Nicola non riesce neppure a parlare, tanto è emozionato; mi bacia delicatamente sulla bocca e attira a sé Francesco per coinvolgerlo nel bacio; lui si schernisce; poi, quasi travolto da un impeto improvviso, occupa la mia bocca con la lingua e mi concede il più lungo, bello, entusiasmante, eccitante bacio della mia vita; mi sento sciogliere di languore e mi abbandono fra le braccia di padre e figlio, amandoli della stessa intensità. Quando riusciamo a riprenderci un poco, emergendo dal sogno che abbiamo appena vissuto (lo stesso per tutti e tre, si vede!), mi viene spontaneo domandarmi dove siano finiti Patrizia e Junior; basta poco a trovare la risposta: la cuginetta non ha perso tempo e la trovo nel lettino di Junior stretta a lui fino a riuscire a starci insieme, nonostante le dimensioni quasi infantili; hanno appena fatto sesso e sono stravolti. “Insomma, ce l’hai fatta a farmi le corna con il mio amore - figlio!” “Ma no! Mi sono presa solo un piccolo assaggio; prometto che non te lo maltratterò mai: a piccole dosi, anche le medicine più amare fanno benissimo; figurati, poi, se si tratta di piaceri infiniti. Io ho già deciso. Il mio amante fisso sarà Francesco, però ogni tanto un giro in giostra con Junior me lo farò per riassaporare, come ho fatto adesso, l’amore di quel maledetto col suo stesso nome.” “Spero solo che non lo affaticheremo molto: fra te e me, mi sa che rischiamo di prosciugarlo veramente molto.” Junior sorride “God save the king!” e scappa via.
Il suono che esce dal computer non mi è familiare; deve intervenire Carla, la mia segretaria, per individuare che viene da Skype e per attivarlo. Mi compare la mamma su uno scenario fantastico di spiaggia tropicale che scatena inevitabili gelosie sopite. “Ciao, mamma: da dove chiami?” “Non me lo chiedere: non lo saprei mai dire. So che è alle Bahamas, ma non so e non mi interessa sapere in che punto dell’arcipelago sono. Posso dirti solo che è il paradiso.” “Beata te: si vede che lui non ha problemi di soldi.” “Di soldi, no. Ma per il resto, è tutta una frana … “ “Mamma, dio santo, ma hai più di ottanta anni … “ “E allora?!?!” “Va be’ non stiamo a litigare. Come mai questa sorpresa?” “Innanzitutto, per salutare la mia bellissima figlia … “ “Si, tra poco mi iscrivo a miss tardona, se non sei già iscritta tu … E poi?” “Beh, una piccola ricognizione ci vuole, ogni tanto … Patrizia?” “Ha messo la testa a partito, pare; si è sposata qualche mese fa, con uno anonimo e pacifico; per ora, non mi pare che abbia grilli per la testa.” “Passate tutte le frenesie di sesso a go go?” “Per niente; solo che adesso le controlla e ne fa emergere poche tracce. Ma questo dipende anche dal fatto che lavora a stretto contatto con Margie e Nico che le tengono il guinzaglio corto e la lasciano sbizzarrire solo insieme a loro. Adesso mi raccontava che ha preso una leggera cotta per Junior; ma a mio avviso è la solita Patrizia che per scavalcare Margie farebbe carte false.” “Ma tu parli di Junior, Il mio bambino?” “Bambino un corno! Il tuo bambino ha diciotto anni ed ha già scalzato dal suo trono il king of the bull, vale a dire suo padre, che sembra abbia conosciuto qualche giorno fa.”
“Quindi Mario è tornato in Italia?” “Solo per poco, per una mostra, con una spocchia che metà basterebbe alla nobiltà vera e falsa della città di Firenze, arrogante come non è mai stato, in compagnia di una sciacquetta senza personalità. A detta di Junior, una larva penosa dell’uomo che era.” “E Margie, come l’ha presa?” “Lo sai, lei è molto riflessiva. Intanto, in maniera quasi clandestina è riuscita a fare l’amore, in totale incognito, con il king Junior ; poi gli ha raccontato tutta la vicenda, si sono chiariti (e scoperti innamoratissimi), gli ha chiesto se desiderava incontrare il suo padre naturale; lui ha detto di si e sono andati.” “Come è finita?” “Margie e Junior che se ne sono andati saltellando come fidanzatini alla Peynet fino a una pizzeria a Trastevere; dopo, pare che siano finiti a letto e adesso si amano come la coppia più felice del mondo, con la benedizione di Nicola che finalmente non deve sopportare estranei nella sua vita e nel suo letto e può amare sua moglie anche attraverso il figlio che è soprattutto di Margie, ma, come noi sappiamo, è anche di Nicola che lo ama veramente.” “Sono felice che almeno questo si sia spianato. E Patrizia? Non avevi detto che aveva preso un’imbarcata per Junior?” “Si, e si è presa anche un po’ di assaggi. Ma poi ha scoperto che con Francesco lei non ha nessun legame di familiarità, che è un gran figo e che ama molto le donne. Insomma, da qualche tempo lo ha eletto amante ufficiale, coll’assoluta inesistenza del marito.” “Insomma, niente di nuovo, in fondo?”
“Eh, no! La novità c’è ed è la mostra che Mario, il nostro Mario, deve fare qui a Roma tra qualche settimana; e stiamo tutti discutendo se dobbiamo ignorarlo, se dobbiamo acclamarlo, se dobbiamo partecipare passivamente. Insomma dobbiamo decidere un atteggiamento comune e poi regolarci.” “Ok, se ti riesce, fatti dare un numero utile per parlargli a voce o in skype.” “Se si degnasse di darmi udienza, lo farò senz’altro. Ciao.” “Ciao; e riguardati …“ E’ alquanto strano, di questi tempi, parlare con mamma, per la prima volta in tutta la sua vita sganciata dal ruolo di chioccia che ha svolto da sempre; e forse è strano proprio perché, in fondo, non riesce comunque a rinunciare, almeno per un momento, per un accenno, al suo ruolo di sempre, di mamma affettuosa e protettiva. Eppure ne avrebbe bisogno, povera donna, di mandare tutti a quel paese e di ritagliarsi uno spazio solo suo, adesso che finalmente se lo potrebbe concedere, vista la particolarità del rapporto che ha costruito con un uomo assai ricco e assai innamorato che farebbe per lei qualunque cosa. Ma forse è proprio vero che siamo comunque legati ad un destino al quale è perfettamente inutile ribellarci. E quello di Anna (non ama sentirsi chiamare mamma o nonna, neanche alla sua veneranda età!) è decisamente un destino difficile e avverso.
Cominciò quando aveva sedici anni, al liceo, dove si innamorò del professore di letteratura, alla luce del sole innamorato di poesia e nella penombra ossessionato da qualunque gonnella e incapace di controllare i suoi istinti bestiali. Io fui il primo frutto avvelenato di un errore d’infanzia, il prodotto di un rapporto sessuale rapido, incerto e soprattutto non protetto. Il matrimonio che avrebbe dovuto “riparare” - come era nello stile dei tempi - segnò l’inizio di una via crucis interminabile e ben presto una ragazza di meno di vent’anni si trovò ad avere a che fare con un uomo col doppio dei suoi anni che, mentre recitava in pubblico Leopardi, la perseguitava in privato con rapporti non protetti e inevitabili aborti, spontanei e provocati, con figli in successione e, soprattutto, con corna a non finire, da rendere lei il cuore di tutti i pettegolezzi. Un unico gesto, stupido, di reazione, fu scoperto immediatamente (non poteva essere diversamente, con due ingenui protagonisti!) e seguito dalla morte prematura dell’unico giovane che l’aveva trattato da persona; la conseguenza fu, comunque , che la povera donna vittima dell’animalesca insensibilità del suo “rispettabile” marito si trovò ad essere additata al ludibrio generale come “pubblica peccatrice”. Venne poi il “biennio terribile” che avrebbe determinato definitivamente la sua vita e segnato il destino anche delle persone a lei care.
