Gli ultimi giorni furono densi di agitazione per i vari cambiamenti e per l’imminente stage a Roma. L’esempio di Francesca aveva contagiato l’ufficio e tutti avevano preso sul serio l’impegno a presentarsi al lavoro in abbigliamento consono all’eleganza del prodotto che fornivamo. Francesca e poche altre ragazze, per motivi familiari, arrivavano in sede vestite con gli abiti “monacali” che le famiglie imponevano: negli spogliatoi, cambiavano l’abbigliamento che quelli che conservavano negli stipetti e si presentavano agli uffici - sportelli, casse, gabbiotti di lavoro o scrivanie - come modelli in attesa di sfilare. Qualche accenno di borbottio dalle alte sfere fu tacitato dall’impressione generale, che veniva riferita dalla stampa, ed innescò un’autentica promozione dell’idea per essere sempre più alla moda. Carla si sentiva al settimo cielo e si vantava di aver avviato la trasformazione; ed era sempre lei ad occuparsi quasi con ansia dei preparativi per il viaggio a Roma. In particolare, mi sottolineava che c’erano almeno tre ipotesi di percorso: partire il venerdì pomeriggio con il mezzo che si preferiva, per avere una serata romana in più; partire col treno il venerdì sera per essere sabato mattina a destinazione; partire in aereo il sabato mattina, all’alba, ed essere a Roma per le dieci.
“Quante persone partecipano?” “Dieci, con te e con Francesca.” “Dove e a che ora è il punto di ritrovo?” “Reception dell’hotel Hilton alle dieci e mezza di sabato.” “A che ora parte l’ultimo aereo utile?” “Alle sei di mattina.” “Perfetto. Ognuno per se e dio per tutti. Ciascuno si organizzi come vuole: aereo, treno, autobus, macchina, anche a piedi; tutto è valido; la ditta rimborsa ogni spesa di viaggio e paga anche il pernottamento del venerdì a chi voglia stare un giorno in più a Roma. Andate, divertitevi, se ci riuscite; ma soprattutto lavorate e producete.” “Grazie, capo, sei uno zucchero!” “Attenta al diabete, cara!” Uscita Carla, mi rivolsi a Francesca. “Cosa pensi di dire a tuo marito?” Mi guardò titubante. Insistei. “Amore, noi viaggiamo insieme, questo è certo. Come vuoi che ci organizziamo?” “Io voglio stare con te più tempo possibile!” “Quindi, da venerdì mattina a lunedì mattina! Cosa dirai a tuo marito?” “Che partirò venerdì mattina e tornerò lunedì pomeriggio, dopo l’orario di lavoro.” “Bravissima amore mio. Adesso ascolta cosa possiamo fare. Possiamo partire venerdì in aereo, stare un giorno a Roma da turisti, passare due gironi a lavorare e il lunedì mattino tornare in aereo.”
“Elio, diciamo prima un’altra cosa. Io questo fine settimana lo voglio passare a fare l’amore con te; anzi, voglio che in questo fine settimana mi insegni tutto quello che puoi sull’amore. Detto questo, organizza quello che ritieni giusto. Tu da ora sei il mio faro, il mio pilastro, il mio grande amore. Ti è tutto chiaro?” “Così chiaro che se non fosse aperta la porta dell’ufficio ti avrei già baciata; sta’ ferma e ascolta. Venerdì mattina veniamo in ufficio, ti cambi d’abito e scappiamo in macchina nella località che tu ritieni più bella e degna di due innamorati nell’ambito di, diciamo, cento chilometri; lì facciamo i fidanzatini di Peynet ammirando tutti i paesaggi e baciandoci ad ogni albero che troviamo. A mezzogiorno ti porto a pranzo nel locale più carino e intimo del posto, quello per soli innamorati; nel pomeriggio riprendiamo l’itinerario d’amore tra natura e baci. A sera ti porto a cena nel posto più suggestivo che sceglierai, poi finalmente andremo a celebrare il nostro amore.” “In un albergo?” “No, io pensavo di andare a casa mia.” “Casa tua?!? Ma non c’è tua moglie?” “Abbiamo stabilito zone separate, entrate separate e non interferenza. Io la prima volta vorrei amarti nel letto che prima o poi sarà nostro, nella casa che prima o poi andremo ad abitare. Ma se la cosa ti preoccupa, possiamo anche andare in un albergo.” “No, scusami, sono sconvolta.”
“Francesca, se non vuoi essere sconvolta, noi venerdì prendiamo un aereo sulle dieci, andiamo a Roma e occupiamo la camera al’Hilton; passiamo la giornata in giro per Roma che è comunque una città meravigliosa; andiamo a pranzo in un locale tipico, passeggiamo anche nel pomeriggio, ceniamo in hotel e andiamo a letto, pronti per la giornata lavorativa. Cambia solo la suggestione dei ragazzini che girano per un posto sconosciuto e fare l’amore nel letto nostro, almeno prossimamente. Decidi tu.” “Tra Roma e il nostro letto, scelgo senza esitazioni il nostro letto.” “Allora, comunica a tuo marito che sarai assente da venerdì mattina a lunedì sera e lascia fare al tempo.” Per tutta la giornata, vidi Francesca molto tesa; ma neanche io dovevo essere molto sereno, se Carla più volte mi chiese come stavo. Mentre manovravo per uscire dal parcheggio assegnatomi, mi si parò davanti e, senza profferir verbo, entrò in macchina dalla parte del passeggero. “Dove mi porti?” “Benedetta ragazza, cosa vuoi fare?” “Elio, non ci prendiamo per i fondelli. Finora eri intoccabile per Nunzia, ora ti stai vistosamente innamorando di Francesca; sarà un casino, sicuro, ma tu l’avrai perché anche lei ti vuole. Io voglio assaggiarti, almeno una volta. Non ti chiedo passione eterna, ma un poco d’amore, quello sufficiente per una bella serata di sesso e di coccole. Dove mi porti?” “A casa mia?” “Nella camera a fianco a quella dove sta scopando tua moglie? Siiiiiiiii: questa è vita. E mi farai urlare fino a che lei non si precipiti preoccupata che mi stai sgozzando?” “Questo non lo garantisco, ma mi impegno a darti tanto amore quanto ne cerchi.”
