La scampanellata all’ingresso è così stentorea che sveglia persino me dal sacrosanto riposo; balzo quasi seduto sul lettino e cerco di svegliare tutte le membra e tutte le funzioni. Di colpo, si fionda in camera Patrizia e va a spalancare la finestra. “Dormiglione! Lo sai che sono le dieci?” Mi stiracchio un poco e le faccio uno sguardo torvo. “Certe volte ritornano … era quasi un anno che nessuno veniva a interrompere il sonno del giusto. L’ultima volta fu Oriana: per caso ti ha lasciato in eredità il compito di rompermi le scatole?” “No, questo è un diritto che mi arrogo io ed è un piacere a cui non rinuncerei mai.” “Facciamo la stessa manfrina che con tua madre?! … No, con te non vale; con lei potevo far finta di vergognarmi perché, da adulto, non mi aveva mai visto nudo. Con te non regge la scusa.” “Ah! … dormi nudo?” “Si. E tu?” “Con un eccitantissimo baby doll.” “Si vede che non abbiamo mai dormito insieme.” “E la tua Margie?” “Nuda, come me, e preferibilmente accoccolata a cucchiaio contro il mio ventre.” “Col cazzo dentro?” “Solo finché regge … Adesso dammi il tempo di vestirmi.” “Per poi tornare a spogliarti?” “Sta’ calma, bambina; stamane c’è da contrattare e scommetto che sei qui anche per questo.” “Si, ma ci vorrà un po’ di tempo.” Mi fiondo in bagno, mi svuoto come è salutare che avvenga, mi ficco sotto la doccia e riemergo in un grazioso accappatoio. “Puoi stare anche così, se ci stai comodo.” “Effettivamente.” Mentre ci avviamo in cucina spara la prima bordata. “Ho parlato con Margie, stamattina.” “Bene. Mi fa piacere. Com’è andata?” “Per le lunghe. Dovevamo raccontarci non un anno, ma praticamente un’intera vita; e l’abbiamo fatto per telefono … E’ molto innamorata di te.”
“Ne sono certo; ed anche io di lei: questo lo hai capito. Quello che non vuoi accettare è che l’amore per lei non preclude, e non può precludere, l’amore per te. Senza scomodare la tua cultura specifica di psicologia, basta ricordarti come siamo entrati in contatto: lei voleva solo che le dedicassi per un giorno l’amore che nutrivo per te. Ma spesso ci affanniamo dietro le parole e perdiamo di vista i fatti che stiamo vivendo.” Mi ferma sull’uscio e incolla le labbra alle mie; la stringo con forza, quasi a farle male; e percorro di baci tutto il viso, dall’attaccatura dei capelli al mento, prendendomi i sapori di tutta la sua epidermide: si lascia andare al languore e quasi si piega sulle ginocchia; a stento riesco a trattenerla; poi ci stacchiamo ed entriamo in cucina dove mamma ha preparato la colazione. Ho appena preso il caffè che il mio telefono squilla: è Margie, naturalmente. Metto il vivavoce per non tagliare fuori Patrizia. “Ciao, amore, sei al lavoro?” “Io si, e tu?” “Appena alzato, a fare colazione in cucina con mamma e Patrizia.” “So che doveva venire per via della teleconferenza.” “Si; ed io so che vi siete parlate. Va tutto bene, tra voi?” “Si, perché lo chiedi?” “Perché fra me e lei fino a ieri non andava affatto bene.” “Non essere pignolo. Ti vuole bene; ti ha sempre voluto bene.” “Questo lo so; quello che non so è perché stenta tanto a dimostrarlo.” “Per pudore,per falso orgoglio, per spirito di emulazione: vai a sapere quante sono le motivazioni di un animo umano.” “Io non ho pagato per la conferenza … e nemmeno mamma e Patrizia che ti stanno ascoltando.”
“SEI IN VIVAVOCE!!!! Maledetto, questa è violazione della privacy.” “Oddio, la privacy! Ogni volta che sento questa parola, mi torna in mente come la strascicò Patrizia quella volta che pretese la lezione speciale … “ “Ma torni sempre a quel momento?” “Altrimenti come faccio a maledire il giorno che ti incontrai?” “Non lo vuoi benedire, invece?” “Non gli credere, ragazza: non smette di baciare la terra dove metti i piedi; è innamorato cotto e scherza come un bambino!” Mamma è intervenuta di colpo, “Oddio, signora, immagino che sia lei. Mi scusi … non so proprio che dire … “ “Intanto comincia col dire Anna e non signora e a dare del tu come fa Patrizia; per esempio; nel mio linguaggio non esiste il concetto di nuora ma solo quello di amica e innamorata. Sento che sei innamorata di Mario e vorrei che mi fossi amica.” “Io sono orgogliosa di esserti amica e spero proprio che molto presto ci conosceremo di persona.” Interviene Patrizia. “Ormai sei della famiglia. Ma quando ti sposi Mario, dovrò chiamarti zia?” Sonora risata cristallina. “Anna, glielo hai spiegato a Patrizia che per noi questi vocaboli sono aria fritta?” Si sente che qualcuno la chiama “Scusatemi, il lavoro mi chiama e non mi da tregua. Mario, mi raccomando: massima generosità; disponibilità e spirito di conciliazione; amore vero perché quello parolaio si sperpera ma tutti noi abbiamo bisogno di prove concrete. E stasera spero che mi potrai dire che la strada si è completamente spianata, con tua sorella, coi funzionari e con gli speculatori.” “Te lo prometto solennemente come tutti i bravi piccoli boy scout. Buona giornata, amore.” “Ciao a te, bacioni ad Anna e a Patrizia.” “Cazzo, è proprio forte questa donna. E mi sa che è proprio la spalla che cercavi.” “Grazie, mamma.”
