“Aspetta, non te ne andare così; cosa pensa di fare Mario?” “Ma sei proprio tutta scema! Tu devi farti visitare perché la tua testa è molto malata. Oggi, dai giornali, tutta la Germania sa che tuo fratello ha dichiarato che farà la sua mostra con un segmento per il tuo progetto; che quel progetto lui lo sostiene con i disegni che ti ha preparato; che alla fine ti regala anche i disegni, che, secondo il Presidente dell’Associazione, valgono dai 120 ai 240 milioni di euro. E tu fai ancora finta di scendere dalle nuvole e chiedi che cosa vuole fare tuo fratello? SARA’ TUO FRATELLO COME E’ SEMPRE STATO E COME TU NON SAI PIU’ ESSERE. Se tu fossi una persona normale, sarebbe sufficiente che lo abbracciassi e il passato sarebbe dietro le spalle. Ma, visto che soffri di mania di persecuzione, lui per te non è più un fratello ma un nemico da abbattere; e invece, puntualmente, ti ritrovi acciaccata. Arrivederci, mamma; spero che la notte ti abbia portato i consigli giusti. Ah, in giornata vengo a recuperare la mia valigia.” E chiude la comunicazione. Mentre lei battaglia con sua madre, io mi sono spostato nel letto, alle spalle di Roberta che si accorge subito del particolare risveglio del mio fratellino tra le gambe, che si va a piantare immediatamente tra le due rosee natiche. “Lo facciamo così?” Sussurro. “No, vienimi sopra: fatti guardare mentre mi penetri.” Le monto sopra; la prendo ad abbracciare e a baciare,scoprendo gli umori, i sapori e gli odori dei corpi al risveglio mattutino, apparentemente sgradevoli ma in realtà indicatori di un’intimità che accende il nostro erotismo. E mi accorgo della dolcezza di riscoprire la sensazione della sua pelle nei punti dove pure l’ho gustata già altre volte: sentire i tessuti ancora immersi nel languore del riposo mi dà godimento più di quando li gusto nel piacere del quotidiano.
Mi piacerebbe anche assaporare il gusto della figa che appena si risveglia e che forse conserva ancora l’aspro del piscio versato nella sortita notturna o quello della necessità attuale di andare in bagno. Ma Roberta mi ha preso e, in certo senso, mi tiene in ostaggio per l’orgasmo che desidera dolce e intenso. Mi sposto con delicatezza sul suo corpo e arrivo a stendere completamente le mie membra sulle sue, dai pettorali che schiacciano i suoi seni delicati, al ventre che aderisca al suo e ne assorbe il calore notturno, via via fino alle cosce che strofino con le mie per fonderle nell’amore. Non posso spostare molto le mani, per non perdere quel contatto totale; ma mi rifaccio baciandole tutto il viso, pezzettino per pezzettino. Entro in lei quasi con cautela, lentamente, eccitando progressivamente il canale vaginale fino all’utero. Mi accoglie gemendo, quasi soffrendo la lenta penetrazione. Esplodiamo insieme, all’improvviso, e provochiamo la delusione di Patrizia che arriva al’ultimo e voleva seguire dal “comincio”, come un tempo scherzavamo tra noi. Non è una bella atmosfera, quella in cui ci muoviamo nell’espletare le funzioni quotidiane; ci pesa addosso il disagio per quello che è stato e soprattutto per le nere previsioni future. Ad ogni buon conto, verso le dieci, andiamo al Museo dove è previsto l’incontro con la controparte. Roberta è quasi frenetica nel muoversi tra notiziari in rete, tele, radio e giornali. Ad un tratto la sento imprecare e sbalordisco, perché non è da lei. Mi accosto all’ufficio e accenno con la testa “Cosa succede?” Mi invita ad entrare e mi mostra delle testate che, ovviamente, non capisco. Scuoto la testa. “Ah, già: tu non conosci il tedesco! E’ scoppiata la notizia che la Società edilizia che Siglinde rappresenta è stata perquisita per bancarotta fraudolenta, che tutti i beni sono stati sequestrati ed alcuni funzionari anche arrestati”.
Anche Patrizia, che si è avvicinata incuriosita, si spaventa. “E mamma?” è la prima terrorizzata domanda, “Chiamala!” le impongo; compone il numero e sentiamo il telefono squillare nei pressi; Patrizia si precipita nell’atrio e trova Oriana discinta, in lacrime, col viso quasi disfatto che si muove a stento verso la scala di salita agli uffici. “Mamma!!!!!” Patrizia si precipita verso la madre e l’abbraccia. Oriana la stringe a sua volta e continua a piangere. Mi avvicino e le accarezzo, mentre Roberta ci invita in una saletta vicina e offre un po’ d’acqua alla poveretta. “Sono finita …” piagnucola Oriana e lo ripete più volte, come un Karma, come una preghiera, come un pianto. “Calmati, cerca di dire cosa succede.” Le dico, mentre le accarezzo il viso quasi deformato dal pesante trucco sbavato in ogni dove. “Sono rovinata!, non ho il biglietto per tornare a casa, né per me né per Patrizia, e non ho un euro in tasca.” “Hai almeno con te i documenti personali?” “Si, quelli sono qui nella mia borsa.” Mi rivolgo a Patrizia. “E tu?” Si batte la mano sul petto “Qui, nella mia borsa intima.” Perfetto. Allora, non è successo niente.” “Come, non è successo niente? Ero venuta qui servita onorata e corteggiata e invece mi trovo come una pezzente in mezzo alla strada; e tu dici che non è successo niente!” “Sei viva, siete vive e siete con me; tutto si risolverà.” Mi rivolgo a Roberta e le chiedo se può fare alcune cose per me. Chiaramente, si. Le dico di verificare il mio conto personale e se ha mantenuto validità il mio biglietto di ritorno. Le fornisco gli estremi amministrativi e con pochi clic appura che mi restano poco più di duemila euro, ma che il biglietto è stato bloccato; tre biglietti d’aereo per il ritorno valgono quasi mille euro.
