Io ed Anna eravamo quelli che si possono definire gli sposi non promessi ma predestinati. Nati e cresciuti nella stessa città, a pochi isolati di distanza, avevamo percorso insieme tutte le esperienze dell’infanzia crescendo quasi in simbiosi. Il periodo più bello dell’anno, per noi, era il mese di agosto che da sempre trascorrevamo nella stessa località, nello stesso albergo, nello stesso lido, sotto due ombrelloni vicini frequentando gli stessi amici, gli stessi locali, insomma due corpi e un’anima. Per di più, Anna era una autentica persona buona, pressata da un’educazione severa, quasi rigida, della famiglia e da un condizionamento ambientale che le imponeva di essere sempre la più brava, la più diligente, la più attenta, la più umana … la più tutto; lei si impegnava allo spasimo per essere all’altezza delle attese e, inevitabilmente, finiva per condizionare me che pendevo dalle sue labbra ed accettavo come verità evangelica qualunque cosa dicesse: ero, insomma, il suo tenero servitorello, il suo fido innamorato, il suo più grande amico, insomma ero … tutto. Il suo candore la portava a volte a trovarsi abbastanza a disagio, ma Anna proseguiva per la sua strada, con le sue convinzioni; e, a chi non la condivideva, arrivederci. Io ero sempre pronto a dirle di si, naturalmente.
La distanza che separava lei dalle amiche e coetanee era, all’incirca, quella dal quaternario all’era atomica; ed Anna era sempre orgogliosamente convinta di essere nel giusto, scegliendo la retroguardia. Quando, a quattordici anni (io ne avevo sedici) tutte le sue amiche erano già veterane della masturbazione sia maschile che femminile, Anna non ancora aveva dato un bacio, nemmeno a me; e nemmeno si preoccupava di sapere cosa fosse la fellatio, il coito anale o a che servisse toccare il seno; quando scoprì che quasi tute le amiche a quindici anni non erano più vergini, recitò un’intera novena per espiare. La volta che, finalmente, seduti su un pattino arenato sul lido, ci demmo il primo bacio, poi fuggì vergognandosi come una ladra; addirittura, quando, al buio di una discoteca, ci baciammo con la lingua, in piedi, stringendoci come per dirci addio, con il mio sesso che picchiava duro sul suo ventre e gli ossi pubici si scontravano da fare male, lei d’improvviso scappò in bagno: solo dopo un’infinità di reticenze, rivelò che aveva temuto di essersi fatta la pipì addosso e dovette essere Erika, l’amica più disinvolta, a rivelarle che aveva avuto il suo primo orgasmo. Andò avanti così per venti anni, anche dopo il matrimonio, fino ad oggi.
In tempi recenti, un poco di incertezza me l’ha messa la ripresa di frequentazione con le vecchie amiche, che per anni aveva perso di vista e che, per quel che mi constava, non avevano certo rallentato i loro ritmo di vita: le più “oneste” avevano realizzato matrimoni interessanti e opportuni; le più avventate si esibivano volentieri in città ed erano oggetto di divertenti pettegolezzi; delle “scavezzacollo” si dicevano varie leggende ma certamente non erano molto “pacate”: per questo, ogni volta che accennava ad occasioni di incontri, di rimpatriate e simili un po’ mi allarmavo. Il candore di Anna costituiva per me un’incognita problematica: una donna di trentacinque anni che per tutta la vita aveva conosciuto un solo maschio, me; che faceva l’amore a luci spente, senza toccare il membro, semplicemente stendendosi supina a gambe divaricate e facendosi penetrare “sacralmente”, alla missionaria; che si era opposta con energia a qualunque proposta di masturbazione, di coito orale o di coito anale considerandoli innaturali; insomma, una donna che solo il mio immenso amore mi faceva accettare sapendo che era fuori di ogni logica, se si fosse trovata in una situazione ambigua rischiava grosso.
