Non è cominciato in maniera invidiabile, il nuovo anno, considerando lo sforzo fatto per gli ultimi esami e la tesi di laurea che per fortuna è conclusa. Non è cominciato bene, per via dell’incrinatura dei rapporti tra noi, io e mamma, e, in qualche modo, “loro”, mia sorella e sua figlia Patrizia. Oriana ha affrontato di gran carriera la sua nuova vita e ormai non trova riposo dagli infiniti impegni internazionali che la vedono più all’estero che in Italia; non la sento nemmeno per telefono da alcuni mesi (troppi, probabilmente) ed anche con mamma si fa viva solo molto raramente e per speciali occasioni. Sua figlia si gestisce in massima autonomia, sia qui in città, con suo padre, sia quando riesce ad aggregarsi alla madre negli innumerevoli viaggi. Io ho l’impressione che Oriana sia passata dalla clausura alla ubriacatura di libertà senza fermarsi molto all’autostima; mamma obietta che forse, sotto sotto, sono solo geloso e in parte invidioso. E non sa che la stessa diagnosi, più scientifica, l’ha tracciata Margie. Comunque, l’anno non è cominciato bene anche per via dei viaggi che sono stato costretto a fare per correre dietro all’itinerario della mia mostra che è diventata una bestia enorme capace di ingoiare senza sosta energie, mezzi e attività. Naturalmente, escludo la tappa di Roma che si è caricata di ben altri valori. Sia come sia, sono costretto frequentemente a salire in aereo, montare in treno o mettermi in macchina per sorbirmi centinaia di chilometri e vivere da zingaro anche fino ad una settimana. Sto rientrando appunto da Roma, ultima tappa di questo doloroso tour de force ed anche l’occasione per ritrovare il mio amore Margie; anche per questo, non sono affatto dell’umore giusto per affrontare problemi o novità.
Mamma mi aspetta come sempre pazientemente e, dopo i convenevoli d’uso, mi dedico alle attività “obbligatorie”: lunga doccia rilassante e liberatoria delle scorie accumulate; abbigliamento finalmente “da casa”: maglietta, pantaloncini e ciabatte; birra fresca sbracato sul sofà in soggiorno e via per un salutare “fancazzismo” in cui sono specialista. Mamma non è d’accordo e si viene a sedere accanto a me: non sta bene, e si vede; credo che l’atteggiamento della figlia e della nipote la faccia soffrire molto, anche se è pronta a inventarsi motivazioni per giustificarle. Le passo la mano sulle spalle e la stringo a me. “Che ti succede? Perché quel viso triste?” Fa spallucce. “Certe volte ho la sensazione di esser tanto sola … di sentire tanto freddo … ” “Si vede che vuoi prendermi in giro: sola lo sei solo qualche giorno al mese; il freddo sai bene come scaldartelo. La tristezza è di ben altra origine.” “No, dipende proprio dal freddo dentro: l’involucro esterno posso anche scaldarlo; ma dentro non è facile: mi manca l’amore vero.” “Ma va’ con uno giovanottone come me che ti riempie d’amore! …” “Ma da quanto tempo non me lo fai sentire dentro, questo amore?” “Ah, beh! Se il discorso è questo, basta dire che vuoi che ti “faccio l’amore”, come dice qualche mia amica.” “E’ colpa, desiderarlo?” “No, sarebbe colpa non fartelo sentire immediatamente. Vieni …” La prendo per mano e andiamo nella sua camera; appena entrati, mi giro a baciarla con viva intensità e immediatamente lei mi frulla in bocca la lingua calda che conosco bene e che è capace di scuotermi i precordi per stimolarmi erezioni incredibili.
Per qualche momento ce ne stiamo così abbracciati fino quasi a farci male; poi lei comincia a ruotare il bacino sul mio cazzo duro e riesce lentamente a piantarselo, da sopra i vestiti, fra le cosce, all’altezza della figa e sembra stimolarsi il clitoride col movimento; la guardo in volto e osservo gli occhi sbarrati, che improvvisamente ruotano verso l’alto e diventano bianchi, quasi spiritati: poiché conosco le sue reazioni, so che sta per avere un primo orgasmo. Il fatto che ci sia arrivata così presto, è chiaro segno di una forte tensione, non so valutare se solo sessuale o emotiva prima che fisica; lascio comunque che completi l’iniziativa fino ad esplodere con lunghi gemiti e respiri fitti e affannosi. Mentre lei piano piano si riprende, comincio a spogliarla sbottonando la camicetta che lei poi sfila con un rapido gesto e mi offre le sue poppe piene e abbondanti, a malapena contenute da un reggiseno di trina nero; ci vuole poco a immaginare che sarà perfettamente combinato con uno slip simile, a questo punto largamente bagnato e tra poco assolutamente zuppo. Sgancio il reggiseno alle sue spalle, lei raccoglie le coppe e sfila l’indumento dalle braccia. Quasi più a suo agio, mi prende la testa e me la preme su uno dei capezzoli, grossi come ciliege e già ritti come fusi. Mentre mi beo dell’abbondanza dei suoi seni, cerco il gancio che trattiene la gonna, lo apro lascio cadere a terra l’indumento che Anna scalcia lontano; in casa non porta calze e quindi ora ha solo gli slip che faccio scivolare a terra con lentezza accompagnandoli con carezze sulle cosce e linguate sul ventre.