Patrizia sembra riflettere ad alta voce. “Certo che, se riesco per un attimo a uscire da me e dalla mia rancorosità, vedo una donna straordinaria, per intelligenza oltre che per bellezza; e vedo una coppia meravigliosa che si armonizza alla perfezione. E forse prendere coscienza che io non ho saputo fare niente di tutto questo, mi fa rabbia contro me stessa, anche se me la prendo con gli altri.” “Io ci aggiungerei che ti fa male la coscienza che non sei meno bella, che non sei meno intelligente, che non hai meno personalità; però tu hai deciso di fare, perdonami se parlo con troppa franchezza, la parassita nella scia della “mamma in passerella” e Margie, invece, si è rimboccata le maniche e lavora come un mulo per farsi valere e superare il trauma che ha dovuto subire.” Mamma interviene. “A proposito, come vive oggi la storia di suo padre?” “Non ho avuto il coraggio di chiedere apertamente ma ho imparato anche a pesare bene le cose che fa e che dice. Sai cosa mi ha detto, domenica, mentre parlavamo di questa situazione ed io mi scagliavo contro Oriana per quello che stava facendo? Il sangue si mastica e non si sputa! Pari pari, la frase che mi hai detto tu; e, considerando come ragiona e lavora, mi ha detto chiaramente che il rancore con suo padre l’ha messo da parte. Non a caso, mi sposerà solo se viene a lavorare a P… e lei aveva detto che non sarebbe tornata qui mai più.” “Ma non può essere che l’idea di una famiglia sia stata più forte del rancore?” “Certo, cara Patrizia, però innanzitutto si può fare una famiglia andando a stare a Viterbo a Pescasseroli o in culo al mondo; in secondo luogo, non vedo perché debba venire qui e non pretendere che io vada dove lei deve andare; infine, ma soprattutto, perché una frase così non può valere solo per il dissidio tra me e Oriana o tra me e te, ma è un concetto più universale.”
“Visto che parliamo di massimi sistemi, mi spieghi cosa volevi dire ieri a proposito di preservativi e Aids? Davvero pensi che io possa essere sieropositiva?“ “Ecco che emerge la Patrizia difficile da gestire. Il virus dell’Aids è micidiale; può avere un’incubazione che può arrivare a 5 anni prima di esplodere in malattia. Quando questa è conclamata per uno dei soggetti, è il finimondo. Tu hai scopato, in questo anno, e non sai se uno dei tuoi partner fosse per caso un portatore sano o addirittura un malato conclamato. Diventi un pericolo di contagio vivente per tutti quelli che scopano con te. Se usi il preservativo, con tutti e sempre, il problema si riduce in maniera radicale. Io non volevo dire che ho paura di fare l’amore con te; solo ti avvertivo che da adesso senza cautele non mi azzardo e, se hai in animo di continuare col sesso libero, farai bene a farlo diventare un metodo.” “Scusa, ma anche mamma scopa liberamente …” “Scusami tu e scusami anche con tua madre, ma Oriana è assai più stupida, incosciente e arrogante di te. Lei neppure sa che questi problemi esistono ed è preoccupata solo delle passerelle a cui non deve mancare. Tua nonna, che è più saggia, scopa abbastanza liberamente ma lo fa in una cerchia di uomini che sono garantiti. Io non posso più giurare che tu sia immune: mi dispiace, ma è la verità. Ti può anche turbare molto, ma io davvero da ieri sono preoccupato.”
“No, a questo punto sono anche io preoccupata. Negli ambienti che mamma ha frequentato in questi mesi, il fenomeno dell’Aids è molto diffuso, ma lei quasi ci rideva. Cosa posso fare?” “Vai dal tuo medico e ti fai prescrivere le analisi per accertare che non hai contratto niente; poi da oggi in poi esigi che chiunque voglia fare sesso con te deve usare il preservativo.” “Ma si perde quasi tutto il piacere del contatto.” “Rischia, se vuoi; io il piacere me lo faccio scaturire dalla testa, dal cuore e non ne perdo nemmeno una briciola.” “E con Margie?” “Mi dispiace dirlo, credimi, ma in lei ho una fiducia infinita: non dico che è una santa, anche perché le esperienze le avete fatte insieme; ma quando mi ha detto che non ha avuto storie le ho creduto e sono convinto che il figlio che faremo nascerà sano.” “Quindi, se ti chiedo amore, me lo dai col filtro?” “Si; e se accetti di usare il filtro dimostri già di voler rinunciare ai tuoi atteggiamenti di sfida a tutto, anche alle conseguenze più gravi.” Patrizia mi salta al collo e riprende a baciarmi da dove ci eravamo interrotti, come se non fosse nemmeno passato il tempo: la seguo con amore e riprendo anch’io a baciarla su tutto il viso: mi spinge delicatamente verso la camera di mamma e, ai bordi del letto, mi slaccia la cintura dell’accappatoio e la fa cadere giù; io comincio a spogliare anche lei e capisco che è venuta preparata a questo, perché, solo slacciando una cintura, il suo abitino di seta scivola frusciando sul pavimento e lei resta solo con le scarpe che lancia via. Cadiamo sul letto viso a viso e cominciamo un’autentica perlustrazione del corpo dell’altro: baciarle le tette mi dà brividi intensi, tanto sono compatte e dolci da leccare, da mordicchiare, da succhiare; mi sposto lentamente verso il basso e affondo il viso nel ventre morbido e asciutto: il tortellino dell’ombelico invita a mordicchiare tutt’intorno ed affondare la lingua al centro.
