Finito di mangiare, sbaraccammo in fretta il tavolo e Maria si lanciò supina sul tetto, a gambe spalancate e ginocchia sollevate: “Adesso voglio che mi chiavi” disse rivolta a Francesco; lui mi guardo interrogativo ed io gli feci cenno di andare. Si accostò quasi esitante, si inginocchiò fra le sue cosce e passò un dito lungo la fessura della figa, poi lo infilò decisamente dentro; Maria si agitò con voluttà e allungò le mani verso il cazzo; Lentamente, Francesco accostò alla vulva l’enorme cappella e spinse leggermente e delicatamente: alle sue spalle, guardavo estasiato la vagina che si apriva e lasciava passare la massa di carne e nervi che la invadeva; il cazzo sprofondava lentamente e decisamente, con grande timore di lui che non voleva farle del male. Ma non gliene faceva, anzi: Maria gemeva dolcemente ad ogni avanzamento della penetrazione e gli accarezzava il viso per esortarlo; dal mio posto di osservazione non riuscivo a capacitarmi e mi domandavo dove andasse a collocarsi un organo di quella dimensione in un corpo così minuto.
Entrò tutto, alla fine; e quando il pube di lui andò a stimolare quello di lei, sfregando con forza il clitoride compresso tra i due ossi, per la prima volta sentiti Maria urlare il piacere a piena gola “si … si … continua … non ti fermare …”; ero affascinato; ma Francesco era addirittura estasiato: mai gli era capitato di possedere una donna così naturalmente, semplicemente, completamente, gioiosamente. Non poteva reggere molto dopo i preliminari del mattino; ma tenne duro; e Maria lo aiutò, strizzandogli più volte le palle; poi non voleva lasciarmi a guardare; mi fece cenno di accostarmi al suo viso e, quando fui a tiro, mi prese il cazzo in bocca. Tra lo spettacolo a cui assistevo e la stimolazione che praticava al mio cazzo con la bocca sapiente, arrivai presto vicino all’orgasmo. Maria allora dosò i movimenti per fare sì che arrivassimo insieme, tutti e tre, all’orgasmo: fu un’esplosione epica in cui ciascuno urlava tutto il suo piacere mentre le palle si scaricavano nella bocca e nella figa di Maria. Ma a godere di più fu forse proprio lei che ad ogni schizzo di sborra che le entrava segnalava un nuovo orgasmo, senza riuscire più a sapere quanti fossero stati in quella sola occasione.
Quel fine settimana fu di quelli che non si dimenticano, a partire dall’arrivo alla casa al mare fino al momento della partenza. Dopo la scopata di dopopranzo, ci prendemmo qualche ora di riposo e cercammo di tenerci il più possibile lontani da tentazioni (culo, tette, figa, cazzi) per dedicarci al sano relax sulla spiaggia, giocando con le onde e arrivando persino a fare il bagno, nonostante la stagione ancora appena tiepida. A sera, andammo in paese per cenare con pizza e birra (solo poca: non deve incidere su certe prestazioni, scherzò Maria) e ritornammo abbastanza in fretta al monolocale. L’interrogativo che Francesco pose subito (come dormiamo) fu risolto con due battute “e chi dice che dormiremo?” e poi “tutti e tre nel letto; chi non ci riesce, si sistema sul pavimento con una coperta sotto”: semplice, no? Dopo i soliti rituali in bagno, Maria prese per mano lui e lo guidò verso il letto “adesso mi scopi di nuovo, ma devi reggere molto più a lungo” gli disse; e si stese supina sul letto. Francesco sembrava imbarazzato, incapace di decidere cosa fare; allora mi avvicinai, presi i piedi di Maria e divaricai le gambe mettendo in piena luce la figa ricoperta da una fitta peluria e stranamente ancora stretta, nonostante gli abusi a cui l’aveva sottoposta.
Feci cenno a lui di accostarsi mentre Maria sembrava calarsi in un mondo di piacere in cui bearsi sprofondando; Seguendo le mie tacite indicazioni, cominciò a leccarle i piedi, prima uno poi l’altro, per passare lentamente alle caviglie e alle gambe; superate le ginocchia, si posizionò a leccare l’interno delle cosce, sollevandole le ginocchia e spalancando il pube. Maria mi fece cenno e io mi accostai; mi baciò sulla bocca, un bacio lungo e intenso, con la lingua che mi esplorava, mi stimolava, mi chiavava in bocca; poi la ritrasse e fu l’invito perché io facessi altrettanto; non mi feci pregare; a un tratto sobbalzò, perché lui era arrivato alle piccole labbra e gliele stava leccando e succhiando con una perizia che finora non aveva fatto apparire. Mi staccai dalla bocca e scesi lentamente lungo la gola e il petto fin sui seni; li percorsi in lungo e largo umettandoli di saliva, mordicchiando qua e là, strappandole gemiti di piacere; Francesco intanto si era impegnato sull’inguine e nella figa, che stava succhiando centimetro per centimetro; dai brividi del ventre avvertivo i piccoli orgasmi che si scatenavano quando la leccata era più intensa.
Quando arrivai a succhiarle i capezzoli, ebbi la sensazione che anche Francesco avesse fatto qualcosa di più “si … si … si … ancora … ancora” gemeva Maria: mi fu subito evidente che lui aveva preso a leccarle insieme figa e culo percorrendo fessura e buco con estrema intensità, sicché il piacere dei capezzoli si moltiplicava all’infinito con clitoride e ano parimente stimolati. La conclusione fu un orgasmo violento di cui io vidi solo gli umori che inondarono la bocca di lui. A quel punto, Maria mi fece da parte e sollevò un poco Francesco, che si stirò su di lei; mi spostai alle sue spalle e vidi il cazzo duro da morire che attraversava le cosce e si perdeva sul lenzuolo; lui si strusciò un poco su di lei, quasi chiavandola con tutto il corpo, poi puntò i ginocchi, sollevò il bacino e il cazzo si andò a depositare sul ventre di Maria; vidi una mano di lei comparire tra i due corpi, afferrare l’asta e guidarla dolcemente verso la vulva che, bagnata com’era, non aveva bisogno di adattarsi: l’asta entrò delicatamente per alcuni centimetri; poi ambedue si fermarono quasi a godersi il piacere dei tessuti interni che abbracciavano la cappella: Francesco passò le mani lungo i fianchi, le strinse energicamente il culo, lo tirò leggermente a sé, ma senza accentuare la penetrazione; poi spostò le mani lungo i fianchi, verso i seni, e prese a accarezzarli con vigore, a strizzarli con gioiosa forse; vidi le dita insinuarsi tra i corpi e andare a stringere i capezzoli; Maria gli prese la testa e lo baciò sulla bocca: quasi sentivo sulla mia il gioco della lingua che esplorava e si infilava a chiavarlo, della bocca che succhiava e aspirava la lingua di lui e si faceva chiavare in bocca anche dalla lingua.