Completamente nuda, la stendo supina sul letto, mi sfilo rapidamente maglietta e pantaloncini e, altrettanto nudo, mi sdraio accanto a lei; viso a viso, appoggiati su un fianco, ci baciamo intensamente mentre le mani corrono sul tutto il corpo. Io quasi mi perdo, tra il seno prepotente che chiede quasi di essere accarezzato, leccato, morsicato, amato,e la figa pulsante tra i cui peli mi fiondo con le dita a cercare il clitoride da strapazzare fino all’orgasmo, lei invece mira decisamente al cazzo e dà il via a una sega che in poco tempo mi manda in paradiso: la fermo per non venire. Mi fa ruotare sul dorso e con poche manovre mi porta la figa immediatamente sulla bocca perché gliela lecchi. “Tu sta’ ferma e lasciati leccare!” le suggerisco e con la lingua comincio a percorrere la circonferenza grinzosa dell’ano: passo con la lingua su quasi ogni singola grinza e le strappo continui lamenti di piacere: con le dita, dilato leggermente l’ano e infilo la lingua; testimonia il piacere schiacciandomi la figa sul mento. Scivolo allora con la lingua lungo il perineo e mi infilo tra le grandi labbra: si tende nell’attesa del piacere; spennello la lingua sulle grandi labbra e aggredisco le piccole: il clitoride (grande come un mio dito) sta lì, in cima, ritratto verso l’interno della vulva; lei aspetta la mia bocca: prendo il cazzetto fra le labbra e comincio a succhiare. Anna comincia a sborrare e mi inonda la bocca; io bevo, insaziabile, e intanto succhio e lecco; ogni tanto mordicchio e le freno la sborrata; ma è lei che mi spinge la testa e mi costringe ad insistere sul clitoride: quel tipo di orgasmo le è sempre piaciuto molto.
La sento che si distende rilassata su di me, quasi a corpo morto, e capisco che ha bisogno di requie: la sposto delicatamente e la scavallo dal mio viso; immediatamente si precipita verso il cazzo per prenderlo in bocca. La fermo.”Vuoi che ti sborro in bocca?” “Non mi dispiacerebbe; ma preferirei in culo o, meglio ancora, in figa.” “Allora non succhiarmelo ancora perché sono al limite estremo dell’eccitazione e, se mi titilli anche un niente, ti verso in gola un oceano di sborra.” “Hai voglia di culo?” “Vale lo stesso discorso. Io, ora che ti ritrovo dopo tanta assenza, vorrei sborrarti in figa come è sacramentale; se vuoi la sborra nell’intestino, fai tu.” Si distende supina accanto a me e divarica le cosce “Fammi godere!” “Mi pareva che avessi già goduto alquanto!” “Alquanto non è la dose per un amore grande come il mio per te. Fammi urlare!” Sono anni che il nostro rapporto incestuoso si alimenta di piccole gioie come è un grande orgasmo; so che posso procurarglielo e l’amo troppo per negarmi. Le monto sopra, con il medio della destra cerco l’accesso alla vulva, poi prendo il cazzo con tutta la mano, l’accosto e la penetro dolcemente; intanto, la bacio con amore, come so che la fa godere tanto: prima delicatamente sulla fronte, poi, seguendo le linee del profilo, gli occhi, le gote, le guance, il mento, la gola e poi di nuovo su, verso le labbra, dove appiccico le mie a stampo e mi faccio strada con la lingua. La giostra delle lingue è il passaggio che Anna preferisce, perché ama fare sentire la sua, calda, umida, pastosa, su tutte le papille della bocca, su tutti i denti, lottando con l’altra lingua per stimolarla, eccitarla e poi succhiarla come un piccolo cazzo fino a sentire i piccoli orgasmi scatenarsi; ma ama anche essere penetrata dall’altra lingua, sentirsi posseduta ed esplorata e poter poi prenderla fra le labbra e succhiarla a pompa per eccitarsi ed eccitare.
Sta forzandomi per stringere le cosce sotto di me; mi piace sentirmi il cazzo catturato nella sua carne, fino quasi a perderne la coscienza e sentirmi fuso con la sua vagina ma anche con il suo pube, coi suoi peli, con l’inguine tutto e sentir pulsare il buco dl culo. Lei sa che mi piace e prova lo stesso piacere e quasi sembra raggomitolarsi per entrarmi dentro e diventare una cosa sola. Un calore straordinario ad un certo punto mi sale dall’inguine e attraversa tutto il corpo fino ad annebbiarmi il cervello. Sto per urlare che sto sborrando, quando lei mi precede di un microsecondo con un urlo feroce, che arriva senza dubbio all’ultimo piano, e sborra lei mentre io sto scaricandole nel ventre la più intensa sborrata che ricordi da molti mesi. Mi abbatto sul suo corpo e perdo per un attimo i sensi. Li riprendo che lei mi sta accarezzando la fronte e sta sussurrando con amore il mio nome. “Tu mi farai morire un giorno!” Esclamo appena ho voce. “ Ma davvero!?!?” ribatte “Chissà se quelli del piano di sopra saranno d’accordo: probabilmente per loro sei tu che mi hai squartato e mi stai facendo a pezzi in cucina!” Scoppiamo a ridere di gusto. “Ma ti rendi conto di che figura ci facciamo coi vicini? Madre e figlio depravati che scopano come mandrilli e urlano pure come le scimmie quando scopano?” “Effettivamente, domani col parroco prima della confessione, dovrò fare un lungo discorso.” Scherza Anna; poi si sgancia dal mio abbraccio e va in bagno. Al ritorno, raccoglie i vestiti e li sostituisce con una vestaglia. “A mio avvio, l’antipasto è stato interessante. Per il primo, rimandiamo a stasera?” Non rispondo, non voglio impegnarmi. Mi bacia dolcemente e fila via.
