Le confessioni ricevute da mia madre avevano decisamente sconvolto il mio atteggiamento nei suoi confronti: non tanto per la sega che mi aveva fatto, che poteva addirittura essere ricondotta ad un intervento terapeutico per mitigare la tensione che le scopate dei miei avevano sui miei ormoni; ma soprattutto per quello che mi aveva rivelato sui loro costumi sessuali e, in particolare, sulla sua intensa e diretta partecipazione alle “avventure” che viveva con mio padre. Da quel momento, il mio affetto filiale uscì senz’altro rafforzato dalla sincerità del racconto e dalle confidenze di cui mi aveva reso partecipe; ma il mio interesse morboso di maschio continuamente arrapato ne uscì moltiplicato all’infinito e le mie attenzioni furono tutte, quasi immediatamente, per il suo corpo come una meta da raggiungere. Il suo seno non erano più le mammelle da cui avevo attinto latte e vita, ma due poppe da accarezzare, da strizzare, da succhiare per eccitarla ed eccitarmi; il suo culo pieno, carnoso, morbido era il cuscino su cui avrei voluto schiacciare il mio ventre per penetrarla nell’ano con forza e con gusto; la figa che cercavo in ogni modo di osservare o almeno intravedere non aveva niente da spartire con la fessura da cui ero nato ma una tana di piacere in cui immergere tutto, dalle dita alla lingua al cazzo.
Sicché non perdevo occasione per spiarla, guardarla, ammirarla, a costo di diventare imbarazzante; e non perdevo occasione per cercare almeno di sfiorarla per sentirmi il cazzo rizzarsi dalla voglia, spesso provocando piccoli incidenti “diplomatici”. Ma lei rimaneva categoricamente sulle sue posizioni: confessioni e sega erano stato un momento importante e dolce, ma per ora si fermavano lì. In compenso, gli olandesi mi cercarono loro, stavolta, e fecero di tutto per coinvolgermi nei loro giochi; ma la memoria della sodomizzazione mi lasciava ancora qualche perplessità. Non resistetti all’infinito, però; e quando Helga mi beccò sugli scogli col cazzo ritto (pensavo a mia madre) non riuscii ad impedirle di prenderlo in mano e di accarezzarlo voluttuosamente. Sapevo che Hans era in agguato da qualche parte e le feci cenno che avevo paura, ma mi rassicurò a cenni e, con le dita, mi indicò che potevo fargli anche solo un pompino. Non l’avevo mai fatto, ma l’ipotesi di scoparmi lei mi spinse a cedere. Andammo per mano nella roulotte e trovai Hans già steso supino sul letto col cazzo ritto; Helga mi spinse ed io mi inginocchiai sul letto tra le cosce di lui, impugnai l’asta che si ergeva superba e cominciai a menare la pelle su e giù.
Helga, alle mie spalle, mi costrinse a rotolarmi sul letto fino a sdraiarmi sulla schiena, lui si sollevò a sedere sul mio petto e accostò il membro alla mia bocca. Mentre leccavo la cappella, trattenendo con la mano l’asta per non farmela infilare tutta in bocca, sentii che lei armeggiava sul suo e sul mio corpo; non vedevo quasi niente, con la mole di lui a ostacolarmi la vista, ma avvertii che anche lei si sistemava a cavalcioni su di me, verso il ventre e che, con mano fra le cosce, impugnava la mia mazza per dirigerla: pensai si impalasse a smorza candela; e lo fece; solo che, dalla consistenza del foro capii immediatamente che mi stava prendendo nel culo: ebbi una smorfia di sorpresa e lui ne approfittò per infilarmi il cazzo fino in gola. Decisi di prendermi tutto il piacere che la situazione mi offriva: sentivo il cazzo fibrillarmi in continue scosse mentre Helga lo spingeva profondamente nel suo intestino; avvertii nettamente lo sfintere che si dilatava ad accogliermi e, di colpo, sentii le sue chiappe affondarmi sul ventre mentre il cazzo sprofondava in un abisso di piacere. L’intensa emozione mi fece salivare molto e rese più agevole il pompaggio a cui Hans aveva dato inizio: bloccai l’asta con la mano e presi a succhiarla come un dolce saporito; la leccai a lungo, in punta e lungo l’asta; più volte la feci scivolare fino in gola e la riportai fuori con un colpo di cervicale.