Poi Maria puntò le ginocchia e spinse leggermente il corpo verso l’alto; Francesco l’assecondò: vidi il suo culo alzarsi leggermente e poi abbassarsi sul corpo della donna, ma non molto; l’ulteriore penetrazione non fu che di qualche centimetro, ma Maria esplose in un lungo gemito di orgasmo. Ero incantato davanti allo spettacolo di quel cazzo enorme e meraviglioso che invadeva prepotentemente la figa e ancora più dalla capacità della vagina di aprirsi, di dilatarsi e di accoglierlo tutto. In un tempo che mi parve infinito, il cazzo entrò tutto, fino alla radice, finché le palle urtarono contro l’ano: ed io mi perdevo estasiato a guardare quei corpi che vibravano di piacere ad ogni movimento, anche quando restavano fermi e stretti a gustarsi a vicenda. Poi Francesco cominciò a chiavarla con delicatezza e continuità facendo scivolare il cazzo nella figa fin quasi a farlo uscire, per ripiombare dentro con più foga; e Maria godeva come una forsennata, gemeva, pronunciava monosillabi disarticolati. Il gioco andò avanti per un bel po’; poi Maria con uno scarto lo invitò a disarcionarsi; Francesco rimase sorpreso, quasi inebetito dal gesto. Ma Maria aveva solo in mente un altro gioco. Lo fece distendere supino, gli montò sopra e scivolò lentamente verso il basso finché il suo culo incontrò il cazzo; infilò una mano fra le cosce, prese l’asta e la diresse verso la figa.
Lo spettacolo allora si ripeté, ma a ruoli diversi: stavolta era Maria che sprofondava su di lui facendosi entrare il cazzo progressivamente sempre più dentro. Ero quasi terrorizzato dalla dimensione del mostro che si infilava dentro, vedevo la vulva spalancarsi oscenamente per accoglierlo, ma era evidente che la penetrazione dava solo piacere. Quando arrivò alla fine a sentire le palle direttamente sull’ano e i peli della figa mescolati a quelli del cazzo, si fermò soddisfatta e si godette l’asta nel corpo: credo che stesse facendo il gioco abituale di mettere in moto i muscoli vaginali per titillare il cazzo che aveva assorbito tutto. Invece la vidi piegarsi in avanti e spostare le ginocchia un poco più indietro; si sollevò dal cazzo, senza abbandonarlo, e mi fece segno di andare vicino “vi voglio dentro tutti e due” sussurrò; io ero stravolto; ma conoscevo lei, la sua determinazione e la sua capacità di controllo: se proponeva la doppia penetrazione, sapeva di potercela fare, anche se il cazzo nella sua figa era veramente imponente.
Mi accucciai dietro di lei portando il cazzo all’altezza del culo e accostai la cappella “se non reggi, avvertimi” le suggerii: accennò di si con la testa. Cominciai a spingere il cazzo dentro l’ano e avvertii immediata la difficoltà di occupare uno spazio già ampiamente ingombro. Ma, come sempre, mi ero sbagliato: il culo cedette lentamente, si rilassò, si adattò al cazzo e mi lasciò entrare: lo feci con delicatezza, lentamente, pronto a ritrarmi al primo cenno di difficoltà. Ma non ce ne furono. Senza che quasi me ne rendessi conto, il mio cazzo era nelle sue viscere e si godeva il calore dei tessuti violati, si armonizzava e dialogava col cazzo nella figa e insieme producevano un piacere intenso e straordinario. Maria ci impose di stare fermi; si muoveva solo lei, prima con circospezione poi sempre più decisa: scivolava sulle due mazze accarezzandole con le viscere, le solleticava e le portava all’apice del piacere; anche lei godeva molto; sentivo gli umori che scorrevano sulle palle di Francesco ogni volta che si muoveva; era un orgasmo continuo. A mano a mano che prendeva confidenza coi due cazzi, il movimento di faceva più rapido e deciso, finché diventò una sola cavalcata che poteva solo portarci all’orgasmo.
Sentii scorrere lo sperma nel cazzo di Francesco quasi come sentivo quello che scorreva nel mio e, quando esplosi con un urlo, sentii che anche lui stava urlando e, più di noi, urlava Maria che godeva senza limiti. Fortunatamente, sul letto aveva steso un telo da spiaggia, perché, quando ci sfilammo ciascuno da un buco, la pioggia di sperma che cadde sul letto fu notevole, perché tutti e due avevamo scaricato dalle palle un fiume di piacere; e Maria non era stata da meno. Ebbe torto, Maria, quella sera, perché piombammo tutti e tre quasi di colpo in un sonno duro e profondo, non disturbato neppure dalla precarietà del letto diviso in tre; solo una volta, nella notte, ebbi un semirisveglio in cui mi accorsi di tenerle sulla figa la mano su cui lei si strusciava quasi ancora scopasse; ma dormiva anche lei.
Il secondo giorno di week end al mare cominciò con una particolare frenesia, dopo la serata intensa e il sonno profondo della notte in condizioni di emergenza, in tre in un letto non enorme. Francesco bevve solo un caffè e si fiondò direttamente in spiaggia, quasi per approfittare di ogni momento dell’occasione; io e Maria ci intrattenemmo un po’ più a lungo per fare colazione; non ci furono molte parole ma solo sguardi e gesti eloquenti per dirci che eravamo decisamente felici di come erano andate le cose; ma lo sguardo di Maria era troppo lascivo per lasciare presagire un finale di riposo, prima di rientrare alla quotidianità. Indossò soltanto un perizoma che praticamente metteva in luce tutto lo splendore del suo fisico asciutto e statuario, anche se non particolarmente abbondante: le tette piccole e sode stavano su da sole, puntute e rigide coi capezzoli che sembravano perforare l’aria; i fianchi asciutti, leggermente ossuti, contenevano un ventre piatto e teso, ma che invitava a tuffarsi nell’ombelico appena accentuato; il culo sodo, quasi a punta, sembrava disegnato da un pittore del Rinascimento; la figa esplodeva letteralmente nel perizoma quasi invisibile che sottolineava, anziché celare, il triangolo di peli che copriva il pube.
La guardai ammirato e le scoccai un leggero bacio sulla spalla, poi scappai via per non farmi catturare nell’immancabile tentativo di concupirmi. Appena fuori della porta-finestra, direttamente sulla sabbia, stendemmo due teli accanto a quello che aveva lasciato Francesco che ora era in acqua: cercai di stare abbastanza distante dalle mani di Maria, che sarebbe diventata pericolosa a distanza giusta. Dopo aver sguazzato per un po’ nell’acqua bassa, come un paperotto, Francesco venne fuori e si diresse verso di noi: il costume a pantaloncino non riusciva affatto a celare il cazzo, enorme anche rattrappito dall’acqua, e dovette smanacciarle più volte per assestarlo: a quel gesto, vidi che Maria si leccava voluttuosamente le labbra ed ebbi la certezza che non lo avrebbe lasciato in pace. Francesco si venne a stendere sul suo telo, sdraiandosi supino; immediatamente Maria gli suggerì di sfilarsi il costume (si sarebbe asciugato prima, spiegò) e, per dare l’esempio si sfilò il perizoma che “non” copriva la sua figa; Francesco esitò un attimo, poi si alzò in piedi e lasciò cadere il costume che appoggiò sul telo: nel muoversi, il cazzo aveva ripreso vita e si era leggermente indurito; Maria lo guardò con voglia.