Quando siamo seduti a pranzo,mamma mi chiede del viaggio e della mostra. Le dico che è andata benissimo e che sono molto soddisfatto anche perché forse riceverò un premio importante. Mi chiede chi ho visto e parlo chiaro “Sono stato ospite di Margie.” “… quella Margie?!?! … l’hai ritrovata?” La perplessità è disegnata sul suo viso. “Sei stata tu a consegnarmi il libro che mi aveva mandato, anche se hai fatto sparire il biglietto che c’era dentro …” “Ma sei scemo? Io facevo sparire un biglietto per te? Io ho avuto il libro, chiuso in busta, da Patrizia e tu lo hai preso dal tavolo ancora chiuso nella stessa busta. Il biglietto deve averlo preso Patrizia per gelosia di Margie. Ricordati che è stata lei a consegnarmelo per te.” “E’ vero. Scusami.” “Va bene così; com’è stata la rimpatriata?” “Lei è un’autorità nel suo lavoro e ho partecipato a una presentazione del suo libro. Ci siamo scoperti molto innamorati e abbiamo fatto l’amore per tutto il tempo.” “Pensi che sia una cosa molto seria?” “Abbiamo ipotizzato di fare un figlio.” “Cazzo, a questo punto siete? Ma … andate a convivere o te la sposi?” “Lei dice che può anche fare da sola e, se penso a te, sono certo che lo saprebbe fare; ma poi penso anche che lei ha avuto un padre porco, io un padre coglione e a mio figlio, a nostro figlio, vorrei assicurare un padre presente.” “Te ne vai a Roma?” “No, mamma. Abbiamo già visto che il ritmo del suo lavoro a Roma non le consente di ipotizzare una famiglia e forse nemmeno un figlio. Però c’è nell’aria la possibilità di passare qui a P… con orari migliori e meno lavoro. In quel caso, nessun dubbio che faremo il figlio e forse ci sposeremo.” “Sai, essere nonna di un figlio tuo non mi dispiacerebbe affatto; anzi, credo che mi farebbe felice. Peccato che poi non potremmo scopare più …”
Abbiamo appena finito di pranzare e mi stendo sul lettino a riposare: entro in una fase di dormiveglia in cui mi sento bene e quasi pisolo. In questa condizione di sospensione avverto un lontano suono di campanello, rumori vari e voci che borbottano qualcosa lì in cucina; mi abbiocco di nuovo. Mi sveglia uno scossone di mamma. “Vieni di là; c’è Patrizia che deve parlarti.” La notizia mi stordisce più del colpo di sonno. Cerco di riprendermi e vado in cucina. “Mamma, c’è del caffè?” Volutamente ignoro mia nipote, bella come sempre, un poco più arrogante ed elegante. “Ciao, zione!” “Oh, ciao, come ti butta?” “Mamma ti deve parlare.” “ E dov’è?” “A Dusseldorf.“ “E come fa a parlarmi?” “In skype.” Mentre lo dice, attiva il suo portatile e dopo un poco compare sullo schermo la faccia di Hans, il direttore del Museo. “Ciao Hans, sei tu che devi parlare con me?” “Si, ma ci sono anche tua sorella, Siglinde e Zacharias.” “Ci sono anche io!” Si affaccia in un angolo il viso di Roby, l’assistente di Hans, che ho avuto modo di conoscere in un mio viaggio quando fu decisa la mostra. “Ciao Roby, come stai? E il tuo appartamento è ancora l’accampamento di sempre?” “No, è anche peggio; ma quando verrai sarà sempre a tua disposizione.” “Grazie. Allora, Hans, a cosa devo questa conferenza?” Hans mi comunica che ha avuto la mia bozza per la locandina e la pubblicità ma che la Società di Siglinde ha proposta un’alternativa. Gli chiedo quale titolo abbia la società ad intervenire sul progetto artistico della mostra. Mi dice che, secondo loro, io avrei garantito la presentazione del progetto di mia sorella all’interno della mostra.
