Non mi riesce mai di fare colazione a casa, anche se mamma si dà un gran da fare per prepararmela; preferisco andare nel bar sotto lo studio che è un poco il punto di ritrovo di certi amici. Stamattina una nota nuova e particolare sembrano due “sventole” appollaiate sugli sgabelli dall’altro lato del bancone; quando chiamo il barman che sta servendo loro due intrugli (presumibilmente long drink vegetali di sua invenzione) una delle due mi fa ciao ciao con la manina e per poco non mi viene un colpo quando riesco a focalizzare che si tratta di Patrizia, la MIA Patrizia : abbracci e baci, naturalmente, con tutto l’entusiasmo possibile “Ciao, zione: come ti butta?” “Ciao, figona, e a te?” “Questa è la mia amica Margherita, Margie per gli amici” “Ma io sono un amico?” “Chiaro che si” interloquisce Margie “altrimenti non saremmo qui ad attenderti come il Messia.” “Aspettate me?!?! Come mai?” “Tu sai che Margie è la mia amica del cuore?” “Si, so bene chi è che ha preso il mio posto nel tuo cuore” “Niente affatto, il cuore di Patrizia è grande e ci si può stare anche in due, forse un po’ stretti ma senza ostacolarci.” “Beh, se si tratta di stringerci, ci sto …” “Attenta, questo pizzica!” avverte Patrizia. Poi torna seria. “Al di là degli scherzi, te lo dicevo perché non ti meravigliassi che le ho parlato molto anche di noi.” “Di noi?!?! In che senso, scusa?” “In TUTTI i sensi, compresi quelli che non vorresti.” “Ok; e allora?”
“Io sto vivendo una situazione assai difficile e delicata. Ho bisogno di parlarne con qualcuno per non scoppiare.” E’ ancora Margie a parlare. “Non hai nessuno nella cerchia dei familiari e degli amici con cui condividere questo problema?” Sorride amaro. “Meno che mai posso parlarne a loro.” “Quindi vorresti che io mi facessi coinvolgere in qualcosa di cui non conosco la portata a rischio di rimetterci …” “Non fare lo stronzo: qui si tratta di far stare bene la mia amica, non di fare il cagasotto e nascondersi dietro i luoghi comuni.” Patrizia quando ci si mette sa essere diretta. “Al tempo!!!! Io non voglio nascondermi da niente e da nessuno. Cerco di capire se sto per infilarmi in un troiaio e in nome di che cosa.” “In nome del grande amore che proclami di avere per la più bella ragazza del mondo. Lo capisci che Margie è l’altra faccia di me?” “Ho capito. Mi stai incastrando ancora come sempre, da quando tu facevi le marachelle e io me ne accollavo la colpa perché ti adoravo” “E invece adesso sono io che ti adoro!!!!” Il bacio non me lo scocca sulla guancia ma sulla bocca, infilando per un attimo la sua linguetta. “Quando possiamo vederci per parlare?” Margie è ansiosa. “ Se per te va bene, domani posso disdire i pochi impegni e tenermi la giornata tutta per te.” “Si, mi sta bene. Dove ci vediamo?” “Verso le 15 qui stesso; il mio studio è a pochi passi” Al momento di congedarci, Patrizia mi scocca un bacio appassionato e anche Margie, quasi per essere veramente l’altra faccia di Patrizia, mi bacia sulla bocca e infila la lingua a frullarmi dentro. Qualcosa non gira per il verso giusto; ma ormai posso solo aspettare.
Sono solo le 14 quando esco da casa fresco di doccia e pimpante come un giovincello; per l’occasione ho indossato jeans, maglietta e scarpe da ginnastica; persino il barman si meraviglia quando mi vede arrivare, abituato a vedermi “imbalsamato” di tutto punto quando vado in studio a lavorare e specialmente se ho appuntamento con dei clienti; naturalmente, ieri ha assistito a tutta la “manfrina” e certamente ha “registrato” i baci sulla bocca, anche se non sa che Patrizia è mia nipote e che, quindi, le sue personali illazioni andrebbero riviste, almeno ufficialmente. L’occhietto complice si ripete quanto, poco prima delle quindici, vede apparire Margie splendida in un vestitino estivo che non nasconde niente delle sue forme scultoree, anzi fa trasparire persino l’assenza totale di reggiseno e il minitanga che si nasconde nella figa e nelle chiappe. Il mio “fratellino” ha un sobbalzo ma lo richiamo ai limiti “familiari” del rapporto e un poco si placa. Chi non si placa è Margie, che mi si butta addosso e mi bacia con l’entusiasmo di chi non vede l’amato da tempo immenso; la lingua che mi frulla nella bocca farebbe risuscitare un morto: figurarsi, poi, il mio “fratellino” già vivo, vegeto e pronto all’”alzabandiera”; mi sento quasi in dovere di ricambiare passandole le braccia intorno alla vita e stringendola sensualmente contro di me. Anticipando qualunque osservazione mi sussurra “Hai detto che questa è una forma di comunicazione; ed io voglio da subito entrare con te in familiarità: ne ho bisogno per quello che devo confidarti.” Per tutta risposta, mi limito a stringerla con più veemenza e a guidarla verso l’uscita.