Quasi subito, quindi, la sua mano si mosse verso di lui e gli sfiorò il fianco; Francesco mi rivolse uno sguardo interrogativo ed io mi limitai a fare spallucce: problemi suoi, se accettare o no il chiaro invito. Decise per il si e si girò su un fianco offrendo alla vista e alla mano di lei il suo cazzo che vibrava mentre si rizzava. Maria lo prese prima con una sola mano e tirò la pelle sue e giù con un paio di movimenti che diedero al membro tutta la vitalità di cui disponeva; poi si girò anche lei sul fianco e lo prese con tutte e due le mani: con una gli tastava le palle, le stringeva, le solleticava; l’altra mandava la pelle su e giù per l’asta scoprendo ogni volta la cappella che stava diventando viola. Io mi limitavo a guardarli affascinato. In un momento di sosta, incrociai lo sguardo di Maria e tacitamente le feci capire che forse era meglio entrare in casa, se proprio voleva scopare; ma lei sorrise e andò avanti. Mi guardavo intorno con una certa preoccupazione, ma ero certo che non potevano vederci dato il periodo di assoluto deserto, il luogo abbastanza appartato e la protezione della casa dietro di noi; quindi lasciai perdere. Maria intanto aveva spinto Francesco supino sul telo e si era accostata a lui per manipolare meglio il suo membro: lo segò a lungo, lentamente, con passione; ogni volta che lui accennava a cedere all’orgasmo, gli stritolava le palle in una stretta quasi feroce e l’altro si contraeva tutto ma chiaramente si riprendeva.
Andarono avanti così per un po’ con una sega raffinata e sensuale che mi aveva fatto rizzare il cazzo fino al dolore, anche se ero solo spettatore; poi Maria si abbassò sull’inguine e sfiorò la punta del cazzo con la lingua: conoscevo le sue capacità nel pompino e mi pareva quasi di avvertire le stesse sensazioni che provocava a lui. Leccò a lungo, sapientemente, la cappella mentre continuava a segarlo lentamente; poi passò la lingua lungo l’asta percorrendola tutta in lunghezza e larghezza: vedevo Francesco fremere e quasi temevo di vederlo venir meno dal piacere. Maria staccò una mano dal cazzo, prese la mia mano e se la portò sulla figa; capii il senso dell’invito e mi accostai per masturbarla: non voleva fare altro, quella mattina, e mi limitai a catturare tra le dita il clitoride e cominciai a stimolarlo come sapevo che le piaceva. Si abbandonò al mio tocco e affondò la bocca sul cazzo: lo vidi penetrare lentamente nella sua bocca ed ascoltai il rumore del risucchio mentre lo pompava con foga; Francesco strabuzzò gli occhi, ma una stretta di palle lo riportò al pompino che era appena cominciato. Preso anch’io dall’eccitazione, divaricai un poco le gambe di Maria, le infilai l’indice nel culo e e il medio nella figa, mentre col pollice tormentavo e stimolavo il clitoride; mi inondò rapidamente le dita di umori da orgasmo e notai la penetrazione del cazzo in bocca farsi più intensa e vogliosa; vidi Francesco che strabuzzava gli occhi; e stavolta non ci furono strizzate di palle ma convulsioni dei due mentre, evidentemente, la sborra si scaricava dalle palle direttamente nella gola di Maria che faceva evidenti sforzi per ingoiare tutto senza farsi sopraffare e senza sputare niente.
Sfilò il cazzo dalle labbra con molta lentezza e delicatezza, continuando a succhiare e leccare, mentre lui si abbandonava supino sul telo e si lasciava prosciugare dall’enorme pompino. Alla fine, rimanemmo distesi in silenzio, tutti e tre quasi svuotati di ogni energia, finché non arrivò l’ora di vestirsi per andare a pranzo in paese. Dopo pranzo, Maria avvertì che doveva rientrare a casa prima di sera, perché l’indomani aveva un appuntamento importante e doveva ancora preparare gli incartamenti necessari; Francesco osservò che anche noi avevamo una lezione di mattina presto e si decise di partire appena cominciava ad imbrunire. Poiché non avevamo un grande bagaglio, tornammo a stenderci sulla spiaggia e restammo per un’oretta a “fare le lucertole” crogiolandoci al tepore del sole. Poi Maria decise di chiudere in bellezza, ma non ci avvertì: semplicemente, ci prese per mano e ci condusse in casa, dove si fiondò senza parole sul letto, a gambe divaricate; ci guardammo un attimo, ci sfilammo i costumi e ci accostammo a lei, uno per parte.
Francesco andò ad impossessarsi della sua bocca con un bacio intenso e lungo di cui sentivo quasi tutti i movimenti di lingue e di risucchi; io mi fiondai sulla figa spalancata e ci affondai il viso leccando con intensità l’interno cosce, i peli del pube fino alle grandi labbra: infilai nella figa le dita di una mano chiuse a cuneo e cominciai a fotterla così; reagì con potenti orgasmi successivi che in breve mi inondarono la mano. Francesco si staccò dal bacio spostò il bacino su di lei e le accostò il cazzo alla bocca: evidentemente il pompino del mattino gli aveva dato molto piacere. Maria succhiò a lungo la cappella, prima di farsi penetrare in bocca; lui cominciò a muoversi dentro come per chiavarla e lei lo lasciò fare finché la mazza non le diede fastidio, poi lo frenò con le mani puntate sul ventre e riprese a succhiare col suo ritmo. Io, intanto, mi ero disteso su di lei e stavo manovrando per entrare in figa: non mi aiutò e dovetti cercare la fessura con le dita, prima di infilarci il cazzo, tutto fino alla radice. Maria interruppe per un attimo il pompino per avvertire “non venite presto, fatemi godere a lungo”; frenai l’orgasmo che montava e ripresi a chiavarla con metodo e lentezza, cercando di provocarle quanti orgasmi potevo: e li avvertivo tutti, quando i muscoli della vagina si contraevano ripetutamente intorno al cazzo e alla fine si rilassavano lasciando scorrere fiotti di umori lungo l’asta.
