Mi prende per la vita e mi abbraccia stretto; ricambio e ci baciamo come se fosse la prima volta: sento le sue labbra timide ad aprirsi e questo mi eccita; sento la sua lingua giocare dolcemente con la mia e questo ancor più mi eccita. Infila la mano tra noi. mi apre la zip, tira fuori il cazzo; la guardo non so se spaventato o adirato, temendo che voglia insistere a prenderlo in figa. Si struscia il cazzo lungo la coscia destra, al di sopra della calza, lo fa scivolare tra le cosce, lo va a premere sullo slip, all’altezza della figa, e lo stringe fra le cosce. “Mi vuoi dare un po’ d’amore?” “Così?” “Si, esattamente come per il nostro primo coscialino, quando ero ancora totalmente vergine e ti amavo già più di ogni cosa al mondo.” “Parli di quando scoprivamo insieme il sesso e io ti vedevo già come la donna della mia vita?” “Si. Ti amo come allora, ti ho sempre amato come allora. Lasciami illudere che questa sia la prima volta che viaggiamo insieme e facciamo sesso.” “Invece è tutto vero: è il nostro primo viaggio insieme e, dopo una lunga tempesta, questo è il primo rapporto sessuale da innamorati.” “Ti amo, Mario, ti amo tanto che sto anche per venire.” “L’hai detto, amore. Ti amo tanto che sto per venire.” In nessuna fantasia mi sarei immaginato un rapporto così dolce, così bello, così … tutto. E sono particolarmente felice che Patrizia ha imboccato il percorso più bello per recuperare il nostro amore e, in qualche modo, la nostra ingenuità. Un piccolo problema riguarda la pulizia delle cosce allagate dalla sborra; esco per primo e, ad un passeggero che incrocio, faccio il viso costernato di chi ha sbagliato porta.
Il volo è tutto un susseguirsi di dolcezze, di moine, di carezze, di bacetti che fanno storcere qualche bocca. Ma noi ce ne freghiamo e, come tutti i giovani, ci nascondiamo nella nostra nuvola d’amore. Quando usciamo dai cancelli, lei vede subito Roberta “Allora vai a stare da lei?” “Si; avevamo già concordato. Guarda che lì c’è tua madre coi tedeschi.” “Allora ci si vede stasera.” “Non so; forse si, dipende da cosa mi ha organizzato Roberta.” Si allontana agitando la manina; alzo il nastro della transenna e vado a baciare Roberta; un militare fa il gesto di fermarmi, poi il bacio lo convince a desistere; gli rivolgiamo un sorriso di gratitudine, sia io che Roberta. “Com’è andato il viaggio?” “Normalmente noioso.” “Andiamo a casa?” “ E dove, se no?” “Non so … un giro per la città … una visita al Museo …” “E quattro capriole sul tuo letto?” “Aggiudicato!” Non oso nemmeno sfiorarla, mentre si districa velocemente nel traffico cittadino, ma non posso fare a meno di ammirare la elegante determinazione, anche quando manda affanculo gli altri automobilisti. Parcheggia divinamente (qui si trova posto!) e ci avviamo a piedi alla sua casa che, peraltro, già conosco. Davanti a una rosticceria, si ferma per il pranzo. “Scusa, il vitto è tra le spese rimborsabili?” “Si, naturalmente!” “E allora lascia almeno che sia io ad offrire le cibarie, almeno in questi giorni. Poi carichiamo al museo o alla Società, insomma a chi paga.” “Vero. E’ più giusto. E poi i rimborsi te li devo calcolare proprio io.” Non chiedo neanche cosa abbia comprato; saliamo al suo appartamento e mi chiede se mi va il pollo arrosto. “Potrei mangiare prima un poco di te? Ne ho urgente bisogno per ricaricarmi di energie.”
Mi bacia con passione e io ricordo la sua bocca tumida che mi divora le labbra e mi esplora tutta la bocca. Mi esplode un’erezione assai potente e si va a collocare sopra il suo ventre: mi stringe a sé con forza, per sentirla più nettamente, e si agita un poco per stimolarmi una sorta di sega; le afferro una tetta quasi con forza, la tiro fuori dal vestito e la succhio da ogni lato, fino a prendere in bocca il capezzolo piccolo, rosa, per niente sviluppato, quasi allineato alla mammella, ma evidentemente assai sensibile perché, appena lo comincio a succhiare, quasi si sdilinque tra le mie braccia e devo sostenerla perché non cada. La spoglio più rapidamente di quanto pensassi e comincio a pascermi letteralmente delle sue belle forme; le bacio tutte, dall’ovale perfetto del viso al candore della gola, dalla delicatezza delle tette quasi virginee ai capezzoli appena abbozzati, dal ventre teso e morbido all’ombelico stranamente grosso, da leccare, da succhiare, da mordicchiare. Quando arrivo alla sottile linea di peli che decora la figa, resto quasi estasiato e mi ritorna in mente tutto il piacere infinito che aveva saputo darmi nel precedente incontro. “Sei una Venere, sei l’amore, sei la Bellezza, sei tutto!” “Facciamo l’amore, ti prego; non resisto più.” Mi sfilo i pantaloni e mi cavo la maglietta; gli slip volano in fretta e sono su di lei. Non aspetto più. Le monto sopra delicatamente, mi colloco tra le sue cosce, appoggio la cappella alla vulva, un colpo e sono dentro. Vibra e si scuote; stringe i muscoli della vagina e mi succhia. La bacio intensamente, su tutto il volto: il cazzo si eccita da sé, senza movimento. E quasi senza movimento l’orgasmo monta. “Roby, ho paura di non resistere molto!” “Non devi resistere: io sto già per godere; fallo con me e sarà meraviglioso.”