Le chiedo di rinnovare la prenotazione, per tre posti, nel volo previsto per me solo; le consegno la carta su cui caricare il debito. Poi sorge il dubbio. “Dove diamine le parcheggio per questi due giorni?” Roberta decide immediatamente. “State tutti e tre a casa mia.” “Ma è pazzesco: quell’accampamento è per una persona, può accettarne due, può soffrirne tre; ma quattro è un’esagerazione.” “E il tuo cuore quanti amori riesce a contenere?” “E’ molto elastico e classifica per intensità.” “Stupido!” Intanto sto chiamando in studio; per fortuna, mi risponde Clemente. “Ciao, come va?” “Malissimo. Ho un bisogno urgentissimo di contanti; puoi caricarmi dei soldi sulla carta di credito?” Non mi chiede perché. “Solo questo?” “No c’è di peggio, forse; ma ti farò sapere quando farò luce.” Chiedo a Roberta di verificare il mio conto e mi dice che sono stati appena accreditati ventimila euro. Tiro un sospiro di sollievo; anche mia sorella e mia nipote, che sono state in religioso silenzio fino a quel momento, sembrano respirare. Chiedo a Roberta. “Non credi che possiamo anche pensare a un albergo, ora?” Per tutta risposta, dirotta la richiesta. “Ragazze, volete che vi cerco un albergo o vi accontentate del mio accampamento?” Risponde Patrizia. “Qualunque cosa decidiate voi, io sto con Roberta fino alla morte.” Oriana non riesce neppure a rendersi conto di quel che accade e accenna di si senza spiegare niente. Roberta affronta allora il tema principale. “Senti, grande organizzatore. Con questa storia, salta tutto, forse anche il progetto di mostra.” “Perché?” “Perché la Società sponsorizzava e senza i suoi soldi non c’è copertura.” “Un momento: prima che subentrasse la Società, come si copriva la mostra?” “Non ho idea e deve consultare il contratto iniziale.”
Lo prende e lo sfoglia attentamente. “Ecco! C’è questa ditta di oggettistica che si era impegnata a coprire le spese, come ha già fatto e fa per tutto l’itinerario. Ma chi è il rappresentante di questa ditta?” “E’ semplicemente il signore che ha fatto l’accredito sul mio conto, quello che mi ha sempre sostenuto e che ha messo su il più grande studio di design d’Italia in una cittadina di provincia come P…” “Hai proprio tutte le fortune. Se accettano il rispetto della prima stesura, tutto torna alla normalità.” “Già!, Interviene Patrizia, ma così tradisci quello che avevi enunciato ieri, il connubio fra edilizia architettura e design.” “Lo so; ma non sempre puoi avere quello che desideri e, se necessario, ti tocca accontentarti.” “Non voglio essere assillante come sempre. Ma credo che quel Presidente che ha parlato rimarrebbe molto deluso se la mostra si svilisse. Non puoi chiedere se ha qualche soluzione?” “Beh, la bambina non ha tutti i torti.” Il termine bambina mi procura uno scapaccione da Patrizia, naturalmente. Rivolto a Roberta, le suggerisco di telefonare a Clemente, registrando la telefonata nel caso, per chiedergli se rinnova l’impegno alle condizioni iniziali; sta per farlo quando il telefono l’anticipa e squilla. Parla a lungo e gli occhi le si accendono di gioia a mano a mano che va avanti. Alla fine, mi salta al collo. “Me ne frego che sono in ufficio: devo baciarti.” E lo fa con amore. Oriana, su una sedia in angolo, china la testa e lascia scorrere due lacrimoni: cerco di farlo notare, in silenzio, a Patrizia che le va vicino, l’abbraccia stretta e le parla a lungo nell’orecchio. “Cosa ti rende euforica?” “Tu non hai capito niente, ma era proprio il Presidente di cui parlava Patrizia. Ha saputo della vicenda e si propongono per riportare la mostra al prestigio previsto.