In studio non ci sono comodità; solo il divano consente di stare seduti vicini; da sdraiati, basta il tappeto. Ma per il momento Margie vuole solo parlare e ci basta sederci vicini sul divano; mi prende le mani e le stringe; rispondo baciandole i capelli; si stringe a me appoggiando la testa sulla spalla. “Io e Patrizia siamo veramente le due facce di una medaglia, ci conosciamo molto profondamente e sappiamo quasi tutto l’una dell’altra, anche quelle cose che dovrebbero rimanere chiuse per sempre in noi.” “Cerchi di dirmi che sai che abbiamo fatto l’amore?” “Non solo. Sono affascinata quasi morbosamente da quello che le hai detto: voglio che la memoria che mi resterà di questo momento siano il tuo viso dolce, le tue tette piene, il tuo ventre piatto, la tua figa umida e il mio cazzo nel tuo culo. Ecco, per un momento così si può anche uccidere o morire. Tu sai che sto per laurearmi in psicologia?” Accenno di si con la testa; non oso parlare per non interromperla. “Bene, una frase del genere può essere pronunciata solo da chi sente un amore sconfinato che è al tempo stesso filiale, paterno, coniugale, di grande amante. Non sono affatto gelosa di Patrizia, ma in questa frase ho trovato una chiave importante per me.” Sono interdetto, naturalmente, e non so proprio come interloquire; sembra capirlo, si stringe a me e prosegue. “Tu sai che Patrizia è ancora vergine in figa; ma io so che lo è perché vuole che sia il tuo cazzo a sverginarla; non riesce a dirtelo; così come sono certa che tu vorresti sverginarla anche adesso stesso, ma non l’hai fatto neanche quando l’hai avuta davanti nuda, disponibile e troppo esaltata per fermarti. Questo fa la grandezza del vostro rapporto.”
“Scusa, ma sei venuta per analizzare l’amore incestuoso tra me e Patrizia?” “No, aspetta; io non ho confessato a Patrizia una cosa molto importante e questo mi mette in difficoltà con lei.” Di fronte alla mia faccia che è il ritratto della perplessità. “Non ho avuto il coraggio di dire a Patrizia che da qualche mese non sono più vergine come ci eravamo ripromesso.” “Ma che cazzate mi vai dicendo? Restare vergine per rispettare un accordo? Siete folli. Se lo hai fatto coscientemente e decisamente, sei stata solo giusta e razionale; se lo hai fatto con amore, sei addirittura da encomiare!” “Né coscientemente né con amore. Sono stata semplicemente violentata.” Se avessi preso un pugno in faccia non sarei stato peggio. “Violentata?!?! Come? Quando? Da chi? L’hai denunciato? … Devi mandarlo in galera questo porco … no, porco no perché i porci come me non arrivano così in basso … e questo è solo una bestia …” “E’ inutile che ti accalori … forse è meglio pensare positivo e decidere che, in fondo, un ostacolo è stato rimosso e che si è aperta una strada.” “Un momento; ma che c’entro io in tutto questo, visto che non sono stato io a violentarti; e che c’entra Patrizia, la vostra amicizia e i miei rapporti con lei?” “Sei così incazzato che ti sfugge anche l’evidenza.” Sono basito; qualcosa mi sfugge “Ti hanno violentato … non vuoi denunciare … non puoi parlarne coi tuoi … allora deve trattarsi di violenza familiare … No, NO NO NO non può essere … Tuo padre? NO, è disumano. Se ti avesse chiesto di scopare glielo avresti concesso; tu e Patrizia scopate così volentieri e senza problemi che, se ti avesse chiesto di fare sesso, non glielo avresti negato. Perché violentarti? Che c’entro io? Che c’entra quello che ho detto al mio amore Patrizia? Oh Dio … io sono il parente buono che rispetta la sua amata e tu hai sperimentato il parente cattivo che ti ha violentato. Tu vorresti operare un transfer e recuperare la voglia di fare l’amore con il parente buono del tuo alter ego. E’ questo, che pensi?” Non risponde ma mi abbraccia con tutto il corpo e finalmente mi bacia con la passione che aveva represso finora.
