“Peppe, cos’è un bull?” Il mio compagno mi guardò con aria interrogativa e, come sua abitudine, con l’aria supponente di chi sembra pensare “Nemmeno questo sai?!”; ma la risposta fu più diplomatica: “Dipende dal contesto … letteralmente un bull è un bufalo, un toro … se il contesto è diverso, il senso è un altro!” Mi trovai quindi costretta a parlargli di Alì, il giovane di colore che lavorava nel negozio di abbigliamento vicino all’ingresso del supermercato che abitualmente frequentavo. Gli dissi che era un giovane statuario, più bello anche dei manichini del negozio, con mani lunghe e affusolate, i modi eleganti e sicuri. Tutte le signore - anche quelle un po’ attempate come me - ne parlavano, anzi ne sussurravano, nel bar d’ingresso o lungo le corsie del supermercato; da una di queste avevo colto per caso la frase, “Alì è senz’altro un bull” le altre si erano date di gomito ridacchiando ed io mi ero incuriosita. “Allora, per bull si intende un maschio di monta, un ragazzo – molto spesso in affitto – molto ben dotato e resistente all’infinito, capace di dare piacere alle donne che ne avessero bisogno e voglia.” Finì lì e, per il momento, non ci pensai.
Ma, alla visita successiva al supermercato, non resistetti alla tentazione di fare una capatina nel negozio di Alì e, con la scusa di esaminare con attenzione un po’ di modelli esposti, per un po’ di tempo guardarmelo con calma, quasi a studiarmelo con cura cercando di dare il meno possibile nell’occhio. Uscendo col carrello pieno verso la macchina, vidi un’auto effettuare una manovra strana che la mandò a sbattere contro un pilastrino di cemento; il cozzo fu rumoroso e richiamò l’attenzione di tutti i presenti; dal negozio vennero fuori il proprietario e Alì che si precipitò a soccorrere la malcapitata, la sorresse per le braccia e la portò fuori dell’abitacolo per farla sedere su una sedia prontamente portata fuori da un commesso. Premurosamente, quasi amorosamente, le chiese come stava e dove sentiva dolore; la signora accennò alla caviglia e al gomito. Alì le chiese garbatamente scusa e le frizionò leggermente la caviglia; la signora lo respinse quasi spaventata; ma il proprietario del negozio intervenne e la rassicurò: “Tra le altre cose, disse, Alì è anche un buon fisioterapista. Si può fidare!” La signora abbozzò e Alì con dita sapienti le controllò la caviglia e il gomito; poi, sorridendo, le disse che non era nulla; se se la sentiva, poteva anche guidare senza problema; nel caso, si offrì di guidare lui per riportarla a casa. La signora ringraziò, ma declinò l’invito e ripartì con la sua auto. I commenti, naturalmente, si sprecavano e tutti vertevano sulla carezza delicata del giovane nero; qualche signora azzardò anche un “altro che la caviglia, mi farei massaggiare da lui!”
A casa, raccontai l’episodio a Peppe che, naturalmente, non perse l’occasione per provocarmi: “… e a te, quanto piacerebbe un massaggio di Alì bello profondo … e non solo con le mani?” Lo mandai al diavolo ma sapevamo ambedue che mi aveva toccato sul vivo. Da più di un anno ormai, Peppe - per una brutta malattia - non era più in grado di darmi totalmente piacere: l’impotenza lo aveva ridotto ad arrangiarsi con le mani, con la bocca e con qualche vibratore. Non che fosse insoddisfacente: ci sapeva fare comunque e riusciva a provocarmi orgasmi soddisfacenti. Ma l’idea della carne viva nella carne era un tarlo continuo: e lo sapevamo tutti e due. Nel pomeriggio, mentre stavamo sdraiati a letto per il solito riposino, Peppe si avvicinò con evidenti intenzioni: in pochi minuti era già lì che mi baciava intensamente e mi palpava le tette con maestria per sentire i capezzoli ingrossarsi come fragole; mi spogliò delicatamente mentre mi leccava i seni e il ventre; poi mi stese supina e si accovacciò fra le mie cosce per leccarmi la figa. Sapeva bene cosa fare, il mio Peppe, e prima che me ne rendessi conto, stavo già sbrodolando di piacere mentre le sue dita si infilavano nella mia figa e tormentavano le pareti della vagina; all’improvviso, quasi a tradimento, l’altra mano si impossessò del mio ano e sentii il medio forzare lo sfintere ed entrare fino in fondo: con un sommesso mugolio gli sborrai in bocca.