“Si, amore, si, … sto sborrando … sto sborraaandooo!” “Anch’ioooooooo.” Urla e si divincola come tarantolata; poi si placa e vibra in tutto il corpo; il ventre le trema e le braccia mi stringono con forza imprevista. Si lascia andare, infine; ed io con lei. Stiamo così qualche minuto per riprendere forze e lucidità; poi con calma mi indica il bagno, dove in due si sta con difficoltà, come io so; mi sposto e la lascio andare. Torna in accappatoio. “Mangiamo qualcosa?” “Se vogliamo sopravvivere a questi sforzi … “ Scherzo e lei sorride. Vado in bagno a sciacquarmi sotto la doccia e, al ritorno, indosso solo gli slip. “Ma tu non hai niente per cambiarti?” “Si: un jeans, una maglietta, qualche slip. Insomma, quel che può stare nello zaino; io viaggio leggero.” “E se dovessi andare alla cerimonia di stasera?” “Jeans e maglietta: un po’ stropicciati dal viaggio ma fanno tanto boheme.” “Mi sa che non riuscirai ad entrare, senza un abito da sera.” “Devo piangere, mamma, se non posso andare alla festa?” “Non mi prendere in giro. Almeno avessi avvisato; ti affittavo qualcosa.” Squilla il telefono: è Hans, il direttore. Parlottano un poco in tedesco ed io sono fuori. “Hans dice che per stasera si è dimenticato di procurarsi gli accrediti sia per me che per te. Quindi, per noi niente festa!” “Piango da solo o piangi con me?” “Non scherzare; esserci stasera sarebbe importante.” “Roby, tieni più alla festa o alla mia vicinanza?” “Che discorsi!!!! Io delle feste me ne frego da una vita …” “E perché vorresti che me ne preoccupassi io? Sai, l’elemento peggiore di questa riflessione è dato dal fatto che sul presenzialismo si è aperta la voragine tra me e Oriana, quella voragine che ora può ingoiare un bel progetto. Sappi, però, che io, se è vero che solo gli stupidi non cambiano idea, sono orgoglioso, assolutamente orgoglioso, di essere uno stupido. Per questo, ti amo sempre.”
“Si, però Hans e preoccupato e per lui la tua assenza è ferale.” “Immagino che tu non abbia a casa tutti i dati del lavoro.” “Che ti serve?” “L’elenco dei giornalisti e possibilmente il telefono privato di ciascuno.” “Quello ce l’ho. Chi ti serve?” “Johannes Schmidt.” “Addirittura! Punti al bersaglio grosso.” Compone il numero e mi passa l’apparecchio. “Hans? … Sono Mario … … Sono a Dusseldorf … si ci vedremo senz’altro. Ma adesso mi devi aiutare. … C’è la festa dell’Associazione e io vorrei partecipare con una dolcissima Sirena che amo … Si è bella proprio come quella di Roma … Ah, basta che ci presentiamo e ti facciamo chiamare? Bene. Ci vediamo alle sei e mezza all’entrata. Ciao.” Poi, rivolto a Roberta “Dici che abbiamo svoltato?” “Sei imprevedibile! Quindi lui era a Roma all’inaugurazione?” “Si. E si è quasi innamorato di me … come designer …” “Vacci piano perché su di lui se ne raccontano molte.” “Va bene, vuol dire che gli faccio prendere posto nel mio gran cuore.” “E io ti strappo le palle a mano libera. Finché sei in questa città, sei mio. Fuori di qui hai la tua vita e mi accontento di essere una dolce memoria o anche una presenza assente. Ma qui, sei mio.” “Capito il messaggio. Mangiamo?” “Si, anche perché il tempo è scarso, se dobbiamo essere lì alle sei e mezza.” Dopo pranzo, io vorrei riprendere il discorso fermatosi al primo orgasmo, ma Roberta è perentoria: riposo assoluto, ognuno per se; preparazione dei due, che per lei include anche stirarmi maglietta e jeans per non vestirmi da pezzente e lunga seduta di maquillage; e poi via alla festa col traffico serale che è bestiale.
