Mariangela era quella che si può serenamente definire una normale persona “strana”: maestra elementare, felicemente sposata con un bell’uomo dal quale aveva avuto due splendidi figli, si sarebbe considerata “a posto” socialmente, se non fosse per una certa sua insoddisfazione latente che comunque emergeva solo in alcuni casi e con determinate persone. La conobbi per caso, su segnalazione di un comune conoscente che mi indicò come persona adatta ad aiutarla in un banale problema di etimologie: tra le altre cose, uno dei rammarichi di Mariangela era la sua cultura, che considerava inadeguata ai suoi bisogni e, soprattutto, ai suoi sogni. La mia maggiore esperienza ed una certa sensibilità alla poesia mi fecero apparire, quasi in due battute, come il “principe azzurro” che da sempre sognava e da cui il marito era assai lontano dal somigliare, immerso com’era nella realtà quotidiana e nella necessità di “portare a casa la pagnotta”. Bastò qualche piccolo accenno alle preferenze poetiche per spingermela tra le braccia: solo un bacio profondo, appassionato, quasi soffocante, per arrivare ad un orgasmo squassante che la lasciò inebetita; scappò via immediatamente, perché non aveva tempo, e mi lasciò a cazzo duro e con tanta voglia addosso: per fortuna, dopo poco arrivò un’amica che non ci metteva molto a spogliarsi per scopare.
Mariangela riapparve dopo circa una settimana, del tutto inattesa, e mi sorprese riprendendo esattamente da lì dove si era interrotta: prima ancora di dirmi ciao, mi avvolse nella sua notevole figura e mi avvinghiò la bocca nella sua, a ventosa, lasciandosi perlustrare lingua palato e guance dalla mia lingua esperta. Ben messa fisicamente, con due tette da capogiro e un culo ben disegnato, faceva l’amore in maniera piuttosto passiva, lasciandosi penetrare in ogni modo e quasi non assumendo nessuna iniziativa. Fin dall’inizio, fui io a passare delicatamente le mani sulla schiena, mentre lei si abbandonava languidamente al piacere dei baci e delle carezze; non mi aiutò né si oppose, quando cominciai a sbottonarle la camicetta e sganciarle il reggiseno per mettere in luce il suo seno splendido, maturo, pieno, con due capezzoli grossi come nocciole; si lasciò succhiare i capezzoli e leccare le mammelle semplicemente mugolando di piacere; le sganciai la gonna e la lasciai scivolare a terra: non si preoccupò - come fanno generalmente le donne - di ripiegare gli indumenti, ma mi seguì docilmente verso il letto.
Memore della sua velocità di arrivare all’orgasmo, cercai di scoparla con la massima lentezza, fermandomi ogni tanto a farle riprendere respiro e coscienza. Mi spogliai del tutto, mi chinai su di lei e le leccai la figa con convinto entusiasmo; si lasciò fare gemendo dolcemente; visto che non prendeva iniziative, mi spostai verso il viso e le accostai il cazzo alle labbra: semplicemente le aprì e lasciò che la chiavassi in bocca senza neppure accennare a un pompino; mi lasciava entrare in gola fino alle palle, ingoiando il cazzo - tutt’altro che piccolo - senza nessun disturbo. Le montai addosso e la scopai a lungo, quasi con metodo; sborrai con violenza, quasi urlando di piacere, mentre lei si limitava a gemere e venire a più riprese. Da quella volta, venne spesso a trovarmi, nelle ore e nelle occasioni più impensate; ed io mi abituai a scoparla come lei gradiva: le leccavo le tette tutto intorno e raggiungevo i capezzoli solo quando mi accorgevo che aveva voglia di sborrare; le leccavo a lungo la figa ma mi tenevo distante dal clitoride, fino a quando non decidevo di farla esplodere; la penetravo con calma e la pompavo lentamente, fino al momento di farla venire e di sborrarle dentro con foga.
Il suo culo mi attirava come niente altro al mondo: tondo, pieno, perfettamente disegnato, esercitava su me - e sul mio cazzo - un fascino quasi insostenibile; cominciai ad infilarle un dito nell’ano, mentre la leccavo o mentre la scopavo; ma incontrai una decisa resistenza dello sfintere; la feci girare carponi e le leccai insieme la vulva e l’ano; poi presi a masturbarla con due dita in figa e in culo, ma reagì quasi con fastidio. Allora presi a scoparmela a pecorina: fu una sensazione indicibile sentire il suo culo appoggiarsi caldo e morbido al mio ventre: la scopavo con tutto il basso ventre e sentivo il piacere irradiarsi dalla vagina sul cazzo ma anche dalle natiche su tutto il basso ventre. Una volta, mentre la scopavo a pecorina, le infilai il solito dito nel culo: lo ricevette senza problemi, ma reagì quando cercai di infilarne un altro. Il massimo del godimento fu guardare il mio cazzo che la penetrava in figa, da dietro, e osservare lo scivolamento del’asta tra le chiappe e la vagina. Decisi di provare a incularla: le leccai a lungo il buchetto, lubrificai culo e cazzo con vaselina e appoggiai la cappella all’ano cominciando a spingere; ma quando la punta forzò lo sfintere, si ritrasse con un urlo di dolore. Da allora, non ci fu più verso di incularla.