E’ un bacio lunghissimo, intensissimo, di quelli che ti fanno perdere la nozione del tempo e dello spazio; le lingue mulinano nelle bocche alla ricerca di quelle papille che ancora non hanno assaggiato; il cavo orale secerne saliva che si riversa a fiotti dall’una all’altra bocca; il cazzo si erge e preme con forza contro gli slip che ora sono più oppressivi e dolorosi di quanto era per un condannato la bambola di Norimberga; se non lo libero presto, rischia di spezzarsi contro il jeans; Margie non so cosa provi perché non ho il coraggio di toccarle la figa per sentire come è umida; ma da come si è abbarbicata alla mia bocca e da come struscia il seno contro il mio petto e il ventre contro la coscia è chiaro che sta inseguendo un orgasmo. “Non credi che sia esasperato questo tentativo di metabolizzare la crudezza di un rapporto avviandone uno di segno diametralmente opposto, ma che vede protagonisti solo degli autentici surrogati?” “Non ha niente di scientifico e non è garantito che funzioni; forse, potrebbe addirittura incasinarmi di più. Ma non posso parlarne a nessuno, meno che mai a un psicanalista. Non posso e non voglio creare uno scandalo, vista la posizione eminente di mio padre in questo territorio: alla fine, sarebbe anche capace di farmi passare per mitomane. Parlarne con te era un’ipotesi praticabile e ricca di fascino. Quanto possa servire, lo valuterò dopo, quando avrò raggiunto questo orgasmo che sto inseguendo da mesi e che non accenna a concludersi.”
“Ma ti senti almeno eccitata?” “Eccitata?!?! Io sono arrapata, superarrapata; se mi tocchi le mutandine, trovi uno straccetto da strizzare. Se si trattasse solo di una reazione del sesso, il problema sarebbe già risolto; quello che invece devo ancora capire è se e fino a che punto si tratta una ferita più profonda, nella psiche, al di là di una violenza fisica che, in fondo in fondo, potrei considerare anche superficiale. Quello che non riesco ad ottenere è la conclusione mentale dell’orgasmo: è come se mi esaurissi materialmente ma mentalmente e psicologicamente non concludessi mai l’orgasmo.” “Te la senti di raccontarmi i fatti?” “Ci provo. Innanzitutto devi sapere che mio padre, dietro la facciata di perbenismo che indossa fuori casa, nasconde in realtà un’indole di maiale perverso e cattivo che sfoga in casa, e soprattutto nella sessualità. Lui, rispetto al sesso, ha una peculiarità: a parte il fatto che quando decide di scopare prende tutto quello che ha davanti senza riflettere; a parte che si comporta da porco con la partner, chiunque sia, dalla escort alla puttana da marciapiede dalla moglie alla signora compiacente; ma soprattutto è feroce con sua moglie, mia madre, e, da quando ha cominciato a farmi fare sesso con lui, se la prende con me. Io e mamma dobbiamo essere le ancelle del suo cazzo, pronte ad anticipare - non a soddisfare, ma ad anticipare persino - le sue pretese sessuali, se no sono violenze indicibili, soprattutto a mia madre.” La sto guardando inorridito. “Tua madre posso capire che ci si è trovata per antichi costumi e convinzioni; ma come ci sei caduta tu, non lo capisco.” Cerca di distendersi sul divano ma non è facile; mi propone di trasferirci sul tappeto. Le dico con chiarezza che il mio cazzo sta soffrendo e che vorrei almeno indossare qualcosa di comodo; senza parlare, mi sfila pantaloni e mutande e si sofferma ad ammirare la mia bestia nella massima erezione. “Però …!” commenta passandosi la lingua sulle labbra.
Una volta che ci siamo distesi, mi risponde “Solo per caso, due anni fa mi capitò una notte di beccarli a fare sesso. Eravamo in vacanza, nella casa al mare ed io ero tornata dalla discoteca poco dopo mezzanotte; erano nella sala grande tutti nudi e lui la stava montando a pecorina con spinte quasi sovrumane; sfiorai con lo sguardo la scena e stavo per passare oltre ma mi fermò la voce di mio padre: Non dai una mano a tua madre? Vedi che non regge?. Pensai che scherzasse e quasi mi divertii all’idea che proprio il mio integerrimo padre usasse quel linguaggio; mia madre aveva gli occhi sbarrati e mi faceva cenno con la testa di andare via; ma io ero ormai nello spirito della sfida e mi accostai; lui sfilò il cazzo dalla figa e mostrò una bestia bella grossa: lo afferrai con le due mani e con una decina di colpi lo portai ad esplodere una sborrata torrenziale. Tutto dipese forse dalla particolarità delle persone e del momento. Ma purtroppo non era finita, come io credevo. Da quel giorno e per tutta l’estate fu una continua richiesta di seghe, in ogni luogo e in ogni momento. Arrivò persino a farsi masturbare di sera, sulla spiaggia, dietro ad un moscone, a due passi dall’affollatissima passeggiata del posto. Io vissi il tutto come un nuovo gioco estivo e mi sentivo anche gratificata della mia abilità di segaiola nella quale mi sentivo molto brava ed esperta, avendo cominciato dai banchi della media.” “Anche tu?” “Bada che tutte le ragazze più o meno cominciano sui banchi delle medie …” Le prendo le mani e le bacio; credendo che fosse un invito a masturbarmi, mi prende il cazzo; ma la fermo e le chiedo di continuare a parlare.