Dopo aver succhiato per un po’ i due cazzi, con la figa e con la bocca, Maria si staccò di colpo da tutti e due, ci spinse di lato e mi fece sdraiare supino al cento del letto; mi montò sul ventre inginocchiata sopra di me, scivolò lentamente verso il basso, impugnò il mio cazzo, duro al limite dell’impossibile, e guidò la punta verso la vulva, si abbassò di colpo e mi trovai col cazzo immerso nella sua figa fino alla radice: ebbi un sobbalzo. Si mosse un poco, quasi per lubrificarlo meglio, poi si fermò e si volse a Francesco. Disse in quel momento la frase che temevo di più: “adesso tu mi entri nel culo”: le artigliai i fianchi che tenevo già stretti, sopraffatto dal terrore all’idea di quel mostro che entrava nel foro comunque inadeguato; mi guardò sorniona, sorrise e aggiunse: “entrerai finché ce la faccio; quando ti avverto, ti fermi”; l’altro annuì e andò in bagno a prendere la vasellina. La guardai intensamente e scossi la testa con aria di rimprovero; sorrise, mi accarezzò il viso e mi sussurrò: “non mi farà male, vedrai”; e riprese a muoversi sul cazzo provocandomi fitte intense di piacere.
Intanto Francesco si era accostato alle mie spalle e le stava ungendo abbondantemente l’ano e l’interno del culo, poi spalmò con altrettanta abbondanza la vasellina lungo il suo cazzo che appariva così ancora più grosso, duro e luccicante. Quando si accostò al culo, persi la visuale e mi concentrai sulle sensazioni che mi avrebbero forse raccontato l’inculata in tutta la sua evoluzione. Avvertii la cappella che quasi esplorava il culo e si strusciava sulla base del mio cazzo, poi avvertii la pressione quando cominciò a penetrare l’ano: Maria si contrasse per un attimo stringendomi il cazzo il una dolce morsa, poi sembrò rilassarsi e la cappella penetrò di qualche centimetro: la sentivo scorrere sulla parte molle del cazzo che veniva così ulteriormente stimolato; lei lo fermò un momento, contrasse e rilassò più volte lo sfintere sollecitandomi vibrazioni intense al cazzo, poi lo tirò a sé e il cazzo avanzò per almeno un terzo della lunghezza: lo sentii scorrermi addosso fino a rendere unica la sensazione tra me che stavo lì e lui che penetrava; era come se un solo cazzo penetrasse contemporaneamente dai due fori; ancora una volta lo frenò, contrasse e rilassò i muscoli dell’intestino e scivolò un poco sul mio cazzo: questo le dette sensazioni forti, perché la sentii venire più volte in rapida successione; allora mi mossi col ventre verso l’alto e accompagnai la sua scopata con me; quasi favorito dalla situazione, il cazzo di Francesco affondò nell’intestino fin oltre la metà.
Non riuscivo a capacitarmi che una tale bestia potesse penetrare tanto; ma intanto cominciai a chiavarla con intensità e Maria godeva, godeva e sborrava, come una fontana; l’eccitazione era ormai incontrollabile e, di colpo, sentii il cazzo di Francesco entrare fino in fondo, sentii le sue palle sbattere sulle mie, il cazzo scivolarmi sul cazzo e provocarmi sensazioni indicibili di piacere; Maria sussultò, gridò, di piacere più che di dolore, e si scosse tutta facendo scivolare i cazzi avanti e dietro nei suoi buchi straziati che non smettevano di farsi riempire. Fu una cavalcata infinita: come già era successo a posizioni invertite, avvertii lo sperma attraversare il mio cazzo per esplodere nella figa e, contemporaneamente, riuscivo a seguire il percorso dell’orgasmo di Francesco che attraversava l’asta, percorreva tutto il culo e andava a spruzzare nell’intestino una quantità infinita di sborra. Urlavamo tutti e tre per l’intenso piacere e, alla fine, ci accasciammo in un groviglio di copri che a pesava più che a loro.
Ci districammo alla fine, lasciando sul telo da spiaggia una macchia enorme di sborra, di tutti e tre; dopo un poco, Maria, ridendo e cinguettando felice come una Pasqua, andò in bagno, poi ci lasciò lavarci e alla fine cominciò a prepararsi per la partenza.
Il ritorno dalla “due giorni al mare” risultò banale, quasi mogio, per la sensazione che ciascuno aveva che era finita per sempre una meravigliosa avventura. Maria guidò assorta e prudente; io al suo fianco mi limitai a smanacciare continuamente la radio in cerca di qualcosa di interessante o piacevole; Francesco forse dormiva e, comunque, non disse una sola parola per tutto il percorso. Lo lasciammo all’Università, come d’accordo, e tornammo a casa. Non c’era imbarazzo, tra noi, ma forse molte domande si agitavano in testa e non riuscivamo o non volevamo formularle. Maria prese l’iniziativa e mi chiese se mi era piaciuto: “certo!” risposi veramente entusiasta perché mi era veramente piaciuto tutto; Maria sorrise e mi accarezzò il viso. Presi coraggio e le chiesi senza mezzi termini come diamine fosse possibile che lei si prendesse in corpo cazzi di quelle dimensioni e il suo fisico sembrava non risentirne, anzi ogni volta pareva che figa e culo sembrassero addirittura più stretti.
Sorrise compiaciuta e mi disse che la cosa aveva meravigliato molto anche i medici, dopo che ero nato io e il suo corpo, in men che non si dica, aveva preso un’elasticità da vergine, al punto che mio padre si meravigliava ogni volta che scopavano di incontrare tanta resistenza: pare che si trattasse di una normalissima costituzione dei tessuti che tendevano ad assorbire le pressioni e a riprendere la loro dimensione ed elasticità dopo qualsiasi sforzo. “Complimenti”, commentai”è proprio una bella fortuna, visto i lussi che ti concedi e il fisico da ragazzina che ancora ti ritrovi” “spero di conservarlo per sempre!” fu il commento. In segreteria telefonica trovai una chiamata da Corinna, una compagna di Università che mi chiedeva di mettermi in contatto appena possibile; Maria mi guardò con aria interrogativa; “una compagna d’Università …” risposi rimanendo nel vago; ma con lei era impossibile rimanere nel vago “te la sei fatta?” mi chiese a bruciapelo; “Macchè!!!” scattai “si dice che sia lesbica …” “e lo è?” ormai era partita e non sarei mai riuscito a frenarla. Le spiegai che solo per coincidenza frequentavamo alcuni corsi insieme, che l’avevo un po’ frequentata anche perché molti la evitavano per via delle sue (vere o presunte) scelte sessuali; davanti alla sua fronte corrugata che denunciava curiosità morbosa, dovetti aggiungere che ne avevo parlato a Corinna e che lei mi aveva confessato che era semplicemente bisessuale e che le riusciva di scopare bene se aveva davanti una figa, oltre a un bel cazzo.