Prima di andare a casa, è opportuno però fermarsi a mangiare qualcosa: una trattoria simpatica sta proprio lì nei pressi; ci andammo e consumammo in fretta lei un’insalata e io una bistecca; poi ci precipitammo verso casa, quasi con una fregola irresistibile di scopare. “Perbacco, mi fai tornare in mente il tempo in cui per una scopata avrei capovolto il mondo!” “E tu cosa credi che possa provare io dopo che per anni ti ho ammirato e desiderato senza avere il coraggio di farmi avanti? Sono al settimo cielo e non vedo l’ora di farmi sbudellare con amore da te!” “Carla, non esagerare, l’amore non è mai violenza, se è fatto bene.” “E’ per questo che stravedo per te.” Fortunatamente eravamo arrivati, parcheggiai al posto riservato e salimmo insieme dalla porta di servizio. “Ingressi separati, eh?” “Si, tutto separato, ormai.” Entrammo nel salone e ci liberammo dei soprabiti; presi una bottiglia di cognac con due bicchieri e ci avviammo alla camera degli ospiti: il letto, naturalmente era disfatto, perché le disposizioni alla donna dei lavori le dava la mia ex moglie e naturalmente tendevano a danneggiarmi. Ne approfittai per telefonare alla signora e dirle a chiare lettere che se non avesse tenuto in ordine anche la mia parte di casa, il contratto lo strappavo; chiese scusa e promise che non avrebbe tenuto più conto delle malevolenze della signora. Carla sorrise e si sdraiò a bella posta sulle coperte arruffate.
Mi fiondai su di lei e la brincai con tanta voglia: dopo tanti anni trascorsi a contatto di gomito, per la prima volta mi resi conto della sua quinta di seno che sembrava esplodere ma si teneva compatta e soda, del suo culo alto e morbido, disegnato col compasso, del ventre asciutto e nervoso con un monte di venere assai pronunciato. Mi chinai a succhiarle i capezzoli, mentre goffamente cercavo di liberarla di maglietta e reggiseno: fortunatamente provvide lei e mi trovai libero di pascermi del suo corpo che mi apparve meraviglioso. Con un po’ di acrobazie, feci scivolare giù il pantalone e la liberai dei collant; presi poi le mutandine dal bordo superiore e le feci scendere lentamente verso il basso scoprendo a piccoli tratti la figa depilata, tranne per un piccolo tratto in cima, le grandi labbra superbamente esposte e le piccole racchiuse come un fiore: in mezzo vidi sbucare il clitoride gonfio e mi precipitai a succhiarlo e morderlo con foga inusitata. Sfilai via del tutto le mutandine e mi precipitai a leccare figa e culo in una sola passata; presa dal piacere della leccata, si girò sul letto e si pose gattoni innalzandomi verso il viso le natiche perfette, la fessura tra esse e lo spacco di culo e figa. Succhiai, leccai, morsi, accarezzai e penetrai con le dita in ogni dove.. “Mettilo dentro … per favore … mettilo dentro … chiavami, ti prego … chiavami.”Mi sollevai sulle ginocchia, puntai la cappella alla vulva e spinsi.
Per un attimo ebbi un dubbio. “Posso venire dentro?” “Si, non preoccuparti, prendo la pillola, ma scopami, con forza, scopami.” Cominciai a pomparla con forza e sentivo che l’utero soffriva ogni volta che la cappella colpiva il collo. “Sei certa che non ti faccio male?” “Picchia senza problema, non sai quanto mi stai facendo godere!” Invece lo sapevo, e me lo confermava l’abbondanza di umori che dalla vagina si scatenavano sulla mia asta. In un raptus di violenza, spinsi il ventre contro le natiche e sentii gli ilei che mi penetravano fino alla vescica mentre la cappella martirizzava letteralmente l’utero. “Siiiiiii … ecccooooooo … cosiiiiiiiiii …. Sto sborrando … vengo …. Vengo …. Amore, tieni, questo è tutto per te, goooooddoooooooooo.” Ero quasi spaventato dalla violenza dell’orgasmo. La scena era stata così violenta che non m’ero accorto dell’entrata di Nunzia che mi apparve all’improvviso alle spalle. “Cazzo, che grande scopata! Sei ancora in gamba. Eh? E chi è questa ragazzina, la tua ultima fiamma?” Carla si stava appena riprendendo dall’entusiasmo della sborrata. “Ehi, Nunzia, invecchi: neanche più riconosci le vecchie amiche!” “Carla? Tu qui? Proprio tu?!?!” “E perché? Chi ti aspettavi? La regina Elisabetta?” “No, scusa, non volevo offenderti; solo che non pensavo che una nullità come il mio ex marito avesse una donna così bella.” “Ti consiglio di armarti di pazienza, perché ne vedrai delle belle!” “Più belle di te?” “Più belle, più nuove, forse perfino più fresche!”
Guardai Carla con occhio torvo e finalmente capì che doveva stare zitta. Nunzia tentò di tornare ancora sull’argomento. “Perché esistono ancora le vergini?” Intervenni seccato. “Si; se esistono mariti impotenti, anche le mogli possono essere vergini. O hai dimenticato aaammmmooooorrrreeeee mio?” “Touchè” ammise e si ritirò. Io e Carla ci sedemmo tutti nudi al tavolino ed io versai del cognac nei due bicchieri. A quel punto si presentò ancora Nunzia tutta nuda e con un bicchiere in mano. “C’è del cognac anche per me?” Gliene versai. “E una scopatina?” Provocò. “Carla, cosa mi hai chiesto prima di venire qui?” “Amore, anche solo per una serata.” “Ti è bastato quello che hai avuto?” “Oddio, ce n’era; ma se ce ne fosse ancora un poco, ho ancora una bocca e un culo da offrire al tuo amore.” “Ok. Allora diciamo che le funzioni possono essere anche diversificate: chi vuole scopare, si accomodi: il mio cazzo non si rifiuta. Però, quello che io do è amore: Carla, prenditi l’amore che preferisci; lascia le scopate a chi ne ha bisogno.”
“Leccami!” mi impose Carla, mentre mi stendeva supino e si piazzava con la figa sul mio viso; presi a leccarla con devozione, come un cagnolino affamato, in tutte le pieghe del culo, su tutte le superfici delle grandi labbra, nel canale vaginale e su tutto insieme, dall’ano al clitoride sul quale mi fermavo insistendo a succhiare. Intanto Nunzia era salita a cavallo del mio cazzo e si era impalata col viso rivolto ai miei piedi: conosceva benissimo il mio cazzo, e l’aveva frequentato fino a pochi giorni prima, per cui cercava il contatto con gli anelli e coi tessuti interni del canale vaginale, con le superfici delle piccole labbra e soprattutto con il clitoride, quasi non le bastasse mai. Carla nel suo movimento per farsi succhiare mi strofinò sul mento il clitoride così a lungo che esplose in un nuovo irrefrenabile orgasmo accompagnato da un urlo disumano che quasi spaventò Nunzia. “Ma cosa cazzo le fai a questa qui, che urla come la scannassero; e perché io non riesco a sborrare?” “Non lo so, forse hai perso l’abitudine a scopare con un arnese decente.” “Dai, fammi almeno sborrare una volta, per favore!” Carla la guardò impietrita. “Dai, visto che sembra proprio averne bisogno, tanto da chiedertelo per favore, dalle una botta bella giusta così ci lascia liberi di amarci.”