Faccio notare: che io non ho garantito niente; che ho accennato in via teoretica a quella ipotesi ma senza nessun documento scritto e che quindi l’offerta può da me essere ritirata in qualunque momento; che la Società aveva chiesto ospitalità contando sul fatto che il progetto era di mia sorella, che io avevo dichiarato di essere disposto a qualunque cosa per lei e che nel verbale di attribuzione dell’incarico era stato fatto un appunto secondo il quale l’architetto Oriana … avrebbe interpellato il signor (adesso architetto) Mario … per valutare l’applicazione di forme di design da lui costruite ad oggetti delle realizzazioni architettoniche; che questo verbale era l’unica fonte documentaria accertata; che l’architetto Oriana … non aveva mai interpellato nessuno, anzi dalla firma del verbale non aveva rivolto più neppure il saluto all’architetto Mario … (forse neanche sapeva che si era laureato); che la società e il loro architetto avevano proposto di sconvolgere il progetto della mostra assegnando alla presentazione dell’ipotesi di architettura speculativa il 90 % dello spazio e lasciare alla mostra solo il 10 %. Conclusione, le ipotesi possibili sono: 1) il Museo rinuncia alla mostra che passa alla società degli Amici del Disegno che aveva molto insistito per averla e che la ospiterebbe nella sua prestigiosa sede; 2) il Museo rinuncia alla presentazione, nei suoi ambienti, del progetto edilizio speculativo e lascia tutto lo spazio alla Mostra; 3) il Museo declina ogni responsabilità e lascia al designer Mario … la totale competenza e facoltà per decidere sulla sua mostra.
Hans boccheggia chiaramente. Si affaccia sullo schermo il viso di Siglinde saluta con affettuosità ed esordisce riconoscendo la veridicità di quello che ho detto e chiede scusa per il comportamento scorretto di mia sorella; mi fa osservare che, però, la Società che lei rappresenta punta molto sulla presentazione di un progetto architettonico (non così speculativo come lo vedo io, ma di impatto sociale e artistico) in un ambiente di qualità come il Museo e all’interno della Mostra antologica di un designer che a Berlino è candidato al premio più importante del settore. La interrompo un attimo per suggerirle che in Italia mi è già stato attribuito e Roby, dal computer, ricava la notizia fresca di stampa: Siglinde resta impassibile, ma io so che è ben colpita dalla cosa. “Insomma, Mario, qui è evidente che il problema è un litigio tra sorella e fratello, aggravato forse dalla visceralità del vostro rapporto che dilata tutto. Ma qui stiamo parlando dell’immagine di una grande Società che non può ritirare un impegno annunciato largamente ma che non vuole neppure esporsi al rischio di una polemica con un designer che è sulla cresta dell’onda. Hai qualche proposta di soluzione o vogliamo avanzarla ora?” “Cosa proponete, in concreto?” Mentre si concertano e discutono animatamente, il mio telefono squilla.
“Si? … Ciaoooooo amore mio, dove sei? No io sono in cucina con la mamma e la mia nipotina ladra di biglietti e stiamo parlando in skype con il Museo di Dusseldorf. … No Oriana non si è fatta neppure vedere: continua a tenermi il broncio. Sai, ho parlato con mamma della nostra ipotesi di sposarci e di fare un figlio; lei dice che un nipotino da me lo accoglierebbe con gioia e, a occhio e croce, le vai abbastanza a genio, anche se non ti conosce ancora … Si sto trattando con l’equilibrio che mi hai consigliato e cerco di costruire; spero che dall’altra parte ci sia la stessa voglia di costruire, non di distruggere. Ma non posso garantirti che sarà possibile; mi pare di vedere dall’altra parte una chiusura inspiegabile … Può darsi che sia come tu dici, ma devo verificare. Scusa ma sono in diretta con loro e stavano discutendo mentre parlavo con te. Sembra che vogliano riprendere. Ti posso richiamare io quando sarà conclusa questa teleconferenza? … Al numero d’ufficio o al cellulare? … Ok, va bene,ti amo infinitamente … ciao …. Ciao … smack … smack.” Vedo che Patrizia si sta contorcendo dalla curiosità e dalla rabbia. Si avvicina a mia madre e capisco che le sta chiedendo con chi parlassi al telefono; il semplice fatto che avessi accennato alla possibilità di sposarmi la mette nella condizione della fiera che vuole difendere qualcosa che crede di possedere e che invece vede sfuggire. Sento che mamma sussurra “Margie” e Patrizia diventa feroce, fanno persino paura i suoi occhi iniettati di sangue.