“Durante i mesi in città, non mi ha disturbato nemmeno una volta: credo che il terrore dello scandalo superasse la voglia di farsi segare. Ma, appena siamo tornati al mare l’anno scorso, ha ripreso e tampinarmi esigendo seghe in continuazione; avrei voluto smettere, ma minacciava ogni volta di scaricare su mia madre le conseguenze accusandomi quindi di non volerle abbastanza bene da fare qualche piccolo “servizietto” per aiutarla. Il ricatto funzionava; ed ho ceduto anche quella sera che, mentre gli tiravo una sega, mi ha forzato la testa sull’inguine e me lo ha messo in bocca, urlando quasi che una puttanella come me quelle cose di sicuro le sapeva fare al meglio; di fronte al volto sofferente di mamma, ho ceduto ed è stato ancora un errore, perché è cominciata “l’estate dei pompini ad ogni costo” a pranzo, a cena, a colazione, di giorno o di notte. Tutto questo avveniva l’anno scorso; e, come per le seghe, le pretese sono scomparse col ritorno in città. Quest’anno siamo andati tutti e tre, io mia madre e mio padre, come al solito, ad aprire la casa estiva in un fine settimana di marzo scorso. Abbiamo lavorato sereni per buona parte della mattinata e niente faceva prevedere quello che sarebbe successo; dopo pranzo, abbiamo concordato di andare a riposare qualche ora.
Stranamente, mio padre mi ha chiesto di non andare nella camera che di solito è mia, perché non era stata rassettata, e di adattarci tutti nella camera matrimoniale. Mentre eravamo distesi tutti e tre sul letto, lui ha cominciato a toccare la mamma che cercava di schernirsi perché, diceva, davanti a me si vergognava; a quel punto lui è diventato feroce e irresistibile: gridando che lui sapeva benissimo quale puttana fossi io e quanti cazzi avessi logorato nella mia figa, le strappò di dosso i vestiti e le piombò addosso cercando ad ogni costo di incularla; mia madre si ribellava e si disperava; io cercai di intervenire dicendo a mio padre che se lei non se la sentiva, lui non poteva fare lo schiavista ed obbligarla. Mi disse urlando che se volevo difendere mia madre allora dovevo mettere a disposizione la mia figa e che quello si, lo avrebbe gradito; nel dire questo, mi strappò le mutandine, mi venne sopra e mi infilò di colpo. Io ero rimasta inebetita e non feci nemmeno un gesto per difendermi, lo sentii andare avanti e indietro nella mia pancia finché sborrò violentemente. Quando si alzò, vide il lenzuolo rosso del mio sangue ed ebbe un’espressione feroce di terrore; balbettò qualche monosillabo confuso che faceva trasparire solo il terrore nello scoprire di avermi sverginato, scappò nei campi e tornò solo verso sera quando si rifugiò nel sedile posteriore dell’auto e si fece portare fino a casa senza connettere una frase compiuta. Da allora, mi sono rifugiata a casa di nonna, con la scusa che devo concentrarmi per la tesi di laurea e al più presto mi cercherò un lavoro e una casa dove andarmene a stare da sola.”
“Piccola, cara altra faccia del mio amore, di fronte a questa che è un’autentica tragedia greca, cosa pensi che questo piccolo devoto tuo ammiratore possa fare? Lenire il tuo dolore non è possibile; rimediare ai danni e agli errori, manco a pensarci; cosa vuoi che faccia?” “Riprendiamo da quello che ti ho già detto. Io, dopo quell’episodio, ho avuto remore a fare sesso; l’incubo di mio padre che mi violenta, che mi strazia le carni col suo arnese enorme, senza precauzione, senza preliminari, semplicemente, bestialmente; beh, io quell’incubo da sola non riesco a metabolizzarlo. Quando Patrizia mi ha parlato del tuo modo di rapportarti a lei e mentre adesso ascolto te che mi definisci “piccola, cara altra faccia del tuo amore” io ho la sensazione di vedere la luce in fondo al tunnel. Quello che ti chiedo e che forse puoi darmi è di innamorarti di me per questa giornata come se fossi veramente Patrizia, di dare a me l’equivalente di quello che vorresti dare a lei, soprattutto l’esperienza della deflorazione. Non ti chiedo di darmi quello che è suo, perché non sarebbe giusto, né di deflorare una figa che ormai è rotta. Ti chiedo semplicemente l’equivalente per intensità e affetto.”