Ribaltai Nunzia e la scopai per qualche minuto finché scaricò un immenso orgasmo chissà da quanto rinviato. Poi lei si allontanò e ci lasciò in pace; continuai a fare l’amore con Carla quasi fino all’alba e lei volle passare in rassegna tutte le sue abilità, dalla sega al pompino, dalla spagnola all’inculata selvaggia. Quando ci accorgemmo che ci restavano poche ore per recuperare un minimo di sonno, decisi che non era possibile dormire in due nel lettino degli ospiti in cui mi ero ridotto e l’accompagnai a casa. Nel viaggio di ritorno, Carla mi fece notare che, da varie confidenze, risultava vero che Francesca era praticamente vergine e che avrei avuto un bel da fare per svezzarla da quello stato: l’unica raccomandazione che mi fece mi apparve dolce, perfino patetica. “E’ una donna fragile e delicata; tu, in confronto, sei una bestia; ma posso testimoniare che sai essere di una dolcezza infinita. Usala tutta, con lei, non la sciupare. Fa’ che cresca mantenendo l’integrità che ne fa una persona rara.” La ringraziai baciandola sugli occhi mentre scendeva dalla macchina. Tornato a casa, riuscii finalmente a riposarmi qualche ora, dopo aver tenacemente evitato nuovi accesi assalti di Nunzia evidentemente in crisi di astinenza da sesso vero.
L’indomani mattina ebbi la conferma che il gioco era fatto, quando lessi il messaggio di Romualdo che avvertiva Nunzia che Francesca sarebbe partita il venerdì mattina e tornata il lunedì sera, per cui avevano quattro giorni tutti per loro. Immediatamente avvertii Francesca che era confermata l’ipotesi di casa mia e che si preoccupasse delle prenotazioni per tutto e, se voleva, anche per pranzo e cena, a mio nome, nella località che aveva deciso. Quando Carla venne a chiedermi conto delle prenotazioni, mi limitai a guardarla con un sorriso di gioia, quello di un gatto che ha mangiato un grosso topo. Mi studiò per un poco; era troppo intelligente per non arrivarci. ”Perdio, anziché partire venerdì per Roma, te ne vai sul lago con Francesca e ci passi tutta la giornata da innamorati; la mattina seguente prendete l’aereo e alle dieci puntuali come un orologio sei sul posto di lavoro! Questo si chiama essere un genio. Scusa, ma manca la prenotazione dell’hotel per venerdì notte; dove la porti?” Io continuavo a guardarla con lo stesso sorriso ebete. “No!!!!! Non ci credo!!!!!! Non è possibile!!!!!!!! Non ci si può credere!!!!! A casa tua? Te la porti a casa tua, nella camera accanto a quella di tua moglie?” Il mio sorriso diventò ancora più ebete. “Dio mio, che altro ancora? Lei sarà con un altro, è chiaro! No, aspetta, lei sarà col mezzo impotente che non la soddisfa …. Dio, Dio, Noooooooooooooo lei starà col marito di Francesca!!!!!” “Shhhhhh non dire certe cose!!!!!” “Ti odio! … o forse ti amo … chissà!”
Carla non è una che si ferma; poco dopo Francesca si lamenta con me di alcune domande strane che Carla le ha rivolto. “Per esempio?” “Per esempio, ha voluto sapere come stava a dotazione Romualdo.” “E tu?” “Le ho detto la verità. Ho fatto male?” “Beh, se avesse chiesto di me e tu le avessi detto quello che sai (ma in realtà non sai niente), non mi avrebbe fatto piacere. Comunque, forse voleva solo sapere se merita interesse quando tu lo lascerai.” “Ma è tanto importante la dimensione del sesso nei rapporti umani?” “Vogliamo riparlarne tra qualche tempo, quando avrai maggiore dimestichezza con questi problemi?” “Va bene, però volevo anche avvertirti che Carla, per competenza d’ufficio, sta spulciando tutte le voci di spesa e quindi sa tutto di noi.” “Lo so; e Carla è anche una che per giustificare la nostra vacanza si inventa un incontro di lavoro al lago; e ricordati che, nonostante le apparenze, merita fiducia e ti vuole bene, anzi forse ci vuole bene. Stai serena.”
Avendo ormai deciso che Francesca sarebbe venuta a vivere con me, di ritorno da Roma, le consigliai di fare un fagotto delle poche cose veramente importanti che aveva a casa del marito e di portarsele in ufficio, dove io disponevo di una cassaforte personale. Mi sembrò alquanto esitante, poi ne parlò con Carla che la incitò a farlo immediatamente, perché cominciava per lei una nuova vita; si fidò, alla fine, e portò un pacchetto nella cassaforte del mio ufficio. E venne finalmente il venerdì mattina. Francesca si presentò in ufficio regolarmente e si recò negli spogliatoi per cambiarsi; lì trovò Carla che la fermò e le indicò alcuni pacchi, dai quali sbucarono un fresco abito primaverile di seta con un elegante scialle e un soprabito leggero, autoreggenti e stivaletti, un minitanga e un reggiseno coordinato: Francesca capì che avevo chiesto a Carla di dotarla di vestiti adatti ad una giornata d’amore, ringraziò e abbracciò l’amica, che le fece tanti auguri e si terse una lacrima. “Sei una persona bellissima e meriti tanta felicità: io spero che la tua cominci da qui.” “Anche solo un inizio così, con un’amica che scopro dopo averla sfiorata per anni, è già felicità.” Si abbracciarono tra la meraviglia di tutte. Appena pronta, mi raggiunse alla macchina e, insalutati ospiti, scappammo via. Prima di uscire dalla città, volli soddisfare una mia curiosità e passai da casa mia; immediatamente Francesca riconobbe l’auto di suo marito parcheggiata nel mio box.
“Come vedi, non siamo i soli ad aver deciso una vacanza d’amore!” “Posso dirti una cosa senza rischiare un incidente?” “Di’ pure!” “Ti amo.” Inchiodai l’auto, mi girai, l’abbracciai e la baciai a lungo, incurante del traffico. “Ti amo, ti adoro, ti voglio, voglio vivere con te, devi essere mia, spaccherò il mondo per averti, mi riduco in miseria, mi scontro con tutti i tribunali del mondo; tu devi essere la mia compagna. TI AMOOOOOOOOOOOOOO” “Matto, adesso pensa a guidare. Oggi sarò tua, completamente, profondamente tua. Ma adesso andiamo a viverci il nostro breve ed intenso amore ragazzino.” Il ristorante era una edifico a strapiombo sul lago, circondato da un bosco fresco e tenero, ricco di sentieri che si perdevano nel verde; lo percorremmo a lungo, fermandoci a baciarci ad ogni piccola radura; ed ogni bacio era un passo verso la conoscenza reciproca: la baciavo in fronte, lungo il viso, sulle guance, sugli occhi, sul naso sul mento e scoprivo il piacere sensuale della sua pelle, del suo odore, del suo sapore; quando giunsi sulle labbra e le forzai delicatamente, la sentii aprirsi come un fiore timido e impacciato, ma in un attimo le scattò il desiderio di combattere con la lingua battaglie di saliva per succhiarci e berci continuamente; quando affondai il viso nell’apertura del vestito, nel varco tra i seni, la sentii rabbrividire e ritrarsi per un attimo; poi si offrì spontaneamente e quando le succhiai un capezzolo diventò improvvisamente languida, le ginocchia le si piegarono e dovetti sostenerla nel suo primo, intenso, piccolo orgasmo. Di colpo parve cedere del tutto e mi lasciò fare. Ma mi fermai.