E arriva anche la “botta” temuta, nella maniera più stupida possibile. In occasione del Carnevale, le amiche hanno pensato di organizzare in una locale discoteca un veglione mascherato assumendo a tema il senso stesso del carnevale storico. Anna ha deciso di accettare l’invito e di partecipare insieme a me. Cerco di farla ragionare. Innanzitutto, le chiedo di documentarsi su quel benedetto senso storico e le anticipo che avrebbe scoperto che era la giornata della “trasgressione femminile” soprattutto in una direzione prettamente sessuale. Anna commenta che è un’esperienza fattibile. Con la solita pazienza, le chiedo se per caso ricorda quando ci eravamo “messi insieme”. Naturalmente ricorda benissimo la sera di vent’anni prima, sulla spiaggia, con chitarre, falò, birre e l’invito alle ragazze a “farsi” il maschietto preferito: Anna aveva scelto me e si era seduta vicino a me. Anche vent’anni dopo, non è possibile riuscire a spiegarle che il senso di quel “farsi” non era quello che aveva adottato lei, sedersi vicino e lasciarsi sfiorare, per un solo attimo e del tutto casualmente, il seno appena nascente; devo quasi urlare per convincerla che le altre ragazze si erano infrattate e avevano provveduto ciascuno a suo gusto a “farsi” il maschietto, con le mani, con la bocca, con il culetto o addirittura con la penetrazione completa.
A quelle condizioni, cerco di spiegarle, il veglione mascherato a tema per carnevale può essere solo una proposta di libertà per le dame di fare sesso con il partner che scelgono, possibilmente non quello abituale. La discussione è lunga, perché Anna, quando ha una convinzione, non intende ragioni; per lei la festa è solo un veglione in maschera con qualche piccola concessione: al massimo, un bacio a uno sconosciuto mascherato. Cerco di farla riflettere sulla distanza che c’è sempre stata tra lei e le sue amiche in tema di sesso; le ricordo che non ne sa niente - neanche i primi rudimenti - e che rischia di trovarsi alla mercé di qualcuno che può avanzare pretese particolari e per lei neanche opinabili. Non riesco a smuoverla per niente. La avverto allora che, se si fosse sbagliata e le cose fossero precipitate, a rischio c’è il matrimonio: con un logica assurda, mi accusa di ricattarla e, appunto per questo, manda la conferma. Non passo un buon periodo, in attesa della data fatidica: so con quasi assoluta certezza che Erika e compagne non pensano ad una festa soft come pretende Anna, ma so anche che, ormai, non è possibile farla recedere. Decido che, alla peggio, mi sarei defilato.
Anche lei torna ancora sull’argomento e cerca di dimostrare la ragionevolezza della sua fiducia: non si può forzare nessuno, se non vuole - è il suo punto di vista - e, se proprio le cose si mettessero male, può sempre ritirarsi ed io devo solo darle una mano, invece di gufare ad ogni costo. Non serve a niente dirle che alcuni uomini, in particolari momenti, diventano ingestibili; inutile farle osservare che, per una norma qualsiasi fatta ad hoc, potevano separare i maschi dalle femmine (cosa, peraltro, assai probabile) e che in quel caso non avrei potuto affatto aiutarla; inutile anche farle notare che certi caratteri dei maschietti delle sue amiche non erano proprio raccomandabili (qualcuno risultava persino manesco) e che quasi tutti, quando la vedevano, la guardavano con un certo spirito. Le mie sono, per lei, solo fisime, al massimo gelosia e, soprattutto, sfiducia in lei e nella sua capacità di gestirsi. Visto che non c’è proprio niente da fare per farla recedere, decido di fare buon viso a cattivo gioco e di accettare il rischio di trasformare in una disgrazia un’ipotesi di festa. Decidiamo persino i costumi da affittare per l’occasione e, premeditatamente, non parliamo più della faccenda fino alla data fissata.
Quando entriamo nella discoteca, sembra che niente di particolare vi abbia luogo; un foglio di carta appena leggibile indica “veglione in maschera” al piano superiore e vi ci dirigiamo; troviamo un ventina di persone, metà donne, che già si sistemavano in fila di fronte. Una capobanda chiarisce che le signore avrebbero preso un piccolo assaggio di ciascuno dei signori e poi avrebbero fatto la loro libera scelta. Cerco di tenere gli occhi incollati al massimo su Anna e riesco a seguirla per tutto il percorso mentre si avvicina a ciascuno o viene afferrata e biancicata da altri. Quando mi viene vicino, la stringo per la vita; tenta di svincolarsi ma le sussurro. “Anna” “Portami via, Mario, portami via, ho sbagliato tutto!” Non sto a pensarci un attimo, la prendo per un braccio e la strattono verso le scale “Ecco il colpo di fulmine!” è il commento scherzoso della capobanda. Scendiamo di corsa le scale e ci sediamo ad un tavolo. Anna mi abbraccia e scoppia a piangere; non so come fare per calmarla e mi limito ad accarezzarle la testa; pian piano si riprende e mi racconta. “E’ stato orribile; ognuno pareva avesse il diritto di farmi quello che voleva: i primi mi infilavano la lingua dappertutto, nella bocca, nelle orecchie; qualcuno mi palpava i seni e mi strofinava i capezzoli facendomi anche male; uno mi ha infilato la mano tra le cosce e mi ha preso l’inguine non so per che cosa; e poi tutti che mi facevano sentire la verga da sopra i vestiti, tutti che mi palpavano il culetto come se ne fossero i padroni. E’ stato terribile … non dovevo venirci … Perdonami, sono stata stupida.”
