Tra tutti gli “abituè” mi aveva sempre affascinato una coppia di stranieri (olandesi, mi pareva) che si distinguevano per la totale mancanza di ipocrisia formale: facevano tutto quello che gli veniva per la testa, dove gli andava di farlo, semplicemente mantenendosi nei limiti del rispetto degli spazi altrui. Sicché mi era capitato spesso di vederli scambiarsi effusioni (che altri definivano troppo spinte) alla piena luce del giorno; visto che avevano scelto sin dall’inizio un posticino più appartato, accanto ad un boschetto protetto, sin dalle prime pressioni ormonali avevo imparato a piazzarmi tra i cespugli per spiare, non visto, le loro scopate nello spazio angusto della tenda che avevano collocato dietro alla loro roulotte. Andò avanti un bel po’, fino all’anno scorso, quando mi ostinai, appena maggiorenne, a non voler celebrare il solito “rito estivo” e tentai in tutti i modi di farmi lasciare libero di andare per mio conto. Ma, in parte per gli esiti scolastici non entusiasmanti che mi avevano privato di regalie congrue in parte per una situazione particolarmente delicata delle economie dei miei, fui costretto a passare con loro l’ennesima estate in roulotte, ripromettendomi di cercare il massimo della libertà e di evitare, nei limiti del possibile, di assistere alle loro scopate notturne, per fortuna meno aggressive e frequenti.
Non persi però l’abitudine di andare a spiare la bella olandese (ormai avevo acquisito la vera nazionalità) e soprattutto le meravigliose evoluzioni che compiva nella piccola tenda, a qualunque ora del giorno. Un paio di volte, con sommo piacere, la incrociai sulla scogliera che si beava al sole facendoselo entrare soprattutto al’interno delle cosce, sulla meravigliosa figa ricoperta da una leggera peluria bionda, oppure in mezzo alle natiche direttamente sull’ano stranamente proteso in fuori e di un colore tendente al nerastro che segnalava una lunga abitudine a prendersi nel culo la notevole nerchia del marito. Fingendo di prendere il sole, mi piazzai ad ammirare fino all’esaurimento il seno pieno e ben disegnato, notevole per mole ed eleganza e soprattutto per due aureole ampie e prominenti sulle quali si ergevano superbi due capezzoli grossi come nocciole e duri come il marmo; ma non era da meno il ventre liscio e piatto, con l’ombelico che emergeva come il classico tortellino e, soprattutto, il monte di venere biondo che culminava nella vulva carnosa, stretta tra due cosce statuarie. Si accorse di essere osservata, quasi sicuramente, e cominciò a lisciarsi il ventre come se volesse attenuare il calore del sole, ma in realtà con un’evidente allusività che mi costrinse a distendermi supino per nascondere sotto il corpo l’erezione che mi aveva procurato.
Seguivo con gli occhi che mi uscivano dalle orbite la mano che andava ad accarezzare il monte di venere, si insinuava tra le cosce e titillava senza remore né infingimenti la figa che mi pareva addirittura di vedere bagnarsi: avevo bisogno di spararmi una sega; ma a quell’ora e su quella distesa assolata non sapevo proprio come fare. L’olandesina, intanto, aveva ruotato il corpo sullo scoglio ed ora mi offriva il profilo perfetto della schiena e del culo, leggermente sollevato per accentuarne la perfetta rotondità; e, fra le natiche, vedevo spuntare la punta delle dita di una mano che stava apertamente armeggiando con la figa e, in alcuni momenti, con l’ano. Sentivo il cuore battermi all’impazzata e il sangue pulsarmi nelle tempie: mi alzai di scatto e mi mossi quasi correndo verso i cespugli vicini, con l’intento di farmi una grossa sega per calmare i bollenti spiriti. Mi fermai in un punto riparato, impugnai il cazzo e cominciai a menarmelo; ma non ebbi il tempo di concludere: una mano delicata mi accarezzò la schiena, mi voltai e me la trovai di fronte, incantevole come un’apparizione. Non disse una parola: impugnò il mio cazzo e lo accarezzò delicatamente, mandò su e giù la pelle lungo l’asta fino a scappellarlo quasi dolorosamente poi usò l’altra mano per afferrarmi le palle che raccolse in una stretta forte e decisa, mentre la destra stringeva l’asta senza muoverla; sentii la voglia partirmi dal midollo e montare lungo il ventre per andare a gonfiare le palle, prima che l’asta che si faceva più dura di quanto mai avessi provato.