Feci scivolare una mano lungo il fianco ad accarezzarle la coscia e presi la mano che teneva abbandonata in grembo; la portai delicatamente sulla patta e le feci accarezzare la verga in tutta la sua lunghezza; sentii che tendeva a stringerla di tanto in tanto e la lasciai fare. “Sai, mi piace infinitamente sentirmi accarezzato. Ti va se lo faccio anch’io?” Abbassò gli occhi ed io accostai la mano all’inguine: vibrò come per una scossa elettrica; gemette, mi guardo e sussurrò.”Mi da piacere, tanto piacere. Ti amo” “Ti amo anch’io.” La strinsi a me con forza e sentivo che aderiva con ogni fibra del corpo. “Quando faremo l’amore sarà tutto così?” “Di più, molto, molto, molto di più; qui stiamo amandoci da ragazzini; poi ci ameremo da adulti e sarà tutto molto più grande, molto più bello, molto più importante.” “Non vedo l’ora di fare l’amore con te.” Pranzammo senza renderci conto di quel che contenevano i piatti, che erano deliziosi; passammo il pomeriggio a girovagare tra gli alberi baciandoci in continuazione e continuando a scoprire i nostri corpi (Francesca, soprattutto, che ignorava moltissimo) finché decisi che potevamo anche andare a casa direttamente. Parcheggiai al mio box perché l’altra macchina si era allontanata.
Entrammo dal retro, presi dal salone la solita bottiglia di cognac e due bicchieri e ci andammo ad imboscare nella stanza degli ospiti, stavolta chiudendo accuratamente la porta alle nostre spalle. La stanza ora era perfettamente in ordine e il letto appariva anche più comodo, Per la seconda volta mi trovavo di fronte ad una semivergine ed ero alquanto emozionato, perché per di più c’era di mezzo il grande amore che provavo. Spogliai delicatamente Francesca e lei, dapprima imbarazzata, poi prese coraggio e decise di fare altrettanto con me. Mentre facevamo scivolare via i vestiti, ci fermavamo a baciare, a leccare, a succhiare, a mordere tutto quello che emergeva e che ci appariva come nuovo, dai tratti del viso alla pienezza dei seni, dalla pelle tesa e candida del ventre all’ombelico strano e profondo fino al monte di venere; percorsi il suo corpo con un’infinità di baci e godevo a sentirla vibrare, eccitarsi ed avere piccoli e continui orgasmi. Quando le sfilai insieme il minitanga e le calze, mi apparve la figa ricoperta di un morbido pelo: mi ci lanciai golosamente con la bocca e cominciai a succhiarla come fosse l’ultima speranza della mia vita e la mia lingua la penetrò in ogni angolo, in ogni anfratto. Ogni tanto la sentivo ritrarsi, quando la lingua toccava punti “sporchi” come il foro uretrale e l’interno dell’ano; quando però vedeva la mia decisa insistenza, si lasciava andare e si spalancava naturalmente. Non so quante volte le sentii gemere per i piccoli orgasmi che soffocava.
Quando le succhiai quasi con ferocia il clitoride, si abbandonò ad un urlo immenso, che si sentì probabilmente dalla piazza. Mentre le tenevo la figa a mano piena quasi per rallentare il consumo dell’orgasmo, le sussurrai. “Finalmente ti ho sentito godere!” “Non è vergognoso?” “E’ vergognoso nascondere le emozioni, i sentimenti; non lo è invece lasciarsi andare e comunicarli al mondo!” Mi baciò con affetto. “Cosa posso fare, io, per darti piacere come hai fatto tu?” “Solo quello che ti dettano il cuore, la testa e la figa!” Mi spinse giù definitivamente pantaloni e boxer e si fermò incantata a guardare il cazzo ancora appoggiato sul ventre; lo toccò con esitante delicatezza e lo senti vibrare mentre si inastava ancora di più. “Guarda che non morde!” Scherzai. “Ma mi fa quasi paura.” “Perché ancora non sai di quanto piacere è capace!” Sembrò farsi ardita e appoggiò delicatamente le labbra alla cappella; istintivamente mi mossi e spinsi dentro la bocca. “Se ti va, puoi leccarlo, baciarlo, succhiarlo, fartelo entrare in bocca, insomma giocarci come un meraviglioso strumento d’amore.” Capì al volo e dopo pochi attimi la sua lingua caracollava intorno alla mia bestia con amore evidente; una sua mano era scesa fra le cosce a cercare la figa da masturbare e dalla bocca piena emergevano continuamente mugugni e gemiti che segnalavano piacere e piccoli orgasmi. La aiutai spingendo su e giù l’asta lungo la gola fino al limite possibile e in breve mi stava facendo il pompino più celestiale che avessi mai ricevuto.
La fermai, spiegandole che, mentre lei poteva godere spesso ed avere molti orgasmi, le mie eiaculazioni potevano essere al massimo una o due, per cui era meglio che mi frenassi, se volevo fare tanto amore prima di concludere; si fermò e si stese sopra di me; manovrando con agilità, la ribaltai e la stesi supina sul letto, mi sistemai fra le sue ginocchia e le allargai le gambe. Le chiesi se prendeva precauzioni, ma ovviamente rispose di no, perché era considerato peccato; le chiesi se il marito le veniva dentro, abitualmente, e mi disse che si, cercava di farlo ma molto andava perduto (per un problema di dimensione, a mio avviso); non volevo usare un preservativo, anche se ne avevo a disposizione; optai per l’interruzione, come avevo fatto con la sposa vergine; ma mi riservai di farle prendere la pillola al più presto. Cominciai così un’autentica nuova deflorazione: sin da quando cominciai a penetrarla, mi resi conto che i tessuti erano quasi intatti e si aprivano con difficoltà alla penetrazione; le chiesi se avesse dolore; fece no con la testa e aggiunse. “Piacere, solo tanto piacere: ti prego, dammi ancora tanto piacere!” La penetrai lentamente, centimetro per centimetro; stavolta non sentii l’urto contro l’imene ma avvertii netto quello contro la cervice del’utero, accompagnato da un lamento di lei; mi fermai ancora, ma improvvisamente sollevò le gambe e istintivamente le aggrappò dietro la mia schiena e si sfondò letteralmente con un colpo di reni. “Tutta, tutta, riempimi tutta, ti voglio dentro tutto!” Ma era evidente che aveva male e glielo dissi. “Non importa! Il piacere è di più; anche il dolore si fa piacere, così”
La montai con tutta la cautela possibile, ma era un vera sofferenza trattenere la violenza di fronte ad un amore così puro: allora la presi con forza, anzi con feroce passione amorosa; la vidi anche lacrimare ma spinsi fino in fondo, finché sentii che i coglioni mi scoppiavano e lo tirai fuori all’ultimo momento per scaricare la sborrata sul suo ventre inondandolo di sperma. Francesca affannava per l’emozione. “Sei riuscita a godere fino in fondo?” “Non puoi immaginare quanto. Sto ancora godendo e gustandomi il tuo sperma sul ventre; l’avrei voluto dentro, ma è stato giusto così; poi dovremo trovare un rimedio.” “Pensi di farlo ancora?” “E tu speri di impedirmelo? Ora il tuo … coso … oh, insomma, ora il tuo cazzo è mio e lo voglio sempre e in tutti i modi.” “Ma non ti ho sentita urlare, per l’orgasmo!” “Solo perché hai urlato più di me; sembravi un maiale al macello!” e si mise a ridere. “Strano, non mi era mai capitato di urlare.” “E neanche a me.” Dovevamo avere urlato per davvero, perché subito dopo bussarono alla porta; chiesi chi fosse, senza avvicinarmi; era Nunzia che chiedeva se stavamo bene, la rassicurai e la mandai al diavolo.