Vidi gli occhi di Maria accendersi di una luce che sapevo pericolosa; una sola frase “perché non andiamo a trovarla?” Avevo fatto di nuovo la frittata e non ci sarebbe stato verso di dissuaderla. Chiamai Corinna in viva voce e lei mi disse che aveva già risolto il problema; poi i soliti convenevoli - cosa fai, con chi sei - ; quando le dissi che ero con una ragazza, scattò subito la proposta “Perché non venite a prendere qualcosa da me?”: era quello che Maria aspettava; urlò lei stessa un si che l’altra recepì subito come una promessa e, due minuti dopo, eravamo di nuovo in macchina. “Il tuo impegno per domani?” le chiesi, ma neppure mi rispose. Corinna veniva da un paesino dell’interno, ma i suoi potevano consentirle una vita quasi di lusso; la sua casa era ai limiti della periferia, un poco fuori mano, una casetta con un giardino: niente di lusso, ma certamente una bella casetta. Quando Corinna venne ad aprirci, lessi sul volto di Maria la meraviglia di fronte alla bionda vaporosa che si presentò, col corpo statuario decisamente atletico e curato con tutte le forme giuste e prorompenti, dalle tette quarta taglia al culo ampio e pieno, dal ventre asciutto ma matronale alle cosce slanciate e tornite; al suo confronto, mia madre appariva ancor più una ragazzina minuta e fragile.
I convenevoli furono ridotti all’osso e immediatamente fummo a nostro agio davanti al caffè che Corinna ci preparò. Le due non smettevano di parlarsi, di ammirarsi, di mangiarsi con gli occhi: praticamente, limonavano senza toccarsi e più volte notai piccoli tocchi, carezze pudiche che sfioravano l’una e l’altra, quasi timorose di dare la stura ai veri sentimenti; mentre Corinna era in bagno, Maria mi sussurrò: “Sai, ne ho fatte tante ma non mi era mai capitato di scopare con una bionda così”; la guardai severo e spaventato “domani abbiamo degli impegni …” cercai di ricordarle; fece un cenno con la mano come per scacciare un moscerino … o un pensiero che riteneva stupido. Quando Corinna rientrò dal bagno, indossava solo un accappatoio legato in vita, scusandosi per essersi messa in libertà: era quanto bastava a Maria per scatenarsi; le andò incontro, la abbracciò in vita e disse che aveva fatto benissimo, mentre scioglieva il nodo della cintura e apriva l’indumento facendo apparire due tette straordinarie, un ventre da sballo ed una montagnola di peli che catturava l’occhio sulla figa carnosa. Si strinsero in un bacio appassionato, il più lungo e intenso che potessi immaginare, mentre le mani freneticamente si muovevano a far cadere, una, l’accappatoio, e,l’altra, un leggero vestito sotto il quale non c’era niente altro.
Mi sprofondai nella poltrona su cui mi ero seduto e mi disposi ad ammirare uno spettacolo che non avrei mai potuto nemmeno sognare: da una parte, le forme piene e carnose di Corinna che Maria metteva tutte a dura prova con sapienti carezze e titillamenti; dall’altra, la struttura minuta e quasi ossuta ma decisamente morbida e voluttuosa (ed io sapevo bene quanto) di Maria che l’altra non si stancava di toccare, di esplorare, di conoscere, di solleticare. Maria costrinse dolcemente Corinna a distendersi a terra, sul tappeto, e si sdraiò perpendicolarmente alla sua testa, infilò le mani tra i capelli e cominciò a leccarla e baciarla sulla fronte, sugli occhi, sugli zigomi per scendere verso la bocca: vidi il corpo di Corinna fremere più volte e contorcersi nel piacere; Maria mi lanciò uno sguardo severo e con una mano accennò alle gambe; capii cosa intendeva, mi alzai e mi inginocchiai ai piedi della ragazza, le presi le caviglie e le spinsi indietro obbligandola a piegare in alto le ginocchia, poi gliele divaricai mettendo in viva luce il pube e la figa ricoperta di peli umidi e intrecciati.
Con i diti medi delle due mani separai i peli sulla fessura finché la vulva apparve, aperta e carnosa; con le stesse dita separai le grandi labbra fino a far emergere il rosa incarnato della vagina e il clitoride che emergeva come un piccolo cazzo; infilai con decisione il medio nella figa e Corinna ebbe un sobbalzo che Maria frenò aspirando la bocca nella sua che riusciva a fare cose imprevedibili quando era a riposo: sentii gli umori d’orgasmo scorrermi sul dito e scivolare sulle cosce di lei. Maria si era intanto spostata sulle tette e le stava lambendo tutte, dalla radice verso le aureole, in un infinito e intenso circuito a spirale; l’altra sembrava essere solo in attesa che le succhiasse i capezzoli; infilai ancora un dito nella figa e spinsi col pollice contro il clitoride strofinandolo dall’alto in basso: le convulsioni del ventre mi dissero che lei stava per avere un orgasmo, che esplose all’improvviso quando Maria le prese in bocca un capezzolo e lo strinse tra i denti. Corinna sembrava impazzire di piacere, gemeva, si contorceva, spingeva il pube contro la mia mano in cerca di penetrazione; Maria rallentò il ritmo e scivolò con la testa giù verso lo stomaco e il ventre mentre il resto del corpo si spostava sulla testa della ragazza.
Finche le due teste coincisero con le due fighe e vidi Maria impossessarsi della vulva di Corinna e leccarla golosa, succhiarla e penetrarla con la lingua; mi spostai dall’altro lato e vidi che Corinna aveva cominciato a fare di più e di meglio: succhiava, leccava, lappava, percorreva tutto lo spacco della figa dal clitoride fino all’ano, che apriva con due mani per infilarci la lingua; ogni volta che sentiva un piccolo orgasmo esploderle in figa ed esplodere in contemporanea in quella di Maria, si fermava un attimo e riprendeva da capo. Non so per quanto tempo si leccarono e si chiavarono con la lingua; ad un certo punto, Corinna, mi prese per un piede e mi tirò verso di loro; mi sbottonai i pantaloni (che erano ancora fermi al loro posto) e li feci cadere a terra insieme agli slip; mi accostai ai corpi ammassati e appoggiai il cazzo sulla schiena di Maria. Corinna lo prese in mano e se lo portò alla bocca, lo succhiò per un poco poi lo accostò alla figa dell’altra: con una sola spinta ero dentro fino alla radice; Maria sussultò, contrasse la vagina e mi accolse con un orgasmo; Poi passò la mano dietro la schiena, sfilò il cazzo dalla figa e spostò la punta verso l’ano; Corinna sbarrò gli occhi, ma fu travolta da un altro orgasmo perché l’altra continuava a succhiarla con dolce ferocia.
Il cazzo scivolò nel retto come un coltello caldo nel burro e Corinna si trovò con la figa di Maria in bocca e le mie palle sul naso. Diedi solo pochi colpi cauti e controllati: non era così che volevo sborrare; ormai l’obiettivo erano la figa e, chissà, il culo di Corinna. Maria aveva colto le mie intenzioni e non fece niente per sollecitare la mia sborrata; anzi, cominciò la “manovra di espulsione” per farmi uscire dal suo culo. Appena espulso, andai in bagno per rinfrescare gli spiriti ardenti e lavarmi il cazzo dopo l’inculata. Quando rientrai in sala, le due si erano ribaltate ed era Corinna adesso ad esibire all’aria il suo culo meraviglioso; Maria, intuendo il mio piacere, usò ambedue le mani per allargare la figa che stava leccando e penetrando con la lingua; non contenta, usò due dita per dilatare l’ano stretto e restio, offrì alla mia vista un foro scuro e appetibile, nel quale infilò un dito di ciascuna mano aprendoli per dilatare il foro; Corinna ebbe un evidente sussulto, forse di dolore, ma poi si scatenò in un nuovo violento orgasmo. Facendo solo piccoli cenni con la testa, Maria mi invitò ad accostarmi e a cogliere quella nuova gioia: stava scopando per me, invece che con me.