D’un tratto, si staccò e andò al comodino: sapevo che avrebbe preso i vibratori che usavamo spesso: subito dopo, sentii che il primo, il più grosso, si avventava nella mia figa fino alla cervice dell’utero; a quel punto, Peppe azionò la vibrazione ed io fui squassata da una serie di piccoli orgasmi in rapida successione; lui intanto armeggiava con il vibratore più piccolo che accostò all’ano e fece vibrare: il mio sfintere si rilassò e lasciò che il corpo estraneo entrasse prepotentemente nell’intestino e stimolasse tutti i muscoli del retto. Le due vibrazioni congiunte mi mandarono in estasi; Peppe intanto mi aveva preso un capezzolo in bocca e me lo tormentava con gusto accentuando il piacere già intenso. “Ti piacerebbe se al posto di uno dei vibratori ci fosse il cazzo di Alì?” La domanda mi colse alla sprovvista e l’immagine che si formò immediatamente nella mente (quella del giovane nero che mi montava fino a sconvolgermi) mi mandò fuori di testa. Urlai un orgasmo mai registrato da moltissimo tempo e cominciai ad agitare il bacino per accentuare l’effetto delle vibrazioni. Peppe andò avanti così per una buona mezz’ora, descrivendomi come Alì mi avrebbe accarezzata tutta, come mi avrebbe leccata la figa e il culo, come mi avrebbe penetrato con dolcezza o con brutale violenza. Ed io, ad ogni immagine che lui costruiva, sborravo come una fontana rotta. Dovetti chiedergli di smettere, perché le forze ormai mi mancavano e temevo un infarto: “Per te è persino facile eccitarti mentalmente ed anche avere degli orgasmi mentali senza eiaculazione; per me, ogni sborrata rappresenta un calo di resistenza. Se non vuoi vedermi morire scopando, ti prego di smetterla”; spensi ambedue i vibratori e me li estrassi prima che potesse ribattere.
Mi abbracciò con dolcezza e concluse: “Forse un bull non sarebbe da escludere come ipotesi per darti piena soddisfazione”. La sera, prima di prendere sonno, cominciai a sentire addosso le mani di due, tre, dieci Alì che mi palpavano da tutte le parti, sentii lingue strane che mi penetravano nelle profondità più remote, cazzi di tutte le forme e dimensioni che mi facevano godere, godere, godere … poi finalmente presi sonno. Nelle settimane successive, l’argomento tornò, qualche volta, soprattutto quando decidevo di farmi scopare da Peppe con i nostri abituali metodi; solo che Peppe aveva capito che mi eccitavo molto pensando al terzo nel letto e ad ogni occasione, riprendeva a descrivere la potenziale scopata che potevo farmi con un bull, specialmente nero, per provocarmi intense ondate di piacere; cominciai a pensare che ci fosse un’altra motivazione e glielo chiesi “Ma, per caso, non è che ti dà piacere proprio immaginarmi scopata da un altro?” La risposta mi lasciò di stucco: “Nella mia condizione, fare il cuckold sarebbe un modo alternativo di godere intensamente”. Naturalmente, dovette spigarmi che il cuckold è colui che gode a vedere la compagna scopare partecipando da spettatore o, al massimo, da “servitore” dei due amanti.