La situazione era quanto di più paradossale si potesse immaginare. A casa mia, ero costretto - da separato in casa - a starmene nella stanza degli ospiti con la donna di cui mi ero perdutamente innamorato, mentre la mia ex moglie nella camera da letto se la godeva col suo nuovo amante, guarda caso il marito della mia amata. Mentre quasi violavo per la prima volta Francesca, Nunzia, mia moglie, era piombata alla porta a chiedere con chi fossi. Si sentì un’altra voce urlare che diamine succedesse e Francesca rabbrividì. “Mio marito Romualdo!” Sussurrò. Infilai i pantaloni, spensi la luce perché dentro non si vedesse e andai alla porta; aprii con cautela facendo in modo da impedire a Nunzia la vista dell’interno. “Che vuoi?” “Niente, ti credevo a Roma.” “Credevi male; i dirigenti vanno in aereo, parto domani. Sei qui col nuovo amore?” “Perché, ti dispiace?” “Neanche per sogno; solo per avvertirti che farai bene a trasferirti da lui domenica sera, al massimo. Da lunedì devi lasciarmi la piena facoltà di questa casa dove verrò ad abitare con la mia nuova compagna.” “Ah, hai già una nuova compagna? Bene, lunedì ti lascio l’appartamento e me ne vado dal mio nuovo compagno.”
Chiusi definitivamente a chiave la porta e tornai a letto; ma è difficile stare in due in un lettino striminzito; Francesca mi si accoccolò contro, schiena contro il mio ventre; e il mio batacchio non resistette al piacere delle sue natiche. Si erse superbo e andò ad urtare la vulva ancora grondante di piacere. “Hai ancora voglia d’amore? … Io si.” “Ma dobbiamo dormire almeno qualche ora, se vogliamo essere efficienti domani …” Provammo ad assestarci, ma dalla camera a fianco le voci arrivavano comunque. Ad un tratto quella di Nunzia si alzò di tono. “Cazzo, ma neanche in un culo così aperto riesci a farlo entrare?” Francesca mi guardò sbalordita. “ … culo? Ha detto culo?” “Si, amore, il sesso si fa anche con il buchino posteriore, non lo sapevi?” “Tu lo hai fatto con Nunzia?” “Tesoro, devi capire che ho una lunga storia. L’ho fatto con Nunzia e anche con molte altre.” “E lo fai con me?” “Ora?!?! Ma sei matta!!!! E’ una cosa delicata e difficile, si può fare ma richiede tempo, cautela, pazienza, e tanto amore.“ “Allora, quei due ci stanno mettendo tanto amore!” “Un corno. Senti, bambina, il sesso può essere un’attività di piacere fine a se stesso o l’espressione concreta di un grande amore, il bisogno di penetrarsi fino in fondo. Se lo fai con amore, è amore puro; se lo fai per il gusto della lussuria, è puro sesso. Tu cosa vuoi fare?” “Amore, solo amore, sempre amore. Ma lo voglio fare con tutto, con l’anima, con la ragione, col sentimento ma anche e soprattutto col corpo. Io da te voglio tanto amore ma anche tanto sesso, a patto che sesso e amore siano la stessa cosa.” “Allora, dai tempo al tempo e imparerai ad amare con ogni fibra del tuo corpo.” “Come sta succedendo adesso!” e la sentii che si attaccava con ogni lembo di pelle possibile e che da ogni pigmento mi trasmetteva calore, gioia, amore.
Riuscimmo a crollare addormentati fino a che, alle quattro, la sveglia mi ronzò nell’orecchio: Ci muovemmo rapidamente e in silenzio per andare in bagno e prepararci a partire; uscimmo alla chetichella, montammo in auto e arrivammo in tempo all’aeroporto. Alle dieci e mezza, puntuali come la morte, eravamo nella hall dell’Hilton dove ci registrammo e incontrammo gli altri stagisti provenienti da tutte le sedi internazionali della multinazionale da cui dipendiamo. La mattinata e il pomeriggio, ad eccezione del pranzo elegante ed ottimo, ci vide impegnati tra scartoffie, tabelle, grafici e problemi di gestione. Finalmente alle 18, il rompete le righe ci mise in condizione di gustarci la città. Il gruppo della nostra sede si mosse, quasi naturalmente, con una compattezza quasi militare e, poiché ormai la notizia era di dominio pubblico, in breve io e Francesca diventammo il bersaglio di battute e frecciatine a cui rispondevamo sorridendo, abbracciandoci e baciandoci spesso. Naturalmente, l’efficientissima Carla colse un momento di requie per avvertirmi che la pratica del mio annullamento era in sostanza conclusa e che gli operai, il lunedì mattina, avrebbero provveduto a cambiare tutte le serrature di casa, consegnandomi le nuove chiavi in ufficio; che l’ufficio legale dell’azienda era stato allertato e fornito di documenti contro eventuali pretese legali sia di Nunzia che di Romualdo; che, insomma, andava benissimo tutto tranne il suo cuore ferito. Per ringraziarla, la baciai a stampo sulla bocca tra i commenti salaci degli altri.