Arrivo alla sottile striscia di peli che annuncia la figa e cerco di tirare fuori il clitoride dalle piccole labbra, spingendo dentro un dito che la stimola e la fa urlare; finalmente riesco ad arpionare il bottoncino e comincio a perseguitarlo con il dito, con le labbra e con la lingua, nell’intento di strapparle un orgasmo, che arriva quasi immediatamente. Patrizia si impone quasi di tacere: mugola e si contorce, geme a bocca chiusa e sborra, molto, continuamente; mi limito a succhiare il suo orgasmo e a riempirmene la bocca. Lei ha preso in mano il cazzo e lo masturba sapientemente provocandomi un piacere intenso e lungo; si abbassa poi con la testa e lo prende in bocca, avviando il più sontuoso pompino che abbia mai avuto; sento la sborrata salirmi su dai coglioni verso la cappella e mi preparo a scaricarla nella sua bocca; una fitta improvvisa alle palle mi blocca il processo e capisco che Patrizia me le ha strette con forza per impedirmi di sborrare. La guardo con meraviglia e rabbia; la mia faccia è tutta un: perché? “Non crederai che mi accontento di una leccata di figa e di un pompino. Ti voglio dentro, ad ogni costo!” “Se hai un preservativo …” “No, io non ce l’ho. E tu?” “L’ultimo l’abbiamo sprecato ieri sera.” “E allora facciamo senza …” “Adesso basta!!! Adesso mi fai uscire fuori dai gangheri e mi costringi a dire quel che non voglio, non posso e non devo dire!” Ho alzato la voce e mamma entra preoccupata. “Che altro succede?” “Questo stronzo non vuole scoparmi a pelle come voglio io!” Mamma è meravigliata. “Senti, bambina capricciosa. Io fra qualche giorno conto di tornare a Roma e scopare a lungo con il mio amore; se solo dovessi avere il timore di portarle in dono un contagio a lei completamente estraneo, preferirei tagliarmi i coglioni. Non sono sicuro che tu non abbia commesso sciocchezze; quindi, senza preservativo non ti scopo né in figa né in culo. Visto che il preservativo non ce l’abbiamo, o concludi con il pompino o preferisco rimanere a secco.”
“Io a secco non voglio rimanerci solo perché sei un cagasotto e ti inventi possibilità di contagio che non esistono.” “Bastaaaaa!!!! Ne ho pieni i coglioni. Avete frequentato ambienti dove la droga si consuma come il pane, dove la promiscuità sessuale è all’ordine del giorno e io sarei il cagasotto? Sai che ti dico? Vai a fare in culo, ma lontano dal mio cazzo.” “Aspetta, Mario, cosa hai detto? Ambienti promiscui di droga? Sono questi, quelli che frequentano la mia angelica figlioletta e la mia candida nipotina?” “Già; mamma, ricordati che sono stato escort e che quegli ambienti esistono anche nella provincia italiana.” “Senti, ragazza, tuo zio dice cose vere? Tu le sapevi? Tua madre le sapeva?” Patrizia abbassa la testa e tace. “Perfetto, rivestiti immediatamente, vai in cucina e aspetta di fare quello che devi per tua madre e per quegli individui che la proteggono. Mario, dimenticati Patrizia almeno fino a che non avrà fatto le necessarie verifiche … Avete proprio perso il senso di ogni misura, dalla civiltà alla dignità al buonsenso. Senti, Mario, ho ascoltato i consigli di Margie e fino a due minuti fa li sostenevo a spada tratta. Dopo questo episodio, ti autorizzo a dimenticare quei consigli e a colpire duro, quanto più duro puoi … devi fare male … anche a tua sorella. O impara o che vada a battere dove vuole!!!! Adesso però mi sentirà e mi dovrà rendere conto!”