Poi Helga cominciò a muoversi sul mio cazzo, su e giù dalla punta alla radice, ed io fui preso da una vertigine di piacere che mi fece sprofondare in una sorta di deliquio: con pochi colpi Hans mi riversò in bocca una lunghissima sborrata che accolsi tutta, leccando perfino il cazzo che si ammosciava. Contemporaneamente, dal mio sgorgò un fiume di sperma che Helga accolse con gemiti profondi, scaricandomi sul ventre un lago di umori vaginali. Crollarono l’uno sull’altro, come svuotati; faticai un poco a liberarmi di loro e sgattaiolai fuori. Verso l’imbrunire, mentre rientravo per cena da una passeggiata per il campo, vidi i miei che parlavano amichevolmente con gli olandesi: mio padre era abilissimo a cavarsela con tutti gli stranieri solo con pochi vocaboli e una vaga infarinature di inglese, francese, tedesco e spagnolo: non parlava nessuna lingua ma era straordinariamente capace di comunicare con chiunque. Per un attimo temetti che parlassero della mia vicenda con i due stranieri: se appartenevano allo stesso gruppo di gaudenti, era facile che si scambiassero notizie, specie quando riguardavano la cerchia. Ma non avevo motivo di preoccuparmi, in fondo. Quella sera, mio padre decise di rinunciare alla “passeggiata digestiva” del dopocena e convinse mia madre ad andare a letto subito; andai anch’io nella mia “tana” perché non volevo perdermi la performance sessuale a cui senza dubbio si preparavano.
Le tendine della roulotte erano meno serrate del solito ed un fascio di luce entrava direttamente sul loro letto per cui potevo ammirare anche i particolari; per di più, usavano un tono di voce meno sussurrato del solito e potevo anche ascoltare le loro voci. Cominciarono con una lunga serie di preliminari: lui la fece sdraiare supina e cominciò a baciarla e leccarla dalla testa in giù verso la gola e i seni che carezzò a lungo con le palme aperte e strizzò con una forza che la faceva gemere; poi leccò le aureole tutto intorno e aggredì con la bocca e coi denti i capezzoli che tormentò a lungo provocandole intense fitte di piacere: sentii lei gemere più volte e lanciare gridolini quando un piccolo orgasmo la raggiungeva; vedevo il suo ventre sobbalzare di piacere, le ginocchia piegarsi in alto e il pube sollevarsi a mettere in mostra la figa quasi dilatata dal piacere. Poi lui scivolò sullo stomaco e sul ventre, si intrattenne e vellicare i peli sul monte di venere e si distese su di lei mentre affondava il viso fra le cosce: addirittura riuscivo a distinguere la sua lingua che penetrava la vulva e le labbra che stringevano e succhiavano il clitoride. Ero affascinato e inebetito dallo spettacolo, quasi neppure mi curavo del mio cazzo che si era fatto duro come il marmo e mi batteva sul ventre; per timore di essere scoperto, trattenevo perfino il respiro.