La cosa non era per me facile da capire; ma Peppe mi spiegò che anche godere guardando filmini di scopate è, in fondo, un modo di essere cuckold; e che, in fondo, questa pratica gli era propria da molto tempo: dal vivo, pensava, poteva essere assai più affascinante. Non ne parlammo più. Ma adesso, andando al supermercato, mi sorprendevo sempre più spesso ad immaginarmi a letto con Alì mentre Peppe guardava e, chissà, riprendeva le scene con la sua telecamerina. Perfino Alì mi appariva sempre più “complice” e ammiccante anche se in realtà niente era cambiato nel suo atteggiamento. Finché il desiderio e la curiosità non ebbero il sopravvento e decisi che dovevo fare qualcosa almeno per provarci. Ne parlai a Peppe che, naturalmente. fu d’accordo e mi lasciò totale libertà di scelta, di iniziativa e di azione. Scelsi un pomeriggio in cui sapevo che il movimento di persone era minimo e quando il negozio di Alì era chiuso di pomeriggio; sperai che Alì fosse al lavoro e, fortunatamente, c’era; parcheggiai proprio di fronte al negozio dove lavorava. Comprai tutto quello di voluminoso e pesante che mi serviva per casa: ritornata alla macchina, mi impegnai a risultare quanto più imbranata possibile tra carrello, pacchi e bagaglio. Come speravo, venne in mio soccorso il giovane samaritano nero che sistemò tutto in ordine; al momento di salire in macchina, finsi una storta e avviai, molto artefatta stavolta, la sceneggiata che aveva stimolato la mia fantasia; quando però Alì si offrì di accompagnarmi a casa, naturalmente accettai con entusiasmo assicurandogli che lo avrei fatto riaccompagnare al negozio dal mio compagno; mi rassicurò che non serviva, perché il pomeriggio il negozio restava chiuso. Mentre Alì avvertiva il padrone che andava via e non sarebbe tornato, io colsi l’occasione per inviare un messaggio di avvertimento a Peppe.
Alì guidava sapientemente e con cautela. Il tragitto quindi mi consentì di avviare la mia opera di seduzione; anzi, per la verità, fu lui ad avviare il discorso sul binario che volevo; “Sei sposata?” “No; ho un compagno ma non è mio marito; siamo una coppia aperta e molto libera. E tu? Sei sposato? Hai una fidanzata?” “No, niente.” “E come fai?” chiesi accennando al pacco fra le gambe che, a riposo, era notevolissimo. “Come capita!” “Vuol dire prostitute, ragazze disponibili, scopate occasionali?” “Prostitute no; e neanche con gay; scopate occasionali, tutte, con ragazze disponibili, con signore insoddisfatte … come capita!” L’accenno alle signore insoddisfatte mi intrigava molto, mi accostai a lui e feci cadere una mano sulla coscia; si accarezzò il pacco che reagì gonfiandosi. “Quindi, una MILF disponibile in una coppia aperta col compagno fuori uso rientra nelle tue occasioni di possibilità …?” “Decisamente si; ma perché il compagno fuori uso?” “Perché può capitare che un uomo, per motivi di salute, può perdere la funzione sessuale e la compagna ha bisogno di sopperire.” “E’ il tuo caso?” Intanto si massaggiava ancora il pacco che ormai rischiava di esplodere. “Gia! Purtroppo il mio Peppe non può più ed io ho bisogno di percorsi diversi, ma senza offenderlo e senza tradirlo.” “E lui sa?” “Ti ho detto che siamo una coppia aperta: ci diciamo tutto.”
Alì per la terza volta allungò la mano a massaggiarsi il cazzo da sopra il pantalone ed io quasi esplosi: “Guarda che non la smetti di toccartelo, a casa mia non ci arriviamo; ci fermiamo lungo strada e ci arrestano per oltraggio al pudore!!!!” Rise di gusto; spostò la mano dal suo inguine e la poggiò sul mio ventre, all’incrocio della vulva: spostai la gonna (che per fortuna era ampia) e portai la sua mano direttamente sul minislip che trovò già fradicio. “Ti scaldi presto!” commentò “Non tanto presto; non sai da quanto aspettavo!” Per fortuna eravamo arrivati a casa; gli indicai il percorso e dovette (con mio enorme dispiacere) togliere la mano per manovrare fino al garage. Gli dissi di portare dentro l’auto: dopo ci saremmo preoccupati della spesa. Avevo ormai una voglia irrefrenabile e non vedevo l’ora di essere di fronte al suo pennone di carne per ritrovare piaceri antichi e da troppo tempo trascurati. Peppe, ovviamente, ci aveva sentiti arrivare ed era già preparato: ci aprì la porta prima che suonassi il campanello, salutò calorosamente Alì e baciò me sulla bocca, con calore. In casa, Peppe si diresse immediatamente in cucina per preparare un caffè che aveva offerto all’ospite; Alì si soffermò davanti a dei ninnoli che erano esposti su un ripiano; gli arrivai alle spalle, lo abbracciai in vita e congiunsi le mani davanti, sulla sua patta, mentre col ventre mi schiacciavo sulle sue natiche, dure come il marmo, strusciandoci un poco la figa.