“Non esagerare; è stata una brutta esperienza, ma anche quelle servono a crescere. Peccato, adesso, avere speso tanti soldi per il biglietto e per gli abiti e doversene tornare a casa a non fare niente.” In quel momento, passa accanto al nostro tavolo un distinto signore non più giovanissimo, ma decisamente serio ed elegante, accompagnato da una signora forse sui quarantacinque anni decisamente bella e con un personale di tutto rispetto. “Perdoni l’intrusione; avete bisogno d’aiuto, per caso?” “No, grazie.” Mi affretto a rispondere. “Ma la signora sembra sconvolta!” Interviene la donna. “Ha avuto un brutto momento ma forse è già passato.” “Perdonate la mancanza di correttezza, mi chiamo Nicola …. E lei è la mia compagna Nunzia. La signora forse dovrebbe bere qualcosa che la tiri su. Un po’ di sangria?” “Sono Mario … e lei è mia moglie Anna. Si, credo che bere qualcosa le farebbe bene; non so se le piace la sangria. Anna, che ne dici?” “La sangria va bene, ma dammi la mano e siediti vicino a me. Accomodatevi anche voi.” Così prendiamo posto intorno al tavolo, Nicola porta una bottiglia di sangria e dopo qualche minuto siamo serenamente a chiacchierare.
Nicola dice che sono abbastanza abituali frequentatori del posto, ma che quella sera si sono trovati spiazzati dal veglione al piano superiore. Dice con molta serenità che vanno lì o in posti simili per una particolare esigenza: Nunzia è una donna particolarmente calda ed ha bisogno di frequenti incontri con persone dell’altro sesso in grado di soddisfare le sue esigenze, alle quali Nicola non può provvedere perché un’odissea ospedaliera lo ha ridotto all’impotenza. Normalmente, incontrano coppie con altri tipi di problemi e, se è possibile, si armonizzano per organizzare qualcosa insieme; alla peggio, ci sono sempre dei “giovani in affitto” che, a pagamento, possono soddisfare Nunzia. Gli faccio presente che il nostro problema è esattamente opposto, che Anna è come una bambina non cresciuta, per il sesso, e che si è fatta travolgere da amiche un po’ più disinvolte a partecipare a una festa a sorpresa, ma che, di fronte alla crudezza della realtà, ha avuto una crisi di pianto. Sotto il tavolo, intanto, Nunzia ha allungato una mano e l’ha poggiata prima sul mio ginocchio; visto che non ho reagito male, sta avanzando verso il ventre e il mio fratellino in basso ha immediatamente alzato al massimo la testa riempiendo la mano di Nunzia che accarezza il pacco.
“Mi sa che Mario sarebbe proprio ideale per me!” Esclama rivolta a Nicola. Ma io la freno. “Forse non è chiaro che Anna è veramente una bambina, per la conoscenza del sesso; non so come potremmo coinvolgerla, se volessimo organizzare qualcosa.” Però mi appare sempre più chiaro che forse è il momento giusto per fare uscire Anna dal guscio, per di più con poco rischio, visto che l’impotenza di Nicola eviterebbe preventivamente penetrazioni eventualmente non gradite. Mi rivolgo allora ad Anna direttamente. “Senti, amore: queste persone sono lontane da noi e sono comunque assai diverse dalle tue amiche del veglione; stiamo valutando che insieme potremmo dare vita ad una serata di grande interesse, specialmente per la conoscenza e per l’arricchimento di noi stessi; noi tre siamo del’idea di provare; tra persone civili, fermarsi e ritirarsi non è mai un colpa; se invece l’esperienza ci soddisfa, possiamo utilizzarla per la nostra stessa crescita. E’ importante sapere la tua opinione. Che ne dici?” “Ma io, cosa dovrei fare?” Nicola interviene. “Amare, Anna; devi solo amare tuo marito come ti senti; ognuno di noi lo farà con chi sente vicino ed amabile; poi vedrai che le forme dell’amore sgorgheranno naturali.”