Si realizzerà la presentazione nei termini che tu hai suggerito, ma con un progetto dell’architetto più importante del territorio. I due insieme ad Hans, che si è buttato come un falco sulla notizia, domani mattina vengono con i disegni da presentare e vogliono parlare con te. Tu devi essere nato proprio sotto una bellissima stella!” “No, era in una stalla!” “Ma vaffanculo!” “Se ti va, più tardi perché no?” “Lo metteremo all’ordine del giorno …” “Davvero: adesso che si fa?” “Si aspetta domani. Solo dopo il colloquio sapremo come muoverci.” Chiedo del grande assente, il direttore; mi spiega che c’è nell’aria un cambio della guardia e che lui, saputo che stanno per metterlo a riposo per affidare a lei la direzione, se ne frega ormai di tutto e le lascia carta bianca. “E poi sarei io, quello nato sotto buona stella? A te devo forse dire, all’italiana, che hai proprio un gran culo … e per di più bellissimo, direi.” Patrizia non si perde l’occasione per una battuta. “Ci deve essere nell’aria una certa frenesia: non si parla che di culi. Preparate qualcosa?” “Ti piacerebbe …” “Oh, si, si che mi piacerebbe.” All’ora di pranzo, Roberta chiude l’ufficio e andiamo a casa; lungo strada acquistano dei panini che consumiamo devotamente seduti al tavolino multiuso che c’è. Patrizia rompe il silenzio. “Senti, bancomat; io sono rimasta con quello che ho addosso ed anche mamma credo che almeno di un paio di mutande di ricambio abbia bisogno; puoi aiutarci ancora?” Interviene Roberta. “Qui vicino c’è un supermercato ben fornito, Si può fare un po’ di acquisti …” Oriana se ne sta ancora in silenzio, Patrizia cerca di scuoterla a uscire con loro, ma lei non è in grado di agire. “Le mie taglie le sai. Basta che compri il minimo per sopravvivere. Io vorrei riposare un poco.”
Le ragazze mi fanno segno che ci badi io e si preparano ad uscire. “E con che cosa pagate?” Roberta è spiazzata. “Ah, già … “ Patrizia è più decisa “Col bancomat di zio bancomat.” E allunga la mano; passo a Roberta la tessera e il foglio con i codici. “Attenta a manibucate!” Roberta ignora la frecciata e mi comunica “Non ho tempo per fare spese, rientrare e tornare in ufficio. Io poi vado direttamente a lavorare. Il bancomat te lo rendo stasera e, se mi salta il ghiribizzo, ti obbligo a farmi un regalo.” Mi avverte Roberta; e Patrizia le fa eco. “Vengo con te anche in ufficio, torniamo insieme stasera.” “Se non ti fai il regalo, ti ripudio per sempre.” E’ evidente l’intento di mia nipote di lasciarmi solo con la madre per darci la possibilità di parlare; anche Roberta l’ha capito e mi salutano per andare via. Oriana, muovendosi come in trance, va verso il letto e si lascia cadere; accenna a sbottonare il vestito e mi guarda con aria implorante. Mi avvicino e comincio a spogliarla con dolcezza, quasi fosse una bambina e per di più malata: a mano a mano che scopro il suo corpo, mi sorprendo ad osservare come sia comunque bello, forse un poco più maturo; qualche livido qua e là segnalano una notevole attività di sesso forse anche estremo e la cosa mi turba; poiché mi invita a sfilarle anche le mutande, scopro con orrore che il suo meraviglioso pelo ricciuto e nero è stato sacrificato ad una rasatura di moda; anche la figa reca evidenti tracce di abusi lunghi e ripetuti così come il culo che presenta una vasta coloritura marrone intorno al’ano, segno di una lunga assuefazione alla penetrazione anale.
Qualcosa mi si spezza dentro, come se all’improvviso mi trovassi di fronte al cadavere di una persona cara. La guardo con il massimo distacco possibile e mi accorgo che è ormai una quarantenne al bordo di una crisi generale come certe tardone sull’orlo del disfacimento che popolavano le nottate di sesso e droga dove mi esibivo per sfinirle a furia di cazzo in figa, in culo, in bocca, in tutti i buchi possibili. Il ricordo del mio mito infantile mi opprime; la memoria recente di un amore coltivato e coccolato mi fa tristezza. Cerco di allontanarmi ma mi chiama a sé.“Non scappare da me … per favore … non lasciarmi sola …” Non so che fare; mi siedo sul letto accanto a lei. “Non faresti un po’ d’amore con me?” “No, Oriana, non posso.” “Perché non puoi?” Rispondo la prima cosa che mi viene in mente. “Siamo a casa di Roberta, sul suo letto. Io voglio bene a Roberta, ci faccio l’amore, ci faccio tanto amore; non posso fare l’amore con te, a casa sua, nel suo stesso letto. Mi dispiace. Ti voglio sempre un bene infinito; ma non posso tradire la fiducia di Roberta.” “Ma dai, da quando ti fai scrupoli a scoparti una bella donna. O per caso non mi trovi più abbastanza bella?” Mi ricordo di aver visto una scatola di preservativi: vado in bagno, ne prendo un paio e li infilo in tasca. Tornato in camera, trovo Oriana scosciata in atteggiamento decisamente volgare, da puttana per camionisti, Mi fa male anche solo guardarla ma non ci vuole molto a capire che non intende discorsi che non siano di violenta oppressione. Tiro fuori il peggio che in me rimane del bull di un tempo e adotto le tecniche più raffinate per farla godere.