Patrizia sta quasi male. “Nonna … aspetta … non essere così severa … non abbiamo fatto cose così gravi. E’ vero che circola droga, ma noi non ci accostiamo neppure. E’ vero che si scopa promiscuamente, ma noi l’abbiamo fatto solo poche volte e con persone di massima fiducia. Non ho il virus e non ho frequentato nessuno pericoloso. Volevo solo che Mario mi prendesse senza riserva. Non sopporto che a Margie dia tutta la fiducia e a me nessuna … “ “Sta zitta, per dio, sta zitta!!!! Quella ragazza è passata dall’inferno, si è ripresa e sta vincendo con la volontà, con la tenacia, con l’impegno. Tu sei nata nella bambagia e non hai mai fatto niente, in vita tua, e non riesci ad imbastire niente altro che accodarti ad una deficiente montata che sta sbattendo come una falena le ali contro tutti i fuochi assurdi di una società malata e decadente. Se non ti svegli e non cominci a trovarti un lavoro, non avrai mai uno scopo nella vita e finirai male.” “Nonna, forse hai ragione; ma se ci molli così, siamo finite, tutte e due.” “Mamma, calmati, Patrizia ha ragione, in questo: non possiamo pestare le dita a due persone care che stanno aggrappate sul’orlo di un precipizio.” “Ok, adesso ricomponetevi e niente più sesso tra voi. E speriamo che sia l’ultimo screzio.” “Quando hai concordato con tua madre per la teleconferenza?” “Nel primo pomeriggio, subito dopo pranzo.” “Quindi ti fermi qui a mangiare?” “Si, se non ci sono problemi.” “Ma quali problemi? Ricordati che per me sei sempre l’unica nipotina che posso vedere, anche se mi accorgo che dovevo raddrizzarti prima e meglio; ma forse non è mai troppo tardi.”
“Mamma, vado un attimo in studio.” “Bada che il pranzo è quasi pronto.” “Zio, posso venire con te allo studio?” “Si, ma resterai sorpresa perché non è più quello che conoscevi. Ora è più grande, più importante e sta nella zona industriale.” “Va bene, mi fa comunque piacere.” In studio trovo gli sponsor che stanno attrezzando le ultime macchine. Chiedo a Clemente se ha ancora i contratti per la mostra a Dusseldorf, sia quello concordato col Museo, sia quello non sviluppato con l’Associazione; me li consegna e mi chiede perché. “Se va in malora la mostra al Museo, questi dell’associazione in quanto tempo ci confermano che la prendono loro?” “Aspetta che chiedo.” Forma un numero di telefono, parla un poco in tedesco e riferisce. “Se gli mandiamo il contratto firmato, in due giorni sono pronti ad avviare il progetto. Mi spieghi che succede?” “Ho fatto una cazzata e la mostra al Museo può ritorcersi contro. Se non trovo un accordo con mia sorella, devo disdire col Museo e quindi passa tutto all’Associazione.” “Dai, questa sarebbe grossa. Sai che scandalo!” “Ma alla Società per cui lavora Oriana sono merde; se si rompono le ossa, peggio per loro. Ciao. Ti faccio sapere.” “Mario, stai calmo: non fa bene a nessuno sollevare fango e tu sei comunque in predicato per il compasso d’oro a Milano e per non so quale altro premio a Berlino.” “Il mio nemico peggiore è mia sorella; ma è per l’appunto mia sorella. Per questo, fino all’ultimo cercherò di trovare un accordo con lei. Sa va male, se la sarà voluta. Ciao.” “Ok. Auguri. Ciao.” “Zio, ma è enorme, questa struttura.” “Deve essere il più importante studio di design in Italia e ci stanno investendo fior di capitali.”
Mentre torniamo a casa, Patrizia torna a fare domande. “Cos’è questa storia dei premi?” “Pare che negli ambienti specializzati alcune mie creazioni siano state giudicate eccezionali e mi hanno nominato designer dell’anno.” “Cavoli! E’ una figata.” “Per tutti gli altri; per me è solo una rottura di coglioni.” “Intendi rompere con mamma?” “No, ma deve rendersi conto che sono io a farle un grande regalo; lei non avrebbe nessun diritto.” “Perché?” “Perché il Museo organizza solo attività culturali mentre il progetto di tua madre è solo commerciale. La mostra è stata assegnata a me da due anni, per il suo valore culturale. Io ho commesso la stupidaggine di dire che avrei potuto ospitare nella MIA mostra il suo progetto. Lei e quegli altri due stronzi si sono convinti di poter ridurre a zero la mia mostra e di farsi belli al Museo con un’operazione di bassa speculazione economica. Se si ostinano a mantenere il punto c’è nella stessa città un’associazione di grande livello che mi aveva chiesto la mostra. Io la ritiro dal Museo e la passo all’Associazione. Tua madre e i suoi complici tedeschi se la prendono nel culo e, per quello che so, la Società che i due rappresentano si prende una bella tranvata nell’immagine.” “Mi odierai se cerco di mettere mamma sull’avviso?” “Patrizia, per carità, per l’amore che ti ho sempre portato, non ripetiamo sempre le stesse cose. Io non voglio fare del male a mia sorella come non voglio fare del male a te, perché vi amo alla follia. Se esiste una sola piccola possibilità di risolvere le cose in amore ed amicizia, io sono felice. Ma sono un professionista. Se vengo minacciato, reagisco e colpisco duro. Ti è tutto chiaro o devo ancora spiegarti che ti sto parlando perché tu sei l’unico modo che vedo per aprire un varco verso il dialogo con mia sorella?”