“Scusatemi, ma sono frastornata. Amare, fare l’amore, fare sesso. Ma non sono la stessa cosa?” “Sembrano … non sono. Il sesso è un apparato del corpo umano che risponde a sollecitazioni meccaniche dell’organismo, che vanno dalla stimolazione all’erezione alla sollecitazione al’orgasmo a tutto ciò che attiene al sesso. Fare sesso significa mettere in atto, scientemente, tutti i meccanismi che concorrono alle funzioni sessuali e creare l’attività di funzionamento del sesso. Amare è un moto dello spirito, spesso totalmente incontrollabile, che spinge a privilegiare qualcuno (o anche qualcosa) su tanti ed è un’attività della sfera emotiva. Fare l’amore significa riuscire a mettere insieme l’amore e il sesso per creare una perfetta armonizzazione tra corpo e cuore, tra cervello ed emozione. Puoi essere bravissima a usare il sesso, tuo o degli altri, e quindi fare sesso meravigliosamente; ma puoi essere brava a fare e a dare sesso alla persona amata e stai sicura che in quel caso raggiungi veramente l’apice del piacere e della soddisfazione. Sono concetti difficili o ti ci ritrovi? Ma, soprattutto, pensi di rientrare in una delle condizioni descritte? Sei eccitata? vuoi fare sesso? Sei innamorata e vuoi fare l’amore? Ti ecciti perché sei innamorata?”
“Non lo so, adesso; e non lo so, perché finora del sesso mi avevano fatto vedere solo parte negativa, quella sporca, quella vietata. Devo fare chiarezza.” “Allora tuo marito ha fatto la scelta giusta. Stasera qualche chiarezza la puoi fare e, visto che siete così giovani, potete diventare dei magnifici amanti.” Nicola va dal barman e ritira una chiave; poi torna da noi e ci guida verso il fondo della sala. “Qui ci sono delle salette particolari; io ne posso avere una. Non ci disturberanno e staremo benissimo.” Apre una porta che appena si distingue nella parete e accende un luce. Lo spettacolo almeno per noi è straordinario: al centro della sala, un letto circolare ricoperto di lenzuola nere di seta; sul soffitto un enorme specchio sovrasta tutto il letto; intorno alle pareti diverse sedie ben organizzate. Nicola abbraccia Nunzia e l’avvolge in un bacio appassionato. “Sei contenta, amore?” “Per ora sono contenta; tra poco sarò sicuramente felice. Per fine serata spero di essere entusiasta e di tornare ancora a incontrare questi meravigliosi ragazzi.” “Lo spero tanto anch’io.” E riprendono a baciarsi. Io ed Anna ci troviamo violentemente attratti e ci abbracciamo con altrettanta foga;mentre la bacio con passione, allungo una mano fra le cosce e le tasto la vulva.
Ha uno scatto e si irrigidisce; passo delicatamente il palmo su tutto il monte di venere e la sento sciogliersi, insinuo il medio nella vulva e la sento scattare come per una scossa elettrica. Decisamente è molto tesa e c’è bisogno di tempo per scioglierla. Le bacio la gola e il petto; sbottono la camicia del costume e alla fine riesco ad avere accesso al suo seno prorompente: chino la testa, bacio le mammelle e scendo fino a prendere in bocca un capezzolo. “E’ la prima volta …” mi ansima sulla testa. “Ti piace?” “Si, continua … A casa, poi, dopo di adesso, me lo farai ancora?” “Ogni volta che vorrai!” “Ti amo.” “Anch’io.” Intanto Nicola ha lasciato Nunzia e si avvicina ad Anna che un po’ si trattiene, poi capisce che in gioco c’è tutto e lo lascia accostarsi; lui la bacia quasi con prepotenza e comincia a farle ruotare la lingua nella bocca, fino in fondo. Anna scopre un bacio impensato e si appassiona: Infila lei la lingua e comincia a ruotarla nella bocca di lui; il ventre che si accosta al ventre segnala l’insorgenza di una voglia di penetrazione. Nicola, che non ha un cazzo da farle sentire, si fa largo nella gonna ed arriva fino al tanga che non copre, anzi sottolinea la sua intimità, ed ormai è così bagnato che dà solo fastidio.