Era la prima volta che una donna di quella fatta me lo prendeva in mano, dopo le ragazzine che con gesti impacciati mi avevano fatto qualche sega; sentii i sensi che mi abbandonavano e il calore del sole invadermi fino alle ossa. Lei sembrò soppesare per un attimo la consistenza del mio cazzo giovane e nuovo, per lei; si abbassò sui talloni, si accostò e poggiò un bacio delicato sulla punta dove già brillava una goccia di preorgasmo; poi affondò decisamente la bocca e sentii la mia anima avvolta da un senso infinito di piacere: caddi in una sorta di deliquio, mentre la sua bocca cominciava a pomparmi l’anima dal corpo. Non portò a conclusione il pompino: si staccò di colpo, si sollevò in piedi. Mi prese per la mano e mi guidò alla vicina tenda dove tante volte l’avevo vista montata dal marito. Ormai ero in trance e quasi non mi rendevo conto nemmeno di dove fossi, mentre lei si abbassava per entrare nella piccola canadese, si stendeva supina e mi attirava a sé con le mani e con lo sguardo. Ormai viaggiavo in un sogno nemmeno mai sperato ed entrai scivolando sul suo corpo, di cui avvertivo finalmente il calore intenso e sensuale, la voglia contagiosa che eccitava tutti i miei pori.
Guidandomi con delicatezza, mi fece adagiare tra le sue cosce divaricate, prese in mano il mio cazzo e lo guidò verso la vulva: sentivo il paradiso aprirsi davanti al mio cazzo e cerchi multicolori mi ronzavano in testa. Avvertii la presenza di lui solo quando il fresco di un liquido (o di un gel) mi inondò le natiche e l’ano; mi bloccai interdetto ma lei catturò la mia bocca in un bacio travolgente che dissipò ogni distrazione: sentivo solo il calore della sua bocca e la dolcezza della lingua che intrecciava alla mia e la guidava in un gioco di piacere che esaltava quello che mi agitava il ventre sotto la spinta dei colpi del suo pube contro il mio. Avvertii contro l’ano la grossezza del cazzo di suo marito - che avevo ammirato in ben diversa situazione - e ne fui spaventato; ma ancora una volta fu lei a rassicurarmi, accarezzandomi il viso, succhiandomi i capezzoli e muovendosi sapientemente sul mio cazzo con la figa che era una vera morsa d’amore. Un lungo bacio soffocò la fitta di dolore che mi si scatenò dal petto e dal ventre, quando la mazza di lui affondò tutta nel mio culetto vergine; ma le mani di lei che mi accarezzavano il culo, il petto, mi vellicavano i capezzoli e il viso, e, più ancora, il movimento intenso che avevano iniziato, lei da sotto, suo marito da sopra, sulla mia prostata, mi portarono ad un’eccitazione che mi fece perdere il senso della realtà, mi fece affondare in un pozzo senza fondo di libidine e di piacere.
Scaricai tutta la mia voglia nella figa di lei mentre lui esplodeva in un orgasmo infinito nelle mie viscere e lei urlava nelle convulsioni di un orgasmo mai visto né sentito. Ci abbattemmo in un mucchio di membra rilassate e restammo ad ansimare per qualche tempo; poi lui si staccò, io stentai un poco a sollevarmi, tra il languore della scopata e il dolore della sodomia; poi mi alzai anche io e mi ripulii con un fazzolettino che lei aveva fatto apparire da chissà dove; anche lei poi scivolò fuori dalla tenda. “Se ti è piaciuto, quando vuoi, noi siamo qui.” Fu il congedo; pensai che forse era solo l’inizio.
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Aggiunto: 5 anni fa
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Incesti