Si fermarono quasi per riposare e lui tornò con la testa sul cuscino accanto a lei: ma non smettevano di manipolarsi ed io vedevo nitida la notevole mazza di lui percorsa agilmente dalle dita di lei che non sembrava volergli fare una sega decisiva ma semplicemente tenerlo in tensione per non perderne la durezza. Anche lui continuava a grufolare tra i peli della figa, ma anche lui pareva lo facesse quasi distrattamente non per masturbarla, ma per mantenerla eccitata. Ad un tratto, sentii che stavano dialogando e che parlavano di me: lei diceva che non mi si poteva lasciare fuori dai giochi visto che ormai c’ero dentro; lui ribadiva che le regole valgono per tutti e che dovevo accettare il gioco come tutti: “ma è tuo figlio” diceva lei; “è anche tuo figlio, però vuoi scopartelo” ribatteva lui; e non si mossero dalle loro posizioni. D’altronde, lui aveva ragione da vendere: è stato inculato dall’olandese, si è scopata la lei, si vede chiaro che vuole scoparsi sua madre; è giusto anche, quindi, che si faccia inculare dal padre come tutti quelli che si scopano e che si sono scopati. Stranamente, mi sentivo ancora più eccitato: l’idea di prendermi nel culo il cazzo di mio padre mi stimolava quanto (e forse più) quella di scoparmi mia madre. Ero un po’ frastornato.
Loro invece non avevano perso ritmo: lasciato a metà il discorso, ripresero la scopata che avevano iniziato: fu lei, stavolta, che ribaltò la sua posizione e si venne a collocare con la testa sull’inguine di lui: anche se la luce non era sufficiente, ebbi netta la sensazione che i nostri sguardi si incrociassero e che lei desse il via ad una esibizione tutta per me. Afferrò il cazzo alla radice e, con l’altra mano, strinse ambedue i coglioni (grossi come prugne), abbassò la testa e cominciò a leccare il cazzo con una golosità inimmaginata. Lo percorse a lungo con la lingua, dall’alto in basso e poi tutt’intorno; riservò lo stesso trattamento alle palle, una per volta, prendendole nella bocca e succhiandole rumorosamente; poi, di colpo, di fece affondare il cazzo in bocca, fino ai peli del pube: non avrei mai creduto che un’asta così potesse entrare nella sua bocca. Dall’altra parte, avvertivo, senza poter vedere, che lui aveva ripreso a leccarle figa e culo con grande intensità: gli effetti li registravo dai mugolii di lei, dalla salivazione che scorreva sul cazzo, dalle interruzioni della pompa quando sopraggiungeva un orgasmo.
Ma lui non si accontentava di un pompino, anche se così succoso: prendendola per le braccia, la staccò da sé e la fece sistemare carponi sul letto, si spostò alle sue spalle e cominciò a manipolarle da dietro figa e culo; lei lo favorì tenendosi le chiappe e dilatandole perché apparissero in massima evidenza lo spacco spalancato della vulva e il buco dilatato dell’ano; lui le passò a più riprese le dita nella vulva, stimolò un poco il clitoride finché i gemiti segnalarono un orgasmo; infilò tre dita nella vagina, le ritirò e le spostò direttamente sull’ano che penetrò con forza; lei ebbe uno scatto, poi si rilassò e si appoggiò alla mano che penetrò nel culo fino alle nocche. Ero letteralmente stralunato e ammiravo la scena senza respirare. Lui si spostò un poco, accostò alla figa la punta del cazzo e spinse dentro: vedevo i grossi coglioni sbattere sull’ano, mentre l’asta scivolava nella vagina dilatata, sentivo lo sciaguattare del cazzo negli umori vaginali e, da lei, i gemiti quando la cappella andava a colpire l’utero e gli urli soffocato quando le esplodeva un orgasmo. Andò avanti un po’ ad ammirare il suo cazzo che sbatteva nella figa; poi lo tirò fuori del tutto, passò due dita nella figa, le riportò umide sull’ano e spinse a fondo, le ruotò un poco, come per aprirsi un varco; poi appoggiò la cappella all’ano e spinse: vidi nitidamente la figa spalancata dalla recente penetrazione, il buco del culo che si dilatava e il cazzo che vi penetrava finché i peli del cazzo raggiunsero l’ano sconquassato; lei si limitò a gemere, infilò una mano fra le cosce e cominciò a titillarsi il clitoride.
