappella le grandi labbra, ormai largamente umide, che si aprivano a mostrare le piccole labbra rosse e il clitoride vivace che pendeva dall’alto; a lungo spennellò il cazzo sull’imbocco della vagina ed io temetti che la volesse deflorare; ma lui era molto attento a non entrare più di uno/due centimetri che non facevano rischiare la deflorazione ma che davano a Maria la sensazione di essere penetrata fino in fondo, Ed infatti lei gemeva e mugolava come un cane che facesse le feste e dalla sua figa scorreva liquido seminale senza sosta.
Finché il gemito divenne un suono unico, quasi un sottofondo che raccontava come lei godesse senza interruzione; “Scopami … riempimi tutta … sfondami … “ sussurrava Maria; ma Carlo imperterrito continuava a stimolarla su e giù tra figa e ano. “Niente deflorazione, avevamo detto; ed io rispetto i patti. Lo vuoi nel culo?” “Si … è per questo che siamo qui … sfondami … chiavami … fammi godere !!!!” Era un appello, quello di Maria; ed io vidi Carlo limitarsi ad abbassare la punta del cazzo e portarla davanti all’ano “Attenta che ti farà un po’ male; quando io spingo, tu spingi dall’altra parte come se dovessi andare di corpo: sarà più facile e meno doloroso!” Maria accennò di si con la testa. Carlo sputò sull’ano, inumidì la cappella e con quella spalmò lo sputo tutto intorno, accostò la punta al buco e spinse; Maria urlò ed io vidi i muscoli dello sfintere, tesi ad accogliere l’intruso, rilassarsi ed aprirsi fino a consentire alla cappella di insinuarsi.
Da quel momento, fu una progressiva penetrazione del membro nel culo, percorso che io seguivo con appassionata partecipazione ammirando i tessuti dello sfintere che pulsavano dilatandosi a mano a mano che il cazzo entrava più in profondità, finché le palle sbatterono sulle natiche con un rumore osceno, segno che la mazza era tutta dentro l’intestino. Maria accompagnò il processo con gemiti accorati, non sapevo se di puro piacere o di dolore misto a piacere; a giudicare dalle frasi sconnesse ch letteralmente le scorrevano dalla bocca, sembrava che godesse infinitamente, fino ad essere in estasi. Non me la sentii di continuare ad essere spettatore passivo; mi accucciai alle spalle di Carlo, presi in mano i coglioni e accostai la bocca, prima a leccarli e poi a succhiarli uno ad uno, mentre un dito gli solleticava l’ano e vi infilava dentro delicatamente. Carlo si irrigidì, strinse le natiche poi si rilassò ed allargò le gambe per darmi più facile accesso al suo cazzo.
“La verginità non te l’ho toccata. Ma ora devo sborrare, se no sto male; dove lo faccio?” “In bocca … in bocca!” Ero meravigliata che Maria non gli avesse chiesto di sborrare nel culo; ma la scelta era solo sua. Carlo picchiò con violenza un paio di volte il ventre contro il culo, lanciò un urlo animalesco appena appena soffocato e cominciò a vibrare e tremare tutto; si sfilò di colpo dal culo (con notevole dolore per Maria che non poté tacere un gemito di dolore) e si precipitò verso la testa, si inginocchiò ai lati del suo capo e le appoggiò la punta del cazzo sulle labbra. Maria aprì la bocca, tirò fuori la lingua e la portò davanti alla cappella: il primo schizzo la colpi con violenza sulla lingua e lei ingoiò amorevolmente; poi guidò con la lingua i successivi spruzzi e tutti appoggiò sotto la lingua; poi ingoiò di colpo e, alla fine, passò la lingua sulla cappella, prima, e su tutta l’asta, poi, per pulire a fondo il cazzo.
Sapevo che adesso toccava a me; ma non volevo un Carlo troppo provato e preferii aspettare che si stendesse sul mio lettino e si riposasse supino a smaltire la tensione della precedente sborrata. Io mi distesi accanto a lui e presi la sua mano portandola sulla mia figa, mentre Maria si alzava dal letto e si avviava al bagno per sciacquarsi dopo la sudata.