Continuando a strusciarmi sensualmente su di lui, aprii il fermaglio della cintura e la slacciai, aprii anche il bottone che teneva fermo il pantalone, tirai giù la zip e infilai le mani nel boxer ad afferrare il cazzo che era esploso in tutto il suo vigore; mi trovai a carezzare un’asta di oltre venticinque centimetri che a stento contenevo tra pollice e indice; cominciai a mandare la mano su e giù fino ad una cappella che sembrava ergersi orgogliosa come la cupola di un campanile; lo tenni stretto amorosamente con le due mani e ne gustai il calore intenso e la sensazione di seta della pelle. Alì portò, in qualche modo, una mano dietro di sé e, agguantata la figa da sopra la gonna, mi pastrugnava tutto il monte di Venere con scomposte emozioni erotiche che scatenavano il mio desiderio di essere scopata. D’un tratto, sentii che Peppe era alle mie spalle e mi carezzava delicatamente e sensualmente le natiche; in qualche modo riuscì a sganciare la gonna e a farla scivolare per terra: me ne liberai scalciandola via; manovrando abilmente tra i nostri corpi, sganciò i bottoni della camicetta e mi denudò il busto; quando anche il reggiseno cadde a terra, cominciai a strofinare le mie tette sulla schiena di Alì che a sua volta sbottonò la camicia e la lanciò via: i miei capezzoli, che si era fatti duri e ritti come chiodi, cominciarono a solleticargli le spalle provocando continue vibrazioni del cazzo tra le mie mani. Facendomi amorosamente forza, Peppe staccò le mie mani dal cazzo, mi tirò un poco indietro e lasciò ad Alì l’agio per sfilarsi insieme pantaloni e boxer, girarsi e piantarmi il suo dragone tra le cosce, il più aderente possibile alle grandi labbra; per la sua lunghezza, l’asta sporgeva tra le natiche e Peppe guidò la cappella verso l’ano ma solo per consentire un’adesione totale al basso ventre.
“Proprio un bel cazzo!!!!!” commentò Peppe; “Si; e lo voglio dappertutto” aggiunsi; “Aggrappati al collo di lui e sollevati quanto puoi.” Mi suggerì; lo feci e Peppe infilò la mano tra le mie cosce, afferrò il cazzo e lo direzionò alla vulva: sentii la cappella aprire le grandi labbra e forzarle, ma era grossa e dura, quasi mi faceva male; Alì che aveva capito la manovra si piegò leggermente sulle ginocchia e il cazzo ebbe via libera per entrare; ma ambedue lo guidavano per farlo entrare progressivamente, centimetro per centimetro, orgasmo per orgasmo: infatti, ogni spinta mi provocava la sollecitazione di una nuova zona e una conseguente serie di vibrazioni che preludevano all’orgasmo; mentre tutti i centimetri si facevano largo nella vagina, venni a più riprese finché urlai perché la punta aveva urtato contro l’utero e mi aveva scatenato un leggero dolore ed un immenso orgasmo: sentivo il mio ventre sciogliersi in piacere liquido che scorreva lungo il cazzo, fra le cosce e forse andava a bagnare il tappeto su cui ci trovavamo. Alì reggeva bene; ma sostenere così il peso di un altro corpo è difficile; allora Peppe mi lasciò per un poco, prese una sedia e la portò dietro ad Alì guidandolo a sedersi senza interrompere la penetrazione in figa; quando si fu seduto, toccò a me appoggiare leggermente i piedi a terra a cominciare il movimento di saliscendi per scoparmi in figa sulla sua asta. Era una sensazione paradisiaca, quella del cazzo che mi scivolava in vagina, favorito dai miei orgasmi che avevano assai ben lubrificato il canale; ma era ancora più bello schiacciarmi su di lui e sentire tutto il basso ventre stimolato dal contatto con il suo corpo. Intanto, ci baciavamo con passione e le nostre lingue intrecciate fornivano esca alla libidine della scopata; di più, Alì ogni tanto si staccava dalla bocca e si chinava, con qualche difficoltà, sulle tette per succhiare quasi con violenza i capezzoli duri e ritti, alternandosi a popparli prima uno poi l’altro. Continuavo a sciogliermi in orgasmi che mi scorrevano via sulle sue cosce.