Cominciò la sua amatissima e ammiratissima prima figlia, Oriana (io, per la cronaca) che commise lo stesso errore di sua madre e non si protesse durante un rapporto col suo fidanzato: matrimonio d’urgenza, interruzione dei brillantissimi studi in architettura e relegazione forzata nella casa borghese di lui, esclusa da qualunque ipotesi di rapporto con la realtà; poi la notizia di una nuova gravidanza, che stavolta non si poteva e non si doveva interrompere, pena la morte; infine la morte naturale (finalmente? Chissà!?!?) del marito violento e animalesco. Di quel periodo so di avere diritto ad un ricordo incancellabile: i due figli nati dopo di me (i “milanesi” li avremmo chiamati) si dissolsero nelle nebbie del nord, per non assumere responsabilità; mamma si cercò tutti i lavori che poteva rabberciare per tirare da sola la carretta; io feci l’unica cosa che potevo, farmi carico della cura e dell’educazione dell’ultimo nato, Mario, che aveva meno di un anno più di mia figlia Patrizia. Lo adottai in tutti i sensi sin dai primi vagiti di Patrizia e li feci crescere insieme, con tanto affetto che alla fine io e Patrizia diventammo i suoi insostituibili grandi amori e lui fu per noi “il mito”. Il solo fatto che scegliesse la facoltà di Architettura, che io ero riuscita fortunatamente a concludere brillantemente, testimonia il feeling immenso che c’era tra noi. Sono certa che sono stati quelli gli anni più belli per me, per Patrizia, forse anche per Mario, ma soprattutto per mamma.
Difficile dire quando la bella favola si interruppe; o meglio, difficile è accettarlo; saperlo in fondo è semplice: tutto crollò a pochi mesi dalla laurea di Mario; e fu solo colpa mia. I due maledetti ragazzini avevano intrapreso strade divergenti ma egualmente pericolose, lui in un giro di escort in cui fu presto protagonista (mai dubitarne!) fino ad essere riconosciuto “the king”; Patrizia in un giro di discoteche in cui era famosa per essere arrivata a conquistare l’ultimo arrivato in soli dieci minuti. Fra di loro, io, monaca di clausura, incapace anche di vestire alla moda, e mamma, ancora sempre combattiva, spirito libero, mente lucida e decisionista quando serviva. Fu un concorso per un progetto architettonico, a cui partecipavo, a scatenare la valanga: volevo vincerlo, quel concorso, sapevo che potevo vincerlo e ci avevo puntato tutta la mia carriera professionale. Mario, molto più giovane ma assai più furbo e smaliziato di me, sapeva che dietro questi concorsi correvano altri valori inconfessabili: aveva già aiutato qualcuno a superare prove difficili e volle darmi una mano. Purtroppo, la mia lunga clausura, con un marito - padrone ma soprattutto ameba inutile, mi aveva resa incapace di affrontare quelle situazioni. Il mio fratellino (come suona ironico!) innanzitutto mi fece sapere (fu Patrizia a dirmelo, ma non so se per sua iniziativa o su suggerimento di lui) che da sempre amava me, tutta intera, e non filialmente ma da maschio, e che amava, in particolare, il mio fondo schiena, che fin da ragazzino aveva sognato nelle sue masturbazioni
Non saprei dire se il mio amore (vero, profondo, coltivato da anni) esplose autonomamente all’improvviso; se fu per effetto della situazione contingente; o se perché, per essere all’altezza del ruolo, ero disposta a tutto; fatto sta che cominciai col concedermi totalmente e senza riserve a mio fratello, trasgredendo tutte le leggi, le regole e le convinzioni che avevano dominato fin lì la mia vita; poi feci qualche “prova di libertà” per affrontare l’inganno del sesso nella prova di concorso. E vinsi, anche con merito, secondo l’opinione generale. Mamma in quella fase fu il mio unico, inamovibile, resistentissimo pilastro: mi guidò, mi suggerì, mi accompagnò, mi stette vicino e, in qualche modo, mi mise anche sull’avviso rispetto agli errori che potevo commettere e che effettivamente poi avrei commesso. In quella occasione, avevo visto Mario muoversi con estrema disinvoltura nell’esercizio delle sue capacità sessuali; mi ero trovata ad osservare che io, nonostante l’inesistente esperienza non ero stata da meno; infine, che le doti in mio possesso erano certamente non meno efficaci delle sue; decisi allora di non dipendere più da lui, che spesso montava in cattedra e predicava il bene e il male, e di muovermi per mio conto. “L’utero è mio e me lo gestisco io!” Lo slogan non l’avevo urlato in piazza (ero fuori da quella generazione) ma lo sentii mio, all’improvviso. Saltai, coscientemente, tutte le fasi della mia maturazione e arrivai all’arroganza: mi illusi che l’uso sconsiderato del corpo potesse essere la strada per il successo; e trascinai con me anche mia figlia che, altrettanto abbagliata, non esitò a seguirmi fino alla fine.
Combinammo infiniti, immani casini; e, più sbagliavo, più mi rifiutavo di ammetterlo soprattutto con chi, secondo me, era colpevole dei miei errori. Insomma, i rapporti con Mario si interruppero non solo per me ma anche per Patrizia e per Margie, l’amica di Patrizia e grande amore di Mario, che fu l’unica ad assumere un atteggiamento fermo; decise di sposare un collega meno affascinante ma che dava più garanzie di vita. Purtroppo, i casi strani della vita misero Nicola, il marito di Margie, in condizioni di non poter più esercitare i diritti (e i doveri) coniugali e giunsero ad un accordo per cui vivevano insieme, con grande amore, la loro storia bellissima; ma il sesso lei poteva prenderselo altrove, con la complicità, la perfetta coscienza e la partecipazione di lui. Io, mia figlia e nostra madre abbiamo per anni coltivato la speranza di ricucire un rapporto che sembrava spezzato per sempre. Per la mia povera mamma, quel periodo fu doloroso quanto il “biennio terribile”. Da un lato, cercava di sostenere ancora Mario che, tra le altre cose, aveva prospettato la possibilità di una convivenza, o del matrimonio, con Margie e un loro figlio, che a mamma appariva non solo come il vero “nipote” ma addirittura quasi un Salvatore; alla fine, si scoprì che il figlio Margie lo aveva fatto, ma, d’accordo con suo marito, utilizzando lo sperma di uno sconosciuto. Da un altro lato, Patrizia aveva intrapreso il percorso da psicologa che l’aveva portata ad essere di nuovo culo e camicia con Margie; ma, sul piano personale, non trovava ancora pace e non aveva il coraggio di farsi vedere dalla nonna, ritenendo di averla troppo delusa.
Io, poi, riuscivo a malapena a tenere con mia madre un dialogo convenzionale, ingabbiata com’ero nelle mie colpe e nell’impegno a tentare di recuperare una dignità professionale dopo il fallimento del grande progetto. L’impasse durò cinque anni, i più difficili e dolorosi non solo per me ma per gran parte di noi, escluso l’onnipotente Mario che continuava a svolazzare tra i suoi amori e i suoi (meritati,per carità, largamente meritati) successi professionali. Cinque anni fa, gli eventi dirimenti: dopo una rocambolesca vicenda di chiarificazione, Margie riuscì, d’accordo con suo marito, a farsi ingravidare da Mario che blaterò di “presenza paterna” per il figlio che doveva nascere, ma subito dopo - in occasione di una mostra negli Stati Uniti - scomparve portandosi dietro le colpe oggettive di tutto il garbuglio. Mamma fu molto presente nella vita di Margie e di Mario Junior, come avevano deciso di chiamarlo sua madre e Nicola, legalmente solo padre putativo - avendo riconosciuto la nascita del figlio fuori del matrimonio - ma, nei fatti, padre affettuosissimo e degnissimo di un ragazzo cresciuto bene rispetto alle vicende di cui era figlio: a diciotto anni, mi dicono che è affascinante come il padre, che ne ha tratti molto simili e che è dolcissimo da frequentare: io non lo conosco bene; e molto spesso mi trovo a pensare che, di tutto l’entourage, è l’unico che abbia il mio stesso cognome, Rossi, che è anche quello di mio fratello, il grande Maestro del design e radice di tutta la vicenda.
Mamma, quattro anni fa, dopo una vita quasi disperata alla ricerca di amore, di serenità, di stabilità, ha finalmente incontrato un uomo che ha sentito di avere bisogno di lei, della sua energia, della sua immensa vitalità, per dare ordine ad una sua vita sregolata e provvisoria, fatta di enormi successi e conquiste economiche ma privo di emozioni vere, di entusiasmo, di fiducia nel domani. Da quattro anni vivono insieme e si sono trasferiti ai Caraibi (non ha voluto dire dove; e quando mamma decide di star zitta, non la fa parlare neppure la santa inquisizione). Oggi però la sua telefonata ha smosso le acque e sento di non potermene stare ferma; forse è il momento di riportare al pettine tutti i nodi o quanto meno di cercare di capire a che punto siamo; l’occasione può essere la mostra di Mario a Roma; e forse potrei anche tentare di ricucire le fila di quel che è rimasto della mia famiglia, io, mia figlia Patrizia e il figlio di mio fratello, Mario Junior, che in qualche modo mi fa un po’ paura per la grande somiglianza con suo padre, di cui io continuo ad essere ancora innamorata come una liceale. Mi tocca assumere le mie responsabilità, fare alcune telefonate e, quasi certamente, prendere un treno per andare fino a Roma, sperando di trovare una situazione fluida che mi consenta di diagnosticare “Stanno tutti bene” come nel titolo di un famoso film (ma con trasparenza di significato, questa volta!)
