Lara, venticinque anni, mora alta 1,70, capelli lunghi; seno da quinta taglia, culo perfettamente disegnato, alto, su gambe scultoree: da 4 anni sposata con Luigi, 30 anni, moro, bel ragazzo alto 1,80 solido come una quercia, ben dotato. Da quando ci siamo sposati lavoriamo per la stessa ditta di trasporti: lui, autista su tratte internazionali spesso assurde, trascorre a volte fino a una settimana e più in viaggio per l’Europa: secondo le voci d’ufficio - che riguardano poi tutti gli autisti - ha almeno una donna in ogni area di servizio e forse alcune mogli sparse per l’Europa, ignare ciascuna delle altre, senza contare le battone che si appostano in punti strategici per rendere più leggeri e allegri i percorsi. Io, impiegata amministrativa tutta casa e ufficio sono stata spesso invitata da mio marito, su consiglio degli anziani, a presentarmi in ufficio nella tenuta più dimessa possibile per evitare tempeste ormonali fra gli autisti in transito. Luigi è convinto di avermi sverginato, ma non può sapere che a questo aveva già provveduto qualche fidanzato prima, che mi aveva anche insegnato a succhiarlo e a fare seghe stratosferiche; Luigi me l’aveva anche messo un paio di volte nel culo, cosa che già da molto tempo non disdegnavo, ma preferivo non farglielo sapere per lasciargli il gusto di desiderare il proibito. Le spagnole con annesso pompino, che avevo imparato da un altro precedente fidanzato, non avevano incontrato particolare favore, per cui le mie tette erano usate preferibilmente per essere succhiate. Ad ogni buon conto, posso dire che sostanzialmente ero rimasta fedele a mio marito, sicuramente dopo il matrimonio. Cosa facesse lui, non mi interessava molto e cercavo di gestirmi la vita al meglio approfittando al massimo delle giornate di riposo che passavamo insieme scopando abbastanza (anche un volta al giorno!) e facendo normale vita sociale.
Abitavamo in un vecchio palazzo signorile del centro, con tanto di portiera, naturalmente pettegola, super informata e pronta a dare consigli; dei coinquilini, mio marito sapeva più niente che poco: alcuni, neanche li aveva mai incontrati; io, invece, bene o male li avevo incrociati e, grazie alle chiacchiere della portiera, sapevo anche che la coppia che abitava sopra di me (all’ultimo piano c’era un solo appartamento, diversamente dei due sugli altri piani) aveva un’attività particolare, forse una piccola agenzia di escort che guidava con molto garbo e senza far trapelare nulla. Per intendere cosa significasse, dovetti documentarmi in internet, ma alla fine capii che era in pratica un giro elegante di prostituzione d’alto bordo. Si diceva che procurasse molti guadagni e, considerati i lunghi periodi di abbandono di mio marito, mi venne di pensare che forse non sarebbe stato male entrare nel giro; ma bisognava entrare in amicizia coi Borrelli, valutare le possibilità, farsi accettare e forse avviare un lavoro part time per riempire i tempi morti.
Riflettevo amenamente su queste stupidaggini mentre rientravo in anticipo sull’orario, per una fermata imprevista del lavoro che aveva consigliato di andare tutti a casa; ero nell’androne, preso le cassette postali, a pochi centimetri dalla guardiola, dalla quale sentii netto un dialogo tra la Borrelli e la portinaia. La prima lamentava che non aveva tempo per sopperire ad un’improvvisa defaillance di una persona, perché la cosa era da fare la sera stessa; la portinaia opponeva che non aveva notizia di altre persone disponibili nel palazzo … a meno che … “A meno che cosa?” La Borrelli era quasi frenetica. “La Lara!” Sbottò la portinaia; l’altra doveva aver fatto una faccia di piena meraviglia. “Quella sotto di voi col marito sempre in viaggio, che si annoia da sola ed è una gran bella gnocca!” Sentii a pelle che qualcosa stava per accadere; arretrai silenziosamente fino ad uscire dal palazzo; mi trattenni un poco e, quando vidi la Borrelli uscire dal gabbiotto, entrai come se arrivassi in quel momento, accolta con enfasi dalla portinaia. “Buongiorno, Lara, come mai così presto?” Era evidente l’intento di segnalarmi alla signora. “Ma lei è l’inquilina che abita sotto di noi!” “Si, signora e sono veramente contenta di conoscerla.” “Possiamo darci del tu? Io sono Anna e questo è Mario, mio marito.” La portinaia ritenne esaurito il suo ruolo e si ritirò nel suo appartamento dietro il gabbiotto.
Ci avviammo insieme all’ascensore intavolando le solite banalità tra coinquilini; quando l’ascensore fu partito, mi propose di andare a prendere un caffè da loro: feci finta di esitare, poi accettai. Mentre, seduti in cucina, sorseggiavamo il caffè, cominciò la vera indagine sulla mia solitudine, sul lavoro di mio marito, sulle mie voglie sessuali represse e sulla mancanza cronica di soldi che opprime i giovani. Feci per dire che dovevo scendere in casa per farmi una doccia e prepararmi qualcosa da mangiare. Fu automatico l’invito a fermarmi a pranzo, non solo, ma ad approfittare anche della loro Jacuzzi per una rinfrescata tonica. Era evidente il test per provarmi e stetti al gioco, fingendomi più affascinata di quanto non fossi. La signora mi accompagnò in bagno, mi spogliò e cominciò a massaggiarmi e palparmi: feci per un po’ la restia poi mi abbandonai. Vidi subito che la mia quinta di seno colpiva, ma ancor più il mio culo alto, sodo e ben disegnato; mi accarezzò anche la figa con le dita e sembrò quasi verificare la dilatazione: dovette rimanere soddisfatta dal constatare che era ancora ben stretta; quando mi palpò il buco dle culo, le feci osservare che era totalmente vergine. Le raccontai che avevo dato la verginità di figa a mio marito al momento del matrimonio e che gli avevo promesso che al quinto anniversario gli avrei dato la verginità anale e che intendevo mantenere la promessa.
Anna sorrise e si complimentò; poi mi confessò che suo marito era convinto di averle sverginato il culo, mentre a lei lo avevano rotto quando aveva sedici anni. “Sai, mi disse, l’imene se si rompe è difficile rifarlo; ma lo sfintere è un anello muscolare che, anche se viene dilatato, poi torna esattamente come era: se non ti fai inculare molto e da enormi cazzi, cioè se il buco non si spana troppo e i tessuti intorno all’ano non diventano troppo scuri, è impossibile distinguere un culo vergine da uno rotto. Basta accettare di farsi inculare da cazzi medio - grossi e non farlo spesso.” La ringraziai per la dritta ma le dissi anche che, almeno finora, quel consiglio non sarebbe servito, visto che non pensavo di tradire mio marito in nessun caso. “Mai dire mai … “ commentò e, fasciandomi con un suo bellissimo accappatoio di seta cinese, tornò con me in cucina dove riprese il discorso stavolta con molta più franchezza e determinazione. Mi spiegò che molte mogli, insoddisfatte della vita che erano costrette a fare, trovavano il modo di evadere concedendosi qualche scappatella con perfetti sconosciuti. Prima che obiettassi, disse. “Non si tratta di puttane né di squillo; solo di donne annoiate o insoddisfatte che si vogliono divertire e spesso ci guadagnano anche molto.” Chiesi lumi; mi spiegò allora come funzionava la loro organizzazione, sicura da ogni punto di vista, ben collaudata, dignitosa e d apprezzata.
Loro intercettavano personaggi di passaggio vogliosi di una bella serata e si preoccupavano di organizzarla: quasi sempre si trattava di cene eleganti, di feste private in pub o in circoli chiusi; qualche volta si potevano organizzare anche vere sedute di sesso. A queste feste partecipava gente della buona società che, per una sera, si lasciava andare al piacere e, alla fine, ci guadagnava anche bene. “Bene, quanto?” chiesi. “Tu prendi precauzioni?” “Si, prendo la pillola.” “Ok. Per una bella donna come te una scopata in figa con sborrata, eventualmente preceduta da qualche leccata e palpatina, può valere da cinquecento a mille euro, secondo la dimensione del cazzo da trattare (badiamo anche a questo); se il soggetto chiede altro, c’è un preciso tariffario per i supplementi, dal pompino con o senza ingoio, alla spagnola con o senza pompino annesso fino all’inculata che però va contrattata a parte e direttamente.” “Fuiuuuu! Si tratta di belle cifre!” “A una come te, se andasse al massimo, una serata potrebbe fruttare anche diecimila euro, se a un cliente disposto a pagare tu concedessi di farti sverginare il culo, diciamo per sette o ottomila euro!” “E la promessa a mio marito?” “Basta scegliere un cazzo che, dopo l’inculata, non lascia molte tracce; poi sta a te farlo passare per vergine ancora.” Il discorso mi intrigava e corrispondeva quasi totalmente alle mie condizioni del momento, con tanta rabbia in corpo, una certa voglia di scopare e, perché no, la prospettiva di avere soldi per qualche sfizietto.