Dopo un po’ di tempo, Mariangela scomparve quasi dal mio orizzonte. Dalle chiacchiere di alcune amiche - forse anche un poco gelose del “terzo incomodo” - seppi che aveva sperimentato vari corsi, anche universitari e che ogni volta aveva avuto una storia con un docente; non mi meravigliava affatto, viste le basi su cui si era stabilito il rapporto con me: era evidente il suo bisogno di “divorare” uomini di cultura che lei riteneva superiori; e il percorso più semplice era sempre quello che passava dalla figa. Di colpo, riapparve a casa mia, come sempre inattesa e imprevista. E riprese esattamente da dov’era quando si era allontanata, dall’ultimo bacio che ci eravamo scambiati sulla porta mentre usciva. Mi adeguai e la spinsi direttamente sul letto, spogliandola e spogliandomi lungo il percorso, per quanto breve. Di fronte alle sue superbe tette, non potei fare a meno di fiondarmi con la fame di un poppante e di leccarle tutte, centimetro per centimetro; poi passai al ventre che irrorai generosamente della mia saliva; finché arrivai alla figa che presi a lappare con gusto; “mettimi un dito nel culo” fu la richiesta sorprendente; non esitai ad accontentarla e avvertii che superava l’impaccio e si lasciava penetrare profondamente; aggiunsi un secondo dito e sentii i tessuti interni cedere dolcemente alla violenta penetrazione; mossi intenzionalmente la mano a mimare un’inculata e ruotai le dita per fargliele sentire su tutta la superficie: emise lunghi gemiti di godimento. Le succhiai con forza il clitoride e la portai all’orgasmo.
Mentre si rilassava stesa sul letto, mi spiegò che aveva avviato una storia con un suo amico psicoterapeuta di cui aveva scoperto una forte tendenza bisessuale, per cui prediligeva il rapporto anale: aveva quindi deciso di affidarsi a me - la persona che stimava più all’altezza - per farsi educare e prepararsi a “donare a lui la seconda verginità” (usò proprio quest’espressione!). Un po’ disorientato ( ma non molto, considerato il personaggio) le chiesi di spiegarmi più chiaramente. Venne fuori che voleva riprendere a scopare con me (aveva scoperto che le piaceva assai più che con chiunque) e che mi chiedeva di “farle il culo” ma non con il cazzo, solo di aprirla ai piaceri dell’inculata per arrivare a quella “vera” con l’altro. Ero troppo abituato a stranezze nel sesso, per meravigliarmi di questa; le spiegai allora che anche lei avrebbe dovuto fare qualcosa e non solo per me, come ad esempio imparare a partecipare attivamente alle pratiche sessuale e viverle con più intensità. Quasi come una brava alunna ad un tratto colta impreparate, abbassò solo la testa; ma in breve mi dimostrò le sue infinite capacità. Cominciai dal modo di baciare e in pochi minuti mi succhiava la lingua spompinandola come non avevano mai fatto prima di lei; le infilai il cazzo in bocca e la guidai in un pompino astronomico: per non sborrare dovetti ritirarmi in tutta fretta.
Poi la feci sdraiare sopra di me, con la testa rivolta al cazzo che ingoiò letteralmente; a quel punto, cominciai a leccarle figa e culo, ma immediatamente infilai nel suo buchetto il dito medio fino in fondo: reagì accentuando il movimento con la testa sul mio cazzo e gemendo a bocca piena. Roteai a lungo il dito nell’intestino, poi spinsi l’indice a fianco al medio: sentii lo sfintere reagire con un certo fastidio mentre il dito lo attraversava, ma il movimento accentuato della bocca sul cazzo ed una succhiata di clitoride riportarono tutto alla normalità; le due dita cominciarono a roteare dentro il culo e progressivamente avvertii un dolce cedimenti dei tessuti e della tensione; a quel punto, aggiunsi l’anulare e spinsi; “Si … si … si … così deve entrare … Lo voglio tutto dentro …” gemette Mariangela: era evidente il transfert (trattandosi, per di più, di un psicoterapeuta) per cui si sentiva inculata da lui mentre io la violentavo con le dita. Allora, aggruppai le dita insieme, pollice compreso, e cominciai a sfondarle il culo con la mano; non ebbe più reazioni di rifiuto, ma accolse con piacere il cuneo che la penetrava; quando arrivai allo sfintere, però, ebbe uno scatto di reni che mi indusse a fermarmi; succhiando come un vitello il suo clitoride, la feci esplodere in un orgasmo che le scosse tutto il corpo facendomi quasi soffocare.
Mentre si riprendeva, la scaricai dal mio corpo, la feci poggiare bocconi sul letto, mi piantai in ginocchio dietro di lei e le sollevai i fianchi finché poggiò le ginocchia sul letto; le accarezzai le natiche, le separai dolcemente e accostai il cazzo all’inguine; si irrigidì, temendo stessi per incularla; infilai di nuovo il medio nell’ano e, resasi conto - dalla dimensione - che non si trattava del cazzo, si rilassò; le spinsi il cazzo in figa con una violenza che non avevo mai usato e penetrai in lei fino al pube; presi una sua mano e la portai sulla figa, invitandola a masturbarsi mentre la scopavo. Fu la cavalcata più lenta, aggressiva e, al tempo stesso, dolce che avessi mai fatto. Arrivammo all’orgasmo insieme, dolcemente, e la mia sborra scivolò nella sua vagina mentre la sua mi inondava il cazzo. Crollammo sul letto svuotati. “Questa non era che la prima lezione” dissi alla fine, scherzando ma non troppo.
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