Perdersi per le stradine di Roma vecchia è una libidine unica: si scoprono angoli e siti che mai si immaginerebbero, come la trattoria in piazzetta dove ci fermammo a cenare con un gusto ed una soddisfazione incommensurabili; di lì poi prendemmo un itinerario quasi obbligatorio (da turisti giapponesi come si diceva una volta, dei tour forzati iperveloci sulle bellezze d’Italia) durante il quale riuscimmo a vedere tutto quello che era fotografabile per un album dei ricordi; senza escludere, naturalmente, le vie dei negozi di grandi firme che catturano il grosso della passeggiata. Rientrammo all’albergo largamente in tempo per una lunga bevuta prima di prendere la via per la camera assegnata. Io, in quanto dirigente, avevo diritto ad una suite piuttosto elegante, dove naturalmente invitai Francesca; Carla si accodò solo “per il bicchiere della staffa”. Mentre salivamo in ascensore, Francesca mi sussurrò. ”Stasera mi fai fare l’amore nel culo?” Rimasi interdetto e imbarazzato; Carla, che aveva udito, per poco non soffocava per la sorpresa. “Francy, ho udito bene? Vuoi che ti faccia il culo? Ma lo hai mai fatto?” Francesca si limitò a scuotere la testa d lato più volte. “E credi che sia così semplice?” “Tu l’hai già fatto? … Anche con Elio?” “Carla mi guardò imbarazzata, poi decise. “Si,amore, l’ho fatto molte volte e una anche con Elio. Ti ripeto che non è semplice e specialmente con Elio è doloroso: se pensi al diametro del buchetto e a quello del suo arnese, il perché lo vedi subito.” “E voi come avete fatto?”
Non era possibile rispondere a tanto candore. Mentre uscivamo dall’ascensore e ci avviavamo alla suite, Carla prese la decisione più difficile ma forse più logica. “Senti, Francy, se tu ci tieni tanto a concedere questa verginità al tuo uomo, io posso essere solo felice e ti assicuro che farei qualunque cosa per aiutarti. Ma ti assicuro che è una cosa di tale delicatezza che non si può interferire.” “Insomma, non mi aiuteresti?” “Si, ti aiuterò; ma dovremo essere d’accordo tutti e tre, perché significa che dovrò assistere a tutto l’amore che farete, comunque lo farete; e, poiché guardare dà sempre un enorme stimolo eccitante, non posso assicurarti che non mi verrà voglia di fare anch’io cose con voi!” “Ma io voglio che le fai, con Elio e anche con me, se si fanno cose tra donne!” Io e Carla avevamo gli occhi fuori dalle orbite! “Francesca, amore, stai dicendo cose di cui non riesci a valutare l’enormità. Per cercare di farti capire, se io faccio l’amore con te e con Carla contemporaneamente, compio un doppio tradimento che è immorale per qualunque civiltà; se poi fate sesso tu e Carla, diventa amore saffico o lesbico o come altro vuoi, una cosa assolutamente proibita dappertutto.”
“Elio, amore mio, hai aperto il cancello: bada solo che le vacche escano in ordine. Mi hai avviato all’amore; accompagnami lungo i percorsi più giusti: non quelli etici o morali o corretti; quelli più giusti per vivere l’amore. Se poi non ti dovessi piacere più, andrò per la mia strada. Ma fino a questo momento ho solo intravisto; e voglio vedere, toccare, capire.” Mentre mi spostavo in camera per sistemare la giacca, Carla l’abbracciò per le spalle. “Hai tute le ragioni del mondo, Ti hanno chiuso in una cappa grigia; ora sei uscita ed hai diritto a guardare coi tuoi occhi. Io vivo da sola e vivo benissimo. Se ti va tutto male, puoi sempre venire a dividere la mia singolarità e ti assicuro che si può vivere bene anche da soli. Se vuoi conoscere tutto dell’amore, sono pronta ad aiutarti. Se Elio è il tuo uomo, lo capirà da solo e non sarai da sola tu e forse neppure io.” Rientrai dalla camera e le guardai interrogativo. “Allora, cosa avete complottato?” “Ho deciso che tu mi insegnerai a fare l’amore in tutti i modi, quelli che conosci e anche quelli che non conosci e che ti studierai; che Carla mi starà vicino specialmente quando fare l’amore potrebbe procurarmi qualche dolore; che io amerò Carla anche fisicamente, se ne avremo voglia; che tu potrai amare anche Carla, insieme a me, se vorrai; che noi tre saremo una sola cosa. Ti va bene o vuoi che ce ne andiamo alle nostre camere?” “Due insieme, non so se sono in grado; una per volta, con tutto l’amore del mondo; e non scoperò con nessuna delle due: vi amerò come se foste un corpo solo, ma indipendentemente.”
Cominciò per me la notte più bella, più difficile, più lunga, più vissuta della mia vita. Francesca scoprì dentro di sé una forza d’amare che un’educazione atavica repressiva aveva compresso come una molla, pronta a scattare appena si fosse liberato il meccanismo; Carla rivelò un bisogno di affetto e di comunità che mai ci saremmo sognati in una persona tanto fredda e precisa nel lavoro. Io mi scoprii disarmato e timido, con tutta l’esperienza maturata, davanti a due donne fresche di una genuinità disarmante, pronte a tutto per essere se stesse, innamorate di se stesse, dell’amica e di me. Cominciò una galoppata nell’amore che non avevo neanche immaginato nelle fantasticherie più fiabesche. Carla praticamente insegnò a Francesca l’abc dell’approccio sia al sesso che all’amore, mostrandole praticamente come un bacio potesse trasformarsi in un congresso carnale a tutti gli effetti, fino agli orgasmi più esaltanti. Francesca imparò rapidamente e mi trovai incatenato tra le sue braccia, mentre mi succhiava l’anima dalle labbra in un gioco di ghirigori che impegnava labbra, lingue, palati e gole fino a che il cazzo teso allo spasimo stimolava tanto la figa che lei sborrava senza volerlo.
E attraversarono in questo modo tutto il corpo, facendo diventare la gola un centro di libidine inesplorato, ponendo i capezzoli, le aureole e le tette al centro di una lussuriosa manipolazione che, inevitabilmente, scatenava orgasmi: quelli che ciascuna di loro manifestò quasi senza soluzione di continuità non si poterono contare. Io dovetti farmi strizzare i coglioni un’infinità di volte per non cedere all’orgasmo che di tanto in tanto si affacciava prepotente. Carla fece stendere Francesca sui tappeti, le piegò le ginocchia, le divaricò le gambe e mi invitò a penetrarla: quando fui entro, sollevò le caviglie dietro la mia schiena e le intrecciò; la capacità che trovò Francesca di aderire al mio con tutto il suo corpo non saprei dire da dove derivava; eravamo proprio una sola cosa e il suo orgasmo si scatenò dal mio ventre insieme all’urlo che lanciammo insieme. Ma Carla ancora una volta mi aveva strozzato i coglioni ed impedito di sborrare; fui quindi pronto a montare lei, con Francesca che vigilava sulla mia sborrata. Ne vidi e ne feci di tutti i colori, quella notte, finché venne il momento in cui Carla volle dimostrare a Francesca il meccanismo dell’inculata. Si pose gattoni sul tappeto, sollevò al massimo il culo verso di me, mi porse una boccettina ed io le lubrificai l’ano; inserii uno, due e poi tre dita nello sfintere e li ruotai: quando si mossero liberi, accostai la cappella e, in un sol colpo, la spinsi in fondo. Stavo per montarla, quando Carla mi fermò. “No: questo deve essere l’amore nel culo di Francesca!” Di colpo, si staccò ed io ebbi appena il tempo di dire “Attenta” che lanciò un urlo da macellata. “Lo sapevi che se uscivi di colpo era terribile.” Lei, con le lacrime agli occhi. “Io si; ma lei non lo sapeva; ora lo sa.” Francesca l’abbracciò, le baciò l’ano, lo leccò a lungo, sperando di alleviare il dolore, le sussurrò “Grazie ” e si dispose gattoni davanti a me.