Mamma ha già messo in tavola e consumiamo in fretta il pranzo. Dopo pranzo, provo a chiamare Margie che è appena rientrata in ufficio. Riusciamo solo a scambiarci un “ti amo” frettoloso e lei viene presa dal lavoro. Mi vado a stendere sul lettino, Patrizia mi raggiunge e mi chiede se può sdraiarsi con me: le faccio posto e la accolgo tra le braccia, per ridurre lo spazio. “Hai parlato con Margie?” “Solo due frasi: il lavoro la massacra, poverina.” Mi si stringe addosso e provo istintivo un fortissimo impulso a carezzarle la testa. Si agita un poco, poi mi si accoccola davanti a cucchiaio; le passo una mano intorno alla vita e stringo a me il suo culo; mi prende la mano che carezza i capelli e se la porta sulla bocca; la bacia tutta, delicatamente, con amore. Entra mamma. “Non state scomodi? Il lettone può contenerci largamente tutti e tre.” Patrizia scatta, abbraccia la nonna e si dirigono all’altra camera; sull’uscio, mamma si ferma e mi fa segno di seguirle. Vado con loro. Sul lettone, effettivamente è più comodo prendere la posizione precedente: abbraccio da dietro Patrizia accoccolata contro il mio ventre e Mamma, dalle mie spalle, mi accarezza la schiena sussurrando un “figlio mio” che mi sembra quasi di dolore ma che è di tenerezza e di amore. Le prendo una mano e me la porto davanti, sul cazzo; inevitabilmente, incontra il culo e la figa di Patrizia; comincia a giocare tra i nostri corpi solleticandoci alternativamente. Non c’è sessualità, neppure erezione, in fondo, ma solo un’infinita tenerezza che sembra farci bene più di mille scopate.
Ci perdiamo in un deliquio di amore e di dolcezza che porta quasi a sonnolenza; ma il tempo corre e i tedeschi, fedeli alla fama di puntualità, chiamano. Ci precipitiamo in cucina, Patrizia apre il collegamento e appare Siglinde. Mia madre prende posto all’apparecchio imponendomi di stare da parte. “Scusi, signora, io vorrei parlare col signor Mario …” “Io sono la madre di Oriana ed esigo, capisce questo termine, ESIGO di parlare IMMEDIATAMENTE con mia figlia.” Confusione e sconvolgimento dall’altra parte. Oriana evidentemente intende farsi negare per non affrontare mamma. “Sua figlia in questo momento non è disponibile; mi lasci parlare col signor Mario …” “Qui non esiste nessun signor Mario … Mio figlio si chiama Mario ma è l’architetto Mario … valoroso e riconosciuto designer” “Mi scusi, l’ho conosciuto un anno fa e non era ancora laureato.” “In un anno succedono molte cose belle e brutte: a me è capitato che un figlio meraviglioso si sia non solo laureato ma anche affermato a livello internazionale come grande designer; e mi capitato anche che una figlia debole e fragile, che avevamo aiutato ad uscire dal guscio, si sia avviata a finir male.” Patrizia ha composto un numero di telefono e sta parlottando. “Signora, posso parlare con suo figlio?” “Non è disponibile. C’è lì il direttore Richter? Si faccia vedere perché devo consegnargli alcune comunicazioni ufficiali.” Hans Richter si affaccia a fianco di Siglinde che gli dà spazio. Faccio cenno a mamma che è lui.”Egregio direttore, ho qui il contratto per la mostra dell’architetto Mario nel suo Museo; in questo contratto si parla di Mostra e di nient’altro.
Se lei non intende tener fede a questo impegno nei termini fissati la prevengo che abbiamo già avviato istanza all’Associazione del disegno della Sua città per spostare lì la mostra e il direttore ha dichiarato la sua disponibilità, considerato anche che, essendo stato l’architetto Mario … segnalato per il premio … a Berlino e per quello … a Milano, la mostra conferisce allo spazio che la ospita un prestigio enorme. Noi aspettiamo fino a domani poi riterremo sciolto il contratto e ci accorderemo con l’Accademia.” “Un momento … signora … io non posso decidere su due piedi … mi faccia almeno parlare con l’architetto.” “Mia madre parla in nome e per conto mio; ma se desideri parlare direttamente, dimmi pure.” Sono comparso come un fantasma ed ora occupo lo schermo. Patrizia continua a baccagliare al telefono. “Mario; ma cos’è questa novità? Non dovevamo trovare un accordo?” “Peccato che la figlia si sia negata alla madre. Questo fa saltare tutti i parametri.” “Ma gli accordi presi ieri sera?” “Accordi? Quali accordi? Se c’è una registrazione, guardala e capirai che si è solo rinviato ad oggi su una triplice alternativa: 1) fai la Mostra; 2) fai la presentazione; 3) non ti assumi nessuna responsabilità e consegni a me carta bianca. E’ su queste tre ipotesi che devi scegliere. Quale scegli?” “Ma così resta fuori la Società.” “E chi se ne frega? Quando c’è separazione o divorzio, qualcuno si fa male. Nel divorzio tra la vostra signora architetto e la sua famiglia, la Società si fa male, si fa parecchio male, lo so; ma così è la vita; una volta si vince e una si perde.”