Mi sdraio accanto a lei sul letto e la bacio dappertutto tranne che in bocca: ogni volta che accenna a spostare la mia bocca sulla sua, faccio in modo da spostarmi su un altro obiettivo; quando mi dedico ai capezzoli, capisco subito che è abituata a sentirseli mordere a sangue e lo stomaco mi si rivolta; non riesce a sborrare ed io non riesco nemmeno ad eccitarmi. “Senti, Oriana, rinunciamo, ti prego. Vedi che né io né tu riusciamo a scaldarci abbastanza. Evidentemente non sono più all’altezza di una donna come te. Scusami.” E’ decisamente inferocita. “Ma che razza di impotente sei diventato? Una donna ti chiede di scoparla e tu nemmeno te lo fai rizzare! Ma che uomo sei?” Torno in bagno, rimetto a posto i preservativi e mi sdraio a dormire sul sacco a pelo. Ma proprio in quel momento squilla il telefonino: è mamma, naturalmente. “Mario, che diamine sta succedendo?” “Non preoccuparti, mamma; c’è stato un po’ di terremoto; ma sta tornando tutto in ordine.” “Come stai tu, come sta Patrizia, come sta Oriana? Non mi raccontare favole.” “Non è mia abitudine raccontarti favole. Io sto bene; mi son fatto mandare un po’ di soldi da Clemente ed ora sono in grado di controllare la situazione. Patrizia sta benissimo: in questo momento è al museo con Roberta, ha avuto uno scontro con Oriana ma alla fine stiamo tutti insieme …”
“Anche Oriana sta con voi?” “Si, è qui vicino.” “Fammici parlare!” Faccio cenno a Oriana se vuole parlare con mamma; rifiuta con decisione. “Mi dispiace, mamma: si rifiuta!” “Non riesce proprio ad aprire gli occhi ad un minimo di logica, quest’imbecille!” “Mamma, cerca di avere pazienza. Mi è chiaramente evidente che ha vissuto questi mesi da schiava sessuale. Ha il culo e la figa così sbattuti che sono diventati neri per l’abuso di cazzo; e, ancora una volta, dopo che è scampata per caso dalla rovina che ha travolto il suo amante, l’unica cosa che sa fare è chiedermi di scoparla. E non serve a niente cercare di spiegare che io non scopo da bestia come quelli che se la sono montata in questi mesi. Sarà difficile farla tornare ad essere la donna intelligente che ricordiamo.” “Oh, mio Dio, ti prego; voglio parlarle.” Perdo le staffe; afferro mia sorella per i capelli, le sbatto il telefonino sull’orecchio e le impongo con violenza. “Squallida puttana, adesso tu parli con tua madre altrimenti le botte che hai preso finora saranno carezze di fronte a quelle che ti darò io!”
Forse ho indovinato a pensare che il sentimento che la domina è la paura: infatti e comincia a balbettare “Ciao mamma.” Sento dall’altra parte una filza di dolcezze interrotte da lacrime e, lentamente, Oriana si scioglie e le lacrime cominciano a scorrere lentamente anche sul suo viso mentre accenna di si con la testa. Capisco che altro non riesce a fare e le tolgo il telefonino. “Mamma, è inutile che continui a parlare. Sta piangendo e non è in grado né di capirti né di sentirti.” “Mario, riportamela a casa. Voglio curarla io; forse posso ancora aiutarla.” “Stai serena, mamma, tra qualche giorno, quando anche altre cose saranno tornate a posto, rientro con tutte due e insieme, io e te, le aiuteremo ad uscire da questa brutta storia.” “Anche Patrizia sta in quello stato?” “No, ma ti basti sapere che ieri sera è scappata via da sua madre e ha passato la notte nel nostro letto, a guardare me e Roberta fare l’amore, pur di non essere costretta a rischiare che il protettore di Oriana potesse pretendere di scopare tutti e tre insieme.” “Anche sua figlia ha venduto?” “Per lei è solo una puttanella che chiunque si può scopare.” “Dio, Dio, torna presto, per favore, tornate a casa.” “Non dubitare, mamma. Ciao.” “Ciao, figlio mio,cerca di mantenere la testa sulle spalle, almeno tu.”
Oriana è inebetita; si guarda il vasto ematoma sull’inguine che le violente scopate le hanno reso cronico e di colore scuro definitivo e irreversibile; cerca di guardarsi verso il culo; le porto uno specchietto da trucco di Roberta; finalmente vede anche lì la zona quasi nera che circonda l’ano e, in qualche modo, prende atto di quel che è stato. “Non è possibile … non è possibile … ” piagnucola insistentemente, quasi come una preghiera. “Io ho fatto questo …” Mi guarda con gli occhi pieni di lacrime. “Ti assicuro che non volevo … ho perso la testa … perdonatemi …” Istintivamente le prendo la testa tra le mani e le accarezzo i capelli. “Mario, ti prego, non ti chiedo di scoparmi, non ti chiedo di farmi fare l’amore; abbracciami, sii ancora un volta il mio fratellino, il mio solo sostegno … puoi darmi ancora il tuo affetto?” Mi stendo al suo fianco, l’abbraccio e la stringo a me. “Mario, sono stata terribile; ho fatto tanto male e tanto me ne sono fatta. Ho bisogno di te e di mamma per dimenticare e ricominciare. Mi aiuterai?” “Non lo sto facendo, adesso?” “Si, lo stai facendo benissimo e ancora mi vergogno …” “Adesso basta con la vergogna, basta con i freni, basta con le impotenze, basta con le gare a chi fa meglio. Cerca di entrare nella logica che devi essere quello che vuoi tu e devi fare quello che vuoi tu, senza gare e senza invidie.” “Posso chiederti una cosa? … Davvero sei diventato impotente?” “Tu non riesci mai a fare tesoro delle cose: tua figlia ieri sera, per telefono, ti ha detto (lo so perché era in vivavoce) che stavo scopando alla grande con Roberta e poco fa ti ho detto che siamo innamorati e facciamo l’amore. Se non mi si rizza con te, è perché lo stato in cui ti vedo mi ispira più pena che amore o voglia di scoparti. Anche se non lo dici o lo neghi, so perfettamente che hai partecipato a notti infinite di sesso e droga e che il tuo pappone ti ha passato a tutti gli amici col tuo consenso.”