Nunzia, mentre io mi affanno a riempirla di baci e a farla godere con la lingua che si muove nella sua bocca quasi a possederla, ha artigliato il mio membro e sta aprendo la cerniera per raggiungerlo a pelle; sento le dita che lo stringono e lo tirano fuori dal vestito; comincio a spogliarla delicatamente ma con decisione; lei fa altrettanto con me; mi accorgo che, alle mie spalle, anche Nicola ed Anna si stanno spogliando rapidamente; quando siamo tutti e quattro nudi, finiamo rapidamente sul letto e io mi trovo quasi naturalmente a baciare con amore tutto il bellissimo corpo di Nunzia. Parto dall’attaccatura dei capelli per seguire il volto in tutti i tratti e in tutte le linee che disegno amorosamente; indugio sulle orecchie, sugli occhi e sul viso tutto; mi attacco alle labbra e do il via ad una dolce schermaglia di lingue: dagli umori che vanno a bagnarmi l’inguine capisco che gode molto, fino ai piccoli orgasmi che la fanno sbrodolare e bagnare; quando scendo sulle tette e le affronto in tutta la loro giunonica ricchezza, Nunzia comincia a gemere prima leggermente e con dolcezza, poi sempre più forte finché un urlo libera il suo orgasmo. Anna, accanto a lei, segue al’incirca lo stesso percorso e conclude con un urlo da orgasmo che io non conoscevo.
Incrocio per un attimo lo sguardo e mi sembra che abbia quasi paura; le sorrido con affetto, per esprimerle la mia complicità: e difatti si distende e si abbandona mollemente alle carezze, ai baci, alle leccate ed alle succhiate che Nicola sta dedicando al suo seno che si protende orgoglioso e decisamente eccitato; allunga una mano e cattura le mie dita, stringo con forza le sue e lo sguardo che ci scambiamo racconta tutto quello che non ci siamo mai detto: in venti anni, non abbiamo mai avuto un momento di tale intensità. Nicola continua a percorrere il suo corpo con la lingua e con le mani e io sento Anna vibrare come una corda di violino ed emettere continuamente gemiti ed urletti fino ad urla finali che segnalano i suoi orgasmi: sembra insaziabile, instancabile, inesauribile, tanto e così intenso è il suo godimento. Anche io mi do da fare amorosamente con il seno di Nunzia e con tutto il suo corpo; ma è decisamente più esperta e smaliziata (oltre che meno giovane) e centellina i suoi orgasmi assai lucidamente, guidando la mia testa e le mie mani per prendere il massimo piacere.
Scendo con la testa sull’inguine, prendo a leccarle le intimità e percorro con dita e lingua le grandi labbra fin verso le piccole e la vagina; incontro il clitoride - grosso, carnoso, vibrante - e lo martello con la punta della lingua, mentre con le dita lo masturbo, scatenandole un inferno di piacere che culmina in urla scomposte di orgasmo; sento che urla simili escono dalla gola di Anna e in un lampo mi rendo conto che anche Nicola le sta trastullando la vulva e lei raggiunge apici inusitati, considerato che è la prima volta che se lo lascia fare!. Non riesco ad evitare un pizzico di gelosia. Intanto Nunzia mi ha fatto rovesciare sulla schiena e si è venuta a sdraiare su di me, ponendo in faccia, in piena vista e disponibilità, tutto il suo intimo, dall’ano al monte di venere. Prendo a vibrarle la lingua su tutto il percorso, davanti e dietro, strappandole gemiti di piacere ed urla di godimento. Intanto, la sua bocca ha letteralmente ingoiato il mio membro e lo sottopone ad un deliziosissimo trattamento amoroso facendoselo scivolare in gola, avanti e indietro, fino quasi a soffocarsi. Si ferma, ad un tratto e quasi si immobilizza: insisto a leccare il clitoride ed esplode in un orgasmo smisurato che quasi la priva di forze.
Mentre stiamo tutti in religioso silenzio a coccolarci il suo orgasmo, sento nitida la voce di Anna che chiede a Nicola. “Possiamo scambiarci di posto, per favore?” Nicola si stacca da lei e allontana anche Nunzia dal mio corpo, la distende a fianco supina e si dedica a lambirla dolcemente per assecondare l’assorbimento del piacere e prolungarne l’effetto in tutto il corpo. Anna si viene a collocare al posto di Nunzia e immediatamente affonda la mia verga nella sua boccuccia: avevo sempre temuto che, se ci avesse provato, sarebbe soffocata al primo tentativo; ed invece la prende quasi tutta e la titilla deliziosamente con la lingua, con le labbra, col movimento di vai e vieni che le imprime nella sua bocca. Sono estasiato. “Ti piace?” le sussurro. “Non puoi immaginare quanto: come siamo stati stupidi a privarci di certi piaceri!” Non le rispondo, anche perché lingua e bocca sono troppo impegnate a lambire il suo sesso, a percorrerne gli anfratti e le pieghe, a leccare, a succhiare a inseguire il suo piacere sul clitoride ritto come un fuso e turgido da voler scoppiare. L’orgasmo le esplode nella bocca piena del mio membro e non ne avverto che gemiti e singulti indistinti che mi mandano ai pazzi.