“Questa cosa quando potrebbe farsi?” “Se ci stai, deve essere stasera. Noi avevamo impegnato una ragazza che è stata ricoverata all’improvviso per un’appendicite e stasera abbiamo una cena qui da noi con clienti importanti. Se accetti, sarai dei nostri; se non ti va la proposta, devi dirlo adesso che cerchiamo altrove. Ma ti garantisco che vedo per te una bella prospettiva, se ti comporti con intelligenza. E quella non ti manca.” “E’ chiaro che sono convinta a provarci; ma c’è ancora un piccolo problema. Io ho solo abiti monacali. Se devo venire a una cena così preparata, non ho niente da indossare … “ “ … tranne la tua fresca bellezza e qualche bel vestitino che puoi scegliere nei miei armadi.” Nel dire questo, mi accompagnò nella sua camera e mi aprì armadi da sogno, con abiti splendenti, ricchissimi, affascinanti, bellissimi insomma; ne provai qualcuno e mi accorsi che il più lungo sfiorava appena il pelo pubico (non mi depilavo, allora). Di fronte alla mia faccia, Anna sorrise e mi avvolse intorno alla vita uno scialle che copriva e al tempo stesso scopriva la nudità del mio vestito. Esclamò. “Sei uno schianto! Allora?” “Allora, va bene; solo, ti prego, portami per mano fin dove puoi, non vorrei commettere errori.” “Come se fossi mia figlia …” Pranzammo velocemente; subito dopo, mi rivestii coi miei abiti e andai nel mio appartamento, portandomi il pacco coi vestiti per la serata.
Rimasi in tensione per gran parte del pomeriggio. Quando Luigi mi telefonò dalle parti di Stoccolma, sembrava che la linea fosse molto disturbata sicché non riuscimmo a dirci molte cose; ma i rumori di fondo e una vocina che ogni tanto urlava mi fecero sospettare che mi stesse prendendo bellamente per culo e che mi telefonasse mentre una svedese gli succhiava l’uccello, forse addirittura mentre guidava. Fu la goccia che fece pendere la bilancia e cominciai a prepararmi non per andare a fare le corna a mio marito, ma solo per andare a godermi fino in fondo una serata di bellezza, di piacere ed anche di sesso, non so fino a che limite. Arrivai con un grande anticipo ed Anna ne approfittò per erudirmi sugli ospiti che attendevano. Mi disse che si trattava di una famigliola tra le più ricche del Paese, un padre poco oltre i cinquanta che aveva ancora un fisico ben tonico e che veniva per scopare alla grande con lei: si conoscevano da qualche anno e lui aveva sempre mostrato di gradire molto le prestazioni di Anna; la moglie, di poco più giovane, era praticamente preda di suo marito Mario, che l’aveva spesso corteggiata a lungo e qualche volta ci aveva anche fatto sesso ma che stasera era deciso che se la sarebbe scopata fino allo svenimento. Il terzo invitato era il loro figlio di poco meno di trent’anni (all’incirca la mia età) che aveva il problema di una certa timidezza e forse (almeno così lei presumeva) un cazzo non molto sviluppato: per questo i genitori avevano voluto per lui una ragazza giovane e disinvolta ma non una professionista.
Capii che l’impegno era forse più gravoso di come lo avevo valutato; ma una sorta di orgoglio (Cazzo, ce la posso fare!) e una piccola prospettiva di guadagnarci pure, mi esaltavano non poco. Mi preparai ad essere il più brillante possibile. Puntualmente, alle nove bussarono e si presentarono in fila indiana, la signora, suo marito e infine il figlio. Al quale dedicai particolare e che, a parte un’aria più triste che imbronciata, appariva proprio un bel ragazzo: per salutarlo, gli schioccai due baci sulle guance e, nel farlo, spinsi il ventre in avanti ma non incontrai niente: brutto segno! Ci sedemmo intorno al tavolo nel salone, io e Mirko su un lato lungo, suo padre Tony e sua e sua madre Amalia di fronte a noi e, ai lati corti, Anna vicino al padre e Mario vicino alla madre. Fin dagli aperitivi furono evidenti le manovre di Anna che, sotto il tavolo, andava a tastare la patta dell’anziano che rivelava immediatamente una bazza assai notevole; dall’altro lato, la signora fece lo stesso con Mario, che favorì la manovra appoggiando il cazzo sul lato favorevole del pantalone. Io preferii non azzardare immediatamente e chiesi conto a Mirko dei suoi studi e delle sue preferenze; mi disse che si occupava di poesia e che amava soprattutto il bello. Al proposito, mi disse. “Sai, nell’antica Grecia saresti stata Kallipigia.”
Lo guardai sorpresa e spiegai. “Io ho una laurea in economica dopo studi scientifici; mi spiace ma non conosco il greco antico.” “Niente di strano; in greco letteralmente significa culo bello e non è un complimento volgare, tanto è vero che una Venere era adorata proprio come Venere Callipigia, venere dal culo bello; e il tuo culo è meraviglioso.” “Mi metti in difficoltà per molti motivi. Il primo, perché, non conoscendo il greco, non saprei come dirti in greco classico Mirko cazzo bello che sarebbe l’unica risposta anche se non so come sia il tuo cazzo, almeno non lo so ancora. In secondo luogo, perché da adesso, col complesso del culo bello, mi muoverò male; poi perché mi sarà difficile spiegare a mio marito che avere un culo ammirato da tutti è un merito e non un’offesa a lui!” “Ma sei sposata?” “Si, non eri stato avvertito?” “No, credevo che fossi una … “ “ … non ti preoccupare, non sono una prostituta; sono una giovane moglie con un marito che non mi considererebbe mai una callipigia ma solo una schiavetta da lasciare a casa mentre lui gira il mondo con qualche puttanella raccattata lungo strada.” Quasi evocato, squillò il telefono, chiesi scusa e mi appartai per rispondere a mio marito; poi decisi di rincarare la dose: lamentandomi per la scarsa ricezione, misi il vivavoce per aumentare la resa e si sentirono gli stessi suoni di un pompino in piena attuazione.
Alzai volutamente la voce. “Senti, stronzo, domenica a casa faremo i conti con te e con queste sciacquette che ti sbatti in viaggio; io stasera sono a cena con persone meravigliose e, se mi fai girare i coglioni, ti riempio anche di corna. Addio!” Chiusi la comunicazione, staccai il telefono, chiesi scusa ai presenti e mi asciugai una lacrimuccia spremuta ad arte. Mirko si precipitò da me, mi abbracciò per le spalle ed appoggiò la mia testa nel’incavo del suo collo; mi strinsi spingendo il ventre e sentii che sotto stavolta qualcosa si era mosso. Lo baciai dolcemente sulle labbra e gli chiesi scusa per l’involontaria scenata. Mirko era ormai partito; mi abbracciò e mi carezzò per tutto il corpo, da sopra al pareo e al tubino che velavano (e svelavano) il mio corpo; si azzardò persino e depositare un caldo e affettuoso bacio sulla mia gola, il che mi fece sentire l’avanzamento, lieve ma reale, della sua erezione. Ci rimettemmo a sedere per continuare la cena; ma qualcosa doveva essere già scattato perché la signora Amalia aveva afferrato Mario e se l’era trascinato sul tappeto ai piedi del divano grande: ora si stavano rotolando mentre si spogliavano con acrobazie strane. Anna non aspettava che l’avvio; agguantò Tony per il cazzo, ancora nei pantaloni, e se ne andò sulla poltrona dove si sdraiò scosciata per farsi chiavare.