“Quindi l’amore per me si è spento, nel tuo cuore.” “Ci fai o ci sei? L’amore non ha un interruttore col quale lo spegni; non ce la fai proprio a pensare, per esempio, che io sia ancora tanto innamorato ma che la condizione in cui ti sei ridotta mi dà un senso di nausea all’idea di fare sesso con te? Non ti passa per la testa, nemmeno per un attimo, che io possa essere spaventato, perché gli ambienti che hai frequentato, le cose che hai fatto, i cazzi che ti hanno sbattuto, potrebbero averti contagiato un qualche male, fino all’Aids, e che a queste condizioni l’idea stessa di infilarti il cazzo in figa mi faccia paura? Non credi che sarebbe meglio prima una cura di disintossicazione? Quando il tuo corpo pretenderà da me amore e non sesso bestiale;quando il mio cazzo tornerà a balzare duro solo al contatto con la tua pelle; forse allora possiamo anche pensare di tornare a fare sesso. Fino ad allora, disintossichiamoci da queste scorie.” “Hai ragione.” Mi dice con voce sommessa; e poi, con un gesto di pudore,si tira sul corpo il lenzuolo per coprirsi. Mi distendo sul letto al suo fianco; si allunga anche lei e mi si accosta da dietro: mi accarezza la testa. “Buon riposo, bambino mio.” Dio, ricordo anch’io quei momenti di tantissimi anni fa. “Grazie, tata. Anche a te.” Dormiamo sul serio, anche di gusto, dopo l’agitazione della mattina. Roberta e Patrizia, di ritorno al Museo, ci trovano così, vicini nel letto, lei completamente nuda ed io completamente vestito. “Ancora a fare sesso?” mi sveglia la nipotina. Ma sua madre, risvegliandosi. “NO, era prassi da bambino che Mario dormisse il pomeriggio accanto a me sul letto; ed io molto spesso ero castamente nuda come adesso. Ciao, Roberta, scusami se non sono riuscita …” “Lascia stare e provati queste cose che ti abbiamo comprato. Nel caso,parleremo in un altro momento di quello che è stato. Ora parliamo del presente e del futuro, se ci riusciamo.”
Poi si rivolge a me “C’è stato un lungo scambio, oggi, con Hans, col Presidente e anche con Helmut, l’architetto con cui devi collaborare. Hanno ottimi sponsor ed una grande volontà di fare un lavoro enorme, anche con un convegno e non so che cosa ancora. Insomma, se non ti strappano di mano l’idea, diciamo che la rendono enorme rispetto alla piccola mostra che tu avevi proposto.” “Amore, devo piangere di dolore perché trasformano il mio giocattolo in uno più moderno e tecnologico? O mi vuoi suggerire di incazzarmi, sbattere i piedi e far saltare tutto? … Ah, no, se conosco la mia prudente amica neo direttrice, mi sta suggerendo di accettare con gioia di vedermi protagonista di un progetto faraonico cresciuto su una piccola idea. Ed io che sono sempre supino alle voglie dei miei amori accetto volentieri. Solo una o due curiosità. Che ruolo avrà il Museo e la sua Direzione in tutto questo? Hai sentito il parere anche di Clemente?” “Si, furfante fascinatore. Clemente è d’accordo con te, anzi con me che ti devo imporre di stare zitto e accettare.” “Siamo già a questo punto; hai già concupito i miei sponsor e li pieghi ai tuoi capricci?” “Credi di avere il monopolio della fascinazione? Povero illuso, non sai cosa può fare una donna che si innamora. Ringrazia Dio che non voglio, perché Margie non merita questo; ma se mi spingi ad innamorarmi veramente di te, ti riduco uno straccetto per i miei lavori di cucina. Comunque, sappi che il centro di questo universo sarà la tua bellissima e preziosa amica Roberta, nella sua funzione di Direttrice pro tempore del Museo.”
“Quindi, se non ho capito male, sponsor di qualità e di quantità, assicurati; opere per la mostra, garantite; chiarito il discorso della collaborazione; avviato il progetto faraonico di indagine culturale; la mia amica sta tirando fuori le unghie e mette in riga le vecchie carampane. Io devo solo godermi il trionfo?” Patrizia non può restare fuori da un gioco di ironie così simpatico. “No, stronzo sfaticato, tu adesso ti rimetti a disegnare per il nuovo progetto di architettura edile. L’architetto sta piangendo di gioia all’idea di averli per la sua presentazione e avrai poco tempo per produrne a sufficienza. Quindi, obbedisci al bastone e fai il mulo.” Sono felice che Roberta sia riuscita a fare tanto e l’abbraccio con amore; il cazzo mi si rizza istantaneamente fra le sue cosce; noto lo sguardo strano di Oriana, che verifica un’altra verità. “A proposito di stare attenti: Mario, Roberta mi ha detto che qui in Germania i controlli che mi hai consigliato per l’Aids sono semplici e gratuiti, negli ospedali.” “Anche in Italia e sono molto attendibili.” Oriana interviene.”Tu che ne sai?” “Cara sorellina, ogni tanto cerca di ricordare che il tuo fratellino per qualche anno ha fatto di professione l’escort o anche bull. Questo voleva dire che quasi tutte le sere scopava con una donna diversa e doveva offrire tutte le garanzie di sicurezza, come fanno le prostitute intelligenti e di qualità, come fanno tutti quelli che hanno a che fare con quell’area di interesse. Controllarsi periodicamente è doveroso, oltre che prudente.”