Il primo contatto è con Patrizia. “Ciao bellissima, come stai?” “Bellissima lo dici a tua sorella, che non hai; io sono vecchia e bacucca!” “Se bellissima lo dice tua nonna a me, sono obbligata a dirlo a te. Fai conto che lo dice nonna!” “L’hai sentita? Come sta? Dove sta?” L’ho sentita,perché mi ha chiamato ma il numero non risulta per la privacy. Dichiara di stare in paradiso: deduco che sta molto bene. Dove sia, nessun lo sa: deve essere il titolo di un’aria musicale; per tua nonna è la verità; l’unica indicazione è: dalle parti delle Bahamas senza ulteriori definizioni. Poiché era in skype, posso dirti che aveva un bell’aspetto, a meno che non si fosse subito prima sottoposta a maquillage; e che lo sfondo è di quei paradisi dei Caraibi che tutti sognano.” “Chiami solo per la gioia di salutarci o c’è altro?” “Ti ho forse disturbato?” “Beh, ero nel pieno di un focoso amplesso col mio giovane amante …” “Francesco?” “Si, lui; credo che rinuncio a Junior: troppi ricordi non sempre belli e troppi rapporti che lasciano strascichi dolorosi per i ricordi che si portano dietro. Meglio l’amore convinto e gioioso, senza impegni.” “Beata te, che puoi scegliere. Qui ormai dominano le ragnatele!” “Perché non vai all’hotel …; anche se non sbavano più, ci sarà ancora almeno qualcuno che è un grande ammiratore della Divina. Fino a poco tempo fa li mandavi fuori di testa …” “Devo dirti chi è l’unico a cui concederei ancor il mio amore?” “Porca miseria: sei ancora a questo punto? Senti, vieni un po’ di giorni a Roma; potrei prepararti una sorpresa …”
“Non farneticare. Tu non sai quanto ho voglia di incontrare Junior; ma da questo a farci l’amore, ce ne passa: ho almeno il triplo dei suoi anni …” “Esattamente come il mio zione e la sua mamma; … eppure …” “Hai ragione; ma la storia era cominciata assai prima … Senti, parliamo sul serio. Mamma mi ha chiesto di Mario; io so che è a Roma per una mostra; qui mi hanno offerto dei biglietti, siccome sono la sorella, e stavo pensando di fare io la sorpresa a lui. Tu che ne pensi?” “Allora, cara la mia Divina … Innanzitutto fammi concludere questa sessione d’amore che si è affievolita; dammi il tempo per recuperare un po’ di energia e di pensiero logico; poi ti richiamo e ne riparliamo. Credo però che dovresti parlarne con Margie e Nico, ma soprattutto con Junior, perché sono i veri interessati. Ti ho già detto dello scontro tra Senior e Junior. A me non dispiacerebbe mettere una pietra sopra, almeno alle stupidaggini facilmente dimenticabili, senza andare a scavare cause e colpe. Insomma, sentiamoci dopo che avrai parlato con Margie e Junior. Ciao, mamma, ti voglio bene.“ “Ciao, amore mio, ti voglio bene anch’io.” In fondo, è andata meglio di quanto temevo; anch’io desidero molto trovare almeno una piccola base di dialogo con Mario; e provarci può fare solo bene. Prima di chiamare Margie, ho bisogno almeno di un caffè: non sarà facile affrontare il tema con Junior, ma sono convinta che è giusto e che anche a lui, forse, alleviare il passato può solo fare bene.
“Ciao Margie, sono Oriana.” “Oriana, che gioia sentirti! … Junior c’è Oriana al telefono!!!! … Ciao ziona come stai? “ “Margie, io dovrei parlare con te; ma visto che è lì, posso parlare con l’unico parente mio, a tutti gli effetti?” “Che vuol dire?” “Che proprio due minuti fa riflettevo che i parenti più vicini siamo io e Junior che siamo accomunati dal cognome: ormai, Rossi siamo io Junior e Senior.” “Diamine, zia, è vero, sei la persona più vicina, la persona più cara e non ti vedo quasi mai. Devo organizzarmi per venire a P… al più presto …” “Calma, se ci mettiamo d’accordo, io stasera sono a Roma …” “Davvero?!?!?! Oriana, in qualunque momento la mia casa è tua, lo sai.” “Prima di decidere, devo sapere una cosa. “Dimmi.” “Mi ha chiamato mamma.” “Oddio, come sta la nonna?” “Sta bene, ha chiesto di tutti e vorrebbe abbracciare tutti, ma ha chiesto soprattutto di uno e sapete chi.” “Parli della mostra di Mario a Roma?” “Si; so anche dell’impatto che Junior ha avuto con lui; so tutto; ma una volta una mia amatissima figlia adottiva disse, a mio vantaggio, che il sangue si mastica e non si sputa. Qui l’Albo degli Architetti mi ha messo a disposizione dei biglietti e credo che lo abbiano comunicato a Mario. Io penso di andare all’inaugurazione. A voi dà fastidio?” “Ne hai parlato con Patrizia?” “Si; però, per favore, evitatemi il giochetto dei rimandi; ognuno si esprima per sé in piena autonomia e coscienza.” “Oriana, vieni a Roma, io ci vengo all’inaugurazione. E’ sano e giusto che tu ci sia ed io sarò con te.”
“Grazie, Nico. Sei sempre di una umanità intensa e ricchissima.” “Aspetta, Oriana; la cosa ci spiazza un poco ed io almeno ho bisogno di pensarci. Facciamo così. Tu vieni a Roma e stai qui il tempo che vuoi. La sera dell’inaugurazione tu vai e, se proprio ti va male, avrai un cavaliere della classe di Nico. Se a tuo fratello va bene, la famiglia al completa gli renderà omaggio. Possiamo fare così?” “Perfetto. Io conto di essere a Termini alle 18,28. Da lì devo prendere un taxi o esistono mezzi pubblici utili?” “Quando arrivi, prova a guardare tra le folla in attesa e forse trovi una risposta.” “Grazie, Junior, non volevo che ti disturbassi così.” “Tu pensa a portare qui il tuo bellissimo deretano; poi a trasportarlo a casa ci pensa il tuo Mario.” “Ragazzino, non provocare il cane che dorme; da sveglio potrebbe mordere.” “E’ una minaccia o una promessa?” “Tutto suo padre, benedetto ragazzo! …” Il treno arriva in perfetto orario e il marciapiede è gremito di persone in attesa; esco dalla carrozza imponendomi con la mia struttura robusta, equilibrata, elegante nel semplice tailleur grigio che sottolinea le forme piene, giunoniche; so di essere ancora una donna molto bella ed ammirata, ma mi piace comunque stimolare l’attenzione dei maschietti. Lo individuo subito, anche se sono anni che non lo vedevo ed è senz’altro cambiato; vederlo ed avere un tuffo al cuore è lo stesso attimo, la stessa sensazione: è Mario, il mio Mario, quello che da piccolo si accoccolava a cucchiaio davanti a me, spesso nuda, perché diceva che così si sentiva protetto dai mostri ed era invece una scusa per mettere la testa fra i miei seni, sodi e abbondanti, o schiacciare la schiena contro il mio ventre morbido, budinoso, come gli piaceva dire.
Anche il sorriso, aperto, leale, è quello del mio fratellino, quello più tenero e affettuoso, quello che ricordo tanto volentieri. “Ciao, amore mio, come ti sei fatto bello!” Lo abbraccio con tanto affetto e lo stringo a me; ne approfitta per ricambiare la stretta e, nel movimento, passa una mano a sentire la consistenza delle tette e, quando mi stringe a sé, fa in modo che gli inguini coincidano e si struscino lussuriosamente. Mi bacia a tradimento, in piena bocca, insinuando la lingua tra le mie labbra: non so perché, non mi nego e ricambio con lussurioso ardore il bacio galeotto. Ce ne stiamo un bel po’, fermi sul marciapiede del binario, a dondolarci per stimolare i sessi e baciarci come ragazzini. Quando fa un piccolo break, ne approfitto per rimproverarlo. “Per caso mi hai scambiato per la tua morosa che torna da un lungo viaggio?” “No, so bene che sei la mia morosa che ritorna dal passato dove è rimasta ibernata per almeno venti anni; ed ho esattamente venti anni di baci arretrati.” “E non direi solo di baci, a giudicare da quel che mi preme sul basso ventre.” “Ziona, fatti spiegare da un esperto cosa succede quando l’amore parentale investe il sesso.” Non posso fare a meno di sorridere di gusto. “Chi te le ha spiegate questa cose?” “Una bellissima ragazza che si chiama Patrizia e che mi considera un suo grande amore.” “Spiegale che nonna Anna si riservava sempre il diritto di prelazione su tutti gli amori parentali dilatati al sesso; e aggiungile che io non sono da meno di sua nonna.”