Dopo un po’, interrompemmo quella strana ginnastica, Alì mi sollevò per i fianchi fino a sfilarmi dal cazzo e mi accompagnò verso il divano, che occupava tutta la parete, sul quale mi distese sistemando le mie gambe (una sulla spalliera ed una a terra) in maniera da avermi scosciata al massimo con la figa spalancata davanti a lui. Cominciò poi un percorso metodico con la lingua su tutto il mio corpo. Partì dal viso, che leccò minuziosamente, concedendomi un senso di dolcezza mai provato, favorito anche dalla conformazione della sua lingua larga e morbida e dalla bocca a ventosa con cui succhiava diversi punti particolarmente sensibili; naturalmente, in bocca giocò a lungo facendosi spompinare la lingua come un piccolo cazzo e facendo altrettanto con la mia. Passò poi al petto, soffermandosi a lungo sulle aureole del seno, che io avevo ampie, marrone scuro e fortemente eccitabili ed eccitanti: molte volte le pulsioni delle leccate arrivavano alla figa e sborravo di nuovo: Peppe era addirittura meravigliato di vedermi sborrare con tanta frequenza e intensità. Il percorso della sua leccata passò per lo stomaco, il ventre e l’ombelico che mi sembrò piacergli particolarmente, vista la passione con cui lo leccò a lungo inserendo la lingua fino al limite del possibile: in quei momenti, era il suo cazzo che vibrava di pulsioni nuove ed io lo sentivo sulla figa dove era appoggiato. Quando finalmente giunge a leccarmi la figa, mi scatenò immediatamente sensazioni animalesche che si trasformarono in autentici urli che accompagnavano le reazioni violente quando la sua lingua scorreva liquida sulle grandi labbra o si inseriva prepotente nella vulva; quando poi prese in bocca il clitoride e cominciò a succhiarlo quasi dovesse mungerlo, mi dimenai sul divano come un’ossessa, mentre violente fitte di piacere si scatenavano da tutto il corpo; godevo, urlavo e schizzavo senza posa, finché crollai quasi sul divano.
A quel punto, si distese su di me con tutto il corpo e il cazzo tornò a penetrarmi in figa: un po’ per la figa completamente spalancata nella posizione scosciata in cui mi trovavo; un po’ la lunga lubrificazione per l’infinita serie di orgasmi; un po’ il piacere ormai acquisito di quella mazza che mi possedeva; insomma, scivolò dentro come nell’olio; e lo sentii invadermi il corpo come se il cazzo fosse complementare al ventre e riempisse un buco che era il suo posto naturale. Gli passai le gambe dietro la schiena e lo catturai a me con forza, per sentirlo fino in fondo e per non farlo scappare finché non fossi stata totalmente sazia. Mi scopò con delicata violenza, spingendo ogni volta l’asta fino in fondo all’utero e soffermandosi a godere la sensazione di pienezza; i colpi sembravano quasi calibrati con metodo; passaggi rapidi e più violenti si alternavano a momenti di penetrazione pacata e lenta; poi di colpo si scatenava con forza. Una simile attività non poteva andare avanti a lungo; ed infatti, ad un certo punto, il movimento si fece frenetico, mi scopò rapidamente per un poco, mi avvertì che stava per sborrare e mi riversò nell’utero una fiumana di sborra che provocò, ad ogni schizzata, un nuovo piccolo orgasmo, finché si abbatté su di me completamente rilassato: paradossalmente, fu in quel momento che io ebbi l’orgasmo più intenso della mattinata; ma me lo gustai interiormente, senza neppure scatenare l’urlo che sentivo premere dentro, abbracciandomi al suo corpo per assorbire tutto intero il piacere.