Mirko mi fece la domanda più attesa e più difficile. “Pensi veramente di tradire tuo marito?” “Se uscissi da questa casa e andassi in strada a farmi sbattere come una donnaccia dal primo passante, allora veramente lo tradirei; ma se, nello stato in cui sono, vengo con te nella camera da letto e faccio l’amore, allora corna e amore non possono convivere in nessun discorso.” “Vuoi fare l’amore con me?” “Ma tu sai che non sono qui per amor tuo; anzi, il mio amore è comunque per quel cornuto maledetto. Ti andrebbe di stare con me in gioia e piacere assoluto, con tutto quello che significa, arricchendolo anche con quel pizzico d’amore che possiamo permetterci?” “A Venere Callipigia non si può dire di no, qualunque cosa chieda.” Il bacio che ci scambiammo non aveva nulla a che vedere con rapporti mercenari; sembrava quasi un gesto di profondo amore nel quale il piacere di scambiarsi saliva e umori si mescolava alla sensazione infinita di comunicarsi sensazioni d’amore profondo e di scatenare dai precordi voglie di compenetrazioni che eccitavano i sessi. Mi bagnai come da ragazzina ai primi approcci e lui, finalmente, mi fece sentire un cazzo medio - piccolo ma duro fra le cosce. Anna riemerse d’un tratto da una intensa scopata in cui era precipitata e mi fece cenno verso la camera. Presi Mirko per la mano e mi ci diressi.
Appena entrati, slacciai soltanto un legaccio nei fianchi, buttai giù il pareo e la tunichetta cadde ai miei piedi; non indossavo intimo e fui completamente nuda davanti a lui che cominciava ad adorarmi, baciandomi e leccandomi su tutto il corpo, mentre io gli slacciavo giacca, cravatta e camicia e mettevo a nudo un torso da statua greca. “Fino a qui, come dovrei chiamarti?” “Sono una semplice erma.” “E fermati lì, se no ti scappa il frodito e sono dolori!!!!” Scoppiò a ridere. “Quello no! Non troverai un’arma da gran combattimento, ma ermafrodito no! Però … anche spiritosa, sai essere.” “Devo comunque cercare di tenermi all’altezza!” “E ne dimostri, di altezza. Non so capire perché hai sposato un uomo così rozzo!” “In quanti tomi vuoi la mia biografia?” Sorridemmo e baciammo il nostro stesso sorriso per scatenarci immediatamente a succhiarci l’anima. Mentre brigavo per aprirgli il pantalone, lui cominciò a sditalinarmi: non sapeva che, preso bene, il mio clitoride è capace di scatenare cascate di squirt da inondare interi letti; e ci riuscì, almeno in parte; cominciai a sparare dalla figa umori vaginali misti a liquido seminale e piscio che gli inondarono il basso ventre prima di allagare le lenzuola. Come pensavo, il fatto lo eccitò al punto da fargli rizzare il cazzo al massimo delle sue possibilità (forse addirittura una quindicina di centimetri!) che mi infilò in figa senza preavviso, sbattendomi sul letto con amorosa violenza.
Cominciò così una cavalcata che non mi ero sognata fino a dieci minuti prima. Come uno stallone scatenato, mi sbatté il cazzo in figa con tutto il corpo, che era decisamente statuario. Mentre mi scopava, continuava ad adorare tutto il mio corpo riempiendo di baci ogni singolo centimetro di pelle; la sua lingua partiva dall’ombelico, attraversava il mio corpo, passando per le tette e per ciascuno dei capezzoli, e andava a leccare la mia lingua che lo riceveva con calore. Dopo una decina di questi straordinari movimenti sul mio corpo, sentii che il cazzo si irrigidiva ancor più nella vagina, stimolando l’utero ma soprattutto il clitoride e mi indusse a squirtare continuamente: ogni spruzzo che veniva sparato dalla mia figa (senza la chiusura del cazzo che non ce la faceva a tappare il canale vaginale) provocava in lui reazioni violente quasi di elettricità che in breve lo portarono a scaricarmi nella vagina una prima, interminabile sborrata, che a sua volta innestò in me un orgasmo da urlo bestiale, capace di richiamare l’attenzione degli altri protagonisti: le facce felici dei genitori, nel vedere Mirko intento alla più bella scopata che avessero mai potuto immaginare, furono il segno del successo della mia prestazione. Ma il ragazzo “da coccolare” non si fermò neppure per riposare un attimo: strisciandomi addosso con tutto il corpo portò il cazzo, di nuovo immediatamente duro, fino alle mie labbra e lo infilò con forza nella mia bocca.
Non mi disturbò, né mi meravigliò, ma ero sorpresa dalla capacità di recupero che aveva dimostrato: aveva appena sborrato e già era pronto per un uovo assalto. Mi impegnai al meglio nella mia specialità e, favorita anche dalle dimensioni relativamente “accessibili” del suo cazzo, presi a leccarlo tutt’intorno mentre lo tenevo ben immerso in bocca, fino alle tonsille; si agitava come morso da un serpente e cercava di ritrarsi con la conseguenza di chiavarmi in bocca al di là delle sue stesse intenzioni, finché se ne rese conto e cominciò a chiavarmi sul serio fino in gola. Rallentai il ritmo per godermelo con calma e la sua goduria si amplificò tanto che accompagnò il pompino con un massaggio quasi totale al mio corpo, con una particolare insistenza sul seno che non si stancava di premere, impastare, pizzicare, leccare, mordicchiare. Quando gli passai determinatamente più volte la punta della lingua sul frenulo, si scatenò quasi con ferocia nella mia bocca e mi chiavò fino a soffocarmi finché scaricò dal cazzo una nuova sborrata quasi più ricca di quella che mi aveva versato in figa: pressando il ventre sul viso, mi impedì di muovere il volto e non allentò la presa finché non si sentì sicuro che avevo ingoiato tutta la sua sborra. Quando si staccò, si avvicinò come per baciarmi, ma prima mi obbligò ad aprire la bocca per verificare che avevo ingoiato tutto; poi mi baciò con passione.
In un attimo di sosta, gli chiesi se si rendesse conto di essere andato oltre gli accordi; per tutta risposta, prese dal portafogli un libretto di assegni e ne firmò uno per tremila euro. “Posso goderti come voglio, adesso?” “Entro certi limiti, si. Ma cerca di capire che sono legata da un contratto.” “Qui non è in discussione la tua partecipazione e il tuo amore (anche limitato) che io sento dal contatto con te e dalle tue reazioni. So che mi hai amato almeno come tuo marito; e ne sono felice … finora … “ “…e poi? … cosa vuoi dire con finora?” “Primo. Che non ho finito con quello che è stato fissato. Ho ancora troppa voglia di te, sono anni che aspettavo un momento così e non mi fermerò finché non mi sentirò soddisfatto e pieno del tuo amore. … “ “ … E secondo?” La seconda ipotesi mi preoccupava. “Voglio il tuo culo bellissimo!” “No, mi spiace; ti ho detto che l’ho promesso a mio marito e io le promesse le mantengo!” “Anche a uno che ti tratta in quel modo?” “Di quel che fa lui, risponde lui; io intendo mantenere la promessa.” “Ma io stasera non ti lascio se non avrò varcato per primo la soglia di quella tua verginità.” Lo spinsi via con un urlo e vedemmo gli altri precipitarsi. Suo padre chiese. “Che succede?” “Niente. Una piccola divergenza. Io voglio sverginare il culo bellissimo di Lara e lei si oppone perché ha promesso quella verginità a quel puttaniere del marito e vuole ad ogni costo mantenere la promessa!”
Anna era l’unica che potesse intervenire. “Io ho avvisato che Lara aveva dei limiti insuperabili; la conosco e sapevo che questo limite c’era. Se non vuole, non può essere forzata.” Il padre chiese a Mirko. “Ma non l’hai scopata volentieri?” “Con enorme gioia, in figa e in bocca; le ho fatto ingoiare anche la sborra!” Anna allibì. “Cristo: questo te lo avevo proibito!” “Ma lei me lo ha concesso perché stavamo facendo l’amore, non una scopata a pagamento. Anche per questo, voglio continuare all’infinito e voglio quel culo meraviglioso, ineguagliabile, unico!” Il padre a quel punto chiese quanto valutassi la verginità del mio culo; mi invitò a dire qualunque cifra, perché lui non aveva problemi di soldi e voleva la felicità del figlio. Insistetti a dire che il valore di una promessa non può essere quantificato in soldi. Tony parlottò a lungo con Anna, mentre Mirko continuava ad accarezzarmi il culo con una passione straordinaria che quasi mi faceva sciogliere dal desiderio e mi riempiva di baci dappertutto; il suo cazzo era orgogliosamente ritto e sembrava ansioso di penetrarmi: anzi, lo fece concretamente, salendomi addosso e scopandomi alla missionaria, mentre suo padre continuava a mostrare documenti ad Anna; sua madre prima si avvicinò al figlio e gli accarezzò timidamente il cazzo già dentro la mia figa, poi, quasi vergognandosi di aver esagerato, si rivolse a Mario e, sbattendolo sul letto accanto al figlio, gli salì addosso facendosi impalare dal suo enorme bastone.