“Se tu fossi davvero Patrizia, io adesso dovrei sdrammatizzare e dirti che non sono il salumaio e che non posso fornirti l‘affetto o l’affettato che tu vuoi; ma siccome tu non sei Patrizia e non so se hai la stessa capacità di humour; il mio problema é che tu finisci per rappresentare la mia foresta amazzonica: so che ci sei, ti vedo, posso toccarti, posso scoparti e fare l’amore, ma devo scoprirti albero per albero, anzi, pelo per pelo; e non so se avrai tanta pazienza da seguirmi mentre ti perlustro.” Mentre lo dico, mi sono disteso accanto a lei e l’ho baciata con tutto l’amore che posso: ce ne stiamo stretti tenacemente, mentre le bocche si succhiano, si leccano, si mordono e si perlustrano in lungo e in largo. Infilo tra i nostri corpi una mano, le sollevo la falda del vestito e porto il cazzo a sistemarsi tra le sue cosce, attaccato al minitanga e alla figa, rasata come è di moda; spinge il bacino verso di me e fa scivolare l’asta sulle cosce e lungo le grandi labbra non celate affatto dal minitanga; sposto la mano verso il seno e ne afferro uno da sopra il vestito: accenna a muoversi per liberare le tette; le impongo di stare ferma e mi fermo anche io con lei, continuando a baciarla: cerco di gustarmi e di farle gustare fino in fondo il piacere di stare abbracciati; mi prende il viso fra le mani e lo stringe con passione. Stiamo in religioso silenzio per qualche momento; anche le nostre bocche si sono fermate ma restano attaccate. “Mi sembra di essere in un gorgo infinito di piacere.” Sussurra Margie ad occhi chiusi. “Si ma in fondo c’è un pozzo infinito di miele in cui mi sto invischiando e rotolando.” Le rispondo con la stessa enfasi; riprendiamo a succhiarci le bocche come affamati.
“Adesso avrei voglia di averti dentro!” “No, cara; adesso noi facciamo tutto quello che è giusto per gli innamorati; addirittura ho preceduto i tempi: non vedi che stiamo già facendo coscialino, che è la fase più sicura e più dolce del sesso ma che arriva solo dopo infinite seghe e pompini.” “Già … ma è proprio il coscialino che mi stimola tutta e mi spinge a volere tutto.” Mi rotolo sul tappeto e la porto sopra di me. “Gioca con la mano sul cazzo.” Le suggerisco; lei passa una mano sulla schiena, solleva la gonna e va ad afferrare la cappella giusto tra le natiche; sposta con un dito il filo del tanga e preme sulla cappella spingendola nell’ano. “Riusciresti a infilarlo nel culo, così?” mi chiede. “Io no; invece tu, se ti sollevi sulle ginocchia e ti siedi senza perdere contatto col cazzo, hai la facoltà di farlo entrare in uno dei tuoi buchi, ma io preferisco il culo perché l’idea di aspettare a sverginarti ancora mi affascina.” Margie è veramente in gamba: punta le ginocchia, solleva il ventre, guida con la mano il cazzo verso l’ano e si cala lentamente sull’asta. “Attenta: non ti ho lubrificata prima; se provi dolore o anche solo fastidio, fammi il favore di fermarti.” Le raccomando. “Tu sei scemo; or ora ti ho detto che voglio sentirti dentro; credi che per un doloretto io fermerei questa penetrazione che è proprio come l’hai descritta alla mia amica: mi sto inculando avendo davanti il tuo viso, il tuo corpo ed anche in parte il tuo cazzo che mi riempie di goduria? Posso montarmi da sola o ti senti umiliato e vuoi scoparmi tu?” “Si vede che sei solo l’altra faccia … il mio amore mi scopa e mi aggredisce se non faccio come vuole lei.”
Margie allora dà il via ad una autentica galoppata sul cazzo: si solleva fino a farlo uscire del tutto dal culo, poi si abbassa di colpo con urla e brividi di piacere; si ferma seduta e schiaccia le natiche sul mio bacino, quasi a penetrarsi totalmente, si muove per piccole porzioni velocemente e lancia urletti consecutivi di piacere. La fermo per un momento e la faccio piegare a baciarmi, mentre le stringo le tette ancora da sopra il vestito. Con un gesto deciso, solleva il vestito e lo sfila da sopra la testa. Lo spettacolo che mi appare è da infarto: una giovane donna di poco più di vent’anni con due tette da sballo, un corpo da scultura, un ventre da perdercisi e una figa appena intravista ma già capace di mandarmi all’inferno; le chiedo di farsi guardare immobile per un attimo. “Quanto sei bella, maledizione a te!!!!!” “Perché mi maledici?” “No, è solo un modo di dire; insomma dovrebbero impedirti di circolare per eccesso di bellezza.” Si mette a ridere “Ti va di ribaltarci?” “Se ci riesci senza farti male io ci provo” e la invito a stendersi su di me senza far sfilare il cazzo dal culo; ci riesce e, con un secco colpo di reni, me la trovo distesa supina sotto di me. Le divarico le gambe e le alzo fino alle mie spalle; mi metto in ginocchio e la tiro ancora più su fino a che poggia sul tappeto quasi solo con la cervicale; ma in quel modo tutto il suo corpo e in particolare lo scoscio è davanti ai miei occhi, a mia disposizione: guardo in particolare la sua figa leggermente aperta e umida, decisamente molto umida; e, nel buco del culo evidentemente spanato, il mio cazzo gonfio e ritto come un obelisco che le scava fin nelle profondità dell’intestino.