“Che scopata meravigliosa!!!!” Il commento di Peppe, decisamente sincero e partecipe, esprimeva la sensazione di tutti e tre di aver vissuto un momento intenso molto importante. Mentre metteva sul tavolino il caffè che aveva preparato, Peppe mi chiese: “E’ stato solo un primo round?” Feci spallucce, perché veramente non sapevo come la cosa potesse proseguire. “Andrai oltre?” “Se penso a quell’obelisco contro il buchetto del mio culo, un poco mi spavento …” “Sciocchezze! Hai assaggiato nel culetto bastoni abbastanza vicini a quello; i tuoi giocattoli privati sono di grossezza inaudita e nel culetto non ti fanno impressione; hai dei tessuti molto elastici e sai per esperienza che, dopo, tutto rientra nei limiti. Quindi, non accampare scuse: se ne hai voglia …” Era vero così come era vero che ne avevo voglia anche se non avevo chiaramente deciso, anche perché non sapevo in che ruolo collocare Alì (Scopata occasionale? Bull? Per il piacere? Per soldi? Amante? Fidanzato? O che altro?); e quindi aspettavo chiarezza. Mentre sorbivamo il caffè, io e Alì completamente nudi e Peppe surrealmente vestito di tutto punto, fu il mio compagno a portare il discorso sul terreno concreto: in breve fu chiaro che Alì non lo faceva per professione ma solo se quando e con chi lo attizzava particolarmente. La conclusione di Peppe mi spiazzò, ma non mi dispiacque. “Allora se Cristina ti attizza, hai visto che ha bisogno di qualche incontro di buon livello ed io, come sai, non sono più in grado di soddisfarla. Se si potesse organizzare - che so? - che una volta alla settimana tu passassi a sostenerla un poco e conservarla attiva e affascinante come è …” Alì accennò un assenso con la testa “Cristina mi piace e anche tu mi piaci; un pomeriggio libero da passare con lei si può sempre trovare.” “Allora, datevi da fare e completate quello che avete appena cominciato.” Peppe mi baciò delicatamente sulle labbra e si ritirò verso il suo studio. Avevo già notato però che il led della web cam sulla libreria era accesso, segno che stava riprendendo tutto e che poi ci saremmo deliziati riguardando tutto e usando il filmato come stimolante.
Seduti sul divano grande, io ed Alì riprendemmo come se ci fossimo appena incontrati: grandi carezze e tenerezze, quasi prive di eccitazione sessuale; poi un lungo bacio in cui mi fece sentire tutta la dolcezza delle sue labbra particolarmente grandi e morbide e la nervosità della lingua che sapeva diventare aguzza e penetrante per spingersi nelle profondità recondite della bocca e invece calda e sensuale quando leccava la mia lingua intrecciandola in un gioco di rimandi. Intanto anche le mani non stavano ferme e le muovevamo ambedue con frenesia quasi a perlustrare il corpo dell’altro; Alì mi accarezzava sensualmente le mammelle per stimolare tra le dita le aureole e afferrare poi i capezzoli strizzandoli e tirandoli, provocandomi ogni volta scosse diverse di piacere; io percorrevo il torace possente e giocavo coi suoi capezzoli con la stessa intensità: poi ne presi in bocca uno e cominciai a succhiarglielo: preso da lunghi brividi, si adagiò alla spalliera inarcando il bacino su cui si ergeva quasi monumentale il suo enorme cazzo; quasi per naturale istinto, lo presi con una mano e lo segai per qualche momento; ma mi fermai subito: non volevo che venisse presto e il succhiotto ai capezzoli mi pareva un punto di elevata capacità erogena.