Anna e Tony sembravano aver raggiunto un punto di accordo; ma l’intensità di Mirko che mi scopava non consentiva di parlare: i miei gemiti davano la certezza che stavo scopando con passione e partecipazione, quasi con amore; e vedevo sua madre eccitarsi di fronte all’impegno di Mirko a montarmi con foga e cercare di strapparmi quanti urli poteva; ad un tratto cominciai anche a squirtare, lui si eccitò come uno stallone impazzito e mi violentò quasi fino a sborrare di colpo con un ruggito animalesco, al quale seguì un crollo improvviso che me lo fece trovare addosso quasi esamine: feci segno alla madre di non preoccuparsi e lo accarezzai dolcemente aiutandolo a riprendersi; la signora accelerò la sua monta ed esplose in un urlo simile a quello del figlio; anche lei si abbatté su Mario e ci mise un poco a riprendersi. Anna non riuscì a trattenersi. “All’anima del ragazzino da svezzare! Questo già se ne è fatte tre in rapida successione, non accenna a fermarsi e vuole anche la verginità anale! Mi pare abbastanza eccezionale!” Il commento di Tony fu “Non hai conosciuto il padre?” e sorrise. Poi Anna si rivolse a me e, dopo avermi invitata a mollare per un momento il ruolo della piccola innamorata, mi chiese di parlare dell’ipotsi di inculata. Io insistetti ancora che non se ne parlava neppure, perché non volevo. “Ascolta almeno la proposta che abbiamo concordato. Stai sicura che ne vale la pena.”
Mirko quasi scattò. “Qui non si contratta niente. Io voglio il culo di Lara e lo avrò. Punto.” “Stai a sentire, bambino capriccioso: del mio culo decido io e solo io; se mi va, lo do al primo passante; se cerchi di impormi la tua volontà, ti sbatto via dal letto ora stesso. Starò a sentire le vostre ipotesi, ma solo per educazione; poi decideremo, ma civilmente e senza prepotenze né da mafiosi né da innamorati. Tutto chiaro?” Mirko piagnucolò. “Ma io lo voglio, quel tuo bellissimo culo … “ Anna lo consolò. “E non è detto che non lo abbia …” Poi si rivolse a me. “Senti, Lara, in un’altra sede faremo altri discorsi che già ti ho accennato sulle promesse da mantenere o da eludere. Qui devo dirti che la proposta di Tony va al di là di qualsiasi sogno. Ascoltala; poi, se sei una folle criminale, rifiutala pure. Ma se hai un po’ di sale in zucca, visto anche con quanta lussuria ti fai accarezzare il culo da Mirko, sono certa che accetterai e saremo tutti felici.” Ero incuriosita, a questo punto; e davvero la mano di Mirko sul culo mi sollecitava il desiderio di assaggiare entro il suo cazzo che mi pareva assai appetibile per le dimensioni non impressionanti, “Dimmi.” “Allora, il signor Tony possiede una casetta in riva al mare del valore di circa duecentomila euro. Se accetti di farti sverginare il culo da Mirko, quella casetta diventa tua e puoi usarla per andarci in vacanza, per affittarla o anche per crearci una bella casa di appuntamenti dove potremmo organizzare cose straordinarie.”
“Due problemi. Primo: come faccio ad avere la certezza del possesso della casa? Secondo: se non ve ne siete accorti, Mirko si sente padrone del mio corpo: mi ha già scopato due volte in figa, si è fatto fare un pompino con ingoio ed ha anticipato che ha ancora tanta voglia di scoparmi. Quanto tempo dovrà durare questa inculata? Tutta la notte, tutta la settimana o tutta la vita?” Tutti sorrisero. Rispose Mirko. “La certezza della casa te la da mio padre stesso che è notaio e può stendere l’atto. Fra le altre cose, la casa al mare doveva essere mia e va benissimo in cambio della Callipigia. Io mi impegno a stare nel tuo meraviglioso culo al massimo per tutta la notte, con due sole sborrate, a meno che tu non me ne conceda altre. Domani mattina sarai libera da me. Promesso.” “Lo sai che entrare nel culo può provocare molto dolore se non si fanno bene le cose.” “Tu sei in grado di gestirle?” “Forse si; ma, almeno all’inizio, avrei bisogno di aiuto da Anna o da Amalia, non so chi è più disposta.” Amalia si defila: forse preferisce anche lei prendere in culo la mazza di Mario; Anna allora avverte che va a prendere il lubrificante. Mirko è felice come un bimbo. “Allora ti lasci sverginare da me?” Anna sorride. “Io ne ero certa; e non per una questione di prezzo. Questa forse te lo dava anche gratis. Si è innamorata, povera stupida!” “No, ti sbagli. Sto bene con Mirko; e, si, mi faccio sverginare volentieri il culo da lui; ma amo mio marito, anche se è come è.” Vai a fargli capire che il mio culo non è più vergine da un po’.
Cominciò da quel momento la notte più lunga e più affascinante per me, per la mia libidine, per il mio culo, per la mia gioia di vivere, per tutto insomma. Cominciò Anna, che mi si avvicinò, fece accostare anche Mirko e gli chiese di leccarmi il buco del culo il più a lungo possibile, toccando ogni pieghetta dal’ano e cerando di far penetrare il più a fondo possibile la punta della lingua; lui si impegnò allo spasimo ed io sentii formicolarmi tutte le membra per il piacere che languidamente si irradiava dall’ano e mi invadeva il corpo; poi Anna infilò nell’ano un dito e le vidi un’espressione di meraviglia: si accostò con la boxcca al mio orecchio e mi sussurrò. “Vergine, eh? Come il mio, più o meno.” La guardai con sguardo di sfida e lei mi baciò sulla bocca, sussurrando.”Sei grande!” Poi chiese a Mirko di darle il cambio; lui si avvicinò esitante e accostò un dito all’ano, premendo per farlo entrare; mi contrassi per istintiva reazione e caricai un poco la ritrosia; Anna gli suggerì di bagnare il dito in bocca o, meglio, nella figa, se la trovava abbastanza umida, Da quel momento cominciò un gioco perverso e meraviglioso per cui Anna suggeriva a lui cosa fare per infilare nel culo prima un dito e farlo ruotare per allentare la tenuta dell’ano, poi un secondo dito da affiancare al primo: ogni volta, accoglievo la novità con un poco di reazione ma senza respingerlo. Quando le dita che entrarono furono tre e ruotarono liberamente nello sfintere allentato, Anna gli suggerì di lubrificare culo e cazzo e di incularmi con decisione.
Il momento particolare emozionava tanto Mirko che sentivo il sudore colargli dal petto sulla mia schiena mentre con le mani mi accarezzava la schiena, i lombi e le natiche fino al buchetto nel quale entrava ed usciva con due dita agevolmente; il respiro affannato era il segno di una tensione quasi estrema. Sentii finalmente il fresco del gel inondarmi il culo e penetrare nel canale anale che quasi non avvertiva più il dito, per effetto del lubrificante che forse era anche leggermente anestetizzante. Nella mia posizione, non potevo vedere niente e mi fidavo delle sensazioni tattili; avvertii la punta della cappella sull’ano e istintivamente contrassi i muscoli; Mirko spinse verso i basso e sentii lo sfintere cedere ed aprirsi; gemetti, un po’ per il piacere e un po’ per dare la sensazione di essere violata; lui si chinò sulla mia nuca e mi baciò a lungo e il largo. “Ti faccio male? Vuoi che mi fermi?” “Non ti azzardare a interrompere quest’incanto. Mi fa male, è vero; ma mi piace anche tanto; e so che fra poco il dolore sarà superato e il piacere monterà in cielo. Spingi e non ti spaventare se urlo.” Spinse decisamente, sentii il cazzo affondare nelle viscere urlai a metà tra dolore e piacere. Mi tempestò di baci, di carezze, di dolci frasi, mi chiamò più volte “amore” e cercai inutilmente di vietarglielo. Poi si fermò schiacciato su di me, per accogliere il sapore della mia pelle da tutto il corpo: mi rannicchiai sotto di lui ed avemmo la sensazione di essere un corpo unico.