“E’ inutile, sei immensamente bella, anche da questa prospettiva: io adoro il tuo culo,la tua figa, le tue tette, il tuo viso; ma soprattutto amo te che mi fai vivere un’emozione amorosa così grande.” “Scopami, Mario, fottimi per favore, fammi sentire che il tuo cazzo è mio, stamattina.” “Proviamo a farti girare e sistemati a quattro zampe: voglio incularti con tanto amore.” Si sfila in un sol colpo dal cazzo, si gira gattoni e si apre le natiche; appoggio il cazzo e lo infilo dentro rapidamente e in maniera indolore. Poi comincio a scoparla sul serio. “Masturbati mentre ti cavalco” le suggerisco; lo fa e per noi comincia l’assalto decisivo: il cazzo entra ed esce quasi totalmente dal culo e Margie comincia a gemere di piacere. Sono teso: forse ho sbagliato ad incularla; in quel modo, l’orgasmo è più difficile e solo adesso ricordo che lei inseguiva appunto un orgasmo soddisfacente … che arriva all’improvviso, violento, bruciante, travolgente. Riesce solo ad un urlare un numero infinito di si e ogni tanto “godo” o “sborro” e “finalmente”. In qualche modo, è la vittoria del nostro affetto: un primo risultato l’ha ottenuto al di sopra di quanto sperava.
“Ho la strana sensazione che questo orgasmo non sia scaturito solo dalla figa” mi confida mentre comincia a respirare con maggiore regolarità “ritieni possibile che abbia sperimentato, senza rendermene conto, un orgasmo anale?” “Essere due facce di una medaglia vi autorizza forse a fare le stesse domande?” Mi guarda stupita “E’ esattamente la domanda che mi fece Patrizia dopo l’inculata storica. Non è per caso che vi siete passate i foglietti?” “No, professore, le giuro che il mio culo non è quello di Patrizia e che il mio orgasmo non è il suo; questo è il mio primo grimaldello contro il terrore dell’incubo.” Non riesco a fare a meno di sussurrarle “Ti amo!” per aggiungere immediatamente “ma vale solo per oggi; poi devi dimenticare e non devi mai farti condizionare.” Mi risponde con un bacio. “C’è qualche genere di comfort in questo studio professionale?” “C’è un frigorifero nell’altra stanza e forse qualcosa ci trovi; poi sul cucinino c’è la macchinetta del caffè ma quello già fatto è di ieri: io lo bevo anche dopo qualche giorno” “No, niente caffè; vediamo se c’è un succo di frutta.” “Mi pare proprio di si.” E c’è veramente, per fortuna. Mentre beviamo, io il mio caffè stantio e lei il suo succo di frutta, Margie mi chiede del bagno. “Perché?” le faccio. “Vorrei rinfrescarmi e fare pipì.” “Scusami, cosa hai detto che devo essere per te oggi?” “Sei il mio amore.” “Qualunque cosa faccia il mio amore, la fa con me; facciamo tutto assieme, senza remore o riserve.” “Va bene. Mi accompagni al bagno, amore?” “Certo, amor mio: vieni.”
Appena in bagno, lei cerca di dirigersi alla tazza, ma la dirotto al box doccia; entriamo insieme. “Ma qui come faccio a fare pipì?” “Aspetta.” Apro l’acqua e la faccio scorrere badando che non ci cada sui capelli. L’abbraccio stretta e faccio scivolare il cazzo sotto la figa; poi con la mano lo accompagno alla vulva. “Che fai? Mi scopi in piedi nella doccia?” “No; aspetta ancora un poco.” La cappella scivola tra le labbra ed entra un poco in vagina; sento che lei ha un fremito di goduria; mi bacia con intensità e il mio cazzo si irrigidisce ancora di più; lo spingo un poco più oltre; poi le sussurro in un orecchio “Adesso pisciami sul cazzo; io fra un attimo ti piscio in figa.” Di fronte alla sua aria perplessa, le sussurro ancora “Io, insieme col mio amore, faccio tutto, soprattutto pisciare.” “Non so se ce la faccio” “Io sto già per allagarti e sarà come se mi sentissi sborrare dentro di te.” Sbarra gli occhi mentre il primo spruzzo viene sparato dal mio cazzo contro il suo utero. “Aaaahhhhh … siiiiiiii … sto sborrandoooooooo … sto pisciando … ti sto inondando … mi stai allagando …. Siamo una sola cosa … ci stiamo fondendo insieme …” Non smette di urlare, Margie, e mi stringe, mi morde , mi bacia, schiaccia il suo corpo contro il mio quasi a fonderci. Dura alcuni minuti l’apoteosi del nostro sesso in doccia, durante i quali lei mi vuota sul cazzo tutto il suo piscio, la parte del mio piscio che io le ho spruzzato in vagina, ma anche tutti gli umori che nella sua figa scatenano le enormi sborrate che si susseguono incalzanti. Non smette di godere e di urlarmelo quasi disumanamente.