Non potevano resistere oltre: lanciando urla bestiali che mi avrebbero svegliato anche se fossi stato addormentato, esplosero in un orgasmo violento, che mi rimbombo fin nelle viscere. Poi si abbatterono sul letto. Scesi dal mio giaciglio nel massimo silenzio e scivolai come un’ombra verso la porta; mi andai a sedere accanto al tavolo ancora coperto dai resti della cena e mi accesi una sigaretta. Ero ancora sconvolto e non riuscivo a dare ordine ai miei pensieri, ma, soprattutto, alle mie voglie inconfessabili. Lei mi arrivò alle spalle senza che potessi accorgermene: sentii le sue mai sul viso e un leggere bacio sulla nuca; girai la testa sorpreso e lei mise un dito sulla bocca “dorme già” mi sussurrò e venne a sedersi sulla panca accanto a me: la vicinanza del suo corpo nudo e l’odore di sesso che emanava da tutto il corpo mi fecero rizzare immediatamente il cazzo. Senza darsene per inteso “hai visto tutto?” mi chiese; feci di si con la testa; “hai anche ascoltato?”; feci di nuovo cenno con la testa; mi guardò con aria interrogativa. Mi alzai in piedi e lo feci fare anche a lei, le passai le braccia intorno al busto e la baciai sulla bocca con infinita intensità; rispose infilandomi la lingua in gola e roteandola sul palato; mi circondò la vita con un braccio e fece aderire il suo corpo tutto quanto al mio; usò l’altra mano per prendere il mio cazzo duro e appoggiarlo delicatamente fra le cosce, proprio nello spacco della vulva.
La strinsi con una forza che neanche mi aspettavo e infilai la mia lingua nella sua bocca, perlustrandola in ogni dove; la catturò e cominciò a succhiarla come spompinasse un piccolo cazzo; intanto il suo ventre si muoveva in circolo stuzzicando il cazzo con le cosce e con la vulva e, al tempo stesso, facendolo strusciare sul clitoride che sentivo gonfio; mi mossi col bacino per chiavarla fra le cosce; sentii che godeva e mi eccitai ancora di più. Con un gesto deciso, infilò la mano fra i corpi e afferrò il cazzo: muovendosi come un contorsionista, portò la cappella alla vagina, si sollevò un poco, si riabbassò e il mio cazzo fu nella sua figa: era la prima volta che arrivavo a tanto e le ginocchia quasi mi si piegarono per l’emozione; mi strinse con forza, impedendomi di muovermi e riprese a roteare il bacino. Sentivo il cazzo avvolto in una nuvola di piacere mai nemmeno sfiorato; avvertii i muscoli della vagina che si contraevano e si rilassavano accarezzandomi il cazzo per tutta la lunghezza; vidi aureole di tutti i colori esplodermi nella testa e negli occhi. Non ci muovemmo di un centimetro da dove ci eravamo abbracciati e non facemmo nessun movimento: il solo piacere di avermi dentro o, meglio, di essere dentro di lei, guidò la passione fino al parossismo: sentii che una fiumana di sborra si scaricava nel suo ventre mentre un’altra fiumana sembrava scaturire dal suo utero: lungo le cosce un rivolo di liquidi inondava la pelle e non sapevo più (e non volevo saperlo) se fosse sborra mia, sborra di lui o liquidi di lei.
Restammo fermi così, con le labbra incollate e i corpi avvinghiati finché non ci riprendemmo dall’estasi del momento; ci staccammo con un grosso sforzo mentale “quanto sborrate, voi due!” esclamò ridendo e andò a prendere dei tovaglioli per pulirsi. Feci lo stesso, almeno quanto potevo, vista l’inondazione. Mi diede un bacio in fronte, prima di rientrare. “Buonanotte” mi disse. “Buonanotte” risposi.
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