Mentre Roberta si prepara, ne approfitto per qualche telefonata. La prima a mia madre, che mi sommerge di domande e di raccomandazioni; naturalmente, chiede di parlare con Roberta e dal tono sento che la trova molto giusta e opportuna per il suo bambino all’estero. Le prometto di chiamarla quando avrò risolto con Oriana. La seconda a Margie, obbligatoriamente; metto il vivavoce per non far sentire Roby emarginata;lei mi fa cenno di non farlo, ma io vado avanti. Naturalmente, la prima domanda è dove e con chi sono. “Con Roberta, anzi per me è Roby” “E’ un tuo amore?” “Qui a Dusseldorf senza dubbio.” “Ci hai fatto o ci farai l’amore?” “Sono stato già suo ospite mesi fa e abbiamo fatto l’amore. Oggi non potevo evitarmelo.” “Devo preoccuparmi?” Interviene Roberta. “Assolutamente no!” “Maledetto, ancora il vivavoce, ti piace proprio sbandierare i tuoi amori!” “Quando quell’amore sei tu, lo deve sapere tutto il mondo. C’è anche tanto affetto, tra me e Roberta; e questo mi autorizza anche a farla partecipe del mio amore per te.” “Va bene. Senti, Roberta, non ti fidare molto del suo cuore a fisarmonica capace di ospitare migliaia di amori.” “Non sono così scema. Io amo soprattutto la sua amicizia, la sua generosità e la sua lealtà. Fare un po’ di sesso e un diversivo utile; ma un buon amico è un gioiello da conservare. A proposito, sai che alla stampa tedesca ti ha presentata come la sua sirena romana e quelli ora sbavano per te?” “Parli di Hans?” “Si, proprio lui; si sono sentiti e lui si ricorda di te con amore. Devi essere proprio straordinaria.” “Ti ringrazio; ma sono gli uomini che mitizzano. Adesso devo andare, Mario, ho una delle solite riunioni. Se ti riesce, fammi sapere come vanno le cose. Ti voglio un mondo di bene. Ciao. Ciao Roberta, spero di incontrarti un giorno.” “Ciao, Margie, piacerebbe tanto anche a me. Se si fa la mostra, chissà … Ciao.”
Ci prepariamo e usciamo in tempo per l’appuntamento. Un militare di guardia, naturalmente, ci impedisce l’entrata; Roberta chiama Hans e in un attimo arriva, mette all’ordine il militare, ci prende sottobraccio e ci porta in un vasto salone dove molte persone si muovono come insetti impazziti. Un distinto signore si fa largo verso di noi. “E’ il Presidente.” Sussurra Roberta e cerca di tradurmi quel che si dicono. “Pare che sia ultrafelice di incontrarti personalmente. Conosce la tua fama e adora il tuo lavoro …” “Basta, Roby, fallo parlare e non tradurre; quando avrà finito, digli che mi dispiace di non aver potuto fare la mostra da loro ma che mi impegno a realizzare con loro qualcosa, uno stage, un work shop o qualche altra diavoleria, appena possibile.” Mentre Roberta parla con lui, io mi rivolgo ad Hans. “Sai chi è questa Sirena? E’ la vice direttrice del Museo, anzi è l’anima del museo visto quel che sa fare il direttore.” Lui è incuriosito e si rivolge a lei in tedesco. Vedo Roberta arrossire, poi mi sibila “Che diavolo gli hai detto?” “Solo verità.” Poi lei, ad alta voce. “L’architetto ama scherzare; io sono una semplice funzionaria e amo il mio lavoro: nient’altro.” Il Presidente le dice qualcosa in tedesco, lei si vede che ringrazia. “Beh, almeno la pagnotta me l’assicuro. Mi ha detto che conoscono le mie qualità e che, se il Museo dovesse commettere l’errore di lasciarmi libera, da loro c’è un posto garantito da direttrice.” Intanto ho visto sul fondo Patrizia con sua madre, i tedeschi e il direttore; do di gomito a Roberta per farle notare che si vergognano tanto della mia tenuta che neppure danno segno di conoscermi. Intanto il Presidente chiede silenzio, fa portare un microfono e fa accendere un televisore.
Un giornalista parla di non so che; ma alle sue spalle sfilano immagini del mio lavoro e nel sottopancia figura il mio nome. Guardo preoccupato verso Roberta. “Aspetta non ci riesco ancora a credere. Stanno annunciando i tuoi premi, in contemporanea, a Berlino e a Milano … Aspetta … Il Presidente comunica che l’artista non è a ritirare i premi perché l’artista è qui. Bello, preparati all’assalto della stampa e degli ammiratori. Io mi ritiro.” La prendo per la vita, la giro verso di me e le soffio sul viso. “Tu stai qui con me e soffri o gioisci, come vuoi, ma con me.” “Attenzione, stanno attrezzando per la traduzione simultanea. Vogliono una conferenza stampa.” “Qui? Ora? Senza preparazione? Hans, non potete fare questo!” “Lo abbiamo fatto! E tu sei così grande che alla fine ti ringrazieremo sul serio.” “Roby, per favore, stammi vicino: ti assicuro che è un bruttissimo momento.” “Ed io ti garantisco che sei all’altezza di questo e di ben altro. Io non saprei prendermi l’amore di un mediocre.” “Mia madre penserebbe che sei quella giusta.” “La parola a te, eroe della serata.” La solfa, in fondo, è la solita e non mi costa grande impegno parlare del mio lavoro, spiegarne il senso ed illustrarne alcune fasi. Ma gli squali della stampa sono in agguato e cominciano le domande spesso imbarazzanti. Hans è il più agguerrito: ha visto la mostra a Roma e vuole sapere quando verrà a Dusseldorf; me la cavo indicando il direttore che scarica su Roberta. Lei se la cava benissimo dicendo che la particolarità dell’allestimento sta rinviando la decisione. “Quali particolarità?” incalza Hans. Intervengo per spiegare che in quella occasione si pensa ad una ipotesi di verifica della compatibilità tra architettura, edilizia e design.