Nicola propone un break e versa dalla bottiglia che si è portato dietro della sangria per tutti. Suggerisco ad Anna di andarci piano perché è fortemente alcoolica. “Sto imparando tante di quelle cose meravigliose che anche una sbronzetta non ci starebbe male, in questo contesto!” La bacio leggermente, con affetto. “La notte è ancora giovane!” sembra quasi minacciare Nicola; ma ne sorridiamo felici, naturalmente. Ci stendiamo a rilassarci ed io mi trovo ad avere Anna con la schiena conto il mio corpo e le natiche, piccole, sode, sollevate alla maniera brasiliana, che vanno a picchiare direttamente sul pube: manovrando delicatamente, quasi non volessi che se ne accorga, faccio scivolare il membro fra le sue cosce; è tanto bagnata, la sua intimità, che la punta scivola naturalmente nella fessura della vulva ed in un attimo mi trovo a penetrarla da dietro. “Oh dio, mi stai penetrando!” esclama Anna, ma intanto spinge le natiche verso di me, si piega ad arco e si trova inesorabilmente con la bocca davanti al seno di Nunzia, stesa accanto a lei: l’altra prende una mammella e dirige il capezzolo alla bocca di Anna, che istintivamente imbocca e succhia. Nunzia geme di piacere e le preme il seno sulla bocca.
Comincio istintivamente a possedere Anna da dietro, mentre una mia mano le afferra un capezzolo e lo sfrega con delicatezza. Nicola si è piegato tra le cosce di Nunzia e la lecca amorosamente; contemporaneamente, si dedica alla vulva di Anna che accarezza, nonostante l’ingombro del mio membro, stimolandone il piacere. La situazione è da lussuria all’estremo limite: Nunzia è presa da Anna che le succhia i capezzoli e percorre il suo seno in lungo e in largo; Nicola si dedica contemporaneamente alle due donne, tra leccate succose e sapienti masturbazioni; io mi do tutto a mia moglie, possedendola in vagina e carezzandole i capezzoli. “Cerca di non eiaculare; sarebbe ancora troppo presto.” Suggerisce Nicola; Nunzia infila, non so come, una mano fra le cosce di Anna, già ingombre della mano di Nicola, supera la vulva e incontra le mie palle, che strizza con una violenza che mi fa urlare e interrompe del tutto la mia eccitazione. “Pericolo scampato … per ora!” commenta Nunzia e tutti sorridono, tranne io che ho ancora una fitta da smaltire. Quando la fitta di dolore si allevia, il mio membro tende a riprendere il vigore perso col gesto repentino; ma Nunzia l’ha fatto sfilare della vagina di Anna e me lo sta accarezzando delicatamente.
Per riprendere fiato, ci stendiamo supini sul letto in ordine sparso. Nunzia però mi si avvicina, si sdraia a fianco a me, prende in mano la mia asta e mi sussurra. “Penetrami. Adesso!” Si stende supina e allarga le gambe; mi alzo in ginocchio e mi sposto fra le sue cosce; gioco per un poco con la cappella sulla sua vulva, la faccio vibrare più volte, finché raggiunge un piccolo orgasmo, a quel punto spingo con le reni e la penetro di colpo: ha un gemito e un sussulto; quando sono dentro di lei, solleva ambedue le gambe e mi circonda i lombi con le cosce fino a che i piedi si incrociano dietro la mia schiena e il suo corpo è tutto strettamente attaccato al mio. Anna sussurra. “Anche io voglio, dopo.” Nicola la rassicura baciandole il seno e succhiando, uno per volta, i capezzoli; intanto, infila due dita della mano destra profondamente in vagina e la masturba lentamente, sapientemente e decisamente, fino a farle urlare un paio di orgasmi. Nunzia mi grida di sbatterla con forza e non mi faccio pregare; picchio con l’inguine sul suo ventre e sento l’asta che penetra profondamente, urta il collo dell’utero e forse le provoca anche dolore; ma lei impassibile mi grida di spingere e mi aiuta con spinte sue dal basso verso l’alto.