Hans non sa che pesci pigliare; si fa avanti Roberta. “Ciao, Mario, ti rendi conto che per un vostro problema familiare, una struttura importante rischia una crisi?” “Stai dando i numeri? Questo è il contratto di esposizione stabilito da voi, anche con la tua presenza, addirittura due anni fa. Si parla solo di Mostra. Ora, che problema avete?” “La Società è il maggiore sponsor del Museo e non può tirarsi indietro, dopo aver anche annunciato quest’evento come centrale per l’attività dell’anno.” “Non posso risolvere io i problemi della società.” “In sostanza, dici che dobbiamo rinunciare alla Mostra …” “Se non volete rinunciare alla presentazione … io da dopodomani lavoro con l’Associazione al progetto della Mostra.” “Mario; ma non vedi nessuna via di uscita?” “Roberta, tu sei italiana?” “Si, di origine …” “e di sentimenti, per quello che ricordo. Bene, c’è stato sin dall’inizio un elemento pregiudiziale che nessuno di voi ha saputo o voluto prendere in considerazione: il sentimento di una madre che chiede di parlare con la figlia, l’arroganza della figlia che si fa negare e la complicità di Siglinde che non la obbliga, con la forza che le dà la Società, a comportarsi da figlia. Se la presentazione stasera si fotte, prendetevela con la signora che, per sfuggire a responsabilità morali, causa un enorme danno di immagine e, quindi, economico.”
“Ma allora lo capisci il danno?” “Basta sfogliare qualche sito per sapere che la Società ha puntato tutto su questo progetto e su questa presentazione. Quello che non capisco è perché sostenete la vigliaccheria di una poveraccia a danno degli interessi della Società.” “Noi non abbiamo potere di condizionamento.” “E allora rispettate il contratto e andiamo avanti come concordato. Oppure, rinunciate alla mostra, fate la presentazione del progetto e il giorno seguente ve la vedrete con la stampa.” “Come ti ha definito Siglinde? Un meraviglioso furfante. Ecco, tu sei questo. Ormai possediamo tutti gli elementi per capire. Tu hai innescato questo processo, perché una sera in un hotel in Italia hai detto che si poteva abbinare le cose ed anche in maniera convincente: poi, per problemi tuoi, non sei stato più convinto della scelta ed hai rinnegato quello che avevi detto, e che erano solo parole. Ma qui maramaldeggi.” “Brava Roberta che conosce il verbo difficile. Hai saltato uno o due passaggi fondamentali. Nel documento che faceva riferimento all’ipotesi del connubio, era anche precisato che l’architetta (usiamo il femminile per chiarezza) doveva invitare il designer a collaborare per preparare il trait d’union tra mostra e presentazione. Bada bene a questo passaggio, perché quello seguente è la radice del male. La vostra architetta NON HA MAI convocato il designer, gli ha tolto persino il saluto per tutto l’anno e questa sera, ciliegina sulla torta, si nega a sua madre e sta litigando al telefono con sua figlia che le muove le peggio accuse. Se guardi il monitor, vedi che vibra per le interferenze del telefonino in funzione, che è troppo vicino.”
“OK. E’ difficile nasconderti qualcosa, lo devo ammettere. Ma non c’è nessuno spiraglio ad una soluzione pacifica?” “Certo. Basterebbe che ciascuno facesse la sua parte correttamente” “Per esempio?” “Insomma, tutti i protagonisti si sono eclissati o si nascondono e a confrontarci siamo rimasti io e te, che , nel complesso delle persone, siamo quelli che in comune hanno solo ricordi di tenerezza e non di guerra.” “Io, per me, sono stata innamorata di te; per una notte, ma lo sono stata!” “Ed io, come dice Siglinde, ti ho fatto tanto amore che, nel mio linguaggio, si traduce ho fatto l’amore con te con tutta l’anima con tutto il corpo e con tutti i sentimenti.” “Non ti nego che speravo proprio di ripetere quell’esperienza, in occasione della mostra, ma purtroppo non credo che la Società ti lascerà spostare la mostra all’Accademia.” “Un premiato a Berlino e a Milano come miglior designer dell’anno? Conosci Johannes Schmidt?” “Quello del … ?” “Già, quel giornalista che mi stava sempre addosso forse perché era affascinato dalla Sirena che mi accompagnava.” “ Ma dove?” “A Roma, dove ho inaugurato la mostra venerdì scorso.” “E lui era lì?” “Già; mi ha dichiarato immensa adorazione. Se gli dico che quella mostra da Roma non è venuta a Dusseldorf per i capricci dell’architetta della società, quello scatena un tale putiferio che la Società rischia di chiudere i battenti.” “Beh, a queste condizioni, sei in una botte di ferro.”
“Visto che ormai siamo i due soli interlocutori, per favore domanda cosa intende fare Hans di questa vicenda.” “Ti riesce difficile capire che le teste stanno fumando mentre cercano una soluzione?” “Scusa, ma, detto fra noi, è possibile che mia sorella sia tanto ostinata contro sua madre e suo fratello? Hai qualche idea su cosa la spinge ad irrigidirsi tanto?” “Siglinde dice che si vergogna di fronte a te perché pare che fosse un pulcino bagnato quando si sono conosciute con te presente e che, subito dopo l’assegnazione dell’appalto, si è scatenata in una presunzione di onnipotenza che l’ha indotta a commettere vari errori; più va avanti, più si vergogna di fronte a te, più si allontana. Finché la separazione è risultata netta e inconciliabile. Ora che i nodi vengono al pettine, pretende che le castagne dal fuoco gliele tolgono Siglinde e Zacharias. Non so proprio cosa dirti. E’ un grave caso di squilibrio emotivo e solo tu puoi avere la chiave per arrivare a lei.” “Io non voglio nascondermi dietro il ditino. I due, Siglinde e Zacharias, sono disposti ad abbassare la cresta, mettendo lei da parte, senza umiliarla?” “Cosa intendi?” “Io do le coordinate della mostra; loro si attengono alle mie scelte e cerchiamo di conciliare gli opposti. Ma loro, che non hanno gli squilibri di Oriana, devono essere chiari, coerenti e limpidi nei comportamenti.” Breve consulto. “Va bene, Si farà ogni cosa come detti tu. Solo, dicono che sarebbe bello se tu venissi in visita al Museo per valutare gli spazi e la loro utilizzazione. Tra una settimana ci sarà un galà all’Associazione e farebbe assai piacere a loro se tu potessi essere presente. Ovviamente ti sarebbero garantiti volo aereo, albergo, tutte le spese ed anche un piccolo onorario. Ti può interessare?”