Intanto, finalmente dall’altra parte della linea sembrano disposti a riprendere il colloquio. “Hai delle richieste precise?” mi chiede Siglinde. “Si. Come ho detto, carta bianca per la gestione che è stata sempre mia dalla prima idea di mostra, e questo significherà che ribaltiamo i rapporti: il 90 % dello spazio alla mostra e il 10 % alla presentazione. Concretamente, del progetto si espongono, in fondo al corridoio, solo tre pannelli, uno per il ponte ed uno ciascuno per le aree abitate; la presentazione avrà luogo solo dopo l’inaugurazione della mostra e sarà il più breve possibile: lo stesso vale per le conferenze stampa. Per giustificare la fusione delle due cose, esporrò alcuni disegni che avevo preparato in attesa che il vostro architetto richiedesse, come previsto, la mia collaborazione.” “Come? Avevi già preparato dei disegni?” “Cara Siglinde, scusami ma io sono un professionista serio e non da passerella. Quando c’è una previsione di lavoro, io mi prendo avanti, anche se poi dovesse risultare inutile, proprio come è accaduto adesso. Ma siccome il lavoro non lo butto mai, una dozzina di disegni mi sono rimasti e così potrei spiegare alla stampa che in una mostra di design si presenta un progetto edilizio perché in quegli ambienti entreranno lavori di design, anche se non saranno miei, perché non ci tengo affatto a lavorare al vostro servizio.” “Ma poi quei disegni a chi andranno?” “Sono miei e restano miei.” Vedo che Siglinde si volta alla sua sinistra e parlotta, forse con Zacharias fuori campo. “Non potremmo comprarteli?” “Non credo che l’acquisto possa interessarvi; sarebbe antieconomico comprare disegni per mattonelle.” “Noi compriamo spesso disegni per mattonelle.” “Da designer?” “No, in fabbrica.” “Ecco. Se ti informi, un progetto di mattonella da design può valere fino a cinquanta milioni, a seconda del numero di esemplari che si vuole realizzare. Chiedi all’Associazione dei designer e capirai.“
“Un euro per ciascun esemplare concordato!” Interviene Roby che smanetta velocemente sul computer “E’ il prezzo previsto in Germania ma altrove si paga anche di più.” Vedo che si consultano. “Quindi per dodici disegni dovremmo pagarti circa 250 milioni?!” “Più o meno.” “Ma quando abbiamo firmato il verbale, pensavi a questo guadagno?” “Siglinde, ti prego. Ti ricordi cosa mi dicesti sulla tua immagine nel ruolo e sulla tua realtà nel privato?” “Certo; e ne sono fermamente convinta!” “Anch’io, mia dolce amica e bada che non è una frase fatta: per me, fino a questo momento, resti ancora la dolce amica che ho conosciuto in Italia. Io ora ti sto parlando fuori dal ruolo; quando ho detto le cifre, ero nel ruolo. Secondo te, quando firmaste il verbale, ero nel ruolo del designer o ero il fratello innamorato che parlava amorosamente a Siglinde?” “Sei il solito meraviglioso furfante. In quel momento avresti regalato a tua sorella, e forse anche a me, qualunque cosa ti avessimo chiesto.” “Sacrosanta verità. Peccato che sia passato un anno bruttissimo, in mezzo.” “Possiamo riparlarne?” “Io sono qui a vostra disposizione.“ “Verresti a Dusseldorf?” “E’ un viaggio lungo, faticoso e non mi affascina l’idea.” “Dai, fai uno sforzo, ti ospito io e giuro che ti faccio apprezzare anche Dusseldorf.” E’ Roby a intervenire. “Dipende anche dalla mia fidanzata.” “Ti sei fidanzato?” “Non in maniera ufficiale. Ma sono innamorato e non mi va di fare scappatelle, in nessun senso.” “Va bene, ci teniamo in contatto e se ci accordiamo vieni qui a discutere. Ciao. Adesso, se non ho capito male, non puoi più fare tanto amore alle signore che ti interessano?” Siglinde scherza, ma non troppo. “Eh, no, purtroppo!” La comunicazione si interrompe di colpo.
Mamma e Patrizia si sono eclissate. Le trovo nel lettone che limonano con foga. “Credo che il computer vada spento.” Avverto mia nipote e mi dirigo alla mia camera, mi blocca la voce di mamma che mi chiama in camera sua. “Si può sapere che ti prende? Che hai contro questa povera ragazza?” “QUESTA POVERA RAGAZZA?!?!?! Mamma, tu devi aver battuto la testa; questa povera ragazza ha avuto un libro per me, accompagnato da un biglietto e ha fatto sparire il biglietto perché ne aveva paura; questa povera ragazza da almeno un anno non mi ha rivolto nemmeno il saluto e adesso si presenta con il faccino d’angelo a intenerire la nonnina per aizzarla contro lo zione, del quale fino a questa mattina non se ne fotteva per niente; questa povera ragazza è quella che l’ultima volta che mi ha parlato mi ha comunicato che aveva deciso di parlare con suo padre del mio amore per Oriana però oggi copre la puttanizia di sua madre (si, mamma, puttanizia e proprio con la differenza che sostieni tu) ma non minaccia più di parlarne a suo padre. Hai visto quante affettuosità ha scambiato con me la sua cara mammina? Mamma, fammi un favore; cerca di capire che ho fatto il massimo dello sforzo per ricucire un rapporto di cui NON ME NE FOTTE NIENTE e spero solo che sappiano essere ragionevoli e non mi costringano a picchiare duro!” Infuriato, mi sposto nella mia camera e chiamo immediatamente Margie; mi risponde dopo numerosi squilli “Ciao, Mario, purtroppo c’è una riunione e non posso dedicarti tempo.” “Ok, amore, non importa.” “Hai concluso?” “No, abbiamo avuto una conferenza interlocutoria, come si dice, e nei prossimi giorni riprenderemo. Mi hanno anche invitato a Dusseldorf per discutere. Valuterò se vale la pena. Ciao.” “Ciao.”