“Anch’io ti adoro!” Mi scappò di dirgli; volle ad ogni costo girarmi la testa per baciarmi sulla bocca; poi cominciò a montarmi con calma e serenità, quasi per consumare un rito meraviglioso da far durare al massimo; provai anch’io a carezzargli i lombi da sotto e lo sentii fremere di piacere, mentre mi accarezzava la schiena e le natiche. Sborrò di colpo, quasi senza accorgersene; ma in me scatenò un orgasmo violento che mi portò a squirtare con violenza: sentii che esplodeva dall’ano, oltre che dalla figga, il solito misto di umori, di liquidi, di piscio e stavolta anche si sborra sua che sporcò dappertutto il lenzuolo e i nostri corpi: mi vergognai non poco ma Mirko mi accarezzò il viso, si spostò tra le mie cosce per potermi toccare il viso e baciarmi davanti. “Non pensare neanche per un attimo che tu abbia sporcato il letto: questo è l’more nostro, limitato quanto vuoi, ma è amore fisico, materiale, palpabile. E io non so dirti quanto sono felice di averti amato tanto, di averti avuta per questi pochi attimi, per essere entrato in una tua verginità. E’ una serata bellissima, questa: e la voglio far durare molto a lungo. Effettivamente, anche io stavo benissimo, non avvertivo né vergogna né sensi di colpa. Fino a quel momento, l’idea di provare amore facendo la puttana non mi aveva sfiorato mai. Adesso sapevo che ci potevo mettere anche un po’ d’amore e che questo rendeva tutto meraviglioso. E così fu per tutta quella notte straordinaria.
Con tutta la cautela possibile, dopo gli insegnamenti di Anna, Mirko fece scaricare la tensione del cazzo e, lentamente, lo spinse a uscire, aiutato da me che lo espellevo come per andare di corpo. Quando fu uscito, andammo in bgno a lavarci, prima lui, che si intrattenne col padre pr elogiare l’inculata che aveva avuto, e poi io che ebbi solo l’opportunità di scambiare un occhiolino con Anna che aveva capito come avessi finto bene la verginità e stava forse studiandone gli sviluppi. Dopo chemi fui lavata e dopo aver coperto con un lenzuolo quello sporcato dai miei orgasmi, ci stendemmo sul letto vicini, toccandoci solo le mani. Mirko mi ribadì che voleva ancora fare sesso con me, eventualmente per tutta la notte. Gli spiegai che io di mattina lavoravo e che qualche ora di sonno mi era necessaria per essere sveglia al lavoro. Decidemmo che avrebbe fatto l’amore con me (io l’avrei solo scopato, con qualche sprazzo d’amore) al massimo fino alle quattro, poi mi avrebbe lasciato andare a dormire. Furono quattro ore di assalti continui. Cominciò a leccarmi la figa con accuratezza ed amore, toccando tutto l’apparato nelle più piccole pieghe; ovviamente, mi succhiò quasi con ferocia il clitoride e mi provocò un orgasmo che mi fece squirtare a lungo. “Vacci piano; domani sarò uno straccio se mi ami così tanto!” “Non mi interessa; voglio il tuo amore, lo voglio tutto, lo voglio adesso.”
Mentre lo diceva, era già montato sul mio busto e aveva piantato il cazzo tra le tette; mossi le mani per schiacciare il cazzo tra i due globi d’amore e lo vidi inebriarsi fino a rovesciare le pupille e mostrare il bianco degli occhi: la sborrata fu conseguenza automatica. “Mirko, sei sicuro che tutto questo sborrare non ti faccia male?” “Senti, venere calli pigia, se dovessi morire qui, ora, tra le tue tette, nella tua figa, tra le tue natiche, beh. Sarebbe la morte più bella, più dolce, più ricca, più eroica che potrei immaginare, lasciami suicidare col sesso, se ci riesco.” Sorrisi e mi misi a leccare il cazzo che era rimasto tra le mie tette; quasi fosse un invito per lui, lo spostò lentamente verso la bocca e me lo diede da succhiare. “Ma sei appena venuto …!” “E allora? Non ti va?” “Stupido!!! … Forse ha ragione Anna, mi devo essere veramente innamorata un poco di te … “ Erano già quasi le tre quando il suo cazzo tornò duro nella mia bocca ed io ripresi a succhiarlo con molta calma e con molta diligenza; fu un pompino da ricordare, senza grandi invenzioni erotiche ma con una regolarità di metodo che mi facevano sentire il cazzo come quasi una parte di me e gli davano la sensazione di scopare con se stesso attraverso di me. Raggiungemmo insieme l’orgasmo, io con una dolcezza mai provata, quella sera, e lui lasciando scivolare la sborra nella bocca come per naturale caduta.
“Hai tempo solo per l’ultimo assalto al culo. Riposiamoci un poco, poi scopami nel culo come se fosse l’ultima colta che non solo ci amiamo quel poco che possiamo, ma addirittura facciamo sesso, insomma come se non ci dovesse essere per noi nessun domani.” “Pensi davvero che non ci vedremo più?” “Non lo so; ma so che, se torneremo a incontrarci, non saremo mai più quelli di questa sera: eppure non possiamo dire di essre stati innamorati, ma solo di essere stati insieme benissimo, con gioia, piacere, libidine e forse un po’ di amore.” “Così mi sta bene. Alla prossima!” Mirko si scatenò: mi preparò il culo con immenso amore e lo lubrificò con estrema cura: quando si preparò a penetrarmi, gli chiesi di farmi sdraiare supina sul bordo del letto, con alcuni cuscini sotto, in maniera che l’ano fosse raggiungibile dal suo cazzo mentre lui stava in piedi tra le mie cosce: in quel modo, gli dissi, potevamo guardarci in viso mentre mi penetrava: Lo fece con una gioia che gli sprizzava da tutti i pori; non si stancava di toccarmi le tette e di palparmele, di abbassarsi a baciami e a succhiarmi i capezzoli, di stringere tra le dita il clitoride fino a farmi squirtare addosso a lui. Fu una scopata lunghissima, che lui provvide e prolungare fin oltre l’orario che avevamo deciso: non si stancava mai di possedermi ed era evidente la gioia fisica di sentirsi arbitro del mio corpo che adorava.
Poi sborrò, quasi per inerzia; e la nostra serata ebbe fine. Mentre sonnecchiava per la stanchezza, andai in bagno a sciacquarmi, indossai i due straccetti e uscii in silenzio; nell’altra stanza trovai sveglia Anna che mi consegnò l’atto di cessione della casa, mi chiese se avevo preso l’assegno da Mirko e si concesse un piccolo commento. “E’ stato tutto perfetto, per noi. E per te?” “Al di sopra di ogni speranza.” “Dopodomani ci sarebbe una serata al circolo; se ti, ci posiamo inventare qualcosa.” “Ho ancora la figa che mi duole e il culo che mi brucia. Dammi un po’ di tempo e domani ti saprò dare una risposta. Ciao.” “Ciao.” La mattina seguente, mentre ero al lavoro, telefonò Luigi. Stavolta era in albergo e la telefonata fu limpida. “Niente pompinara stamattina?” “Ma dai, era solo un’autostoppista con cui ho fatto qualche cosina. E tu?” “Ti ho tradito, come ti avevo promesso.” La risata quasi mi imbestialisce; ma poi penso che è meglio così. “Adesso che fai?” “Domani vado a Copenhagen.” “Altra autostoppista?” “Chissà … forse …” “Va bene, vuol dire che vado a quella festa dove mi hanno invitato.” “Festa? Dove? “ “A casa, nel mio letto, coi miei cuscini e le mie dita. … “ “Ah, buon divertimento. Ciao.” “Anche a te. Ciao.” Faccio il numero di Anna.
Come ci eravamo intese per telefono, rientrando a casa salii direttamente al sesto piano, dai Borelli, e trovai Anna che già mi aspettava quasi ansiosa. Mi accolse con molto affetto, a braccia aperte, e mi accompagnò direttamente al bagno, dove mi aiutò a spogliarmi e mi infilò nella Jacuzzi per farmi rilassare; si spogliò anche lei e mi si sedette accanto; immediatamente prese a carezzarmi il culo. “Come sta il nostro callipigio? Cazzo, ce l’hai venduta benissimo la tua verginità anale. A parte il fatto che ti ha portato una proprietà notevole,ma ti ha consentito un vero miracolo con quel ragazzo e con quella famiglia che ora è tutta disponibile nei nostri confronti. Ma, dimmi un poco, per caso ti stavi veramente innamorando?” “Ma che cazzo dici? Innamorarmi? E’ da quando, a sedici anni, uno stronzo prima mi ruppe la figa e poi voleva mandarmi a battere, che ho cancellato quel termine dalla mia esistenza. Diciamo che, quando mi metto a fare un lavoro, qualsiasi lavoro, mi concentro tanto nella parte da viverla sul serio, almeno per quello che mi serve. Ieri sera era l’ideale per sentirmi innamorata come a quindici anni, ma con la determinazione e il cinismo che già a sedici anni possedevo. Sapevo del recupero dei muscoli ed ero anche certa che nessuno avrebbe visto il colore del mio ano: più o meno, i cazzi che sono passati (due o tre, in tutto, e spesso neanche fino in fondo) non avevano dimensioni maggiori di quello di Mirko; e visto che avrò subito in tutto cinque o sei inculate credo di avere ancora i tessuti abbastanza chiari, anche perché li tratto spesso con creme emollienti.”