Quando sento che un poco si rilassa, esco di colpo dalla figa e lei lancia un urlo quasi di dolore “Nooooo … non andare via … stammi dentro ancora un poco …” La faccio girare e con qualche acrobazia riesco ad appoggiarle il cazzo sull’ano; una piccola spinta e la cappella entra seguita da una parte del’asta; appena dentro, lascio andare la mia pisciata e gliela sparo nel retto. Come colpita da una frustata, urla “Mio dio, mi stai facendo godere nel culo! … tu mi pisci nel culo e io sborro … non è possibile!!!!! Ti amo … ti voglio … sono completamente tua … ti voglio totalmente mio …” Le giro la testa e la bacio, ma forse solo per impedirle di dire ancora assurdità. Stavolta l’avverto. “Bada che sto per uscire dal culo; attenta che potrebbe darti fastidio.” Annuisce con la testa; io tiro fuori il cazzo e la stringo a me mentre il mio piscio le scorre dall’ano e scivola sulle nostre gambe. La giro verso di me e ci baciamo, stavolta delicatamente, dolcemente, con amore. “Sei tremendo!” mi dice “riesci a inventarti parole, cose e situazioni che spiazzano e ti fanno precipitare, senza che te ne accorgi, in una passione smodata.” Decido di mettere fine alle pericolose esagerazioni amorose. “Margimario: si dovrà chiamare Margimario.” “Di chi stai parlando?” “Dell’androgino, ovviamente …” Mi guarda come un matto o un bambino stupido e con il viso mi chiede perché “L’essere strano che hai proposto, nato dalla fusione tra me e te, è giusto che si chiami Margimario; ma forse tu preferisci Marimargie!” “Vaffanculo, stronzo!” “Ancora?!?! Ma se l’ho appena fatto!” Mi colpisce con piccoli pugni sul petto mentre la stringo per la vita contro di me.
“A proposito; io ho perso il senso delle cose, a un certo punto. Ma tu sei riuscito a sborrare?” “Sborrare?! Ma come potrei se ancora non mi sono presa la tua figa secondo i canoni corretti dello scopare?!?!” “Io però ho sentito qualcosa penetrarmi fino all’utero, prima che mi allagasse.” “Quello esce dai canoni. La vera scopata in figa è quella che vede la donna supina e l’uomo bocconi; quando sentirai qualcosa entrarti in figa stando in quella posizione potrai dire che ti sto scopando e che devo sborrarti non so dove.” “In figa; è da un po’ che prendo la pillola e posso accoglierti in me con tutto l’amore del mondo.” “E sempre a proposito, visto che siamo in tema, come va il tuo esperimento? Sei riuscita a liberarti e sborrare almeno una volta?” “Una volta?!?! Sono quasi cinque ore che non fai che scoparmi in tutti i modi e avrò avuto una ventina di orgasmi, di quelli seri, intendo. Fino a qui, la soluzione appare valida. Devo verificare “sul campo” la prima volta che non chiedo una “scopata terapeutica” e mi sbatto il primo cazzo che capita. Solo allora saprò se gli incubi sono scomparsi.” Prendo degli asciugamani e gliene do tendendone anche per me. Mentre ci asciughiamo, torniamo sul tappeto e ci sdraiamo; comincio a baciarla dolcemente sul viso partendo dalla fronte e dagli occhi in cui mi piace affondare con le labbra; scivolo sul nasino elegante e afferro a ventosa le sue labbra carnose e dolci-
Spingendomi con le mani, mi fa segno di montarle sopra; lo faccio volentieri e cerco di premere con tutta la pelle del mio corpo sul suo; mi muovo delicatamente, quasi a masturbarla tutta; catturo un capezzolo tra le dita e lo strizzo; sento il piacere montarle in tutto il corpo e mi abbandono al suo abbraccio che si fa intenso, quasi feroce. Scherzo nel suo orecchio sussurrandole “L’idea dell’androgino che nasce dalla fusione di noi due proprio non vuole abbandonarti.” “Non scherzare, io ti sento tutto dentro di me, dalla testa ai piedi e adesso non vedo l’ora di sentirmi penetrare “canonicamente” come ha detto il mio “terapeuta”. Ti voglio in figa, ti voglio nella mia pancia, ti voglio nel mio corpo, ti voglio nel mio amore, anche se ti piace scherzarci su.” “Non mi piace scherzarci; visto che siamo in camera caritatis, sono costretto a confessarti che ho semplicemente paura di come questa giornata potrebbe svilupparsi. Noi possiamo fare sesso per tutta la vita; ma non possiamo permetterci il lusso di innamorarci sul serio. E so che cogli la differenza. Da amanti siamo individui liberi; da innamorati entreremmo in una spirale pericolosa di piccola borghesia che va fino al matrimonio. Per questo il nostro innamoramento deve durare solo oggi, anche se una parte di me si ribella perché sei troppo eccezionale per lasciarti andare.” “Cazzo, adesso sei tu che fai il mieloso. Allora sappi che il tempo del nostro innamoramento sta per scadere. Tra poco più di un’ora ho un impegno e ti resta solo il tempo per scoparmi davvero con tutta l’anima”.