“Era Margie?” Patrizia mi è comparsa nuda come un’apparizione. “Già!” “Vi siete incontrati?” “Si, alla faccia delle tue trame e dei tuoi tentativi.” “E vero che vuoi sposarla?” “Forse; dipende da alcune situazioni.” “Fammi spazio nel letto! Quali situazioni?” “Il suo lavoro è tremendo, specialmente a Roma: ventiquattrore in allerta e niente festività: anche di domenica deve essere reperibile.” “Lavora in un centro di assistenza?” “Dirige il primo Centro di Roma e forse d’Italia.” “Brava lo è sempre stata …” “Un’amica onesta e leale aggiungerebbe anche: forte, determinata, bella, elegante e con un’infinità di pregi che, per fortuna, le vengono riconosciuti e apprezzati anche nelle alte sfere del lavoro.” “Tu che ne sai?” “Ho assistito alla presentazione del libro e ho visto la passerella delle autorità che si complimentavano.” “Ho letto il libro. Ti ha chiesto di intervenire?” Non è stato possibile.” “Perché?” “Perché la sera prima è venuta alla mia inaugurazione e uno stronzo di giornalista, di quelli che pesano, ci ha riconosciuti e sapeva esattamente chi ero. Se fossi intervenuto, avrei messo a rischio la garanzia di privacy; mi ha chiesto di starmene in disparte e di assisterla solo con l’amore e il pensiero.” “L’hai fatto?” “Si.” “Ha funzionato?” “Credo proprio di si. E’ stata semplicemente superba. A giudizio di tutti, una presentazione perfetta.” “Ah … certo è brava ed è sempre stata un’amica perfetta. Quali sono le situazioni che vi ostacolano?” “A Roma il lavoro non le consente neppure di vivere una vita da casalinga, figurarsi avere un compagno o un marito e, peggio ancora, fare un figlio. Però ha detto che a Bolzano avrebbe avuto spazio perché una struttura minore impegna meno tempo e lascia più libertà.”
“Quindi te ne vai a Roma?” “Patrizia, io non solo credo di conoscerti; io lo so che ti conosco profondamente. Le tue domande hanno un obiettivo. Mi dici qual è?” “Ma quale obiettivo …” “Va be’, facciamo finta che tu dici tutto e che io non ho capito che hai paura di vederti sottratto l’osso; guarda caso, però, dopo un anno di assenza totale, sei qui nuda a provocarmi per farti scopare. Sei proprio ridotta male, al punto di elemosinare un po’ di cazzo o sei incazzata nera perché ho ritrovato il mio amore che tu hai cercato di tenermi nascosto e lontano e non sei disposta ad accettare che io possa amare un’altra, oltre a te o addirittura invece che te? Cosa vi ha preso, a te e a tua madre per farvi scatenare contro di me?” “Questo lo dici tu; io sono sempre la stessa, mi comporto come sempre e vivo le cose come vengono.” “Ok, io invece ho un’altra prospettiva e forse faresti meglio a fermare i tuoi approcci se non vuoi sentirti umiliata; non sono nello stato d’animo di scopare; al massimo, potrei fare l’amore; ma è già dall’anno scorso che abbiamo stabilito che tu non sei capace di fare l’amore ed io non sono capace di scopare meccanicamente.” Mamma si affaccia nella camera. “Che succede qui?” “Questo stronzo fa il difficile e si nega ad una dolce scopata con una donna meravigliosa come me!” “E’ vero?” “Mamma, in questo momento devi decidere se mi vuoi bene o se vuoi che io me ne vada da questa casa.” “Ma che dici? Perché dovresti andartene di casa?” “Mamma, non costringermi a dire cose di cui potrei pentirmi ma soprattutto potresti pentirti tu.” “No, tu adesso vai fino in fondo. Che succede?”
“Succede che invidio i milanesi: sono spariti, non si occupano di niente e viviamo sereni ognuno nel suo mondo. Tua figlia invece è sparita, va facendo la puttana in giro per il mondo, cerca di piegarmi alla sua puttanizia e continua a fare finta di non conoscermi; sua figlia fa la stronzetta in tutti i cessi di tutti i locali e poi viene qui a tentare di distruggere le cose belle che cerco di costruire. Tu, in definitiva, per elemosinare un poco di affetto da queste due, ti poni sempre dalla loro parte senza neanche giudicare con serenità e alla fine mi crei più disagio di chiunque altro.” “Senti, ragazzo, se vuoi andartene,la porta è quella; non ho pianto per quei due, non piangerei per te o forse piangerei, poi mi asciugherei le lacrime e ricomincerei. Io sono una madre, tua e di tua sorella. Io so per certo, constato e soffro che, fra i due, lei è abbondantemente la più debole, la più indecisa, la più vulnerabile. Tu sei una roccia, come tua madre; lei è una foglia, come suo padre. Io DEVO, CAPISCI DEVO, stare con la figlia debole e con quest’altra fogliolina che ti svolazza accanto, più debole e incerta della madre e, come la madre, con uno smisurato orgoglio che le porta a negare anche l’evidenza. Nella conferenza, li hai stracciati, hai messo in berlina il direttore che non dirige e non sa come gestire la sua attività; hai richiamato all’ordine la dirigente d’azienda che evidentemente ti conosce e ti teme; hai umiliato il dirigente che deve essere anche l’amante di Oriana ma che non ha avuto il coraggio di metterci la faccia; ed hai umiliato pure quella puttana di tua sorella che si è nascosta più di tutti perché sa che tutte le colpe sono sue e tutti i guai nascono dal non aver saputo gestire quello che tu per amore le avevi regalato.