Non mi feci pregare e mi inginocchiai sulla sua testa; mi prese il cazzo in mano e me lo menò per qualche momento, quasi per accertarsi che fosse abbastanza duro; se lo passò lievemente tra le labbra e lo accostò alla vulva; si fermò per dare all’altra il tempo di realizzare; poi cominciò a infilarlo nella figa. Una sensazione di calore nuovo e diverso mi aggredì mentre il cazzo scivolava mollemente nella vagina; mia madre regolava i movimenti impedendomi di spingere troppo e favorendo una penetrazione dolce, delicata, molto naturale. Quando fui tutto dentro, mi bloccò da dietro e cominciò una sapida leccata contemporanea, della figa e della radice del cazzo: mi sentivo spompinato da lei mentre chiavavo l’altra. Avrei anche potuto sborrare a quel punto; ma Maria non era d’accordo e il gioco lo conduceva lei. Mi fece alzare e con la mano indicò la sua borsa sulla poltrona: capii che voleva la vasellina che portava con sé; obbedii quasi supinamente mentre lei si rituffava con la bocca sulla figa e riprendeva una lappata animalesca di buchi, parti molli e peli.
Mi spostai dall’altra parte e mi inginocchiai davanti a Corinna, le presi la testa, la sollevai e accostai il cazzo alla sua bocca: lo leccò leggermente sulla punta poi lo risucchiò dentro spingendosi fino a raggiungere con le labbra i peli del pube: tenendolo ben serrata tra lingua e palato lo risucchiava come vortice; ogni tanto si fermava a leccarlo tutt’intorno; un paio di volte lo sfilò quasi del tutto per riprenderlo dentro fino alla radice, facendosi chiavare in bocca con foga. Maria mi fece cenno di passare dalla sua parte e Corinna, che aveva sentito il fresco della vasellina correrle lungo l’ano fino allo sfintere e nell’intestino, mi disse con aria dolce e quasi dolente:”non farmi molto male” “se me lo chiedi, mi fermo o addirittura non lo faccio” “no, no, voglio che lo fai, mi piace, ma con dolcezza”. Maria mi impose di restare in piedi, spinse il culo di Corinna verso l’alto e mi impose di abbassarmi lentamente fino a penetrarla; guardai il mio cazzo accostarsi alle chiappe piene e morbide e la punta appoggiarsi delicatamente al buco; Maria seguiva quasi con passione il percorso di accostamento: prese in mano l’asta e la guidò verso la meta. Quando forzai le famose pieghette, Corinna ebbe un leggero scarto, poi l’ano si rilassò e si fece penetrare: fu assai più semplice del temuto (non doveva essere nuova a questa esperienza) e il cazzo le scivolò in corpo rapidamente.
Maria cominciò a muovere il ventre sollecitando la leccata dell’altra alla quale lappò con forza la figa e l’ano, intorno al mio cazzo: quando ebbi la sensazione di un languore che coglieva tutti e tre cominciai a pompare con foga in quel culo meraviglioso che mi si apriva davanti e che possedevo con violenza, quasi. Sborrai rapidamente, quasi contemporaneamente alle due che urlarono il loro piacere in suoni disumani. Poi cominciai a sfilarmi con molta cautela e lentezza, conoscendo la difficoltà dell’uscita, più che dell’entrata. Quando il cazzo scivolò fuori, un fiotto di sperma misto a qualcos’altro si spiaccicò sulla fronte di Maria che, sorridendo, lo spazzò via con la mano. Scappai in bagno a lavarmi e subito dopo cedetti il posto alle due che si erano ancora leccate i seni: forse continuarono a farlo anche in bagno, mentre si ricomponevano e si rivestivano. Mentre andavamo via, Corinna mi disse ad alta voce “Hai una ragazza meravigliosa; non avevo mai vissuto una serata come questa”; io e Maria ci guardammo e sorridemmo, ma dovemmo trattenere la fragorosa risata che ci scappava, almeno finché non fummo soli in auto e abbastanza distanti per non risultare offensivi.
A casa, prima di metterci a letto, Maria mi abbracciò e “Grazie” mi disse “ mia hai dato due giorni straordinari”; poi, dopo una breve sosta, aggiunse “se mai il tuo problema fosse il confronto con tuo padre, sappi che lui una serata così non l’avrebbe mai saputo nemmeno immaginare; se non fossi certa che sei distrutto da questa “due giorni” giuro che ti scoperei ancora. Ma è troppo tardi e siamo stanchi”.
L’Università era agitata da una frenesia nervosa dovuta al bando per il corsi all’estero: tutti speravano in qualche modo, di poter passare - spesati - un lungo periodo all’estero, possibilmente in una città prediletta. Non partecipavo molto intensamente alla corsa alla prenotazione, ma non me ne tenevo fuori anche perché, in qualche modo, seguivo il “gregge” dei soliti compagni di corso. Francesco, da un lato, e Corinna, dall’altro, mi avevano chiesto - separatamente - di Maria, ma mi ero tenuto sul vago accennando ad una personalità imprevedibile, che non dava molte informazioni, appariva e spariva spesso per mesi e che solo di tanto in tanto si faceva viva con me. La spiegazione non aveva soddisfatto nessuno dei due, ma nessuno si preoccupò di approfondire. Per una delle tante stranezze della vita, l’unico dei tre che fu ammesso ad un corso in Spagna fui io, che forse ci tenevo meno di tutti; la notizia, ovviamente, colse di sorpresa Maria che era piuttosto seccata di sapere che per sei mesi avrebbe dovuto rinunciare alla certezza di un amante sicuro che l’aspettava a casa e le scaldava il letto. Ma l’istinto materno le suggerì anche di accogliere il dato con entusiasmo, dal momento che mi faceva crescere di non poco e mi offriva una bella possibilità di esperienza.