“Messaggio ricevuto. Posso chiederti un’ultima stronzata sentimentale?” “Oggi siamo innamorati e io mi sento una pappetta di romanticismo e dolcezza.” “Mi piace pensare che i prossimi minuti si imprimano nelle nostre memoria fotogramma per fotogramma: tutto qui!” “Ti adoro!” Lentamente e delicatamente con i piedi sui suoi piedi cerco di farle divaricare le gambe; capisce subito l’intento e si apre dolcemente; io scivolo tra le sue cosce e con la mano appoggio il cazzo sotto la figa. Non smettiamo intanto di baciarci e di accarezzarci in ogni dove, quasi a sentire la pelle di tutto il corpo sotto le dita. Una volta spalancate le gambe, Margie piega le ginocchia e solleva leggermente il ventre; è lei stessa a infilare la mano tra i ventri e a prendere il cazzo che guida alle grandi labbra. Spingo delicatamente e la sento sobbalzare con un gemito di piacere; spalanca ancora di più le cosce e spinge in alto il ventre facendo entrare il cazzo un poco più in profondità. Riprendo a carezzarle le gote e baciarle gli occhi; Mi si accoccola sotto come a farsi penetrare fino al cervello. “Prendimi, amore” mi sussurra all’improvviso ed io spingo con forza fino a sentire l’urto contro la cervice dell’utero; si lamenta un momento per il dolore poi geme a lungo per il piacere “Si, amore, sfondami … prendimi tutta .. voglio essere tua … ti amooooooo… “ Sta sborrando e si aggrappa letteralmente a me, mentre scarica sul cazzo la violenza dell’orgasmo. Vedo improvvisamente farfalle volarmi davanti agli occhi e, quasi per istinto, comincio a picchiare con violenza sulla figa; Margie sembra voler accompagnare il mio possesso della figa e spinge, fino a farsi e farmi male, il pube contro il mio.
“Amore, non reggo oltre, sto per venire” le sussurro in un soffio.”Aspetta un attimo … veniamo insieme … siiiii adessssssooo .. lasciati andare … vengoooooo …” “Sto venendo anch’io!” ho appena il tempo di urlare, che i due orgasmi si incontrano in un’esplosione unica che sembra svuotarci di ogni energia. Crollo senza vita sul suo corpo e devo farmi forza per rendermi conto che le peso e che devo scavallarmi; lo faccio soffrendo e Margie quasi non mi vuole lasciare anche se è evidentemente senza forze anche lei. Ci troviamo sdraiati sul tappeto e ci teniamo semplicemente per mano. “Porca miseria, qui sporco tutto!” il suo risveglio è brusco perché, dalla figa, un fiume di liquidi - tra sborra, umori vaginali e forse anche le conseguenze di uno squirt - sta scorrendo rapidamente verso il povero tappeto che non era mai stato pensato per questa funzione. Mi precipito al cucinino per prendere tovaglioli di carta e darli a lei per arginare il flusso. Ci troviamo sul tappeto, lei seduta io inginocchiato, a ridere del piccolo incidente che concludiamo con una bacio affettuoso. Poi Margie torna in bagno a ripulirsi e, quando rientra, io mi sono già rivestito. Lei impiega poco a indossare il minitanga e il vestitino. “E adesso?” La domanda è dannatamente pesante; e sono io a formularla. “Adesso tutto rientra nella normalità; io però spero che, quando avessi bisogno, c’è qualcuno che mi fa da “terapeuta”. A proposito, in una intera giornata di sesso, non me l’hai leccata una volta e non mi hai consentito di prenderlo in bocca.” “Un saggio, vecchio maestro mi diceva che non tutti i pacchetti di dolci vanno aperti perché la festa si esaurisce. Essendoci ancora pacchetti non aperti, potremmo essere costretti un giorno a riproporci per assaggiare anche quei dolci.” “Vuoi dire che posso sperare di ripetere una giornata di paradiso come questa?” “Io ci metto tutto il mio; poi sta a te …” “Vado.” “Forse è meglio che non ti accompagno. Il barman già è parso sospettoso. Non vorrei che lanciasse leggende metropolitane.” “Un ultimo bacio non me lo dai?” L’abbraccio che ci scambiamo ha davvero quasi il sapore di un addio, anche se entrambi in cuor nostro speriamo di rivederci; e il bacio non è convenzionale: è un vero bacio da innamorati, di quelli che costringono a dire “Adesso vattene se no ricominciamo da capo.” E l’accompagno alla porta.
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Categorie: Incesti