“Che posso dirti? Brava, brava, brava. Adesso, se vuoi, parliamo di domani sera.” “Si, di che si tratta?” “Dei soliti acquirenti italiani o stranieri in visita, ai quali siamo stati incaricati di offrire una serata indimenticabile. Tutta gente intervenuta per la Fiera Campionaria che si è tenuta in questi giorni e che oggi si è conclusa. Domani questi signori torneranno ai loro Paesi e nessuno si ricorderà più di loro.” “Un momento; parli della campionaria di ….? Allora io sarei a rischio.” “Perché?” “Perché ci ha partecipato anche la nostra azienda, molti di quei signori sono passati dagli uffici e non vorrei che qualcuno mi riconoscesse.” “Cazzo!” Se è così, è proprio un bel problema.” “Dove fate la festa?” “E’ stata affittata la discoteca in collina, la più isolata, perché ci saranno momenti hot.” “Ho distribuito io stessa gli inviti agli ospiti ed anche ai proprietari del’azienda. Credo proprio di non poter essere della partita.” Intervenne Mario. “E se un certo numero di ragazze venisse in maschera, per dare un po’ di sale alla cosa? Se Lara in azienda veste come l’abbiamo vista la prima volta, con una buona maschera ed un vestito osè, non la riconoscerebbe neanche sua madre.” “Si; ma la voce?” “A parte che potrebbe fingersi muta, ci sono anche macchinette che deformano la voce e alcune maschere ne sono fornite.” “No, non me la sento. Se poi qualche stronzo dovesse strapparmi la maschera …?” “Diventeresti miliardaria perché a tutti i partecipanti si farà firmare un’impegnativa al rispetto della privacy che prevede un miliardo di penale.”
“Ma il gioco vale la candela?” Avevo il dovere di chiederlo, visto il margine di rischio. “Si, senza dubbio. Per noi si tratta di circa un milione netto; per ciascuna di voi si va dai mille ai cinquemila, secondo il numero di scopate che vi sentite di sopportare.” “Se il giochino delle maschere dovesse funzionare, io ci sto; ma dovremmo esserne sicuri.” “Ci pensa Mario. Ora fa il giro dei fornitori e, se troviamo quello che ci vuole, sarai dei nostri.” “OK. Andiamo a cena, ora.” Mentre eravamo seduti per il caffè, squillò il cellulare; misi il vivavoce e risuonarono rumori di scopata. “Ma allora te la stai tirando dietro per l’Europa!” “No, non è la stessa; è un’altra autostoppista che ho raccolto; ma qui sono tutte le stesse, che posso farci?” “Puoi farci di aspettarti che anche qui in Italia siamo le stesse che al nord: potresti anche raccogliere per quel che semini.” “Ma va’ che sei una brava ragazza. Senti è finita la campionaria?” “Si, per quello che ne so.” “Peccato, volevo farti salutare due produttori danesi amici miei, Hans e Michael; ti sarebbero piaciuti. Sarà per un’altra volta se capiterà. Ciao.” “Ciao cornuto.” “Perché cornuto?” “Così per dirti un’offesa; va beh, ciao frocio!” “Domenica sera sentirai che frocio sono.” Chiusi la comunicazione e commentai a me stessa “E tu non saprai mai che cornuto sei!” “Sai qual è la barzelletta?” Scherzò Anna. “Quale?” “Quei due amici sono tra gli invitati; forse li hai già incontrati e, comunque, se la maschera funzionerà, sai che vendetta scoparti proprio quelli!” “Mario … la maschera!!!!”
La mattina passò tra le mie fibrillazioni sul lavoro. Mentre armeggiavo tra schedari e moduli un amico di Luigi mi fece. “Senti Lara, li vedi quei due tipi che stanno per salire nella Mercedes? Sono due amici di Luigi - oh dio, amici, conoscenti: quelli sono stramiliardari - lui mi aveva chiesto di farteli conoscere ma io me ne sono dimenticato. Fa niente?” “Fa niente, meno rogne.” Intanto, col telefonino, li fotografavo in lungo e in largo, tanto per conoscerli prima. Non mi avevano visto e non rischiavo niente con loro; ma c’erano altri che mi avevano salutato più volte e i dubbi restavano, finché Anna non telefonò per dirmi che Mario aveva trovato quello che ci voleva e che potevo andare sicura. Allora cominciò la fibrillazione in attesa della grande serata. Ovviamente, appena smontata dal servizio, mi precipitai a casa Borrelli; bussai e mi aprì una mascherina vecchia megera che con voce stridula mi chiese chi fossi e cosa volessi. Guardai la porta per accertarmi di non avere sbagliato e, quando mi girai, la vecchia si era trasformata nella mia amica Anna. “Visto?” Mi fece. “Capperi; dai vediamo il resto che poi ti racconto io.” Steso sul letto un bellissimo vestito da dama veneziana, pieno di buchi, svolazzi e aperture che praticamente denudano anziché vestire, chiuso con un velcro che si apriva con un solo strappo; le scarpe, per mia fortuna, avevano un tacco non molto alto; la maschera copriva non solo il volto ma l’intera nuca, compresi i capelli che apparivano a ciocche qua e là; la mia voce risultava più squillante, quasi da soprano.
Mentre mi provavo il costume e la maschera, avvertii che avevo conosciuto i due di cui mi aveva parlato Luigi e che avevo anche le loro foto; gliele mostrai e decisero di tenerli d’occhio perché potevano essere molto interessanti. Intanto, Indossai la mascherata e mi aggiravo per la stanza per abituarmi alla vista dai fori per gli occhi: non incontrai difficoltà. Anna mi avvertì che ci sarebbero state cinque o sei ragazze mascherate come me e che la serata era prevista per una ventina di ragazze, mentre il numero dei maschi invitati andava da una quarantina a una sessantina, secondo la disponibilità espressa dalle aziende. Ci preparammo alla grande recita. Tra le altre cose, Anna mi avvertì che forse, ma non era certo, pensavano di mettere all’asta la verginità del mio culo, se io ero d’accordo e se le offerte fossero state abbastanza allettanti; per garantire la (falsa) autenticità della inviolatezza del mio ano, avevano anche provveduto a far stilare apposito certificato medico che garantiva che il mio culo non era aduso al coito (che poi era anche vero!). Avevo molte obiezioni da fare: non accettavo di farmi rompere il culo da un cazzo asinino; come limite massimo indicai quello di Mario che era di circa 20 centimetri; tra le offerte volevo che mi si garantisse la possibilità di scegliere eventualmente non la prima offerta, ma una anche inferiore se l’avessi trovata più consona alle mie esigenze: l’asta doveva partire solo dopo che avessi dato un’occhiata di massima alle mazze in gara e, in questo, chiedevo anche l’aiuto di Anna e chi altro ci potesse stare.
E’ ovvio che mi diedero le più ampie garanzie anche perché non volevano far sciupare la gallina dalle uova d’oro. Puntuale come la morte, arrivò durante la cena la telefonata di Luigi che, col vivavoce, fece in modo da farmi ascoltare tutti i rumori di fondo che erano prodotti in piena evidenza da una violenta scopata in atto. Ne avevo piene le palle. “Senti, amore mio. Adesso che hai toccato il fondo puoi solo scavarti la fossa. Se la prossima volta mi chiami mentre stai scopando con una qualsiasi baldracca, ti giuro su quanto ho di più caro che la telefonata successiva la farai in vivavoce e parlerai col nero che mi starà sfondando tutti i buchi nel momento della tua telefonata. Se vuoi evitarti questa umiliazione, non mi chiamare mai più o fallo solo quando sarai certo al mille per mille che non posso sentire nessun suono sospetto. Ti è chiaro, pezzo di cretino matricolato?” “Ma no, Lara, che vai a pensare, sono i miei compagni di viaggio che stanno scherzando e muovono le reti del materasso.” Intanto il rumore si era interrotto, segno che aveva zittito la puttana. “Credimi, è stato solo uno scherzo stupido che non ha niente a che vedere con le corna.” “Va bene; allora diciamo che io non scherzo e che i miei discorsi hanno proprio a che fare con le corna … (“Tue”, aggiungo sottovoce). Adesso scusami ma ho da prepararmi la cena e poi ho preso in affitto un bel film.” “Ah, si? E quale?” “Casino Reale.” “Ah, lo conosco ma si dice Casinò Royal” “Io l’ho detto all’italiana, casino reale. Ciao.” “Ignorante. Ciao.”