Ci dirigiamo al parcheggio; impieghiamo più di mezz’ora per arrivare a casa; intanto riusciamo a dirci alcune cose personali: quella che mi colpisce è l’intenzione di scegliere gli studi di architettura. Serenamente e brutalmente gli chiedo quanto c’entri, in questa scelta, il rapporto col padre. “E quanto credi che c’entri il rapporto con mia zia?” “Non so e non saprò fino a quando non avremo un minimo di intimità.” “Ti va di dormire con me, stasera?” “Non credi di correre troppo?” “No. Se proprio hai problemi sulla dilatazione dell’affetto filiale, mi versi una somma, diciamo cinque euro, e dichiari che hai affittato un bull. Tutto diventa regolare.” “Hai proprio tanta voglia di fare l’amore con una vecchietta come me?” “Tu sai qual è stato il primo oggetto di desiderio sessuale di mio padre?” “Certo, il mio fondoschiena.” “Sai il perché?” “No, non credo si possano conoscere certi perché; esistono perché esistono … “ “E se volessi sperimentare per cercare di capire? E se qualcosa nei cromosomi mi inducesse ad amare quello che ha amato lui? E se semplicemente mi piacesse l’idea di fare l’amore con te?” “Frena e accosta!” Il tono è stato particolarmente duro. E’ impressionato e lo fa esitante; quando spegne il motore, mi giro ad abbracciarlo e lo bacio come non ho mai fatto in vita mia; mentre ancora stenta a riprendersi, lo avverto.
“Senti, ragazzino. Io sono una che sballa subito. Se m’innamoro, la mia testa evapora e non so più controllarmi; non stuzzicarmi molto, perché potremmo creare problemi a tutti. Stasera dormo con te e, come Siglinde diceva a Mario, tu mi farai tanto di quell’amore da lasciarmi o in paradiso o morta sul letto. Forse faremo l’amore anche qualche altra volta, finché sono a Roma, perché tu sei per me anche l’ipostasi di un sogno e voglio amarti come persona e come mito. Ma poi, ti prego, dimentichiamo e carichiamo tutto, anche questo bacio - incestuoso, vergognoso, colpevole ma, proprio per questo, meraviglioso - fra i ricordi più belli e lasciamolo là. Ok?” “Ok. Posso dirti almeno una sola volta che ti amo?” “E’ troppo tardi per proibirtelo!” Riprendiamo la strada e, grazie a dio, riusciamo a sbarcare a casa. L’entrata è da grande festa: abbracci e baci da sprecarsi,diecimila domande appese e centomila risposte rinviate. Insomma tutto il repertorio delle rimpatriate si spreca. Ci sono tutti, anche Patrizia e Francesco: ovviamente hanno discusso, ma il tema principale ancora non viene sfiorato. Per ora domina la gioia di ritrovarsi. Ma soprattutto si tocca con mano, nell’aria, un grande amore, il senso di una gioia comune e diffusa che deriva dal piacere di rivedersi dopo qualche tempo e di tornare ad essere, non solo a parole, una famiglia. Margie mi chiede come ho fatto a contattare mamma; le spiego che è stata lei a chiamarmi ma che non mi è riuscito di arrivare al numero del suo apparecchio.
Margie e Patrizia mi spiegano che, con i mezzi a loro disposizione, alcuni impiegati dell’ufficio sono in grado, se lo vogliamo, di ottenere quel numero e, se vogliamo possiamo provare a chiamarlo. Francesco, senza farsi notare, ha aperto il mio tablet e sta armeggiando su qualcosa. Mentre ancora discutiamo se violare o no la privacy di mamma, eccola apparire sul mio tablet “Ciao, chi sei bel ragazzo?” “Ciao, nonna, sono Francesco!” Mamma rimane letteralmente di sale.”Oh mio Dio, quanti anni sono passati? Sei un uomo, ormai, quanti anni hai?” Francesco fa ruotare il tablet verso ciascuno di noi e si vede nettamente mamma che piange come un vitello. “Nonna, perché vuoi nasconderti? Lo sai quanto ti vogliamo bene?” “Aspettate un po’. Fatemi riprendere. Chi è stato che ha scoperto il mio numero?” Francesco confessa. “Io, nonna; ma se avessi saputo che c’era bisogno lo avrei trovato già da mesi. E. ti prego, non cercare di cambiarlo: mi obbligheresti solo a cercarti, perché abbiamo tutti noi bisogno di parlarti, ogni tanto.” “Va bene, non scappo più. Come state?” “Come risposta unitaria, stiamo tutti bene. Io sono ormai laureato in ingegneria informatica e ho già firmato un contratto con una grande azienda; adesso ti faccio parlare con ciascuno e vi salutate. Un grosso abbraccio, nonna. E speriamo di vederci, prima o poi. Ricordati che sei sempre la mia nonna sprint. Ciao.”
Mamma è visibilmente emozionata e anche Francesco deve nascondere le lacrime. Tutti poi salutano la mamma, raccontano un poco di sé e ribadiscono un affetto di cui nessuno ha mai dubitato. Quando arriva il mio turno, il rimprovero è d’obbligo. “Perché non ti sei fatta gli affari tuoi?” “Semplicemente perché Francesco con i computer è un dio, mi ha semplicemente chiesto per un momento il mio tablet e senza che e ne accorgessi eri in linea. Ecco, perché.” “Sono veramente bravi questi ragazzi, tutti, da Patrizia a Junior da Francesco a Margie fino a Nicola.” “E’ vero; l’unica cretina che ti sta a sentire sono io!” “Ma che dici: anzi, tu adesso sei la più anziana, la capofamiglia.” Junior interferisce. “La più bella, la più affascinante, la più coraggiosa: questo non lo dici, nonna?” “Senti, ragazzino; non so da quanto tempo e quanto tu vuoi bene a Oriana; io l’ho voluta contro l’opinione di tutti, l’ho amata e l’amo a dispetto di qualunque giudizio. Non stare giudicare il mio amore perché vengo lì e ti sculaccio per tutte le volte che non l’ho fatto … e dire che ne meritavi. Senti, Oriana, sei a Roma per quel discorso?” Margie mi previene. “Si, Anna; Oriana ci ha detto del tuo desiderio di smussare e, se possibile, pacificare. Andremo all’inaugurazione e saremo famiglia, come sempre; spero che Mario Senior sia più disponibile, stavolta, e che qualcuno, ancora una volta, gli abbia suggerito che “il sangue si mastica ma non si sputa”. Se sarà così, saremo felici di telefonarti per raccontartelo. Se no, perdonami ma sai come la penso.” “Io mi fido ciecamente di te; hai sempre scelto l’atteggiamento giusto. Speriamo in bene. Un bacio a tutti; un grande abbraccio e a risentirci. Ciao.” Francesco interrompe la comunicazione.
E’ ora di pensare a mangiare qualcosa e la soluzione sono le pizze dal forno all’angolo da consumare sul tavolo di cucina. Io, mentre vanno a prendere le pizze, ne approfitto per fare una doccia veloce; poi indosso un accappatoio di Margie. “Sistema pure le tue cose nella camera dei ragazzi: credo che la potrai usare liberamente per un bel po’” Mi avverte Margie; guardo stupita. “Mio marito è in giro per l’ufficio e Francesco dorme con me.” Mi avverte Patrizia. “Ed io stasera dormo con te e le prossime sere deciderai tu.” Chiosa Junior; guardo perplessa Margie ma lei mi fa segno che tutto va benissimo. La cena scorre piacevole: la pizza è buona, il vinello fresco e il clima è mite; ma soprattutto c’è tanta serenità, tanta pace in quell’ambiente tanto anomalo che pare quasi di essere in uno spettacolo surreale. Quando, ad un tratto, nei discorsi cade l’accenno alla inaugurazione a cui partecipare, decidiamo che la cosa migliore è la conferma delle prenotazioni da P… per sei persone senza ulteriori precisazioni: se ne occuperà Margie dall’ufficio. Quando è evidente che stiamo per ritirarci a dormire e vedo Junior fremere dal desiderio di appartarsi con me, mi prende una strana ridarella che, come sempre, mi parte dagli occhi; Nico mi guarda con aria interrogativa. “Sai Nico, quasi diciotto anni fa, mi offrii di ospitarti nel mio letto, se ne avessi avuto bisogno. Stasera, a ruoli ribaltati potresti essere tu a ospitarmi, se non ci fosse tuo figlio a farmi pressione.” “Se doveste avere tempo, noi non vi manderemmo via.”