Roberta intuisce che il tono del discorso rischia di degenerare e interviene. “Beh, io che ho un’attività sessuale abbastanza normale, per non dire limitata, ogni tre mesi mi controllo e sono sicura; ma qui tutti i giovani lo fanno, per igiene e per prudenza; un individuo infetto è una bomba nel suo ambiente. Mi meraviglia che in Italia non si faccia.” Patrizia diventa sempre più ragionevole. “No, Roberta, non è che non si faccia. Diciamo pure che sono io a ignorare cose anche elementari. Sin da piccola mi sono abituata a scopare senza avere altri problemi che quello di non rimanere incinta; e questa abitudine me la porto dietro. Finché qualcuno non ha cercato di spiegarmi che il preservativo non è un optional ma una garanzia. Per questo ti ho fatto le domande, prima. Ho bisogno, appena in Italia, di accertarmi anche su queste cose. Per il momento il mio amore si rifiuta non solo di scoparmi, come vorrei io, ma anche di fare l’amore, come sa fare lui.” “Vorresti scopare con Mario?” “Si; ma lui ha già detto chiaro: con preservativo o niente; e non ti meravigliare, ma io un preservativo non so come è fatto né dove si compra né quanto costa.” “Se vuoi, io ne ho, in bagno …” “Sei straordinaria. Questa è un’altra cosa che da te non mi sarei mai aspettata; ma forse solo perché interpreto le persone a modo mio e non cerco di analizzare. Tu in fondo sei una ragazza normalmente bellissima e immagino che ogni tanto una ripassatina te la fai dare.” “Beh, diciamo che non sto ad aspettare per mesi che il mio amore si ricordi di me e venga a spolverarmi la vagina.” Faccio finta di non aver sentito. Mentre si conversa amenamente, hanno cominciato a provare gli abiti comprati per resistere fino a P…
Quando Oriana esce dal lenzuolo per provarsi degli slip, vedo Roberta sbalordire davanti all’ampia ecchimosi sul pube, che evidentemente le suggerisce le stesse cose che a me; ci scambiamo un’occhiata di intesa. “Si, si è data tanto da fare; e non solo lì.” Oriana si è piegata ed è apparsa la stessa ecchimosi anche intorno all’ano. Roberta è seriamente colpita. “Si è fatta fare tanto male.” Sussurra; ma Patrizia l’ha sentita e chiede con lo sguardo. Roberta indica con la mano il pube di Oriana, scuro quasi nero, e quello di loro due, delicatamente rosa. Patrizia sembra non capire; le faccio segno,pigiando col pugno nell’aria, al cazzo che picchia. Non riesce a stare zitta, come al solito. “Mamma, ma che hai fatto là?” E indica il pube. “Davvero non so, non capisco. Forse qualche volta qualcuno ha picchiato più forte …”. Silenziosamente, indico a Patrizia di farla girare. La prende per un braccio, le fa una giravolta e si abbassa verso il culo. “Cazzo, mamma, ma anche qui sei stata ben bastonata!” Oriana è piuttosto piccata. “Che vuoi che ne sappia. Lo sai che in certi momenti non ti rendi conto …” Patrizia mi chiede con lo sguardo che fare. “Dai, ne ho già parlato a nonna. Appena torniamo in Italia, si occuperà lei di sua figlia; chiede solo il mio e il tuo aiuto. Può farcela a recuperare, se siamo con lei.” Patrizia va ad abbracciare sua madre. “Mamma, non ti preoccupare. E’ passata. Ce la faremo. Vedrai che ce la faremo.” Oriana scoppia in lacrime e i singhiozzi la scuotono fino farle male. Roberta sottovoce a Patrizia. “Ma tua madre, con quella attività che si nota, almeno si sottopone a controlli?”
“Se avesse saputo, credi che non me lo avrebbe suggerito?” “Dio mio; quindi è un pericolo ambulante; potrebbe essere sieropositiva senza saperlo e contagiare altri senza accorgersene!” “Scusa, ma perché dovrebbe essere così a rischio?” “Patrizia, io non so quanto sai di sesso; quelle ecchimosi dicono che da lì sono passati cazzi belli grossi, quasi certamente di camionisti o di neri, statisticamente i più esposti ad essere sieropositivi: dalle condizioni dell’epidermide è chiaro che non sono stati cinque o dieci, ma decine e questo accresce il margine di pericolosità. A questo punto, DEVE sottoporsi a controlli ed anche severi, ampi, approfonditi perché si è comportata da perfetta incosciente. Un medico che la visitasse, probabilmente dovrebbe denunciarla alle autorità di controllo sanitario perché può infettare una città o un territorio; comunque, è proprio il caso di dire che sono cazzi suoi e vostri. Io, al posto di tua nonna, la proporrei per il ricovero coatto per la disintossicazione.” “Roby, ti prego, sto già assai male, per Patrizia e per Oriana. Se ti turba che stiano con noi, ti prego, cerchiamo subito un albergo, prima che la situazione tesa e non facile ci faccia arrivare a inutili rotture.” “Mario, non spedirci in un albergo, per favore; ti prego, non farlo.” Le lacrime, a Patrizia, scendono a rivoli mentre parla. Roberta la abbraccia.” No, Patrizia, scusa, non volevo; mi sono solo spaventata. Non pensavo che tua madre fosse precipitata così in basso e non potevo neanche lontanamente immaginare che si fosse lasciata andare senza tenere in nessun conto elementari norme di sicurezza. Ecco, è tutto quello che succede che mi sconvolge. Non riesco a ritrovarmi, di fronte ad atteggiamenti di protervia che vanno indifferentemente dalla guerra a Mario alla schiavitù a Zacharias. Sono disorientata, devo solo riuscire ad accettare che è così. Non voglio che andate via, né tu né tua madre; spero solo che tu capisca il mio disagio.”