Se vuoi, ti dico di più: tu sei arrivato da Roma con un viatico di Margie; devi ricucire il rapporto con tua sorella perché il sangue si mastica e non si sputa. Hai scopato con me, stamane, mentre pensavi intensamente al tuo amore e non pensavi affatto di tradirla. Ricordi il discorso di Oriana sulla dilatazione dell’amore fraterno? Patrizia vuole quello; è più presuntuosa della madre, è più stronza della madre; ma è un troietta, lei, e non ti permetto di attribuirle altre caratteristiche perché scopa, senza amore forse, soffocando in fondo l’amore; ma scopa con passione, non per conquistare dio sa cosa. E se le dai un po’ di cazzo, non rubi niente a Margie che merita il tuo amore - me ne accorgo sempre di più - ma vuole un figlio da te e non il monopolio del cazzo. Se Patrizia è contenta di una scopata, lasciati andare. Poi ti farà ancora brutti scherzi come quello del biglietto rubato, non sparito ma letteralmente rubato; ma sarà sempre la tua nipotina e la tua prima ammiratrice. Oggi, secondo me, ha gioito di più a vederti stracciare i tedeschi di quanto ha sofferto a vedere sua madre nascondersi.” Maledizione, ancora una volta mamma ha ragione ed ha un quadro delle cose che noi neppure ci sogniamo. In tutto il fervorino di nonna, Patrizia se ne è stata accucciata sotto le lenzuola, quasi come un cucciolo spaventato. Adesso mi fa tanta tenerezza e veramente fa venire voglia di coccolarla, perché sembra averne tanto bisogno. Solleva un lembo e mi invita a entrare con lei sotto le lenzuola. “Con Margie hai dormito in un letto così piccolo?” “No; in uno di una piazza e mezza.” “E siete riusciti a dormire?” “Non molto … e non per le dimensioni del letto.”
“Avete scopato molto? “ “Neanche una volta.” “Ah, già; tu normalmente non scopi, fai l’amore; figuriamoci col grande amore della tua vita!” “L’ho amata molto, se ti fa piacere conoscere i particolari.” “Ma lo facevate solo alla missionaria?” “Credo che se parlassi di nuovo con Margie scopriresti una donna nuova: è molto più calda e vogliosa di quel che potresti pensare, è molto più esperta ed ogni volta era capace di percorrere tutto il repertorio per inventarsi nuove forme.” “Posso succhiartelo un poco, così mi sai dire chi è più brava?” “No, la tua proposta è un confronto assurdo, che poi dovrebbe scatenare la guerra a chi succhia meglio. Io conosco i tuoi pompini e so che sono strepitosi; ma Margie non ha niente da invidiarti e niente da imparare: anche lei succhia da Dio. Invece quello che abbiamo fatto poco, ma forse per colpa del letto, è stato succhiarle la figa.” Patrizia scatta come un grillo ed è già sopra di me scosciata sul mio viso con figa e culo esposti completamente alla mia bocca. C’è poco da fare: l’unico obiettivo è sostituirsi a Margie, comunque crede di poterlo fare. Comincio a leccarla con passione senza curarmi troppo delle finezze e prendendomi tutto insieme quello che mi piace; finisco per travolgere grandi e piccole labbra e trovarmi in bocca il clitoride, piccolo, roseo, eccitato. “Non mi pare che la tua fighetta sia molto maltrattata.” Osservo mentre lecco a larghe passate.” “Se non lo sapessi, ti avverto che è solo da un anno che il mio amore mi ha sverginato con grande passione; da allora, l’ho concessa poco e a pochi.” “Peccato che non potessi vederti mentre il tuo principe azzurro ti sverginava. Sono certo che avrei goduto un botto.” “E’ vero che non potevi vedere; ma c’era una parte di te che partecipava intensamente e con grande amore.” “Quello non solo lo ricordo, ma lo sto rivivendo in questo momento, con tutte le emozioni.” “Oh dio, oh dio …” “Che c’è?” “Insisti, insisti lì … quanto mi piace … quanto godo … credo che sto per sborrare …” Le afferro le natiche, le stringo e schiaccio contemporaneamente l’inguine sul mio viso; succhio con veemenza il punto che l’ha eccitata e la figa mi esplode in bocca un tornado di umori, di liquidi vaginali, di piscio.
Patrizia sembra crollare sotto l’urto dell’orgasmo; ma è solo un attimo: immediatamente si riprende e si precipita ad afferrare il cazzo, rimasto finora teso nell’aria; lo,porta alla bocca, lo affonda in gola e comincia un magistrale pompino, di quelli in cui si vanta di essere regina e tenta in tutti i modi di portarmi all’orgasmo. C’è tanta tecnica, nel suo modo di succhiare; ma non avverto abbastanza partecipazione; la ragazza sembra gareggiare con un’avversaria che esiste solo nella sua mente: si lancia in acrobazie spericolate, riesce a succhiare e leccare contemporaneamente, affonda la cappella fin oltre i limiti dell’ugola e quasi si soffoca. Il cazzo regge da par suo e si bea della libidine che la pratica scatena; ma la mia testa è lucida e ferma a cercare di capire cosa provochi a mia nipote tanta smania di piacere. La gelosia per Margie è l’unica risposta. E allora la fermo; delicatamente, stacco la bocca dal cazzo e la riporto a fianco a me; muovendomi cautamente, la riesco a porre sotto di me, prendo dal comodino un preservativo, lo indosso sul cazzo e la penetro di colpo, senza neanche avvertirla. “Perché il goldone?” mi chiede stupita. “In primo luogo non so se sei fertile e non vorrei fare una cazzata infinita mettendoti incinta.” “Vuoi che non sappia se sono in periodo fertile?” “No; al contrario, so che tu sai perfettamente qual è il tuo stato; ma è per quello che temo un colpo di testa.” “Tu sei matto!” “E comunque, l’altro motivo è ben più serio. I tuoi costumi si sono liberati in maniera esponenziale e so per certo che scopi senza problemi, senza protezione e senza garanzia che chi ti scopa non sia portatore di Aids; la pelle non la metto a rischio, per una tua scopata.” “Ho la sensazione che mi stai offendendo.” “No, dico solo che sei diventata una ninfomane incosciente e che non mi fido dei neri che ti hanno sbattuto in tutti gli Stati Uniti.” “Vaffanculo!”