Guardo Margie e lei annuisce per dire che sarebbe anche d’accordo. “Lasciatemi assaporare questo succedaneo di mio fratello: mi incuriosisce troppo; poi, non è detto. Se non ricordo male, nonostante le mie spericolate arditezze, l’amore con voi due non l’ho mai fatto, né insieme né individualmente.” “Vero!” Conferma Margie; poi aggiunge. “Io ho già assaggiato Junior; e so che non ce ne sarà, dopo. Ma, per i prossimi giorni, non è da escludere. Buona notte; e, soprattutto, divertitevi.” Forse sarà perché abbiamo annesso al rapporto con Junior troppe valenze; forse perché il viaggio mi ha comunque stressato; forse per non saprei che cosa, sta di fatto che l’impatto con Junior non mi stravolge come mi attendevo, specialmente se nella mente scattano i ricordi e, con essi, il confronto inevitabile. E’ decisamente un gran bel ragazzo, fornito di una buona attrezzatura, che usa anche con una grande perizia; ma la stessa bravura tecnica finisce per costituire il limite. Se mi accoccolavo a cucchiaio davanti a Senior, quello che ne scaturiva era un senso di appartenenza, un languore sottile che faceva desiderare di essere una sola cosa; Junior, se si accostano le natiche al ventre, cerca immediatamente la penetrazione, dove che sia: non gli riesce assolutamente di intuire che cosa io desideri da lui in quel momento. Così per qualunque altra manifestazione di affetto, che si riduce sempre, assai rapidamente, ad esercizio di bravura sessuale.
Dopo che per quasi due ore mi è entrato in tutti i fori praticabili, mi ha preso da tutte le parti, in ogni posizione, con tutti i meccanismi e con moltissima esperienza, alla fine mi ritrovo ad avere bisogno di amore, di tanto amore, forse di tutto quello che, nella mia memoria almeno, Mario Senior mi sapeva dare quando facevamo l’amore. Mentre ci stiamo rilassando, udiamo dalla stanza a fianco chiari rumori di un amplesso intenso e partecipato; lo guardo meravigliata. “Papà sta usando qualche dildo.” È la sua spiegazione. Sono curiosa. Dovendo comunque andare in bagno per scaricare residui accumulati, pulirmi e rinfrescarmi, esco dalla camera dei ragazzi e, necessariamente, passo davanti alla porta spalancata: Margie è in estasi e quasi non vede, ma Nico mi fa segno di entrare; gli rispondo, a segni, che prima vado a lavarmi. Di ritorno dal bagno, entro nella loro camera, salgo sul letto e mi stendo a fianco a Nico che mi accoglie baciandomi con calore, al punto che mi sento scaldare profondamente e mi stringo a lui; risponde con altrettanto entusiasmo e mi stringe tutto il corpo fin quasi a farlo aderire del tutto; mi forza leggermente le gambe, si inserisce con una coscia fra le mie e con i muscoli della stessa coscia, va a stimolarmi la vulva. La mancanza di un membro capace di irrigidirsi e penetrare diventa un problema evidente; sto per invitarlo a desistere, anche per non patire la mancanza, quando mi sento penetrare, posteriormente, da qualcosa di duro e cedevole al tempo stesso.
E’ chiaro che non si tratta di un membro maschile ma solo di un giocattolo sessuale che Margie sta usando con il mio corpo: vibro di libidine soprattutto per la novità della situazione, mentre non mi accorgo che Nico, dall’altra parte, mi sta infilando un oggetto simile nella vagina. Un orgasmo improvviso mi assale, quando mi sento posseduta contemporaneamente davanti e dietro, mentre Nico mi comunica un affetto intenso abbracciandomi e baciandomi davanti e Margie si attacca al mio corpo come una sanguisuga cercando e donando amore, amore, amore. Sento che il mio cervello va in pappa, che il mio corpo si scioglie, che il mio bisogno d’amore trova finalmente materia concreta a cui appigliarsi: i gemiti e le frasi sensuali mi sgorgano dal profondo e segnalano tutta la mia partecipazione a quella straordinaria esperienza. A colmare la misura, sopraggiunge Junior che abbraccia da dietro sua madre e, fedele al suo istinto, la penetra quasi immediatamente: allungo una mano dietro di me, ma solo per accertarmi che, come pensavo, è un adoratore del lato B e che lì ha penetrato Margie, con sommo piacere di tutti e due. Non so cosa sia successo, poi, in quel letto. So solo che ci siamo svegliati poco oltre l’alba, io e Margie nel lettone abbracciate come da decenni non mi svegliavo, con mia madre o con mia figlia, e i due maschietti che si erano trasferiti nella camera coi lettini e si erano finalmente addormentati.
I preparativi per questa mostra romana vanno decisamente per le lunghe. Sono passati ormai più di due anni da quando se ne cominciò a parlare e siamo ancora nella fase di un allestimento che non so neppure da chi debba dipendere. Mi manca terribilmente l’assistenza dei vecchi compagni di lavoro, quegli avventurosi ragazzi di P… per i quali ogni iniziativa era un’avventura spericolata da affrontare con il massimo della grinta ed alzando ogni volta l’asticella degli obiettivi, delle ambizioni e, ovviamente, dei rischi e delle responsabilità. Adesso, invece, si parla solo di badget, di target, di utili, di eventi collaterali; quasi sempre, a decidere sono ragazzini che si lavano la bocca con parole difficili e non sanno neppure che cosa fare; forse proprio come me, che da molti anni ormai, quando mi metto davanti a un foglio bianco - con tutta una gamma di matite, pastelli, colori, pennarelli davanti, come un bancone del supermercato alla vigilia dell’apertura delle scuole - se vado a cercare in fondo al cervello, nel cuore o nella mano, non trovo un segno, che dico uno, che mi dia la soddisfazione di pensare “questo l’ho fatto io!” Se in quei momenti vado con la memoria a quando, con un solo tratto, riuscivo ad indicare a Clemente un nuovo disegno di tazza da caffè, posso solo vergognarmi di me stesso.
Ed eccolo, Clemente, fedelmente presente anche laddove è stato dichiarato indesiderato ed espunto perché “nocivo alla mia concentrazione”: è un testardo, il mio amico d’infanzia; e non si cura delle minacce dello staff che Jennifer gli ha schierato contro: fosse per lui, li affronterebbe a pugni nudi, pur sapendo che avrebbe la peggio. Quando il capo scorta accenna ad un movimento per stopparlo, gli lancio uno sguardo che lo gela e trasforma in statue di ghiaccio lui e gli energumeni che lo seguono. Abbraccio Clemente e gli chiedo come sta. “Male.” mi dice serenamente. “Che ne pensi?” “Di che?” “Della mostra, naturalmente!” “Una chiavica promossa a mostra!!!” Non è stato lui a parlare, ma Hans che è comparso dal nulla. “Perché sei così severo? Sono oggetti validi ed anche eleganti …” “… acquistabili a quattro soldi in qualunque supermercato dei paesini dell’Appennino.” “Cosa gli manca, per essere design?” “Il cuore, mein lieber Freund, solo il cuore; o, meglio, l’amore e quindi, la vita.” “Così, secondo te, le cose dovrebbero avere cuore e vita?” Interviene Clemente. “Quelle che disegnava il Mario che conoscevo io trasudavano amore e vita, forse perché era Mario che trasudava amore e vita. Queste nascono dalle macchine e sono per le macchine.”