Dopo che si fu alquanto ripreso, Carlo si girò verso di me e prese a succhiarmi le tette, mentre la sua mano correva alla mia figa e cominciava a tormentarla con due dita sul clitoride che mi provocarono subito un orgasmo; al sentirmi vibrare, lui si spostò col corpo ai piedi del letto e scese con il volto sul mio ventre: i primi colpi di lingua sulla figa mi illanguidirono e cominciai a sborrare come un rubinetto rotto; Carlo succhiava i miei umori e continuava a tormentarmi il clitoride. Ricordandomi quel che aveva fatto con Maria, spalancai completamente le gambe e le sollevai il più in alto possibile, per consentigli l’accesso a tutti i miei buchi; non si fece pregare e dopo un attimo la sua lingua spazzava culo, figa e perineo provocandomi ondate di piacere. Per ricambiare, mi sollevai leggermente a sedere, afferrai il suo cazzo e mi ci fiondai con la bocca facendolo penetrare di colpo fino alle tonsille, con la conseguenza che per poco non vomitai; poi mi adeguai e cominciai a succhiare il bastone di carne con un gusto ed una sapienza che neppure io immaginavo. Carlo, colpito dall’episodio, cominciò a scoparmi nella bocca quasi con violenza ed io rapidamente appresi a gestirmi il cazzo in bocca dirigendolo dove riuscivo meglio a controllarlo. Ma io lo volevo nel culo, ad ogni costo.
Carlo mi fece mettere gattoni sul letto, col culo spinto verso l’alto; mi chiese se in bagno ci fosse della vaselina ma io non lo sapevo; chiese allora a Maria, che si stava rassettando, di portare dal bagno almeno una crema emolliente per facilitare la mia inculata. Avutala, ne cosparse il mio ano, abbondantemente; e se ne spalmò a sazietà anche sull’asta; poi mi raccomandò di essere rilassata e di spingere come per defecare quando avrebbe infilato la punta. Mi preparai a ricevere nel culo la sua mazza, che mi pareva spropositata per la dolce rotondità del mio buchetto. Carlo cercò di essere molto delicato: strusciò più volte la cappella intorno all’ano, poi la accostò e diede la prima spinta, che io avvertii senza problemi; poi fece forza ed io sentii le grinze dello sfintere dilatarsi e soffrire mentre lasciavano passare pochi millimetri del mostro che mi invadeva le viscere: respirai profondamente, spinsi dall’interno e avvertii nettamente il culo aprirsi e dilatarsi per ricevere l’ospite; entrò per un centimetro circa: per il dolore, io avevo le lacrime agli occhi, ma non mollai, anzi lo incitai a continuare. Millimetro dopo millimetro, mentre Carlo giocava uno strano balletto di vai e vieni, dentro e fuori, sentii il cazzo penetrarmi nell’intestino; ma, più ancora, avvertii con certezza che i tessuti interni dell’intestino cedevano e si aprivano a fare spazio e poi abbracciavano il bastone di carne che era penetrato sempre più in profondità.
Il dolore si mescolava all’intenso piacere senza che uno prevalesse; e fu così fino a quando, “sciaff”, sentii il culo colpito dal ventre di Carlo che vi si era schiacciato contro, capii che finalmente il cazzo era penetrato tutto e che lo avevo dentro di me. Allungai indietro una mano e lo presi per una natica segnalando che non si muovesse ma stesse fortemente piantato in me; mi piaceva godermi il cazzo in tutta la sua possanza e, quasi involontariamente, i muscoli dell’intestino cominciarono e contrarsi ritmicamente operando un risucchio strano sulla mazza che li aveva invasi; in pratica, mi accorsi che gli facevo un pompino col culo e non sapevo da dove mi fosse venuta questa abilità. Il movimento non solo intrigò Carlo ma lo sorprese e lo sollecitò “Se fai così, mi fai sborrare … “ Neppure gli badai e continuai a succhiarmelo dentro con passione; lui allora capì che volevo la sborra nel culo e cominciò a pompare con forza. Ma non durò a lungo e, d’improvviso, lo sentii urlare e schiacciarsi violentemente contro il mio culo mentre uno spruzzo liquido di grande intensità mi colpiva nell’intestino, provocandomi un orgasmo inusuale. Cinque volte il suo cazzo eruttò nel mio intestino ed altrettante volte sentii l’utero aprirsi e la figa esplodere in orgasmi violenti. Alla fine, mi abbattei sul letto seguita da lui che non arretrò di un millimetro il cazzo dal mio culo.
Ci volle un po’ di tempo, prima che ci riprendessimo; ed estrarre il cazzo dal culo mi provocò più dolore di quando me lo aveva spinto dentro “Questo non me l’avevi detto!” lo rimproverai “Scusami, ma tu mi hai sconvolto con questa sborrata di culo che non avevo mai visto!”. Comunque, si staccò e si precipitò in bagno; io, intanto, cercavo di favorire il lento rilassamento del mio ventre, dopo la violazione subita, e intanto assaporavo la goduria dell’inculata appena ricevuta. Quando ripresi la mia normalità, andai anch’io in bagno a rinfrescarmi; quando uscii, Carlo e Maria erano già rivestiti e pronti ad andare. “Grazie di tutto” dissi; e loro ricambiarono.
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