Prima della partenza, volle regalarmi un computer portatile e un telefonino ultimo modello con una infinità di funzioni “perché non accampassi scuse per non restare in contatto” fu la motivazione; ma temevo ci fosse altro. Non ci volle molto a scoprire che la sua mente perversa aveva deciso di torturarmi anche all’estero e di rimanere ossessivamente presente nella mia vita. Meno di una settimana dopo che ero a Barcellona, trovai un messaggio che mi invitava ad aprire un allegato inviatomi da Maria. Era un film girato nella sua camera, sicuramente con la videocamera che segretamente avevo installato io molto tempo prima. Naturalmente, al centro della scena c’era lei, gattoni sul letto col viso sfrontatamente rivolto alla telecamera, mentre alle sua spalle un giovanotto molto muscoloso e probabilmente assai ben fornito la teneva strettamente per le anche e picchiava con foga contro il suo culo proteso: Maria allungò una mano lungo la schiena, fino all’inguine di lui e manovrò sapientemente per afferrare il cazzo che sfilò del tutto, poi lo spostò lungo lo spacco fra le natiche e sussurrò distintamente: “nel culo, adesso … mettilo nel culo”; l’altro certamente non se lo fece ripetere, prese il cazzo con una mano e lo guidò; poi cominciò a spingere lentamente; il viso di lei assumeva le smorfie più strane mentre la mazza le scivolava in corpo: ebbi la sensazione che dovesse essere ben voluminoso, anche se non riuscivo a distinguere.
Mentre lui pompava selvaggiamente contro le sue natiche, Maria sembrasse dedicare a me la sua scopata: ammiccava, mandava bacetti e, soprattutto, urlava ad ogni orgasmo che la sorprendeva; ne contai almeno tre, di grossa consistenza. Sentivo un fastidio nello stomaco che mi fece pensare ad una forma di gelosia; ma mi resi conto che era solo una forma di nostalgia, forse. Mentre ancora il filmato andava avanti, sul monitor apparve un avviso di videochiamata in skype: paradossalmente, veniva dal mio computer in Italia. Spensi il video e accesi la risposta in video: come era facile immaginare, c’era Maria, dall’altra parte, che mi sorrideva beffarda. Mi chiese se avevo visto lo spettacolino che mi aveva dedicato ed io mi lanciai in una sfilza di improperi; mi bloccò quasi immediatamente: 1) mi ricordò che ero stato io a montare la videocamera, se per caso me ne fossi dimenticato; lei si era semplicemente rivolta ad Alessio per farsi spiegare il funzionamento e lui cortesemente le aveva insegnato molte più cose di quante potessi immaginare; non ebbi difficoltà a capire come lo avesse convinto e, soprattutto, come lo avesse ricambiato, ricordando la vicenda da cui era cominciata la nostra storia; 2) “se non puoi essere vicino alla persona amata, ama la persona che hai vicino” mi ricordo, poi: una massima che mi aveva detto più volte e di cui aveva fatto stile di vita; effettivamente, anche quando ero con lei non si risparmiava, figurarsi poi in mia assenza; 3) inviare i filmati era un modo di farmi partecipare alla sua vita sessuale: se mi disturbavano, avrebbe smesso subito: non solo non mi disturbavano, ma addirittura mi eccitavano; e lei lo vedeva dal gonfiore del pantaloncino leggero che indossavo; 4) nessuno mi proibiva di ricambiare.
La fermai per non essere travolto; diventata all’improvviso più materna, mi chiese se la webcam poteva darmi una visione della camera; mi spostai e le feci vedere che non c’era molto, oltre il divano-letto e un tavolo, oltre naturalmente al mobile del computer; osservò che il letto era molto piccolo, soprattutto se si doveva fare qualche bella capriola (e rise); mi chiese se avevo già qualcuna con cui scopare. Mi venne in mente che stava proprio per arrivare Consuelo, una brasiliana incontrata all’arrivo e con la quale avevo fatto una veloce “sveltina” in un’aula vuota: quasi evocata dal mio pensiero, suonò il campanello d’ingresso proprio in quel momento: “aspetti qualcuno?” mi chiese Maria dall’altra parte; la perversione che avevo ereditato, evidentemente, da lei e da mio padre, scattò in un attimo: le dissi di restare collegata, mascherai il video con un giochino insulso interrotto a metà e le chiesi se la visione era disturbata; mi disse che vedeva tutto perfettamente, ripetei che non si scollegasse per nessun motivo, staccai il microfono ed andai ad aprire.
Consuelo mi piombò letteralmente addosso con tutti i suoi sessanta chili ben distribuiti tra le tette quarta taglia e il culo classico delle brasiliane, quello tutto sporgente all’indietro e rotondo come se fosse stato disegnato col compasso: una maglietta striminzita e molto aperta metteva in mostra tutto il seno sodo, rotondo e color cioccolato, mentre il gonnellino “a pelo di pelo di figa” non lasciava niente all’immaginazione. Prima ancora di chiudere la porta, mi aveva artigliato la bocca nelle labbra carnose e sensuali, si era schiacciata contro di me col ventre tondeggiante e mi strofinava da sopra i pantaloni il cazzo che era diventato enorme e duro come il marmo. Badando bene che verso la webcam ci fosse sempre lo spettacolo del culo della ragazza, delle sue tette o delle sue mani che erano già sul mio cazzo, la portai verso il tavolo del computer, le sfilai rapidamente la camicetta e mandai giù il gonnellino. Apparve il seno in tutto lo splendore delle tette giovani e orgogliose che si stagliavano nell’aria come attente sentinelle con i capezzoli ritti, duri e grossi come nocciole; sotto, portava solo un tanga minuscolo che scopriva, anziché coprire, due natiche forti e carnose, attraenti e avvolgenti.
Mi abbassai a succhiarle i capezzoli, senza altri preliminari, e intanto le strizzavo le poppe, le ruotavo e le schiacciavo con gusto; gemeva dolcemente, segno che le piaceva. Fu la volta di Consuelo, di abbassarmi di colpo il pantaloncino e portare allo scoperto il mio cazzo durissimo: si fermò a guardarlo quasi con meraviglia (ed io pensai a Maria e alla nostalgia - o anche gelosia - che forse la divorava) poi lo prese nelle due mani quasi con devozione e cominciò a massaggiarlo: non mi faceva una sega, semplicemente lo accarezzava per tutta la lunghezza e per tutta la circonferenza: agli occhi di Maria, poteva quasi apparire che avessi studiato la mossa perché la brasiliana, in qualche modo, glielo descrivesse perfettamente con le mani. Poi si abbassò sui talloni e lo accostò alla bocca, tenendolo sempre con le due mani, una lungo l’asta e l’altra a raccogliere le palle; poggiò un leggero bacio sulla punta, leccò per un poco la cappella e poi lo fece entrare nella sua bocca grossa e carnosa (comune alle persone di colore o meticcie) e cominciò ad aspirarlo lentamente e delicatamente.