Discorso delicato e pericoloso, specialmente se fatto ai margini di una mostra già decisa e tra personaggi che si conoscono da troppi anni per permettersi di bluffare tra di loro. “A proposito di anni e di amore, hai visto chi c’è in quel gruppo lì in fondo alla sala, accanto al mio assistente?” “Non distinguo. Chi c’è?” “Egidio, il mio assistente, sta cercando di prendere contatto con un architetto per far occupare finalmente il posto di direttore artistico in fabbrica, visto che tu da quasi vent’anni non te ne curi per niente. Lì c’è una delegazione con inviti dall’Albo degli architetti di P… e vorremmo approfittarne.” “Ah, vengono da P…;ma, se non vado errato, io sono sempre e comunque iscritto a quell’albo; se serve, posso dare una mano.” “Credi? Ne dubito forte … “ “Cavolo, non ti capisco, perché dovresti dubitarne? E Perché sorridete così sornioni?” “Perché chiediamo che a sostituirti sia l’architetto Oriana Rossi, che esita per rispetto a quell’ingrato di suo fratello, ecco perche!!!!!” Guardo meglio e, nonostante i quasi vent’anni passati, riconosco Oriana che mi appare assai più bella, più intensa, più affascinante, nonostante il peso degli anni. Quasi per inevitabile conseguenza, individuo Patrizia, splendente nel fiore della maturità e, a vista, sempre provocante con tutte le curve al posto giusto. Riconosco anche Margie, che proprio qualche giorno fa è venuta a trovarmi e, accanto a lei, mio figlio Mario che, a ragion di logica, avrebbe il sacrosanto diritto di volermi almeno morto; per ovvia deduzione, l’altro giovanetto deve essere l’altro figlio di Margie, Francesco, che mi sembra molto interessato alle bellezze di Patrizia più che al resto. L’ultimo del gruppo è senz’altro Nicola, il marito di Margie. La gambe mi tremano un poco.
Mi scuote Clemente. “Mario, bada che Oriana ha dato una disponibilità di massima, mi ha detto Egidio. Che faccio?” “E che vuoi fare: dalle immediatamente l’incarico; non conosco nessuno più in gamba di lei. Non credere: anche se sono stato lontano e distante, non ho mai perso i contatti e so che è la persona più giusta per quel lavoro. E questa storia chiudiamola qui; parliamo di altro.” “Già, di altro … Che vuoi fare con la delegazione? Che vuoi fare coi tuoi?” “Con la delegazione non posso esimermi dal parlare; chiedi ad Oriana se porta il saluto durante la conferenza stampa. Per i miei, dammi ancora un momento. Devo decidere.” Clemente si allontana a parlottare con Oriana; ed io cerco qualcuno a cui spaccare la faccia o qualcosa su cui spaccare la mia. Chiamo il capo della sicurezza e gli chiedo di accompagnare Nicola nel mio ufficio.
Entra con un sorriso aperto, leale, franco, che mi muove qualcosa dentro e si avvicina con la mano tesa a stringere la mia; lo abbraccio fraternamente e me lo stringo al petto; resta un attimo perplesso. “Mario, non puoi immaginare quanto sia felice di ritrovarti e di ritrovare soprattutto questo tuo affetto, questa tua disponibilità!” “Ciao, Nico, ne ho molte da farmi perdonare, vero?” “Da professionista, ti avverto che stai commettendo il tuo errore solito, cioè di caricare tutto su un piatto della bilancia, senza cercare di dare un equilibrio agli avvenimenti. Per di più, non metti neanche un briciolo dei sentimenti degli altri, sui tuoi personali piatti della bilancia.” “Cosa vuoi dire?” “Prima di condannarti, hai provato a chiederti cosa sentono, in questo momento, tua sorella, tua nipote, la donna che ti ama da una vita, il figlio che avete insieme? Perché solo a me hai dato la possibilità di stabilire come rapportarmi con te e con gli altri non hai il buonsenso di farlo?” “A te lo posso dire: Ho paura; ho paura del rifiuto, ho paura della mia vergogna … “ “Tu hai paura di loro e loro stanno lì pieni di paura di te? Non capisci che vi state mordendo la coda e che, se non spezzi la spirale, non ne uscirete mai?” “Dici che tocca a me?” “Dico che se non lo fai tu, non lo farà nessuno. Scegline uno, comincia da chi ti parte. Poi vedremo.” “Grazie, Nico.” Mentre mi avvio verso i miei familiari, i venti anni trascorsi mi si materializzano nella figura di mio figlio che è esattamente quello che ero io vent’anni fa, con in più qualche tratto di luminosità, nel volto, nello sguardo, che gli vengono dalla mamma.
“Ciao Mario …” e gli allungo una mano. “Ciao, pa’.” E mi abbraccia in una stretta che quasi mi stritola: so di avere gli occhi lucidi, ma devo tenermi. “Ciao zione!” a sorpresa ha parlato Francesco, che viene aggredito immediatamente da Patrizia. “Copione! Te l’avevo detto che zione è solo mio, anzi è solo il grande amore mio. Ciao, amore!” E mi bacia con il trasporto che non è cambiato da vent’anni in qua. Oriana se ne sta in disparte, quasi timorosa. La prendo tra le braccia. “Sei ancora la mia tata dolce?” “Fino alla morte!” “Ti sei messa d’accordo con Clemente?” “A te farebbe piacere?” “Io te lo impongo! Solo tu sei all’altezza di quel lavoro!” “Ti andrebbe di fare un saluto a mamma?” “Dov’è?!?!?!?!” e mi agito in giro. “E’ qui!” mi indica il tablet e vedo mamma splendente al sole dei Caraibi, bella più di come la ricordavo, solo un tantino più vecchia; sta piangendo. Bacio lo schermo per baciare lei e le chiedo di non piangere, di parlarmi, anche per dirmi solo le cattiverie che mi merito. “Nessuna cattiveria, solo tanta, tanta, tanta gioia di vederti, di sentirti, di sapere che mia figlia, mia nipote, tuo figlio, il tuo amore possono toccarti anche per me e dirmi che stai bene, che sei sempre il mio grande Mario.” “Mamma, calmati, forse di grande non è rimasto molto: tuo, sempre e indiscutibilmente. Nessun uomo potrà avere mai una mamma come la mia e nessuna mamma potrà sacrificarsi come ha fatto la mia per questo scapestrato senza idee.” “Che diavolo dici?” “Se tu fossi qui, capiresti che questa mostra è il peggio che potevo pensare venti anni fa ed oggi è presentato come il meglio sul mercato.”
“Cosa ci manca?” Interviene all’improvviso Clemente. “L’amore, signora, non c’è amore in queste cose.” Mamma è sbalordita. “Mario senza amore? Si è prosciugato il Nilo? Si è sciolto l’Antartide? Come fai a non avere amore?” “Non lo so, mamma, ma è così.” “Quanto ti trattieni a Roma?” “Una settimana, poco più …” “Oriana, riesci a farmelo innamorare ancora del suo lavoro? Patrizia, riesci ancora a farti odiare abbastanza? Margie, ce l’hai un po’ d’amore da prestare a questo mendicante? Junior: e tu che fai? Non dai una mano a papà?” “Junior si sente toccato. “Sai, nonna, credo che su questo punto devo prima costruire me stesso, poi forse cammineremo insieme.” “Bene, ragazzi, sono al settimo cielo che vi rivedo tutti insieme. Ora devo scappare. Ci vediamo presto. Grazie, Oriana; come sempre, gli impegni li mantieni e stavolta mi hai fatto davvero felice. Un bacione solo per te. SMAK!” “Quindi, sorellona, tu eri qui per mandato di mamma!?!?” “Calma. Sono qui su incarico dell’Albo di P…; sono qui per mio personale ed esplicito desiderio; sono qui per istigazione di Clemente; siamo qui tutti per l’amore che portiamo a te e a tutti noi. E stai attento alla sciacquetta, come l’ha classificata Hans: sta arrivando e non ha una faccia allegra.”
Ma, una volta tanto, Jennifer sceglie male il modo e il momento per intervenire. “Allora? Che cos’è questa perdita di tempo? Non ti ricordi che hai una mostra da presentare?” “VA FAN CU LO!!!!. Capisci questa parola o te la devo spiegare?” “Ma, Mario, … che cosa ti succede? … stai male? … Hai bisogno d qualcosa? …” Le giro le spalle, vado verso Margie, mi inginocchio e le chiedo “Riesci a perdonarmi, amore?” Junior si precipita a sollevarmi. “Cosa fai? La chiami amore e le chiedi perdono? E’ chiaro che se è il tuo amore ti ha già perdonato!” Quasi a conferma, Margie mi abbraccia e mi bacia con un’intensità che quasi non ricordavo più. “Sei sempre stato, sei ancora e sarai sempre il mio grande amore. Non ho niente da perdonarti; solo ti chiedo come posso aiutarti ad uscire da questa crisi.” “I tuoi libri cosa suggerirebbero in questo caso?” “Non è previsto nella letteratura medica: in questi caso, improvvisiamo con fede e con amore. Ed io ne ho tanta, per aiutarti.” “Che ne dite di una pizza collettiva?” E’ stata Oriana a proporre e in due minuti una processione di parenti e amici si reca nella pizzeria più vicina per cenare a pizza e birra.