Cominciò allora il “rito sacro della rottura del culo di Francesca”. Innanzitutto, Carla si accucciò dietro di lei e cominciò a leccarle con dolcezza l’ano e la zona circostante fino ad arrivare a sfiorare le grandi labbra che titillava con la lingua ogni tanto; quando ebbe più volte inserito la lingua nel buchetto, fece pressione con le dita e cominciò a penetrarla dolcemente; contemporaneamente, le titillava il clitoride la faceva sborrare in continuazione. Francesca approfittò della posizione inginocchiata e prese in bocca il mio cazzo che succhiò golosamente e a lungo, fino a che la penetrazione esagerata in gola le provocò conati di vomito. Feci spostare Carla verso il davanti e la sostituii a leccare il buchetto e ad ammorbidirlo: di tanto in tanto, infilavo una o due dita e le ruotavo dentro. Francesca, per reagire al dolore nel retto, afferrò Carla per la testa e la baciò appassionatamente sulla bocca, dando il via ad un tourbillon di leccate che le portavano a succhiarsi labbra lingua e gola senza sosta; il dolore al retto si attenuò ed anzi, il piacere della bocca favoriva la caduta di tensione dell’ano.
Quando ebbi la sensazione di poterla penetrare, avvertii Carla che c’eravamo e lei si stese sotto Francesca, in posizione da 69, per accedere con la bocca all’ano da violare e con la figa alla bocca di Francesca che si dedicò ad un sapiente cunnilinguo; mentre entrambe colavano dalle fighe umori infiniti, Carla unse abbondantemente l’ano di Francesca col lubrificante e inserì tre dita che fece ruotare con forza. Francesca reagì dedicandosi con più passione al risucchio sul clitoride: quando accostai la cappella all’ano spalancato, era nel pieno di un orgasmo e l’asta penetrò per un terzo circa; l’urlo soffocato dalla figa di Carla mi impose di fermarmi per timore che Francesca si fosse fatta molto male; strinse lo sfintere e mi sentii il cazzo in una tagliola; singhiozzò silenziosamente, poi rilassò l’ano. “Continua … “ Mi disse piangendo; pensai di ritirarmi. Carla, leccandomi il cazzo, urlò. “Non t’azzardare. Adesso vai fino in fondo e goditi un sacrificio d’amore che forse neppure meritavi!” Continuai a spingere delicatamente e guardai il cazzo compiere tutto il percorso fino a picchiare con le palle sull’ano; l’abbracciai forte per i fianchi e me la strinsi con amore al corpo. “Scusami.” Le sussurrai. “Amami.” Mi rispose. E la montai con delicata passione per circa un’ora, mentre sentivo che progressivamente i suoi tessuti si adattavano all’invasione e cominciava a provare piacere. Dopo il primo quarto d’ora, era solo goduria, quella che ci animava e ci godemmo tutta la monta con il massimo dell’amore.
Quando fu sul punto di sborrare, mi avvertì. “Sento che sto per godere!” “Vengo anch’io con te.” Le risposi. “Io vi precedo.” Interloquì Carla. E fu un orgasmo unico, meraviglioso, infinito, quasi da enciclopedia. Quando ci fummo rilassati tutti e tre, avviai la manovra di uscita; e lì fu preziosa Carla, prima con l’esperienza che aveva offerto e che consentì a Francesca di muoversi senza fretta per espellere il cazzo dal culo; poi perché le suggeriva momento per momento le spinte per espellere il corpo estraneo e le strizzate per tenerlo fuori. Grazie anche al lubrificante, riuscì a liberarsi in breve senza danni. Passarono poi lunghissimi minuti tra coccole e carezze, tra di loro e con me, che diedero all’esperienza il sapore meraviglioso di una enorme prova d’amore superata insieme. Cosa successe nel resto di quella notte, è difficile raccontare. Ma ci svegliammo al mattino, in tre in un letto assai ampio, tutti nudi e gocciolanti di umori di sesso. Avevamo tutti e tre la faccia angelica di chi è stato almeno per un attimo in paradiso.
Le operazioni in bagno dovettero essere rapide e le ragazze preferirono scendere nelle camere assegnate per essere a loro agio con i propri bagagli ed i cambi d’abito. Alle dieci e mezza, puntualissimo anche rispetto alle altre delegazioni, avviavo i nostri al lavoro di giornata. In una breve pausa, Carla mi fece osservare che io avevo prenotato per me e per Francesca sull’aereo del mattino seguente, ma che tutti si erano orientati a chiudere i lavori dopo il pranzo e andare via: forse valeva la pena che tornassimo a casa un giorno prima e , se non avessimo potuto andare a casa mia, si offriva di ospitarci lei. Francesca fu d’accordo, anche per non perdere una notte con Carla; io autorizzai, furono cambiati i biglietti e, subito dopo pranzo, eravamo già in volo per tornare a casa. Dal solito controllo a distanza, rilevai che Nunzia era andata a stare a casa di Romualdo: mi diressi senza dubbio a casa mia; bloccai le porte di accesso dall’interno e ci impadronimmo della casa tutta. Per cenare, saccheggiammo la mia fornitissima cucina e le ragazze si superarono a preparare una cenetta deliziosa. Poi ci rifugiammo nel letto grande e furono faville.
Francesca, in fondo, aveva solo una volta “avuto tanto amore nel culetto”, come amava dire; ma dimostrò immediatamente di aver gradito molto l’esperienza, che tra l’alto le consentiva di sentire la sborra dentro, cosa che in figa ancora non si poteva. Come primissima cosa, mi chiese quindi di farle tanto amore nel buchetto ed io la inculai con grande passione, unendo amore e delicatezza, decisione e dolcezza, finché il mio cazzo non fu tutto profondamente dentro di lei e il suo ano circondava delicatamente la base del cazzo infilato nel budello. Per aiutarsi, Francesca divorava di baci Carla, la leccava, la mordeva, la succhiava, la masturbava dovunque le riuscisse di arrivare, in questo ricambiata con amore dall’amica. Quando esplosi con forza una enorme sborrata nel suo retto, Francesca reagì con un mugolio lento e monotono che si aprì all’improvviso in un urlo quasi feroce ed un’agitazione di tutto il corpo che la faceva sembrare tarantolata; Carla prese a baciarla su tutto il viso e a carezzarla con amore; io mi limitai a prenderla per i fianchi e a tenermela stretta sul ventre per evitare che si strappasse a forza dal cazzo, con conseguenze assai dolorose. Piano piano, si calmò e ci sorrise on dolcezza. “Dopo questa esperienza, posso anche morire!” “No, amore, proprio perché hai fatto questa esperienza, devi vivere e amarci per farne ancora tante, più grandi e più belle.” Lo disse Carla, ma lo stavamo pensando insieme.