Naturalmente, mi tocca spiegare che nella mostra è previsto un piccolo segmento che presenta un progetto architettonico e i materiali di design che per quello sono stati preparati. Il discorso, però, invece di concentrarsi, si dilata e sono costretto a rivolgere uno sguardo pieno di interrogativi a Siglinde per farmi autorizzare a parlare. Interviene direttamente e comunica che nel corpo della mostra sarà presentato il progetto dell’altra architetto … vale a dire Oriana, mia sorella, che ha vinto il bando di quel concorso e sta lavorando a quella realizzazione; nel contesto, si discuterà della collaborazione tra architetto e designer. Le perplessità sembrano molte e allora salgo in cattedra a spiegare che anche le mattonelle della sala in cui siamo sono frutto di un disegno, opera di un designer: se questo è uno sconosciuto e le mattonelle sono industriali, i prezzi si abbattono e diventa facile il lavoro; se si vogliono mattonelle d’autore, bisogna cambiare registro. Chiedo provocatoriamente al Presidente quanto possa valere un disegno per l’edilizia: dipende dal numero di copie che si vuole produrre;normalmente è di uno o due euro per copia, secondo l’autorevolezza dell’autore. Quasi divertito, osserva che un mio disegno per quella funzione vale da dieci a venti milioni di euro. Intervengo piccato. “Calma, calma! Io non tengo in nessuna considerazione il valore economico; e Hans, che è stato presente a un evento a Roma, sa che rinuncio facilmente ai soldi a favore del valore culturale o sociale del disegno. Io per quel progetto ho pronti alcuni disegni; ma la mia intenzione è solo dimostrativa: se poi saranno altri a realizzare i disegni, tanto di guadagnato. Questa responsabilità è affidata a chi realizza le opere non al designer.” Hans non la manda giù e osserva che comunque la mia mostra si presta a sostenere un’opera più commerciale che culturale.
“Caro amico, non sono d’accordo. Quando vedrai il progetto per intero, capirai che c’è una parte spiccatamente architettonica che è quella fondamentale e ci sono poi appendici strutturali che impegnano il territorio con tutte le sue realtà sociali e civili. Se io dovessi avere l’incarico dei disegni per le pavimentazioni, li realizzerei in funzione di chi vi passeggia e si trova comunque immerso nella cultura.” “Ciò non toglie che sarebbe un’operazione ad altissimo costo e quindi irrealizzabile.” “Hans, tu insisti sempre sullo stesso tasto e ti devo dare la stessa risposta. I conti, l’amministrazione competono ad altri. A me compete fare bei disegni; poi li espongo in mostra e fine.” “Ma, dopo la mostra, chi sarà proprietario dei disegni?” Decido di buttare in vacca. “Forse vorresti che li regalassi a te per fare un po’ di soldi?” Risponde per le rime. “Non sarebbe una cattiva idea, aiutare un amico.” “Mi dispiace per il mio povero amico bisognoso; ma, alla fine della mostra, i disegni restano di proprietà della progettista che ne farà l’uso che vuole. A me basta realizzare una bella mostra e dimostrare che architettura e design insieme possono collaborare. Se questa per te non è cultura, non posso convincerti del contrario. Tu resti con le tue idee, io con le mie.” E’ il Presidente a porre fine al dibattito. “Noi qui siamo tutti convinti che il dibattito su Architettura e Design è estremamente attuale. L’architetto Mario … ci ha offerto la sua disponibilità per convegni, stage o altro di simile. Noi possiamo senz’altro organizzare un convegno su questo tema e invitare esponenti da tutto il mondo, a cominciare dai due architetti qui presenti e animatori del dibattito.” Un applauso fragoroso chiude la vicenda.