Vedo che Margie sorride e la prevengo. “Anche questo fa parte del nostro amore nato stanco prima di crescere.” “Mi hai prevenuto: pizza e birra è un altro dei nostri classici storici.” Junior è sorpreso. “Quindi, mamma, tu avevi già vissuto quella scena che abbiamo recitato insieme e non mi avevi detto niente.” “Tesoro, io e tuo padre non abbiamo avuto una vita in comune molto lunga; ma quel poco tempo è stato così denso di eventi, di sensazioni, di emozioni che ti servirebbero almeno tre vite per pareggiarlo. Non vorrei sembrare scortese con Nico, ma il nostro amore è così rarefatto, nobile, alto, che non è possibile raggiungerlo con le normali umane capacità.” “Quindi, tu non ami papà …” Francesco è perplesso. Nicola abbraccia sua moglie con affetto.” Son cose diverse e difficili da distinguere. Sappi che Mario, il sogno, tra un attimo potrebbe svanire e lasciare solo il ricordo di questo momento straordinario. Io sono qui e ci sarò per tutti, prima fra tutte tua madre, per il resto dei nostri giorni; e non mi smuovono neppure le cannonate. Qui sta la differenza.” Clemente, che è venuto con noi, gli chiede se può abbracciarlo e gli dice. “Dottore, lei è veramente un grande, ma così grande che non ci sono termini di riferimento.”
Mentre ceniamo con pizza e birra, l’atmosfera si fa via via più affettuosa e familiare: perfino i paradossi più assurdi della situazione complessa diventano agili da gestire e Patrizia può parlare con me come il suo zione che è stato da sempre il suo grande unico amore; Oriana discute con l’architetto suo fratello del ruolo da svolgere, sostituendolo a P… dove lui è ancora un mito; e al tempo stesso si ribadiscono un grande amore che è nato quando lui era in fasce, lei la sua tata ed è esploso come una naturale dilatazione dell’affetto fraterno, Francesco capisce finalmente quanta nobiltà ha avuto suo padre ad accettare che sua madre lo concepisse “per cazzo interposto” realizzando il culmine di un amore vero. Non si vergogna per niente di essere innamorato e amante della nipotina di Mario, di cui in qualche modo è quasi nipote anche lui, essendo fratellastro del figlio di Mario e di sua madre Margie, che per un momento ha anche amato fisicamente in nome e per volontà di suo padre putativo; Junior si sente sballottato tra l’adorazione per sua madre, che vuole amare anche fisicamente, e l’ammirazione per suo padre, che fino a qualche giorno prima odiava ed ora gli appare eroe impavido da emulare.
Insomma, alla fine anche Clemente ed Egidio, che apparentemente non c’entrerebbero per niente, si sentono travolti dallo spirito di famiglia che li coinvolge per le infinite colte che con Mario hanno inventato situazioni ed eventi di cui vanno ancora fieri. Il discorso scivola inevitabilmente sulla mostra ed Oriana ha un suggerimento. “Mario, ti ricordi dei disegni per cui ci scannammo a Dusseldorf?” “Vuoi farmi ancora vergognare per il male che vi ho fatto?” “No, voglio suggerirti di riprendere quell’idea … Hans, credi che sarebbe obsoleto, oggi, quel discorso sul rapporto tra design e architettura?” “Sei matta, architetto? Quello è un discorso valido venti anni fa, validissimo oggi e attuale ancora fra mezzo secolo. Ma solo se ci fossero quei disegni!” “Ci sono, ci sono …” “Margie, ma che dici, dove sarebbero?” “Nella mia scrivania!” Nicola ha spiazzato tutti. “Dopo Dusseldorf, le tue donne avevano deciso di distruggere la radice del male; ma io istigai Junior a rubare i disegni e a consegnarli a me. Da allora sono nella mia scrivania.” Guardo meravigliato Junior. “Beh, qualcosa di mio padre volevo tenermelo e quei disegni mi parevano importanti per mamma, quindi li rubai e li nascosi.”
Clemente non sta più nella pelle ed Hans meno di lui; già confabulano, progettano, propongono. “Perfetto. Allora, Clemente, prepara una conferenza stampa sul modello di quella di Dusseldorf; Oriana, tu hai i disegni del tuo progetto?” “Si, posso averli in un giorno.” “Hans, che ne dici di riproporre il discorso in Italia?” Hans solleva il bicchiere di birra. “Signori, propongo un brindisi al ritorno del grande designer Mario Rossi e della grandissima squadra che lavora con lui.” Tutti brindano entusiasti; nell’angolo, Oriana manda un messaggio a mamma e le comunica. “Mamma, pace ed amore ritrovati anche per l’arte. La mostra di Mario sarà un successo. Buonanotte.” La cena si conclude abbastanza rapidamente, anche perché ciascuno è preso dalle sue incombenze; io, in particolare, devo tornare in galleria ed avvertire che va tutto rivoluzionato: so che Jennifer frà il diavolo a quattro, ma so anche che basterà urlare un poco in testa e poi scoparsela con amore per riportare tutto alla normalità.
Non ho il coraggio di propormi per fare l’amore con Margie: so che forse non direbbe di no e sarebbe d’accordo anche Nicola, ma troppi elementi mi inducono a non proporlo: da un lato, credo di aver capito che Junior ha preso il mio posto nel letto,oltre che nel cuore di Margie e che Nico, king per king, accetti anche lui serenamente; lasciare senza spiegazioni Jennifer potrebbe costarmi rogne infinite con il suo entourage del quale dovrò liberarmi ma con criterio; se finissi di nuovo a letto con Margie, non so quante possibilità avrei poi di imparare a rinunciare. Decido di andare via; saluto tutti, uno per uno. Con affetto e con sensibilità. A Junior suggerisco in un orecchio “Prenditi cura di tua madre con lo stesso amore che ci metterei io.” A Margie sono costretto a dire. “Ancora una volta, sto scappando; ma stavolta è giusto che sia così.” Mi bacia sul viso dolcemente. A Nicola stringo la mano con un semplice “Grazie.” A Francesco suggerisco. “Sii orgoglioso di tuo padre e trattami bene questa pazzerellona.” E salutandolo, abbraccio e bacio anche Patrizia. Ad Oriana suggerisco. “Se un giorno torno a dormirti in braccio, ti fai trovare ancora nuda?” “Sei sicuro che ti piacerei ancora?” “Io ti amerò sempre, al di là di tutto. Ciao.”
Con Clemente, Egidio ed Hans torno verso la galleria. “Immagino che avrai voglia di fare l’amore, alla grande” Sussurra Nicola a Margie e lei annuisce stringendosi a lui. “Vuoi che cerchiamo qualcuno o preferisci king per king?” “Se lui ci sta, preferisco Junior.” Proprio in quel momento, Mario Junior si accosta a Margie e le sussurra in un orecchio. “Ho una voglia terribile di fare l’amore con te. Vuoi?” “Ne ho più voglia di te. Ti confesso che vorrei tuo padre e forse stasera mentalmente ti tradirò con lui. Ma voglio anche te, ti amo quanto amo lui; e, a parte qualche inevitabile transfert, voglio fare l’amore con te, alla grandissima.” Rientrano tutti a casa: Patrizia con Francesca alla sua abitazione, dove il marito, perduto dietro i programmi televisivi, neanche si accorge che i due vanno direttamene in camera da letto e cominciano a scopare come se non avessero un domani. “Cosa ti rende così energico e voglioso?” “L’idea di quello che puoi aver combinato con tuo zio Mario. Solo a vedere come vi guardavate, si capiva che ‘è tra voi un amore infinito; non ti ho toccato fra le cosce ma solo perché ero convinto che avrei trovato bagnate non solo le mutande ma anche il pantalone: sono certo che sei riuscita a malapena a nascondere la macchia degli orgasmi che hai provato parlandogli e accarezzandolo.”
“Sei stato o sei geloso?” “Solo un pochino, quel tanto che nasce dalla voglia di essere come lui, ma solo per quell’aspetto. Come fa a trasmettere tanto amore e a comunicarlo a chiunque?” “Non lo so; so che mi fa andare fuori di testa e non smetto mai di desiderarlo, neanche quando sto fra le braccia di un uomo come te che sei sicuramente molto al di sopra della media, anche a dotazione, a sessualità a resistenza; è un quid forse ineffabile di cui non so rendermi conto ma che vivo sulla pelle. La cosa migliore è che, dopo, mi trovo ancora più innamorata di te, ancora più desidero di averti, di gustarti, di divorarti, di averti mio e di essere tua. Credimi, non è transfert e no hai motivo di essere geloso: amo te, voglio te, scopo te e no desidero niente altro che te, il tuo amore, i tuoi abbracci, il tuo cazzo, la tua sborra in tutti i buchi. Ma, quando incontro Mario senior, da lui mi si scatena tutto il desiderio di te; non chiedermi, non so spiegartelo: pensa, avevo creduto che fosse un fatto cromosomico e speravo di provarlo con Junior. Non è così. E’ lui che mi scatena gli istinti, ma è con te che voglio soddisfarli.”