Sentivo brividi brucianti partirmi dalle palle e arrivare al cervello, mentre il cazzo affogava in quel lago di piacere: il mio viso probabilmente assumeva le espressioni più strane dell’estasi e del piacere: pensai intensamente a Maria e alle sue pene di gelosia, per rallentare la foga che poteva portarmi all’orgasmo; ma Consuelo era brava con la bocca almeno quanto Maria e, al culmine del piacere, provai una dolorosissima fitta perché, accortasi che ero vicino ad un orgasmo, mi aveva letteralmente strozzato le palle. Ne approfittai per prenderla per le braccia, sollevarla e schiacciarmi contro di lei in un bacio molto sensuale che diede alla brasiliana la possibilità di presentarmi la sua infinita abilità a succhiarmi la lingua meglio del cazzo e a chiavarmi in bocca con la sua lunga, carnosa e leggermente ruvida. Scesi con la bocca lungo il collo, mentre le strizzavo i capezzoli e scesi giù verso i seni, lo stomaco e il ventre; in un attimo di sosta tra un orgasmo e l’altro, Consuelo accennò con lo sguardo al divano-letto; in silenzio, a gesti, le feci capire che era troppo piccolo per le nostre evoluzioni; portai le sue mani sulla poltrona del computer e, con dolce fermezza, la feci piegare a novanta gradi: il suo culo stupendo fu presto davanti a me, a mia disposizione.
Le feci divaricare leggermente le gambe e vidi aprirsi ai miei occhi il fiore di una figa carnosa, rosata nel cioccolato della pelle, coperta da un bosco di peli nerissimi, ricci e arruffati; il clitoride sporgeva dalle grandi labbra come un piccolo cazzo in erezione. Allargai le natiche e, con le dita, allargai la fessura tra le grandi labbra; infilai il medio fino in fondo nel lago infuocato dei suoi umori vaginali e, con il pollice, andai a solleticare il clitoride che rispose immediatamente indurendosi come un cazzo e facendola esplodere in un nuovo flusso di umori vaginali; infilai delicatamente l’indice nel culo e, da come lo accolse, si capì subito che le piaceva molto. Per qualche minuto la stimolai così, vagina sfintere e clitoride contemporaneamente, aspettando quasi con devozione che esplodesse: dalla mia posizione dietro di lei (col cazzo ritto da farmi male proteso verso il suo culo) vidi il ventre tremare convulso ed agitarsi un poco; poi una marea di umori mi esplose sulle dita e scivolò verso il pavimento mentre Consuelo urlava tutto il piacere che stava scaricando. Continuai a tenerle la mano aperta tra culo e figa, dopo aver ritratto le dita, accompagnando l’orgasmo che si placava.
Si alzò in piedi, mi abbracciò e la sua bocca tornò a mulinare nella mia mentre il mio cazzo si appoggiava quasi naturalmente tra le sue cosce, strofinando i peli della vulva: “vogliamo farlo così?” mi chiese “tutto quello che vuoi” risposi. Abbassò la mano fra i nostri corpi e abbrancò il cazzo; se lo strusciò più volte sulla figa, come se avesse ancora bisogno di eccitarsi; poi, senza mollare la presa, ruotò su se stessa facendo aderire la pelle di tutto il corpo alla mia, si sistemò il cazzo fra le chiappe, si chinò di nuovo sulla poltrona e appoggiò la cappella alla vulva, poi mollò la presa sul cazzo, spinse il culo indietro ed io fui dentro di lei, fino in fondo; per accrescere le sensazioni, allargai le natiche e spinsi il pube finché i peli del cazzo incontrarono quelli del culo e della figa e si mescolarono con gli umori vaginali copiosi. La afferrai per i larghi fianchi e cominciai il movimento avanti e indietro guardando con sensuale gusto la figa dilatata e il cazzo che la percorreva, le pieghette contratte del culo e le natiche rotonde che mi accarezzavano il ventre. Pompai così per un poco, lentamente e dolcemente: ogni tanto, mi giravo verso la vebcam e strizzavo un occhio o facevo un sberleffo; una volta, salutai anche con la manina. Sapevo che Maria stava a guardare e, stavolta, ero io che le dedicavo la scopata.
Quando sentii che non avrei resistito ancora molto, chiesi a Consuelo “posso venire dentro?”; si ritrasse col corpo quasi spaventata e mi disse che, non prendeva la pillola e dentro non potevo e non dovevo venire; stavo chiedendomi come potevo risolvere, quando sentii la sua mano che afferrava il mio cazzo, lo sfilava dalla figa e lo spostava decisamente verso l’ano: “qui puoi” si limitò a dire. Ebbi un attimo di entusiasmo che si trasmise al cazzo e lo fece diventare, se possibile, ancora più grosso e duro; cominciai a penetrare dolcemente e lentamente: non avevamo neanche lubrificato un poco il forellino. Altro che forellino!; il cazzo penetrava che era un piacere vedere come andava dentro “sai, lo faccio spesso così perché è meno rischioso” mi disse la ragazza: che risponderle? Che ero felicissimo di questa sua abitudine? Mi pareva fin troppo chiaro. Entrai letteralmente in un pane di burro, in una caverna di piacere accogliente e morbida, ancor più di quanto risultava l’esterno; affondai il cazzo fino alla radice e mi fermai, gustandomi la stretta dei muscoli anali intorno al cazzo, il calore delle natiche contro il ventre, il piacere delle mani che artigliavano le anche e, perché no, la coscienza che una spettatrice interessata ci stava ammirando.
Purtroppo, con mio grande rammarico, non ressi a lungo: con alcuni colpi ben assestati, dopo i lunghi preliminari, la sborrata mi esplose incontenibile; sentii sei o sette schizzi spararsi nel suo intestino e irrorarla di piacere e di gioia, sentii le mie palle scaricare l’anima in un piacere infinito e sentii la ragazza urlare tutto il piacere di molti orgasmi consecutivi nel volgere degli attimi di una sborrata. Mi adagiai col ventre sul suo culo, la presi per le spalle e, senza staccarmi, la sollevai verso di me. Stemmo un poco, lei appoggiata culo e schiena al mio corpo, io afferrato alle sue tette, con la testa nell’incavo tra nuca e spalla. Lentamente sentii il cazzo perdere vigore e scivolare lentamente verso l’esterno; lei favorì la fuoruscita con leggere pressioni dell’intestino; poi con un sordo suono il cazzo fu fuori, mentre lei si precipitava a tamponare l’ano con un fazzolettino per evitare fuoruscite di sperma. Il bagno microscopico consentiva a malapena una doccia arrabattata e la usammo solo per toglierci di dosso il grosso di sudore e di umori sessuali.
Poi Consuelo mi disse che doveva scappare, perché aveva una lezione. Ma mi promise che ci saremmo ancora visti e che l’avremmo fatto ancora, perché le era piaciuto molto. Mi salutò sulla porta di casa con un bacio sulla punta del naso. Tornato al computer, riattivai il monitor e riaccesi il microfono: Maria era seduta sulla poltrona con le gambe oscenamente spalancate sui braccioli, e si pastrugnava violentemente la figa; le chiesi se le era piaciuto “moltissimo” disse lei e aggiunse che dovevo prometterle di farlo ancora; disse anche che aveva registrato il tutto (ormai era una mezza maga del computer) e che quando ci fossimo ritrovati avremmo dovuto riguardare insieme tutti i filmati, i miei e i suoi, che lei avrebbe conservato in cartella. Dopo avermeli ovviamente mandati in visione. Non pensai neanche per un attimo a contraddirla. La salutai e spensi il computer.
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