Patrizia l’abbraccia “E quello che è ancora più doloroso è che sto passando, alla mia non più giovane età, dalla scoperta di verità elementari, alla coscienza che la mia madre adorata è stata, almeno per un tempo, la peggiore delle troie. Non riesco a mandarlo giù, questo rospo.” Roberta mi accarezza il viso. “E’ ovvio che anche tu sei passato dal bambino che si addormentava in braccio alla sorellona nuda all’uomo che scopre che la sorella da lui liberata da una schiavitù sia piombata in un’altra in cui, in parte almeno, l’hai spinta tu.” “Io ho la sfortuna di incontrare tante donne sensibili e intelligenti, ma di poterne sposare solo una; mentre quelle che amo intorno a me, troppo spesso sono ragazzine immature, anche a quarant’anni.” La bacio con intensità: ho voglia di fare l’amore, si nota e Patrizia ci scherza. “Guarda che si vede, che ti si rizza. Vai sul letto e sco… pardon, facci l’amore alla grande.” “Pensiamo piuttosto a imbastire qualcosa per cena, su.” Il buonsenso prevale sempre, in Roberta. Mangiamo dei bocconcini di carne che hanno comprato in rosticceria (io neanche li riconosco; le tre ne sono entusiaste) e ci prepariamo ad affrontare la notte a quattro in due stanzette piccole. Roberta tira fuori un materasso da mare a due piazze e Patrizia lo gonfia col gonfiatore da spiaggia; alla fine, non è poi neanche così male. Sopra ci stende il sacco a pelo che, per fortuna, è con cerniera ad apertura totale e diventa così una bella e comoda coperta. La disposizione dovrebbe essere ovvia: io con Roberta sul letto e madre e figlia sul sacco a pelo. Ma Roberta commette l’errore di chiedere come vogliamo disporci.
Naturalmente, Patrizia approfitta. “Noi tre stiamo nel letto; voi fate l’amore alla grande tutto il tempo che volete. Quando sarete stanchi, Mario andrà sul sacco a pelo con la sua tata.” A noi viene da ridere, ma lei è convinta, abbraccia Roberta, le sussurra “Fammi dormire con te … fammi vedere come fai l’amore …” ed è così suadente che alla fine Roberta acconsente. “Si tratta di ripetere la soluzione della notte scorsa. E io per la verità non ho avuto nessun problema a fare l’amore davanti a Patrizia.” Commenta per giustificarsi. Detto fatto, in un lampo siamo tutti e tre nudi nel lettone, io e Roberta abbracciati e Patrizia dietro di me che mi fa sentire sul coccige la spinta del suo pube. Ci abbracciamo con intensità, io e Roberta, e le mani svariano su tutto il corpo: io adoro le sue tette fresche e delicate, con i capezzoli appena accennati e dolcissimi da succhiare; ma godo anche a infilarle un dito nella vulva e cercare il clitoride. Le impongo di stare ferma mentre la masturbo e le chiedo di lasciarsi andare a quella carezza: geme in continuazione, ansima, vibra, quando tocco un punto delicato; alla fine, lancia un urlo intenso, quando l’orgasmo le esplode dentro con tutta la sua carica. Patrizia mi ha passato una mano sul davanti e ha preso il cazzo, lo masturba delicatamente per un poco, poi rinuncia e si limita a tenerlo pulsante nella mano. Roberta si è rilassata e se ne sta supina, con le gambe leggermente aperte: pare in attesa di essere penetrata. La faccio ruotare su un fianco e la stringo a me premendomi sul ventre il culetto morbido e ben disegnato che si colloca perfettamente al centro della mia pancia. “Se è il culo che vuoi, devo prendere il gel.” “No, amore. Voglio semplicemente sentirti dentro di me, nel ventre, sull’inguine, sui testicoli, voglio diventare una sola cosa con te. Posso?”