“Mi interessa. Ma prima devo verificare altri impegni: non vorrei ci fossero accavallamenti. Per l’albergo, non si potrebbe risolvere come l’altra volta?” “Intendi a casa mia?” “Si, proprio quello intendo.” “Io sono ancora sotto il fascino di quell’incontro. Se lo rinnoviamo, mi fa solo bene alla pelle.” “Allora mi libererò per te.” “Aspetta, mi dicono che anche la figlia di Oriana dovrebbe venire. Nel caso, potreste viaggiare insieme?” “Con piacere; anzi, con amore!” “Grazie per aver smussato gli angoli. Tutto è bene quel che finisce bene!” “… e l’ultimo chiuda la porta … diceva il saggio! Ciao.“ ”Ciao. Alla prossima settimana.” Patrizia ha l’aria del cane bastonato. Con lo sguardo le chiedo cosa ha. “Mamma sta andando fuori di testa. … Si vergogna di quello che ha fatto … ma non ammette gli errori nemmeno a se stessa … ha paura del tuo giudizio e spera sempre che tu le dica brava … ma tu massacri le persone col tuo amore per la verità, senza ammettere debolezze; adesso è terrorizzata soprattutto dalla reazione di nonna.“ “Hanno detto che la settimana prossima andiamo insieme su.” “Mi vuole vicino perché si sente sola e non può tornare ancora a P…” “Certo, anche io sono nella merda: visto che sono la causa del male, non posso essere anche il rimedio.” “Cazzo, ma un colpo di spugna una sola volta per tutto? … Non credi che servirebbe almeno a ricominciare?” “Posso provarci.” “Me lo dimostri?” “Come?” “Completando quella scopata che da due giorni non riusciamo a fare … ma senza predicozzi e accettando che sono impulsiva e imbranata … Sarebbe almeno un inizio di buona volontà.” “Vieni qui, sgorbietto: fatti abbracciare!”
Sono più che convinto che sto commettendo un errore, offrendole un’altra possibilità; ma Patrizia riesce a smuovere comunque la tenerezza e mi lascio andare. Ci trasciniamo sul lettone e lei si precipita a prendere in bocca il mio cazzo. Stavolta sembra impegnarsi allo spasimo e sento che la cappella le scende giù, supera l’ugola e affonda quasi nell’esofago; contemporaneamente, e incomprensibilmente, riesce a leccarla tutto intorno. Non so come faccia; ma ritengo opportuno stare zitto. “Ti piace come ti succhio?” Mi chiede interrompendo l’attività. “Nessun dubbio: sei una provetta pompinara e una gola profonda mai vista.” “Ma ti piace?” “Non ti so dire. Mi sconvolge vedere che il mio cazzo, che qualche mese fa ti provocava conati di vomito, oggi non ti solletica neppure!” “Beh, l’arte si perfeziona!” “Si, con una lunga pratica e con oggetti di ben altro volume!” E’ comparsa mamma sulla soglia, ma Patrizia non può vederla; le faccio segno di stare attenta. “Allora, ti piace il mio pompino? Mi vuoi rispondere?” “E’ tecnicamente perfetto. Ma sai che la tecnica non è il mio primo interesse.” “Sono meglio di Margie?” “Che domande! Margie è il mio grande amore; tu sei un’ottima pompinara: non c’è gara.” Guardo mamma che mi appare sconvolta. “Adesso me lo metti dentro?” Siamo di nuovo al punto di scontro. Prendo dal comodino un preservativo, che avevo recuperato dalla scorta in studio, e glielo consegno. “Sei capace di mettermelo con la bocca?” “Ancora insisti col filtro?! Lo sai che non mi piace!” “Mi dispiace. Se non vuoi, ci fermiamo qui. Se vuoi, prova a indossarlo con la bocca.” “E che ci vuole?”