Hans mi si avvicina, mi stringe la mano e mi dice “Sei veramente bravo; sono certo che sei convinto di queste idee e so che sono giuste. Spero proprio che ti daranno spazio per lavorare anche qui.” “Grazie, Hans, è stato importante per me, conoscerti.” Mi fa ciao ciao con la manina e si allontana. “Mia Sirena, che ne dici?” “Qui ti stanno ammirando tutti. Io sono in adorazione e attendo che tu mi benedica per salvarmi l’anima” “Ma tu sai qual è la mia benedizione?” “Lo so benissimo ed è quella che sto aspettando. Senti, genio, qui è costume che si va tutti a cena e a ubriacarsi: tu ti accodi?” “Sei pazza? L’alcool notoriamente inibisce il sesso; ed io devo fare tanto l’amore con te, questa sera. Se vuoi, andiamo a mangiare una cosina, poi a casa, anzi nel letto.” “Guarda che si avvicina tua nipote: devo spostarmi?” “Tu stai qua! Davvero credi che dopo averti sbandierato alla mia fidanzata, ti potrei nascondere a mia nipote?” “Beh, a questo punto, può darsi che sia ambasciatrice di qualche messaggio; ho visto molto movimento tra gli altri. Cavolo, però, neanche ti hanno ringraziato per avergli consentito di rimettere in corsa il loro progetto. Poi l’idea di quel regalo di centinaia di milioni in disegni, non so proprio da dove ti sia venuta.” “Mi è venuta da una frase: il sangue si mastica ma non si sputa. La conoscevi?” Accenna di si con la testa. “Scusami, sono caduta nell’equivoco di tutti. La controparte è tua sorella e tu vuoi correggere, non colpire.” “Sai, la cosa bella è che quella frase me l’hanno detta Margie e mia madre, le persone a me più vicine in questa fase. Ora posso aggiungere anche te che l’hai capita. Ciao Patrizia, come va?” “Mi porti con te?” “Oh, mio Dio, io sono ospite di Roberta …”
“Roberta, ce l’hai un sacco a pelo?” “Si.” “Mi fai dormire in casa tua nel sacco a pelo?” “Certo, io non ho problemi.” “No, al tempo, Patrizia, cerchiamo di essere chiari e onesti: riesci a capire che io e Roberta staremo insieme solo questi pochi giorni e che in questo tempo vorremo fare l’amore quanto più è possibile? Credi che ci sarebbe facile farlo con te che dormi là per terra? O credi che sarebbe facile per te stare là a sentirci e vederci fare tanto amore?” “Senti, Mario o zio Mario se preferisci, io non voglio andare a casa dell’amante di mia madre perché non mi va giù l’idea che lei, nella sua debolezza cronica, si faccia convincere al menage a trois che lui vorrebbe. Se lo preferisci, pagami per favore un albergo (io non ho soldi) o, se pensi di poter superare le stupide prevenzioni che ti poni, fammi stare ai tuoi piedi come un cagnolino e fai tutto l’amore che ti senti, come lo sai fare tu e come meritate che sia.” “Deciso, vieni con noi: se devi fare il cagnolino, mi scalderò i piedi su di te; se poi architetterai un menage a trois con noi, vorrà dire che almeno lo avrai deciso tu.” Roberta mi ha dribblato; Patrizia corre ad abbracciarla. “Bada che il mio è un accampamento non la reggia da dove scappi.” “Mi accampo con voi, parola di boy scout.” “Roby, ci tratteniamo ancora o è il momento di andare?” “Devi fare, capisci che DEVI fare il giro dei saluti, a cominciare dal Presidente e dalle autorità. Te le indico io di volta in volta.” Patrizia mi tira per la falda. “Mario, sei stato immenso. Ti amo alla follia!” Roberta quasi scatta “Non ti allargare e rispetta anche lo spazio altrui. Siamo in molte ad essere folli per lui.”
Il giro dei saluti è un tormento lungo: alla fine resta solo la stanchezza e la noia. Mia sorella, il direttore e i tedeschi sono scomparsi, quando arriviamo al posto dov’erano: strategicamente, hanno deciso di spostarsi per evitarci. Provo una fitta al cuore per Oriana, ma il sorriso di Roberta mi riporta subito alla gioia. Sulla via del ritorno, ci fermiamo in un locale a metà tra il pub e la trattoria, per mettere qualcosa nello stomaco. Torno a parlare con mamma; apro il vivavoce su richiesta di Patrizia e racconto tutto lo svolgimento della serata che io definisco bella e Patrizia si affretta a celebrare come solenne, unica, immortale: le accenno uno scapaccione e mamma chiede se c’è Roberta; avutane conferma, le chiede quale è la verità: lei risponde che è più vicina all’entusiasmo di Patrizia che alla freddezza mia. “Lo so che sei bravo. Vai avanti così, figlio mio. Roberta, so che ha avuto bisogno della tua vicinanza perché in quei momenti non si vuole sentire sperduto. Il merito del successo è sicuramente anche tuo. Grazie.” Roberta si schernisce e mamma chiede ancora come si è comportata Oriana. “Fredda e distante come al solito: devo averla combinata grossa se è tanto determinata contro di me.” Interviene Patrizia. “Non è vero, nonna, si vergogna tanto di se stessa che non trova più il coraggio di farsi perdonare da Mario e, per ripicca, diventa ancora più ostinata. Fai conto che Mario le ha fatto, davanti a decine di persone, un regalo che i tecnici hanno valutato in centinaia di milioni e lei ha detto che non lo accetterà. Ho paura che sia malata e che l’unica possibilità sia una cura psicanalitica; e spero che Mario non dica adesso che io sono laureata in psicologia e dovrei affrontare il problema, perché io non ho mai lavorato sul campo e non so come si fa. Margie potrebbe curarla.” “Va bene, cercate di smontare questo muro che ha alzato. Buona notte a tutti e tre.”