Si divincola ed esce, nuda, strillando come una gallina; mamma accorre e cerca di calmarla. “Che cos’è questa storia che vuoi usare il preservativo?” “Sei in grado di garantire che tua nipote, dopo aver scorazzato per i cessi di tutti i ristoranti d’America a farsi sbattere da chiunque, non abbia contratto il virus dell’Aids? Io non dico che è una minaccia ambulante, ma preferisco agire sul sicuro; e scopare con un preservativo non ha mai fatto male a nessuno.” “Ma ti rendi conto di chi parli e di che cosa dici?” “Io so che tutti i giornali scandalistici parlano delle avventure “amorose” di tua figlia e di tua nipote in giro per l’Europa. Se tu preferisci fare finta di non sapere per proteggere le più deboli, fai pure; ma, grazie, non chiedermi di fare altrettanto.” Si rivolge a Patrizia che se ne sta appoggiata al muro col viso rigato di lacrime. “E’ vero quello che dice?” “I giornali esagerano sempre per vendere di più.” “Esagerare non significa inventare: se non c’è stato scandalo e lo si inventa, è un discorso; ma se lo scandalo c’è stato e si gonfia, siamo su un altro versante.” “Ma in quell’ambiente è un comportamento normale.” “Io non vivo in quell’ambiente e non lo amo; quindi non condivido e non accetto né te né tua madre, grandi zoccole. Mario ha tante opportunità per sfogarsi a scopare con tanto amore, non con tanta tecnica come fai tu. Se non ti va di farti scopare col preservativo, rassegnati a rinunciare al suo cazzo e vai a bussare a qualche altro letto, se ti prude tanto. E se invece - e adesso non posso ignorarlo neppure io - la tua unica intenzione è di rovinare il bel rapporto tra Mario e Margie, posso anche arrivare a invitarti a startene con tuo padre o, se preferisci, andare in giro con tua madre, perché sei scorretta e perfida.” Patrizia sembra distrutta, se ne va in silenzio nella camera di mamma, si riveste ed accenna ad andarsene.
“Nella conferenza di oggi siete rimasti d’accordo che vi risentirete. Se mamma chiama domani mattina, che devo fare?” “Io non chiudo la porta a nessuno; contro di te non ho nessuna recriminazione: continuo a sentirti vivamente come la mia nipotina e il mio grande amore, anche se i rapporti “devono” cambiare; lo stesso vale per Oriana: è la mia unica sorella, di cui continuo ad essere innamorato e per la quale farei ancora qualunque cosa se scendesse dal piedistallo su cui si è inalberata; in qualunque momento dovesse chiamare, sai dove sono e sappi che sono sempre aperto all’affetto verso le persone che amo, ricambiato o no.” “Posso darti un bacio o hai paura che ti attacco l’Aids?” “Non cambi mai: nel pieno di una tragedia, trovi una battuta. Io sono una persona colta e so che il virus non si attacca con un bacio e posso e voglio baciarti anche con più passione ed amore di quanto tu pensi. E non vale solo per te.” La prendo in vita, me la stringo addosso e la bacio sulla bocca, infilandole la lingua in gola. Reagisce scatenando una battaglia di lingue che ci tiene avvinghiati per almeno cinque minuti, nei quali la sento sciogliersi sempre di più in qualcosa che a me sembra amore. Quando ci stacchiamo, mi sussurra “Ti amo … non te lo so dire … te lo dimostro nella maniera peggiore … ma, comunque, il mio è amore … amore vero … come quello di Oriana, che si difende facendo la stronza, ma in realtà è persa d’amore per te.” La bacio di nuovo per bloccare un discorso troppo doloroso. “Io credo con tutto me stesso che davvero vorresti fare l’amore con me, vorresti dilatare l’amore filiale fino al sesso, come diceva tua madre quando parlava con me; sappi che sono sempre pronto ad amarti anche fisicamente se riesci ad esprimere amore e non gelosia, rancore o che altro vuoi. Vieni a fare l’amore con il tuo principe azzurro, quando sarai certa di volere quello e non altro.” “Ci vediamo domani.” “A domani.”
Prima di uscire, va ad abbracciare la nonna, che le chiede perdono per la durezza; Patrizia chiede a sua volta perdono per le intemperanze che fanno male. Poi esce. Vorrei telefonare a Margie ma è tardi; forse domani mattina avremo più agio di parlare.
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