Poi fu la volta di Carla a volerlo nel culo; Francesca lo voleva più di lei ed io fui felice di accontentarle: mi piaceva e mi eccitava questa grande sintonia che legava le ragazze. Cominciò il secondo “giro in giostra” che toccò vette di eccelso piacere, anche per la maggiore esperienza di Carla e la dimestichezza che aveva col rapporto anale. Più di tutto, mi esaltava osservare l’entusiasmo con cui le ragazze si scambiavano amore all’ennesima potenza con abbracci, carezze, leccate e succhiate da far arrivare esse sole ad una infinità di orgasmi. Fortunatamente avevo da poco avuto una grandissima sborrata e tardai molto a farmi travolgere dalla loro immensa passione. Ma il culo era troppo accogliente, il desiderio di lei era troppo acceso e la partecipazione di Francesca era troppo intensa. Conclusione: mi trovai a sborrare una seconda volta, quasi con rammarico; quando Carla, dopo avermi succhiato fino al’ultima spasmo dell’orgasmo, si ritirò finalmente per dedicarsi tutta all’amica, che si adagiava completamente nel languore della goduria che sperimentava per la prima volta ad un livello così alto, solo allora potei sganciarmi, farmi da parte e abbandonarmi ad un riposo irrinunciabile, dopo le tensioni di quei giorni. Credo anche di essermi addormentato mentre le due ancora limonavano.
La sveglia mi fece sobbalzare e scoprii che nel letto c’ero rimasto solo io: Carla e Francesca, in bagno, si stavano lavando e preparando per andare al lavoro: ancora una volta, e stupidamente ormai, mi sorpresi a guardarle giocare come bambine con i loro corpi parzialmente eccitati. Per evitare ulteriori “soste gradite” scappai silenziosamente nel bagno di servizio, dove comunque riuscii a fare le mie cose in relativa calma. Quando tornai nel salone, loro erano già belle e truccate, con le valige già pronte. Chiesi a Francesca dove voleva portare la sua. “A casa mia, disse Carla, è più prudente che lasciarla qua: quando le cose saranno chiare, verrete a recuperarle; fino ad allora, meglio non offrire appigli ad eventuali accuse, che so, di abbandono del tetto coniugale.” “Si, ma io a casa di Romualdo non ci torno manco morta!” Piagnucolò Francesca. “Non ci tornerai, gli avvocati sono già all’opera per il divorzio.” Mi abbracciò con affetto: evitò di baciarmi per non sporcarmi col rossetto.
In ufficio c’era già grande fermento, in parte per gli esiti dello stage che ci avevano meritato gli elogi dei “grandi capi” della multinazionale; in parte, anche per un certo subbuglio che avevano messo Nunzia e Romualdo precipitatisi in ufficio per protestare, lei perché non era potuta entrare in casa nostra (avevano già cambiato le serrature) lui per denunciare l’abbandono coniugale di sua moglie. La schermaglia fra gli avvocati fu degna di una comica finale, col marito che insisteva sull’abbandono e l’avvocato dell’Azienda che documentava la partecipazione allo stage come motivo validissimo di assenza preannunciata. Quando mi stufai delle polemiche sterili, passai al nostro avvocato le registrazioni effettuate a casa mia coi dialoghi dei due, sottolineando i passaggi in cui lui annunciava che avrebbero avuto il week end libero perché Francesca andava a Roma, nonché quelli in cui esprimeva giudizi violentemente offensivi nei confronti delle moglie. L’avvocato non dovette fare altro che minacciare una querela ben più grave per falso, oltraggi, comportamento schiavista ed altre amenità. Quando fece notare a Nunzia che l’uso improprio fatto della casa in cui era solo ospitata - avendo lei interrotto il rapporto con me e decretato così la fine del matrimonio - e la possibilità di una denuncia per questo, la mia ex moglie immediatamente si meravigliò di quelle registrazioni che, a suo dire, violavano la privacy; bastò ricordarle che era stata decisa concordemente, documenti alla mano, l’installazione di quelle spie di sicurezza che non erano state mai disinstallate; a quel punto non le restò che chiedere di poter recuperare le sue cose. Le dissi che l’avrei accompagnata personalmente a recuperarle appena avessi avuto tempo.
Masticò amaro ma non poté negare che era stata lei a cacciarmi, come peraltro le registrazioni documentavano; prese a sbraitare invece il Romualdo che protestava di avere sempre trattato la moglie come un regina: Carla tirò fuori delle foto con Francesca infagottata in abiti vecchi e usati, senza trucco e sciatta. “Eccola, la regina!” Poi prese Francesca per un braccio e la fece avanzare di un passo. “E questa è la Francesca nostra collega!” L’”Oooohhhh” fu generale e persino Romualdo dovette lustrarsi gli occhi. Entrò in ufficio il dirigente generale; rivolto all’avvocato capo dello staff aziendale, gli disse semplicemente. “Ho saputo già molto e veduto già troppo. Cacciate fuori quel cialtrone da questo Ufficio e lei, avvocato, lo persegua legalmente per tutte le malefatte commesse e gli faccia capire che un’azienda seria non si fa minacciare da un cialtrone qualsiasi.” L’avvocato chinò la testa. Nunzia, resasi conto che il capo era lo stesso che anni prima aveva avuto qualche incontro con lei, cercò di mediare blandendo con un sorrisetto dei suoi e facendosi riconoscere come mia moglie. “Ex, sottolineai, solamente ex adesso!” Mi fulminò con uno sguardo; ma intanto il capo aveva già risposto. “Ho avuto il piacere e il privilegio di conoscere la bellissima moglie del mio capoufficio e la ricordo con gioia; lei, signora, è solo una vaga memoria di quella donna. Mi dispiace ma non credo di riconoscerla.” Mai botta poté essere più violenta e, secondo me, meritata.
Nunzia zittì e il capo, accennando alle impiegate, osservò. ”Vedo che anche in ufficio ama circondarsi di bellissime donne; dovremmo frequentarci più spesso!” E andò via. Carla mi venne vicino e, a fior di labbra, mi sussurrò. “Adesso mi spieghi tutto o ti castro in pubblico.” “Avrai capito che la mia carriera è dipesa anche da qualche serata allegra passata da me e Nunzia col capo e sua moglie. La sua allusione era a riproporre quella situazione con una bella ragazza abbastanza disponibile e ambiziosa di fare carriera.” “E, per queste cose, non sono io la tua ragazza ideale?” “Io non ho dubbi; ma bisogna spiegare anche a Francesca che, per queste logistiche strane, tu devi scopare col capo, ma io devo intrattenere sua moglie. Chi glielo spiega? Tu?” “Io amo Francesca forse più di te; e, più di te, so quanto ama te e me a con la stessa intensità; io so quanto è intelligente e duttile anche di fronte a cose che stamane le apparivano illegali; io so parlarle come lei vuole e come è giusto fare. Lascia fare a me e organizza col capo!”
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