Dimostrando una padronanza non prevista srotola il condom sul cazzo facendolo arrivare fino alla radice, per effetto della sua capacità di ingoiare fino in fondo. Le allargo con forza le cosce, fino a farle male e spingo l’asta fino in fondo, brutalmente; reagisce con un gemito e con un brivido. Richiamo tutto il mestiere di puttano e comincio a scoparla con metodo; avverto subito che l’alternanza tra piccoli colpi veloci e botte decise fino in fondo la fa venire e comincio a strapparle orgasmi. Sono feroce. “Lo vedi che manco lo senti e sborri come un fontana: il tuo era solo pregiudizio contro il preservativo.” “Ti amo … ti amo … dimmi che mi ami … perché non mi dici che mi ami? … “ Colpisco velocemente dieci, quindici volte, mi fermo un attimo, affondo il cazzo fino alla cervice, fino a farle male, sborra urlando. “Si, godo, sborro, ti amo … per favore, dimmi che mi ami.” “E’ piacevole scoparti. Ti piace come ti sbatto? O preferisci quando ti scopo più delicatamente?” “Tutto … tutto mi piace da te quando mi scopi dolcemente e quando mi sbatti con forza. Mi piace il tuo cazzo e come lo usi.” La porto a sborrare ancora due o tre volte; poi mi fermo e la faccio girare. “Adesso pensiamo al culo!” “Si, inculami. Dimmi, Margie scopa come me? Ha il culo morbido e disponibile come il mio?” “Dimentica Margie e scopa!” Guardo mamma. Sta piangendo. Sollevo Patrizia sulle ginocchia e le sbatto il cazzo nel culo, senza lubrificare, senza prepararla; la scopo e basta. Si eccita e comincia a sborrare anche dal culo. “Adesso vieni; non ce la faccio più; sono venuta troppo; è stato troppo bello.”
Sfilo di colpo il cazzo dal culo, la rovescio supina, mi strappo il preservativo, le infilo il cazzo in bocca e comincio a chiavarla in bocca, fino in fondo, fino a soffocarla, se mi riuscisse: metto tanto odio in quella scopata in bocca che sento di vergognarmi di me stesso. Lei neppure si accorge di come la sto umiliando: gode con tutto il corpo e afferra il cazzo, lo manovra nella bocca, cerca l’orgasmo e non lo riesce ad ottenere. “Cosa ti succede? Perché non vieni?” “Non lo so! Sarà la rabbia per tutto quello che sta succedendo; sarà lo stress; sarà che sono stanco; sarà che improvvisamente mi sono ricordato di quando facevo il bull e mi sbattevo tutte quelle puttane per passare poi dalla cassa a riscuotere il compenso; sarà che sto pensando al mio amore per Margie e mi vergogno di essermi abbassato a scopare al tuo livello; sarà quel che sarà ma per la prima volta in vita mia ho avuto una defaillance. Forse invecchio e devo entrare nella logica del matrimonio. Non insistere, per favore. Non ce la faccio a sborrare.” “Evidentemente, per te sono troppo brava!” “Evidentemente sei troppo cretina per offenderti quando ti umiliano e non lo capisci.” E’ mamma che è intervenuta. “Nonna, che dici?” “Allora, gola profonda, ora il cazzetto di Mario ti fa il solletico e ti sguazza a vuoto nella figa spampanata che ti ritrovi? Sei diventata la più grande pompinara? Riesci a spremere sborra dalle palle di chiunque? E questi sarebbero i tuoi meriti? Ed hai il coraggio di chiedere amore mentre ti stai esibendo come la più lurida delle puttane da marciapiedi? No, nipotina bella, ho assistito allo spettacolo più penoso del degrado umano, un livello a cui non pensavo che nessuno potesse abbassarsi. Siete malate, tu e tua madre; e nessuno vi può aiutare perché non volete farvi aiutare e vi cullate nella stupide illusione di essere le migliori perché date la figa senza nessun sentimento. Mi sanguina il cuore, ma ora so che vi ho perdute, per sempre.”
Sta piangendo e si allontana a spalle basse. “Una nipote di fronte alla nonna che piange cerca quanto meno di consolarla. Neanche questo sai fare e reclami il ruolo di nipote. Sei ignobile!” Esco anch’io dalla camera. Dopo un poco, la vediamo uscire come un cane bastonato. Si ferma davanti a me “Mario, ti prego, aiutami … aiutaci!” la sua implorazione mi fa male “Sono due giorni che cerchiamo di aiutarvi. Voi non volete essere aiutate, anche se a parole lo proclamate. Mi hai chiesto una prova concreta di buona volontà e ho cercata di dartela, per essere invece trascinato nel gorgo della scopata, senza nessuna concessione ad un minimo di sentimento. Forse toccherebbe a te, adesso, dare una prova di volontà: ma non può essere dichiarare l’amore a parole, se poi non lo dimostri. E non so neppure se certe convinzioni ormai possano essere corrette. Stavolta dovresti essere tu a spiegarmi chi sei e perché sei arrivata a questo punto. Tra l’altro rientrerebbe nelle tue competenze professionali, ma tu stai distruggendo anche quelle. Mi dispiace. Ci teniamo in contatto, nel caso che decidessi di andare con te in Germania. … Io ci sono sempre per te, ma solo per parlare. Se non azzeri la tua smania di affogare tutto in una scopata violenta, non riuscirai mai a ricominciare; e se insisti con le scopate risolutrici, spero almeno che tu abbia capito che un vecchio escort come me ha più frecce al suo arco di quante possa averne tu al tuo. Stammi bene e fatti viva se avrai voglia di affetto e solo di quello.” Mamma non la lascia andare via così; la abbraccia con forza. “Scusa se ho ecceduto; ma sono ancora fuori di me.” La bacia in fronte e la lascia andare via.
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Categorie: Incesti