Abbassai allora la testa e baciai la cappella; Alì mi appoggiò la mano sulla testa e mi forzò ad imboccare il cazzo per un lungo tratto, comunque fin dove potevo. Godevo molto a sentire tra le dita la consistenza serica della pelle che scivolava lungo l’asta e mi provocava fitte di piacere che mi facevano venire, anche se l’orgasmo era ben lontano. Succhiai per qualche minuto la cappella, poi scesi a leccare le palle, grosse, tese e piene di quella sborra che io volevo sentirmi scorrere dentro. Al massimo della mia succhiata di cazzo, Alì si staccò, si alzò, mi sollevò quasi di peso e mi fece stendere sul tappeto, mi fece piegare le cosce e divaricò le ginocchia per farmi aprire del tutto; poi si inginocchiò fra le mie cosce, manipolò il cazzo per un poco e, quando lo sentì duro al massimo, accostò la cappella alla figa; istintivamente, sollevai un poco il bacino per riceverlo in vulva; quando sentii la cappella dilatarmi le grandi labbra ed insinuarsi nel canale vaginale, mi aggredì un orgasmo così violento che, senza che me ne rendessi conto, spruzzai tutti i miei umori sul suo ventre. Allora diede un colpo deciso, il cazzo mi entrò tutto nella figa ed io ebbi la sensazione di volare in uno spazio neppure immaginato: il piacere mi inondò e persi quasi il senso della realtà.
Non era agevole sentire quel pistone di carne attraversare tutto il canale vaginale, raggiungere l’utero, picchiare contro la parte più intima e tornare indietro fin quasi ad uscire; e qualche senso di dolore lo avvertivo, quando la cappella urtava contro la cervice; ma tutti i passaggi erano accompagnati da tanti e tali piccoli orgasmi che l’unica sensazione che avvertivo era quella di spalancarmi a lui, di sentirmi sollevare in cielo e di sprofondare in un pozzo di piacere infinito: ad un certo punto, sentivo di essere tutta un solo enorme clitoride stimolato opportunamente e condotto agli orgasmi più intensi. Per un attimo mi fermai a pensare al piacere intenso (tutto solo mentale, purtroppo!) che Peppe doveva provare davanti al suo monitor mentre mi vedeva agitarmi con un’ossessa e mi sentiva urlare oscenità del tipo: “Ancora! … tutto dentro … sfondami … che cazzo meraviglioso!!!” ed altre amenità del genere. Ma effettivamente stavo vivendo un momento di piacere che non ricordavo uguale e a nessuno. Alì andava avanti e indietro quasi con metodo; a passaggi di pacata penetrazione, in cui sembrava prendere coscienza, centimetro per centimetro, della figa che stava penetrando, alternava momenti di entusiastica violenza, con colpi veloci in rapida successione: in ogni caso, il risultato erano le mie urla di piacere, in un caso per la penetrazione lenta vissuta fino in fondo, in un altro caso per la spinta violenta che scatenava piccoli orgasmi ad ogni passaggio.
Ormai però eravamo all’apice ed io volevo fare l’ultima esperienza. Lo bloccai con le mani sul petto e lo spinsi a sfilarsi, anche se il distacco costò più a me, quando mi sentii svuotare il ventre dal bastone di carne che me lo aveva deliziato per tutto il tempo. Mi sollevai in piedi e cambiai posizione; senza muovermi dal tappeto, mi posi ginocchioni e con le mani dilatai le natiche esibendo il buco del culo che recava evidenti i segni delle inculate a cui era stato sottoposto nel tempo. Alì appoggiò la cappella alla vulva e raccolse con la punta tutti gli umori che grondavano dalla vagina; spostò la punta verso l’ano e cominciò a spingere. La sua cappella aveva una forma quasi perfettamente conica, sicché la punta del cazzo sembrava entrare abbastanza agevolmente nell’ano: io cominciai a godere già quando sentii la prima pressione della cappella; ma la dimensione era decisamente particolare e, dopo un primo accenno di superamento delle sfintere, la dilatazione dei tessuti cominciò a provocarmi fortissime fitte; lo fermai per un momento e cercavo un palliativo, almeno; a quel punto intervenne Peppe che apparve all’improvviso alle nostre spalle e consegnò ad Alì un tubetto, che intuii essere di vasellina o di qualche gel lubrificante. Alì prese il tubetto, lo aprì e cominciò a spalmare la crema sull’ano, infilò nel culo un dito che era stato evidentemente unto col gel e cominciò a lubrificarmi il condotto; subito dopo, le dita diventarono due e cominciò anche il lavorio di dilatazione dello sfintere con le due dita che entravano e ruotavano in tutti i sensi: sentivo che i muscoli del mio retto si rilassavano e si adattavano piacevolmente alla dilatazione; poi le dita diventarono tre, penetrarono assai profondamente e si agitarono in tutte le direzioni portando l’ano a diventare un’autentica caverna.