“Quindi Oriana ha già rifiutato la mia collaborazione. Mi sa che domani ci troveremo di nuovo a dover cancellare la mostra e, dopo che ci siamo esposti così questa sera, potrebbe essere un enorme problema. Siglinde ha dichiarato che la mostra si faceva come dico io e lei è la portavoce della Società. Che Dio ci aiuti.” Intanto siamo riusciti ad ordinare alcune cose che non so riconoscere (ma mi fido ciecamente di Roberta) e le stiamo consumando con poca birra, in vista della maratona di sesso che prevediamo. Le domande di Patrizia ovviamente non finiscono mai. “Cos’è questa storia che ti sei dovuto appoggiare a Roberta per parlare?” “E’ normalissimo che in momenti di fortissima tensione hai bisogno di qualcuno che ami, di cui ti fidi, a cui dedicare i tuoi sforzi; è sempre così, per tutti; chi lo nega, come Oriana, finisce per perdersi. Per restare al presente, a Roma io guardavo Margie mentre presentavo la mostra, lei guardava me mentre presentava il libro: eppure lei non è esperta di design e io non mi intendo di psicologia. E’ l’affetto, che produce la chimica che ti da forza.” “E se ci fossi stata io?” “Roby, sappi che Patrizia vuole essere sempre la prima nella mia vita e si interpone a tutte le donne di cui mi innamoro. Hai presente il viaggio in aereo? Sembravamo due innamorati da cartolina. Una Patrizia in quello stato d’animo mi avrebbe dato la forza che cercavo. Quella dei giorni scorsi mi avrebbe esposto alla peggiore figuraccia della mia vita.” Non può fare altre domande, perché siamo arrivati
Appena in casa, Roberta dà a Patrizia il sacco a pelo, si cambia e si mette in libertà. Io mi spoglio e resto con gli slip. Arriva una telefonata al mio cellulare: è Margie che mi chiede dove sono con chi sono e come è andata. Le dico che sono a casa di Roberta e che con noi c’è anche Patrizia; le chiedo se vuole dialogare in comunità anche con loro e mi invita ad usare il vivavoce. “Ciao, ragazze, mi dite com’è andata la serata, prima che questo orso me la distrugga?” Patrizia si lancia nell’apologia del trionfo con corona d’alloro; Roberta riferisce di una bellissima manifestazione andata anche oltre le più rosee speranze perché è arrivata al momento giusto la notizia dei premi ed è stata organizzata una estemporanea conferenza stampa.” “Come ha reagito Mario?” “Anche io devo dire che è stato immenso: prontezza, lucidità, chiarezza, spirito polemico. E’ veramente bravo. Io se stessi in Italia cercherei di sposarlo immediatamente. Considera che un tecnico ha valutato ognuno dei suoi disegni sui dieci venti milioni di euro. E’ proprio un buon partito.” “Io Mario me lo sposo, stai certa, anche se non subito e non certamente per il patrimonio ma perché è un uomo straordinario. A proposito, Patrizia, com’è stato l’incontro con tua madre?” “Quella situazione è tragica, dicevo poco fa che è da curare nel tuo istituto. Ha fatto errori enormi e crede di coprire gli errori con gli errori. Quello che sta per commettere stasera può mandare in vacca tutti i progetti.” “O Dio, perché?” “Sai della storia dei disegni per il suo progetto edile?” “Si, so che Mario ne ha preparato alcuni, che li vuole esporre in mostra e alla fine regalarli a Oriana.”
“Beh, per farla breve, in conferenza stampa Mario ha ripetuto queste stesse cose e mamma, a me e a quelli che le stavano intorno, ha commentato che lei non accetta l’elemosina da un moccioso.” “Tu sai che io di rapporti coi genitori non amo parlare. Ma tu devi consultare uno specialista. Questa è mania di persecuzione patologica, forse ancora curabile, ma pericolosa; col tempo, può rivolgerla contro chiunque la voglia aiutare e finirebbe molto male.” “Sentite, amori miei, di Oriana e dei suoi problemi ci occuperemo domani; non so voi, ma io, con un viaggio sulle spalle, ho voglia di dormire!” “Mario, ma sei sicuro di aver voglia di dormire con due bellissime Sirene nella stessa stanza?” “Ma la regina delle sirene non può essere qua e forse potrei anche dormire.” “Bugiardo, ti amo sempre di più. Ancora qualche giorno, poi verrai a Roma e ti farò pagare tutto con gli interessi. Ciao.” “Ciao, amore, sogni d’oro.” Mi infilo sotto le lenzuola e Roberta si decide a venire anche lei; Patrizia si stende sul sacco a pelo ai piedi del letto. Abbraccio Roberta con forza, la comincio a baciare dalla fronte e la percorro tutta: le piace sentirsi coccolata quasi fanciullescamente, prima del rapporto vero e proprio: quando mi sposto a baciare le tette ed a succhiare i dolci capezzoli appena segnati, mi sfila gli slip e si impossessa del cazzo; inizia una masturbazione lenta e tenera. Mi sposto con la testa sul suo inguine e la induco a montarmi sopra in posizione di 69. Mentre lei imbocca il cazzo e da il via ad un lussuoso pompino, io ho tutto lo spazio per leccare dalle natiche al monte di venere, passando per l’ano roseo e poco avvezzo all’inculata e per la figa stretta, quasi da vergine, per la scarsa assuefazione al sesso. Faccio guizzare la lingua velocemente sulle pieghette dell’ano, lo dilato leggermente con due dita e faccio penetrare la lingua che, per l’eccessiva resistenza, riesce solo a sfiorare il cerchio dello sfintere; quando approdo alle grandi labbra, ho la sensazione di forzare un’ostrica che stenta ad aprire le valve per farsi penetrare.