Il mio istinto, a quel punto, sarebbe di eiaculare e scaricare tutta la tensione accumulata nel tempo trascorso a fare l’amore; ma non voglio raggiungere il mio apice prima di aver sentito che Nunzia mi ha preceduto; e, forse, mi piacerebbe anche concludere, dopo, nella vagina di Anna, come lei ha chiesto. Mi impongo quindi di resistere e picchio con frenesia, beandomi degli urli che strappo a Nunzia e degli umori che lei mi scarica dalla vulva. Dopo che per quattro volte ha urlato “vengo” rilasciando contemporaneamente intensi flussi di umori, arriva finalmente l’orgasmo decisivo, quello che lei accompagna con grida quasi disumane e che la lasciano senza forze, quasi senza vita, totalmente rilassata e abbandonata sulle lenzuola. “Con questo, Nunzia sta confermando la correttezza del’espressione francese di “petit mort” per definire certi orgasmi; veramente sembra che sia morta; almeno, è fuori gioco per un bel po’.” Intanto, però, si stende tra le sue cosce e prende a leccare e succhiare l’intimità della sua donna, ripulendola da tutti i rivoli di umori che le colano dalla vagina e passando la lingua su tutto il basso ventre, tra i sussulti della donna che sembra scaricare in piccole scosse l’ardore dell’orgasmo che ha appena vissuto.
Intanto Anna mi ha chiamato a sé, si accoccola contro di me e mi chiede “Fai godere anche me, così?” Non rispondo; la sistemo supina sotto di me e mi inginocchio fra le sue cosce; le vado a succhiare i capezzoli, innanzitutto, mentre con due dita della mano sinistra titillo il clitoride: sento il respiro che si fa affannoso e il corpo che è agitato da piccole convulsioni di piacere; poi scendo lentamente a leccare il ventre piatto e asciutto con gli ossi ilici ben pronunciati, spazio sul monte di venere fino all’inizio della vulva ed infine spingo per un attimo la punta della lingua, lungo le dita, fino al clitoride: scatta come avesse preso la scossa ed urla “Vengooooooo!” Mi appoggio sul suo corpo e manovro il membro per indirizzarlo all’ingresso della vagina; ha dei fremiti di piacere; spingo con forza con tutti i lombi e le urto con violenza la cappella contro l’utero; quando aveva azzardato un movimento così forte, normalmente mi aveva rimproverato; adesso invece è lei a spingere contro, dal basso, avvinghiandosi con le gambe al mio busto finché le caviglie sono intrecciate dietro di me. “Spingilo dentro, spingilo tutto dentro.” Mi urla; lo faccio, anche se è chiaro che il margine di movimento è ridotto a zero. “Goooooodooooooo” la sento urlare più di una volta; poi anche lei, come Nunzia, si abbatte sul lenzuolo, si scioglie dall’abbraccio delle gambe e giace in estasi.
Anche per lei interviene Nicola che le dà sollievo con la lingua sulla vulva dolorante e con la mano che comprime il monte di venere e sembra far smaltire lentamente le scosse elettriche dell’orgasmo: Anna impiega molto più tempo a scaricarsi, anche perché l’orgasmo è stato più violento e, per lei, assolutamente inusitato. Mentre anche io mi prendo un po’ di riposo dalla meravigliosa fatica spesa, vedo che Nunzia sollecita Nicola a dedicarsi a lei, offrendogli un flacone che aveva preso forse dalla borsetta; quando Nicola lo apre e ne preleva del liquido che cominciò a stendere sulla zona anale di Nunzia, capisco che lei si preparava all’assalto finale e che lo vuole nel culetto; guardo verso Anna con una certa apprensione, cosciente che per lei è un’ipotesi fuori da qualunque logica; stendendomi addosso a lei, le sussurro in un soffio, in un orecchio. “Nunzia si fa preparare per un coito anale.” “Vuoi che lo provi anch’io?” “A me piacerebbe violarti il culetto; ma l’operazione è particolarmente delicata, richiede preparazione e cura. Forse in questo momento può essere prematuro. Se ritieni di volerlo provare, io ci sto; ma se vuoi che lo proviamo un’altra volta, da soli, a casa, con tutti i crismi della sicurezza …”
“Intanto, fallo; io mi limiterò a guardare; se mi accorgessi che posso reggere, te lo chiederò; se non dovessi farcela, lo riserviamo per un’altra volta.” “Hai deciso finalmente di cambiare atteggiamento e registro?” “Si. Poi ne parleremo; intanto, mi dispiace di aver perso tanti anni; mi turba aver sfiorato una vera tragedia, stasera al veglione; ma sono felice di questa esperienza che mi apre in tutti i sensi. Vai che Nunzia aspetta te.” Per un attimo rimango basito dal repentino cambiamento di Anna, che rivede tutte le sue ataviche convinzioni, si concede a una visione più razionale e, alla fine, gode anche del rapporto a quattro, fino a sollecitarmi verso la sconosciuta. Poi mi rivolgo a Nunzia. ”Hai deciso l’ultimo assalto?” “Si; e che sia una carica di cavalleria …” Nicola mi passa il flaconcino, prelevo del gel e lo passo su tutta la superficie del mio membro; sotto gli occhi attenti e ammirati di Nicola e di Anna, accosto la cappella all’ano e comincio a spingere l’asta dentro il foro finché incontro la strettoia delle sfintere; mi fermo per un attimo e le chiedo come sta; “Spingi!” Mi ordina Nunzia e l’asta scivola lentamente dentro il canale senza che lei abbia alcuna reazione importante, tranne qualche leggera smorfia di dolore; le palle che sbattono contro la vulva sono il segno che il bastone è entrato fino in fondo e che si deve solo dare il via alla prevista carica.