Tira indietro le mani, mi prende la testa e si fa baciare sulla nuca, sul collo, mentre fa aderire le sue spalle contro il mio petto. “Così siamo un mostro con due sessi.” “E perché non un corpo con due anime?” La risatina alle mie spalle è da far perdere la calma. “Che hai da dire, stronzetta impertinente?” “No, niente, Solo aggiungevo: un culo con due natiche.” E giù a ridere. “Io il culo te lo sculaccio tanto che per una settimana non riesci a sederti.” Minaccio; ma Roberta è sempre più conciliante. “Hai tanta voglia di qualche coccola anche tu? … Senza figa né culo, però … Dai, falle due coccole poi decidiamo come scopare.” Mi giro verso Patrizia che è pronta da sempre. Si attacca a ventosa sulle mie labbra e mi succhia l’anima dalla bocca. Le passo le mani su tutto il corpo, strofino a lungo i capezzoli e infilo due dita nella figa; trovo il clitoride duro e pronto, lo stimolo un poco e, assai rapidamente, la sento ansimare, gemere, mugolare ed alla fine esplodere in un orgasmo lungo, intenso. “Ti voglio bene, Mario … ti voglio tanto bene … Perdonami se non ho capito niente … ma ti voglio bene, devi credermi …” Le passo un dito sulla bocca che è rimasta semiaperta dell’ansia dell’orgasmo. “Anch’io ti voglio tanto bene … lo so che non volevi … Adesso ricominciamo da capo. …” La lascio che si rilassa distesa supina e respira a mano a mano sempre più regolarmente. Mi giro verso Roberta. “Allora, questa scopata? (hai visto che hai adottato il linguaggio di Patrizia?)” “Senti, professorone: le cose belle sono perfette e sono anima e corpo. Io, anche se non devo, ti amo; ma voglio anche la corporeità di questo amore. Quindi, scopami e riempimi la figa del tuo seme. E stavolta non voglio il meraviglioso sesso tenero e delicato che già ho provato con te; fammi sentire Femmina e scopami.” “Agli ordini, amore mio!”
Le monto sopra, le apro le cosce e mi ci inginocchio; prendo le caviglie e me le porto al viso, costringendola a spalancare la figa davanti a me; accosto la cappella e comincio a spingere; sento che si lubrifica dei piccoli orgasmi che le esplodono; il cazzo avanza deciso e,memore della richiesta, spingo di colpo fino in fondo: urla anche per il dolore,perché ho veramente colpito duro l’utero. Sto fermo per un poco, poi con un dito arpiono il clitoride e la porto all’orgasmo. Non se l’aspettava ed esplode. Poggio delicatamente i suoi piedi sul letto e li spingo indietro facendole piegare le ginocchia; mi abbasso col ventre sul suo e inizio a strusciare gli inguini, poi i ventri e i pettorali contro i suoi seni. “Dio, mi stai scopando tutta con tutto; e sto venendo con tutto il corpo. Dio, Dio … quanto ti amo maledetto ,,, sborrooooo … godo, godo, godo, scoppio, mi sta scoppiando tutto!!!!”. Mi chino a baciarla. “Stai bene, amore? Adesso posso sborrare io?” “Sono in paradiso. Sborra dove vuoi, ricorderò sempre questa notte.” Mi sfilo dalla figa, la faccio girare e la pongo in ginocchio a quattro zampe; con un dito percorro la figa e, subito dopo, infilo il cazzo; spingo con forza, fino in fondo; la sento ancora gemere; le afferro da dietro le tette e le stuzzico i capezzoli; altre ondate di orgasmo si scatenano sul cazzo. Una volta dentro, decido di picchiare per arrivare all’orgasmo. Spingo con forza una lunga serie di colpi, lenti, calmi, tesi e cercare i punti erogeni; quando mi sento fortemente caricato, la scopo con colpi brevi e rapidi; avverto l’orgasmo montarmi sull’asta e, quando lo sento vicino all’esplosione, l’avverto. “Sto per venire, amore!” “Non dentro!” L’avvertimento arriva appena in tempo: strappo via il cazzo dalla figa e lo appoggio sul culo, coprendo la cappella per non disperdere la sborra che per fortuna si scarica sulla sua schiena.
“Si può sapere che ti ha preso? Prima mi dici sborra dove vuoi, poi mi avverti all’ultimo che dentro non si può. Perché?” “Perché volevo che mi venissi in bocca.” “Dio buono, non l’hai mai toccato con le labbra, al punto che pensavo non ti piacesse e non te l’ho chiesto e tu mi fai rischiare l’infarto perché volevi che ti venissi in bocca!!!! Come si fa a non innamorarsi di una come te?” “Ricordati che sei fidanzato e promesso sposo.” “E allora? Io mi converto al’islamismo e divento poligamo.” “Ma vaffanculo!” E’ stata Patrizia a parlare. “Ti consiglio di non ripetermelo a P… dopo che i controlli ci metteranno l’anima in pace. Potrei anche prenderti ala lettera.” Roberta scende dal letto e va in bagno borbottando. “Guarda che mi hai combinato. Tutta la schiena devo lavarmi!” Patrizia ne approfitta per scalciarmi fuori dal letto. “Adesso vai dalla tua tata, bambino.” Vado verso il sacco a pelo con molte riserve mentali; Oriana è nuda come tutti noi. Mi sdraio sul materassino, di schiena a lei, e mi accosto al massimo, finché tutto il mio dorso è contro il suo petto; tira a se il mio culo contro il suo ventre. “ A me nemmeno le coccole di Patrizia?” mi sussurra. “L’hai sentito? Stasera tu sei la mia tata ed io dormo con te come allora, quando cominciavano le mie pulsioni per il tuo culo. Se fossimo a posizioni invertite, io sicuramente ti metterei un dito in figa e ti farei un ditalino …” Mi passa una mano lungo il fianco e va a prendersi il cazzo barzotto. Ne approfitto per passare una mano dietro la schiena, farla scivolar sul ventre ed andare ad artigliare il clitoride. Non so dire se riesco a sborrare o se riesco almeno a farle un buon ditalino completo; dopo poco mi addormento e credo che si sia addormentata anche lei, nonostante la posizione infelice.
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Aggiunto: 5 anni fa
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Incesti