Mi piace questa battaglia tra la mia lingua e le sue resistenze, mi eccita, mi esalta. Forzo la fessura delle grandi labbra e mi si apre, agli occhi prima, al gusto poi, il piacere delle piccole labbra chiuse a bocciolo ancora serrato su cui si intravede un clitoride leggero e appena abbozzato. Lo afferro con i denti, delicatamente, stringo intorno le labbra e comincio a succhiare. Avverto che spinge il cazzo fino alle tonsille, per cercare di soffocare le urla di piacere che si scatenano dalla figa e cercano la via della gola per uscire; ma non può impedirsi dei gemiti soffocati che riempiono l’ambiente di amore e di piacere. Ci rilassiamo un momento e un rumore ritmico di attività sessuale sembra venire dal sacco a pelo. “Piccola, ti stai masturbando?” La provoco con gusto. “Scusami Roberta, se non so frenarmi. Devi sapere che tra me e mio zio c’è una enorme differenza. Io so solo scopare, lui sa solo amare. Però succede che se lo sfido a scoparmi, lui dimostra che ha fatto anche esperienze da escort ed è terribilmente bravo a mantenere l’erezione, a provocare orgasmi, a stimolare punti erogeni. Quando lui però si mette a fare l’amore, e lui fa veramente l’amore con passione, allora mi scattano tutte le voglie di emularlo. Se ci pensi, è lo stesso problema di mamma, ma su un altro terreno ed io mi sto attrezzando a superare il mio trauma. Stasera ho scelto di venire con voi anche perché volevo sentirli, i suoni di quest’amore, volevo annusare gli odori di questo amore, volevo guardarlo mentre amava un’altra e non me. Purtroppo , l’unica cosa che si avvicini al piacere che sa dare lui, sono i miei ditalini e me li faccio volentieri: stasera, poi, me li faccio in sua presenza e il mio bisogno d’amore si placa.”
“Tanto vale che vieni nel lettone con noi; c’è spazio e non ti propongo un menage a trois ma solo di stare a guardare come ci amiamo, ma da vicino. Adesso avrei due curiosità alle quali potete anche non rispondere. La prima: avete già fatto sesso tra voi? La seconda: la condizione di viaggio di cui Mario ha parlato si riferisce a un “dopo l’amore” in aereo o in aeroporto? Poi ce ne sarebbe anche una terza, ma solo per te, Mario: ti sei scopato anche Oriana? Sai, questo elemento pesa nella vicenda.” “Patrizia, lascia che chiarisca io. Sono stato invitato, quasi obbligato, da Patrizia a darle spiegazioni , anche pratiche, sulla sessualità; ma era ed è rimasta vergine. Poi pretese che la sverginassi per gelosia di Margie con la quale avevo fatto l’amore anche in figa: e non mi sono rifiutato. Queste sono state le uniche occasioni di sesso vero. Altre esperienze sono più parziali e aleatorie. Oggi, in aeroporto, non c’è stato sesso nel senso della res in rem perché io ho delle riserve a scopare con Patrizia in figa, non sapendo che esperienze abbia fatto. Io e te sin dall’altra volta abbiamo chiarito e dimostrato con certificati che non eravamo a rischio e facciamo l’amore a pelle, preoccupandoci solo che tu non resti incinta; con Patrizia non me la sento e abbiamo praticato il sesso degli adolescenti, quello fra le cosce. Ma proprio per questo le dicevo che mi avrebbe dato forza, perché ci ha ricondotti tutti e due ad una fase di genuina innocenza. Per quello che riguarda Oriana, quando ha saputo che sin da adolescente sbavavo per il suo culo, prima ha fatto in modo da farsi scopare; poi mi dato la verginità anale. L’incontro coi tedeschi si è basato su una serata di sesso in cui io scopavo con Siglinde e lei con Zacharias. Sei sconvolta?” “No, ma adesso capisco meglio certe allusioni di Siglinde al meraviglioso furfante, certe presenze lunghe di Oriana a Dusseldorf e forse anche il motivo di fondo che divide te da tua sorella. Vi amate, vi desiderate, anche; ma lei comincia a vergognarsi della colpa dell’incesto oltre che di altre questioni che non conosco.”