Nicola sembra preoccupato della proporzione tra la mole del membro e l‘ampiezza del foro: continuamente chiede a Nunzia come va e puntualmente lei risponde con un gemito di piacere ed un sorriso. Anna, invece, è realmente spaventata dalla disparità tra foro e mazza: non riesce a darsi conto di come possa un oggetto di quella fatta entrare in un foro apparentemente così piccolo e delicato; Nicola sembra consolarla accarezzandole le natica e giocando con l’ano nel quale inserisce diverse volte uno o più dita, quasi a spiegarle che c’è una relazione in tutte le cose. Comincio a picchiare con forza sul culetto di Nunzia e godo a guardare la mia verga che esce ed entra disinvoltamente dall’ano dilatato all’inverosimile. Nunzia mi urla ad un certo punto. “Sto per godere dal culo; godi anche tu insieme a me; vienimi dentro; non ti risparmiare … vieni … vieni …. Vennnnnngo --- vennnnngo … ti prego … veniamo insieme!!!!” Non riesco a resistere e sento tutto il ventre vibrarmi, quasi fino ad esplodere, mentre una potente eiaculazione si scarica con forza nelle viscere di lei che emette suoni inauditi da tutto il basso ventre, sconvolto dall’orgasmo.
Nicola ha accompagnato con le dita Anna verso un orgasmo parallelo, anche se di minore intensità, ed ora lei si appoggia a lui e si preme la mano di lui sull’inguine per assorbire la lussuria. Lentamente, Nunzia attende che la mia asta perda la maggior parte del suo turgore, poi preme dall’interno per farla scivolare fuori; quando il condotto si libera, Nicola interviene con un fazzoletto a tamponare la fiumana che scarica dal suo ventre il mio orgasmo; poi, come forse è abituato a fare, si prende cura dell’ano martoriato anche con la lingua che lenisce in parte il dolore. Appena mi sono alquanto ripreso dalla violenza dell’orgasmo, mi giro verso Anna e silenziosamente le chiedo se vuole provarci. Mi fa di no con la testa. “Non puoi sapere quanto mi ha eccitato guardare ma credo che dobbiamo preparare bene questa cosa. La voglio fare a tutti i costi, ma ci arriveremo con più garbo. Per stasera sono contenta per te e per Nunzia che avete avuto un orgasmo meraviglioso.” A quel punto, sembra chiaro che la serata ha avuto la più bella conclusione che si potesse desiderare. Forse resta da chiarire se quello che è successo sia da considerare episodio concluso o se può essere la prima di utili esperienze.
Nicola da corpo agli interrogativi di tutti. “Beh, una serata che sembrava nata fallimentare si è rivelata intensa, ricca di prospettive e bellissima. Noi in genere non ci impegniamo sui tempi lunghi; ma la vostra realtà è così particolare e anomala che non ci dispiacerebbe tornare a incontrarci, magari per una cena a casa nostra o vostra.” Ci scambiamo quindi i biglietti da visita e ci riproponiamo di tenerci in contatto, se non altro per farci qualche volta gli auguri di buon anno. Mentre, dopo esserci ricomposti e messi in ordine dalla fatica vissuta, prendiamo la via di casa, Anna mi si appoggia sulla spalla e si dice molto felice soprattutto delle esperienze fatte; mi chiede se ci sono ancora molte cose che deve imparare ed io sorrido. “Lo scibile umano è infinito, proprio come il piacere del sesso!” scherzo. “E allora da domani diventeremo due ricercatori accaniti ed esploreremo tutti gli angoli di questa scienza.” Non ho bisogno di dirle che la prospettiva mi intriga molto.
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