Mario non riescì a risparmiarsela “Ma è proprio stronzo! Io non voglio entrare nelle tue cose, ma forse i soldini che guadagni extra è meglio che te li gestisci in vista di una vita autonoma e non da impiegata.” Intervenne Anna. “Mario, se tutto va bene, tra non molto diventiamo suoi soci e imprenditori.” Guardai stranita. “Piccola, io non parlo a vuoto e non dimentico; hai già dimenticato la villa al mare e il progetto di una casa da appuntamenti?” “Io, si” “E io invece ci sto già lavorando. Adesso prepariamoci alla serata magica.” Dopo lunghi e accurati preparativi fummo in grado di uscire e dovemmo farlo con molte cautele; per evitare occhi indiscreti; indossai la maschera solo in macchina, dove mi liberai anche del soprabito con cui avevo coperto il costume da dama. Naturalmente, arrivammo con largo anticipo e, mentre i due si attivavano per assicurarsi che tutto funzionasse, io cercai di guardarmi intorno per capire come muovermi. In pratica, i posti privilegiati erano dei separé ai quali si accedeva solo per mezzo di bonus di vario colore forniti dalle ditte e che valevano per ciascuna prestazione sessuale, normale o speciale; a garanzia, uomini della sicurezza giravano e piantonavano le varie sale. Anche i servizi erano controllati, anche con strumenti video, per evitare pericolose imboscate, trattandosi comunque di giovani arrapati in libertà talvolta eccessiva.
Sul tardi cominciarono ad arrivare i gruppi, per lo più trasportati da auto aziendali, e cominciarono a sciamare per le sale e in particolare nel bar e nella pista da ballo. Un dj diede il via alle musiche e molti si lanciarono sulla pista per i primi strusciamenti. Tra le prime auto ad arrivare, c’erano quelle dell’azienda dove lavoravo ed ero molto tesa mentre li osservavo entrare alla spicciolata; c’erano, naturalmente i proprietari; e forse qualcuno mi aveva anche sfiorato, in sede; ma, con quella mascherata, mi vedevano meno delle finte colonne di decorazione. Degli altri non riconobbi nessun altro a parte i presunti amici di Luigi, i danesi che parlavano un poco di francese e mi consentirono quindi di scambiare qualche battuta. A bella posta, li andai ad accogliere; Anna mi notò e mi fece OK con le dita. Inutile dire che non avevano nessuna idea di chi io potessi essere; ma, dopo il primo ballo e il primo svolazzo dei miei stracci, si capì che avevano ben colto chi c’era sotto il vestito veneziano e, al ballo successivo, sia l’uno che l’altro mi piantarono sotto l’inguine un cazzo di tutto rispetto, ma comunque nei limiti da me richiesti. Qualcuno spiegò loro la funzione dei bonus e la possibilità che avevano di utilizzarli: manco a dirlo, in pochi minuti mi trovai con Hans nella saletta del privè che mi stava letteralmente smontando il vestito di dosso finché non scoprì il velcro, lo strappò e si fermò sbalordito ad ammirare il mio fisico particolarmente esuberante quella sera.
Volle scoparmi immediatamente e mi concessi con molto piacere: oltretutto, mi piaceva un sacco e godetti molto con il suo cazzo di notevole grandezza. Non appena ebbe sborrato, tentò di farmelo succhiare, ma opposi un deciso rifiuto e, con calma, gli spiegai che per ogni prestazione doveva avere il bonus giusto. Era disperato e chiese più volte di parlare con un responsabile. Anna era imprevedibile e gli parlò in francese fluente ,spiegò le regole della serata, precisò anche che non ero una prostituta ma una signora borghese che si divertiva utilmente e che al massimo poteva concordare con me la serata. Hans mi chiese allora se ero disposta ad accettare un assegno circolare al portatore del valore di diecimila euro per essere la sua dama per tutta la serata. Risposi che poteva anche andarmi bene con una clausola: niente culo, a nessun prezzo. A quel punto saltò fuori Michael, che aveva atteso pazientemente di potermi anche lui scopare e che aveva dovuto ripiegare su un’altra mascherina: la sua proposta era di raddoppiare l’offerta (altro assegno circolare di diecimila euro) per essere in quattro nella serata, scegliendo però lui la seconda ragazza. Anna mi indicò una piccoletta mascherata ed io la proposi a Michael che accettò. In sostanza, ci eravamo assicurate il massimo dell’entrata per la serata con la previsione di scopare con uno solo o al massimo con due maschi.
Fu per tutti e quattro una serata di grande festa: anziché sbatterci, come facevano gli altri, a cercare una qualche compagnia ed un qualche rapporto spesso elemosinato coi residui dei bonus acquistati all’ultimo momento da colleghi più virtuosi e da sorveglianti bagarini, potemmo in massima libertà ballare e giocare tra di noi, bere quello che ci andava (le bibite erano gratis) e soprattutto scopare quasi fino allo sfinimento. Il delicato Hans rivelò una grande capacità nell’uso della sua trivella calibro 18 punzonandomi tutti i buchi e trattenendosi spesso molto a lungo: me lo sono sentito in figa per almeno mezz’ora mentre lo muoveva in tutti i modi e in tutte le direzioni: in quella seduta mi provocò una lunga serie di orgasmi. E il suo amico Michael, con una mazza più corta ma alquanto più larga amava visceralmente le lunghe pompate in gola e spesso bisognava staccarlo a forza per evitare che ci soffocasse. Insomma, furono ore di goduria celestiale che tutti gli altri chiaramente invidiavano, anche perché, a furia di acquistare sempre nuovi bonus, molti si trovarono a spendere quasi la stessa cifra che era sembrata enorme. Alle due del mattino, Anna decise di lanciare il clou della serata e annunciò che la festa si sarebbe conclusa con un’asta.
Manovrando da grande istrione e pesando gesti e parole, annunciò solennemente che c’era in sala una ragazza che ancora conservava un enorme privilegio ormai riservato a pochi: il suo ano non era stato ancora piegato all’uso sessuale, come risultava da apposito certificato medico che garantiva, se non l’assoluta verginità, la totale mancanza di abitudine di quel culo. Enunciò poi tutta un’altra serie di condizioni dell’asta: che l’interessata poteva scegliere un membro che non fosse quello della maggiore offerta, se avesse ritenuto più consono alle sue possibilità un altro soggetto; che in qualunque momento e per qualunque problema, anche piccolo, l’asta poteva essere annullata; insomma, tutte le condizioni che avevo dettato. Hans, ricordando la condizione che avevo posto prima di accettare l’assegno, capì che quasi certamente il culo in palio era il mio, che lui aveva carezzato, leccato, succhiato, mordicchiato, adorato per tutta la serata senza mai riuscire a penetrarlo come avrebbe desiderato; lo steso sospetto ebbe anche Michael; quasi nessun altro ebbe altre ipotesi. Per lo più, l’idea fu trovata balzana, anche perché un’sta impegnava sempre cifre spropositate per una serata. Al segnale di via all’asta, comparvero però alcune offerte che variavano tra i mille e i cinquemila euro. Era chiaro che l’ipotesi non aveva funzionato e che un culo vergine non interessava nessuno; Anna stava già per annunciare la cancellazione della proposta, quando uno dei padroni della mia azienda obiettò che per valutare bisognava per lo meno avere un’idea di un culo vergine, perché lui non ne aveva mai visto uno.