Squilla il telefonino di Patrizia. “E’ mamma. Ti va se metto il vivavoce?” “Però non deve accorgersene.” “E chi se ne frega.” “Ciao bambina, dove sei?” “Sono a casa di Roberta.” “E che ci fai?” “Ci dormo, anzi non ci dormo perché lei e Mario sono impegnati in una straordinaria seduta d’amore. Tu lo sai come fa Mario: lui ama, non scopa; lui fa l’amore, come dice lui; oppure lui fa tanto amore a chi ne ha bisogno, come suggerisce Siglinde.” “Non mi pare che tu mi debba spiegare quello che so perfettamente per averlo provato e di cui ho tanta nostalgia.” “Ah, quindi è per nostalgia che lo respingi come un appestato anche quando ti fa pubblicamente regali da centinaia di milioni? Da questa sera mi fai paura; anche per questo mi sono rifugiata da loro: io col tuo amante non mi sento sicura.” “Ma quale amante?!?! Zacharias è solo un caro amico.” “ Che ti scopa abbondantemente ogni volta che vieni a Dusseldorf ( e bada che sono 4 le volte in un anno) e che già per tre volte ha tentato di convincermi a finire a letto con voi.” “Che significa: nessuno ti ha forzato; non volevi e non l’hai fatto. Non è reato desiderare di scoparsi una bella donna!” “… a parte i casi di stolking quando ti hanno detto già no e ci riprovi.” “Dio mio, come sei diventata moralista: dev’essere l’influsso di tuo padre che ti danneggia.” Comincio a fibrillare di rabbia e Roberta mi deve abbracciare e baciare per impedirmi di scattare. “Mi dispiace per te, archistar, ma hai finito con me; non ti seguo più, mi cerco la mia via e ti lascio al tuo fallimento.” Interrompe la comunicazione e spegne il telefonino.
“Patrizia, amore mio, sei destinata a rovinare la mia vita. Adesso mi spieghi come faccio io, con la rabbia che abbiamo scatenato, con te nel letto che ti sditalini per me, mi dici come faccio a riprendere il colloquio amoroso che avevo avviato con Roberta? Sei un vero uragano!” Roberta si stira come un gatto contro di me, si accuccia a cucchiaio offrendomi il culo sul ventre e intanto, accarezza un seno di Patrizia che, quasi autorizzata, si china a succhiarle un capezzolo. Il cazzo si rizza di colpo e balza contro il culo di Roberta; lei allunga una mano dietro di sé, lo prende e guida la cappella alla vulva. Comincio una penetrazione lentissima, a piccoli spostamenti del ventre; sento il cazzo che entra, quasi millimetro per millimetro, e le pareti della vagina che trasudano umori e lubrificano l’entrata; passo un braccio intorno al busto e cerco il capezzolo; incontro la bocca di Patrizia. “Ah, state già lesbicando alle mie spalle!” “No … davanti a te, gelosone!” mi fa Roberta; le stampo un bacio sulla nuca, poi scivolo in giù a baciarle le spalle. Rinunciando alla tenerezza della posizione a cucchiaio, le afferro le natiche, sollevo un poco il culo dal lenzuolo e spingo il cazzo con foga nella vagina, fino ad urtare l’utero. Tutto il percorso è accompagnato dai suoi gemiti e dall’urlo finale quando lo scontro con la cervice le procura un orgasmo leggero. Patrizia abbandona finalmente il capezzolo, ma le lecca il viso “Sai di buono, di dolce, di bello. Tu sai d’amore.” Roberta ricambia la cosa e conclude “Anche tu.”
Decido di scatenarmi nel rapporto decisivo e spingo con forza, da dietro, nella figa di Roberta che resiste ancora chiusa e stretta, ma progressivamente, cede e si apre per lasciarsi penetrare e possedere. La afferro per i fianchi sottili e delicati e spingo con forza, fino a farle male. Si concede fino in fondo e insegue il suo orgasmo che sento montare dalla vulva fino all’utero. Arriva un orgasmo che sembra fuoco d’artificio, con gemiti e urla suoi, con affannati mugolii miei, con l’esplosione contemporanea della sborrata di tutti e due. Ci abbattiamo sul letto rilassandoci, in attesa del recupero totale dopo l’amore. Il cazzo lentamente tende a scivolare fuori e Roberta, per evitare danni al letto, si precipita in bagno a liberarsi; Patrizia ne approfitta per impossessarsi del cazzo e infilarselo in bocca, dove raccoglie tutti i residui della mia sborra e degli umori di Roberta, insomma i residui del nostro amore. Infatti, il suo commento, a bocca ancora piena, è “Sa tanto di buono il vostro amore e il tuo, in particolare, mi piace sempre di più.” Le accarezzo i capelli e la lascio fare. Rientrando dal bagno, Roberta annuncia. “Io adesso devo dormire perché domani mi aspetta una brutta giornata di lavoro e devo essere in forma.” Patrizia accenna ad andare verso il sacco a pelo, ma Roberta la ferma e le indica il posto accanto a lei. Patrizia è perplessa. “Alla peggio, nel sacco a pelo ci mandiamo l’artista bohemien; noi siamo due signore e dormiamo sul letto grande!” Una serena risata argentina chiude una giornata difficile ma assai bella. In qualche modo, riusciamo a prendere sonno; e solo alle prime luci dell’alba le pressioni delle due, che occupano il letto per intero, mi inducono, anzi mi obbligano, a trasferirmi nel sacco a pelo che, a quel punto, trovo finanche comodo.
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Aggiunto: 5 anni fa
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Incesti