Discorsi analoghi si fanno anche a casa di Nicola, dove Oriana non riesce a darsi pace perché la frase di Senior le ha sconvolto gli equilibri. “Capisci, Margie, quel maledetto mi ha chiesto se lo aspetterò nuda quando verrà ad accoccolarsi in braccio a me! Come si fa a non ammazzare un impunito come quello?” “Infatti, non lo ammazzi, ma lo ami e addirittura lo aspetti sperando che un giorno ti venga a piantare il culo sul ventre per farsi riassorbire nella tua placenta come vorrebbe fare da decenni!” Nicola è perentorio e scientifico.” “Tu dici che lo aspetto?” “Io dico che lo ami ancora follemente e che per lui faresti qualunque cosa, anche la più assurda, la più lurida, la più pericolosa. Lo ami: c’è poco da fare, come lo amate tutti in famiglia.” Junior è in grave difficoltà. “Perché? Perché tutti lo amano anche se non fa che seminare guai e dolori?” “Figlio mio, lasciamelo dire, ti sei chiesto perché lo ami tu, che più di tutti avresti da recriminare per come ti ha abbandonato?” “Non lo so; per questo vorrei che qualcuno mi spiegasse cos’è questa malattia che ci contagia tutti.”
“Mario, tu adesso vieni a letto con noi, si noi, io tu, Oriana e Nicola, e fai l’amore con tutti noi; ma non lo fai come sei solito tu con gesti sapienti e meccanici che chiunque può imparare in una scuola per escort. Tu adesso vieni qui e fai l’amore: capisci, tu diventi AMORE ALLO STATO PURO. Se e quando riuscirai ad arrivarci, ti si aprirà il segreto di tuo padre e il mistero di tutti noi che lo amiamo al di là, al di sopra, al di fuori di tutte le leggi umane e divine.” “Cosa vuoi dire?” “Dico solo che io non amo te, non amo Oriana, non amo Nicola; io amo l’amore che c’è in me e che io trasferisco su di voi rendendovi oggetto del mio amore e che vi trasmetto perché possiate restituirmelo sotto forma di nuovo amore che va ad arricchire la mia capacità di amare. E difficile da cpire o ci puoi arrivare.” Nicola sembra perplesso. “Cazzo, amore, lo sai che forse hai trovato una formula utile per tanti fenomeni apparentemente inspiegabili. Amare l’amore è l’unico mezzo per amare veramente tutto, persone, cose, sensazioni, sentimenti; e ricevere amore da tutto significa potenziare la nostra capacità di amore. Questo in pratica è Mario Senior, un serbatoio d’amore che dispensa in giro riprendendoselo ricaricato e potenziato.”
“Per questo, mi hai detto che metteva amore in tutti i rapporti, anche quelli meno graditi e più professionali, per cui non potevo sperare di diventare più king di lui, se non imparavo ad amare?” “Già; e temo anche che questo sia un talento naturale che non si acquisisce e non si impara ma si coltiva solo se lo hai … “ “ … E temi che io non ce l’abbia …” “No, non ho detto questo e non lo penso; credo che non lo hai individuato in te e non cerchi di coltivarlo.” Mentre mamma e figlio discettano, Oriana si è stesa sul letto, poggiandosi su un fianco; Nicola ne approfitta per sdraiarsi davanti a lei, in posizione fetale, spingendosi con tutta la schiena contro il suo corpo; Oriana, si slaccia i vestiti e cerca di denudarsi, aiutata da Margie che si è accorta della manovra; quando è tuta nuda, Oriana abbraccia nella sua lussuriosa opulenza il corpo di Nicola e prende a carezzarlo dolcemente su tutto il corpo, mentre gli sfila a mano a mano i vestiti, esclusi gli slip: a quel punto prende a ricoprirlo di baci su tutto il corpo e lo invita a ricambiare. Nicola si lancia in una perlustrazione quasi analitica del corpo di lei per ricoprirla di baci, solleticarla ed eccitarla, ricercandone gli orgasmi, difficili da raggiungere d una donna matura ala quale non può offrire che labbra, dita e lingua, ma senza un cazzo che la faccia vibrare.
Margie sta zitta e quasi immobile, anche se aveva dichiarato dall’inizio che aveva tanta voglia d’amore. Finalmente Junior coglie il senso della situazione, si va a collocare alle spalle di Oriana, le mordicchia il collo e le spalle, si pianta con forza dietro di lei e spinge il cazzo, diventato un obelisco di cemento, da dietro, in mezzo alle cosce, attraverso la peluria della figa e la fessura della vulva, fino ad incontrare l’accesso alla vagina; spinge il busto e la penetra con violenta passione; la abbraccia dalle spalle afferrandole a piene mani le tette ricche e sode e se ne sta immobile, piantato in figa, lasciando che Nicola, dall’altra parte, solletichi il clitoride che si erge gonfio e teso tra le piccole labbra. Il lavoro coordinato dei due non ha bisogno di molto tempo:Oriana esplode urlando in un orgasmo che non ricordava almeno dall’ultima volta che aveva scopato con suo fratello; e, poiché è il suo nome che urla sborrando, nessuno saprà mai se invocava senior o amava Junior, Mario tutti e due. Nicola si libera garbatamente; poi, rivolto a Margie. “Scusami, amore, ma, dall’incidente, non avevo mai scopato con tanto entusiasmo una donna. Non so quanto c’entri la carica erotica che Mario ha trasmesso; ma io sono felice di averlo fatto, per di più con una donna così bella. Grazie, Oriana. “ “Grazie a te, a tua moglie e a Junior: mi avete fatto ricordare momenti immensi della mia vita.”
Margie però è rimasta a secco; e accenna a ritirarsi in cucina. Junior la ferma. “Amore, io non ho mica sborrato! Vuoi lasciarmi a secco?” “Beh, finora ero rimasta a secco solo io. Ma se te la senti di continuare, io non ti dirò mai no, per nessuna ragione al mondo.” “Papà, ascoltami, ti chiamo a testimoniare. Io un giorno morirò addosso a Margie in uno di quegli atti d’amore che o ti fanno rinascere o ti uccidono. In quel momento,puoi ricordare per favore a tua moglie che l’avrò amata fino alla morte, come avevo promesso e come manterrò?” “Il notaio ha ratificato. Certificherò la tua morte nel pieno di un congresso carnale con tua madre e mia moglie. In fede.” L’assalto di Junior a Margie è di quelli che solo si registrano tra adolescenti che sprizzano ormoni da tutti i pori: lui l’afferra quasi con violenza e letteralmente la divora di baci su tutto il viso, il capo, la nuca, il collo; le succhia fino a farle male le labbra, le guance, il volto, gli occhi; la palpa su tutto il corpo come per accertarsi che ci sono tutti i pezzi che cerca, le tette, le aureole, i capezzoli, il canale fra i seni, il ventre, l’ombelico e giù giù fino alla figa, al clitoride, all’ano. Margie è stordita da tanta irruenza; si liita a carezzargli la testa, a tenrgli il viso fra le mani ea baciarlo con delicata passione. Poi comincia lei a perlustrarlo su tutto il corpo, dal torace al ventre fino ad impossessarsi del cazzo e cominciare a manipolarlo con sapienza e amore.
Lo sente vivo e palpitante tra le mani, se lo passa febbrilmente sul viso, sul corpo, sulle labbra, mormorando “mio, mio, solo mio” e baciandolo delicatamente; poi scatta la libidine e il cazzo affonda di colpo nella sua bocca, fino ala gola e Margie sembra non saziarsi di leccarlo, di succhiarlo, di mordicchiarlo, di spingerselo in gola fino a provocarsi conati di vomito. “Ti amo, ti amo, amo il tuo carpo, amo il tuo amore, amo il to cazzo … ti voglio … dappertutto … sempre … ti voglio … prendimi, per favore, fammi sentire il tuo corpo dentro di me, fammi sentire che sei mio … fammi sentire che sono tua … amami … tanto … tanto … tanto” Sta piangendo e Nicola si preoccupa, l’accarezza, le chiede come sta. “bene, benissimo, innamorata, innamoratissima, di te, di Junior, di senior, di Oriana, di Patrizia, di mamma; sono innamorata dell’amore. E’ vero: anche io amo l’amore che è in me, quello che do a voi con tutta l’anima e che prendo dal vostro amore. Piango di gioia, perché sono veramente felice d
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