Quando accostò di nuovo il cazzo al buco del culo, io sentii nettamente la forma e la dimensione della cappella che penetrava e la seguii millimetro per millimetro, anche perché Alì la faceva entrare assai lentamente, assai dolcemente e assai decisamente; mi lasciai andare al piacere di sentire il mio intestino percorso da quella trivella di carne; ne gustai la consistenza, la forma, le vibrazioni. Il gel evidentemente era lubrificante e leggermente anestetizzante, perché a mano a mano che la carne sua entrava nella carne mia avvertivo un leggero fastidio (nemmeno si poteva parlare di dolore!) ma soprattutto sentivo il mio corpo invaso di dolcezza che accompagnava il cazzo che spingeva sempre più in fondo tutto il mio grembo e che si impossessava della mia carne. Dopo un tempo che mi sembrò una meravigliosa eternità, sentii l’osso pubico di Alì picchiare contro il mio osso sacro e capii che la sua mazza era penetrata tutta dentro di me. Lo bloccai con un gesto, misi in azione i muscoli del retto e cominciai a masturbarlo dall’interno; nessuno dei due si muoveva di un millimetro; ma le mie natiche che si contraevano indicavano chiaramente il movimento di risucchio che il mio culo stava attuando sul suo cazzo.
Poi, però, fu lui a fermarmi: mi afferrò per le anche e cominciò a pompare con decisione nel culo; sentii scatenarsi nella testa fuochi d’artificio infiniti, mentre le sborrate si succedevano alle sborrate e gli orgasmi agli orgasmi. Tutto il mio essere partecipava a quel rapporto ed io mi sentivo tutta sesso: Alì mi scopava col cazzo nel culo; io gli rispondevo con tutto il corpo; scopavo col culo, con la figa, con la voce, col respiro, con le mani. Insomma vibravo tutta di piacere ed esplosi in un orgasmo che non aveva fine. Anche Alì fu travolto dal piacere e si lasciò andare ad una sborrata infinita, che mi invase l’intestino; sentivo gli spruzzi sparati contro le pareti, che scatenavano piacere intenso e partecipavano all’orgasmo in corso: ogni spruzzo una sborrata violenta che mi lasciava sempre più senza fiato. Poi, di colpo, tutto diventò calma e silenzio; io mi trovai accovacciata sul pavimento; Alì concluse piegato su di me appoggiato con tutto il corpo in un deliquio parossistico che lo lasciò senza forze; Peppe non lo vedevo ma ero certo che aveva sborrato mentalmente, visto che fisicamente non avrebbe potuto: ne avremmo parlato dopo. Con qualche sforzo, mi girai su un fianco facendo cadere anche Alì, sempre piantato dentro di me e dietro di me, ma almeno non lo portavo io; dovemmo attendere un poco, prima che il cazzo si sgonfiasse abbastanza da tentare di estrarlo col minimo di dolore; il gel fece la sua parte e dopo un poco lui riuscì a sfilarsi dalla presa del mio sfintere.
Gli indicai il bagno e andò a lavarsi; quando rientrò, era apparso anche Peppe al quale chiesi se se la sentiva di riaccompagnare Alì al lavoro o altrove, dove gli avrebbe indicato. Accettò senza esitazione; poi chiese ad Alì se gli dovessimo qualcosa per la mattinata di amore; lui si schernì dicendo che non era propriamente un bull ma che scopava soprattutto per il piacere di scopare; poi con una certa galanteria aggiunse anche che la mia partecipazione emotiva valeva qualunque compenso. Rimanemmo d’accordo che ci saremmo tenuti in contatto per eventuali nuovi incontri; anche per questo, ci scambiammo i numeri di cellulari. Poi, mentre loro due si avviavano alla macchina, io andai difilata sotto la doccia: ne avevo proprio bisogno.
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