Feci cenno ad Anna che il discorso poteva valere anche per i cazzi, per non esporre la vergine al rischio di uno stupro insopportabile. Conclusione, si tennero quasi in contemporanea le passerelle dei culi e dei cazzi con facoltà di leggera verifica manuale, senza provocazioni o oltraggi. La proposta fu accettata e fu chiesto che sfilassero le ragazze. Nessuna, però, accettò la prova: tutte dichiararono che la certificazione non poteva riguardare il proprio apparato, avendolo largamente utilizzato. Un attimo prima che l’ultima rinunciasse, Hans scattò ed offrì centomila euro per il mio culo, che lui affermava di aver conosciuto e sperimentato vergine; Michael ammise di essersi reso conto della verginità del mio ano, ma che non se la sentiva di innescare una pericolosa gara con l’amico. Il padrone della mia azienda, a quel punto, chiese di guardare - almeno guardare, disse - un miracolo della natura, un culo ancora vergine; si avvicinò, tastò delicatamente, inserì la punta del medio e poi la lingua. “Cazzo, non ci avrei mai creduto: lì un cazzo non c’è mai entrato. Mister Hans, se fossi anch’io fuori sede e non avessi una moglie ipergelosa, le assicuro che questo piatto non sarebbe suo. Ma io non posso azzardare di mandare in crisi la mia famiglia!” Con la mia voce resa querula dalla macchinetta obiettai. ”Io però non ancora ho valutato la sua dotazione; e non è detto che fra lei e l’ospite danese non avrei scelto il cazzo che ho già sperimentato con tanta gioia per tutta la notte.”
“E’ vero: mister Hans ha già dimostrato la passione che prova per lei. Gli auguro di godersela totalmente come mi pare che meritate tutti e due.” Eravamo ad un punto morto; mi accostai ad Hans e dolcemente gli dissi. “Ci tieni tanto a prendere questa mia verginità?” “Si. E non è solo per un capriccio o per un gusto sessuale. E’ per una chimica che si è stabilita fra noi e che mi fa desiderare di possederti fino in fondo. “Ma ti costa centomila euro!” “Se tu sapessi quante inutili stupidità mi costano ogni giorno centinaia di migliaia di euro, non parleresti così.” “Quando parte il tuo aereo?” “Il mio aereo, per l’appunto, è mio e parte quando io decido di farlo partire.” “Quindi, se vuoi, puoi portarmi in un albergo, fare l’amore con il mio culo fino a sfinire e poi ripartire per la Danimarca” “Perché pensi che voglia amarti fino a sfinire?” “Perché lo hai già fatto in figa. Immagino che nel culo sarà peggio.” “E accetteresti lo stesso?” “Si. E non tanto per i soldi, forse lo hai capito; ma per quella maledetta chimica che lega anche me e che mi fa desiderare una lunga, lunga, lunga seduta d’amore tra il mio culo e il tuo cazzo.” “Andiamo, allora?” Parla con Anna e valuta se può considerarsi valida l’asta.” Intanto chiedo con lo sguardo ad Anna cosa intende fare. Mentre Hans va a parlare col traduttore, Anna mi si avvicina e mi chiede “Che pensi di fare?” “Questo il culo non me lo rovina ma lo riduce maluccio; è stato ore in figa, figurati che farà nel culo. Eppure mi piacerebbe assaggiare l’esperienza.”
“E al nostro progetto altre centomila sarebbero più che utili. Se pensi di poterti divertire …” Al traduttore che si avvicina, Anna comunicò che mi aveva lasciato libera di decidere; mentre lei incassava l’assegno, io prendevo Hans sottobraccio e gli chiedevo dove mi portava. Intanto, mi fece salire sulla Mercedes che avevo visto in azienda e all’autista diede il nome dell’hotel più prestigioso della regione, quello che dà lustro anche solo nominarlo. “Manterrai ancora la maschera?” “Non posso toglierla: non sono deforme, ma è pericoloso se ti faccio vedere il mio viso; per esempio, potresti conoscere mio marito; se si scoprisse la verità, non sarebbe bello né per me, né per lui, né per te.” “Puoi sostituirla con una più piccola?” “A quest’or, dove la trovi?” Decisi di non togliermi la maschera “Ricordami di regalarti un cuscino morbido per stare seduta i prossimi giorni.” “Allora minacci proprio?” “No, ti prometto di amarti fino allo sfinimento, come hai detto tu.”
Non fu uno sfinimento ma tornai a casa dopo una mezza giornata passata a vivere da regina nella suite regale, riverita ed onorata, ma soprattutto adorata, amata e scopata specialmente nel culo per ore da un amante infaticabile che veramente aveva trovato la chimica giusta per apprezzarmi e per farsi apprezzare, per scoparmi senza tregua e farmi sentire una regina in tutti i momenti. Naturalmente, mi comprò un intero guardaroba, perché non potevo sopravvivere con la mascherata con cui ero arrivata. Al momento di salutarci, mi disse una frase che ho conservato per sempre. ”Per la prima ed unica volta nella mia vita ho vissuto come volevo, mi son preso quello che mi piaceva ed ho goduto infinitamente di quello che la vita mi aveva regalato. E tutto questo grazie a te.” Riuscii a rispondere solo un flebile “Grazie” e scappai nel taxi che mi riportò prima a casa e subito dopo, dalla Borrelli. Anna un pizzico preoccupata, non avendomi visto né sentita dalla sera precedente fino ad ora di pranzo: non avendomi trovato neppure in ufficio, dove avevo chiesto un giorno di permesso e non sapendo dove ero finita. Le dissi del soggiorno al Grand Hotel e del regale trattamento; le accennai al fastidio al culo per l’eccesso di scopata, si augurò che mi riprendessi in fretta e mi ragguagliò un poco sulla situazione, quasi fossi socia a tutti gli effetti.
Mi disse in pratica che il guadagno era stato quello preventivato, sia per loro che per le ragazze e che alla fine tutti si dichiaravano ampiamente soddisfatti. Aggiunse anche che un particolare biglietto di ringraziamento era giunto per strani percorsi da Hans felice di aver incontrato una persona meravigliosa (si riferiva a me, naturalmente!). “Senti, ma non è che ogni volta mi fai tremare perché corri il rischio di innamorarti e di abbandonarmi per amore?” Disse, un po’ scherzando e un po’ sul serio. “Anna, ti ripeto che non ho più coniugato il verbo amare da quando lo stronzo tentò, con la scusa del grande amore, si sbattermi sul marciapiede. Oggi forse faccio la puttana, ma lo faccio con tanto amore che sembro quasi innamorata. Ma tu che mi sei cara e vicina, ricordati sempre, e con forza, che è tutto sempre “quasi” senza nessun impegno vero. Hai qualcosa da propormi per un nuovo innamoramento?” Scoppiammo a ridere di gusto. “Io ti risparmierei per un po’ visto che stanotte non è stata una comoda “seduta” (in tutti i sensi) e che in tre giorni hai scopato come per un anno con tuo marito. Per ora ti tengo fuori; se dovesse scoppiare una rogna improvvisa, so che posso fare affidamento su di te e che, fino a domenica sera, tu sei libera come un uccellino, anzi come una meravigliosa farfalla.” “Già; e mi sa che in futuro la mia libertà conterà molto di più delle telefonate imbecilli dello stronzo viaggiatore. Vado a casa; ci vediamo in serata, se sei libera.” “Non so. Telefonami. Ciao”
In realtà ebbi appena il tempo di prepararmi un’insalata e di consumarla quasi di fretta, che Anna bussò alla porta per chiedermi se me la sentivo di fare ancora un tour de force: la guardai imbarazzata; mi spiegò che era arrivata del tutto imprevedibile una richiesta per una ragazza disposta a passare la notte tra sabato e domenica con un vecchio cliente in un albergo di lusso nella città vicina. Mi preciso che si trattava di un tipo strano ma del tutto innocuo, che amava vivere situazioni strane che si creavano nella sua mente: stavolta aveva chiesto una ragazza che si travestisse da adolescente (comprese le treccine ai lati) e che si comportasse con lui come la ragazzina restia che resiste a lungo alle profferte incestuose del padre e alla fine gli si arrende. Ridemmo di gusto, immaginando la situazione; poi prevalse il buonsenso e spiegai ad Anna che il mio culo non era in grado di sopportare nuovi assalti, per cui, di fronte ad una richiesta in tal senso, avrei incontrato eccessive difficoltà; per i resto, addirittura mi entusiasmava l’idea di recitare la ragazzina incestuosa col padre arrapato, situazione che peraltro avevo in parte vissuto, ma senza scopata. Decidemmo che, se accettava l’inviolabilità del culo, poteva andarmi bene.
Mi chiese allora di fare un giro in macchina e ci recammo nella vicina città, all’albergo che mi aveva indicato; si limitò a parlare con il direttore, al
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