Le certezze, i punti esclamativi degli adulti, mi spaventavano; ciò che faceva precipitare la mia testa in uno stato di cupa tristezza, era diventare come i grandi. Tremavo al sentore di dover perdere quel puerile sentimento con la quale valutavo gli estetismi banali che arricchivano la mia visione del mondo.
Ero un'adolescente insolita. Solevo rimanere ferma per ore, attaccata con il capo alla finestra, ad osservare la pioggia cadere al suolo; passeggiavo tra le gocce di rugiada dimenticando tutti gli infantili turbamenti. Parlavo poco e, molto spesso, riempivo fogli bianchi con memorie alienate da innocenti romanticismi. Non amavo socializzare con i miei coetanei e condividere bei momenti con qualcun'altro mi faceva sentire come depredata della bellezza di quell'attimo.
Quando appresi che mio padre, senza avvisarmi, mi iscrisse in quello che parea un campo estivo, mi infuriai:
«No! No e no! Non ci vado in quel posto per ragazzi disadattati!» Esclamai accartocciando nella mano destra il Depliant che mio padre aveva posato sul tavolo, sedendosi dinanzi a me
«Scimmietta ascoltami, non è un posto per ragazzi disadattati. Credimi, ti divertirai» Rispose lui sollecitandomi
Guardai il suo volto e, osservando l'intrepida attesa con la quale sperava il mio consenso, appresi che voleva che io lo facessi per il mio bene:
«Va bene, papà! Ma questa è l'ultima volta che ti do retta, giuro!» Esclamai puntandogli contro il mio dito indice
Lui scattò in piedi e, abbracciandomi, disse:
«Ah-Ah! Brava scimmietta mia, credimi ti divertirai tantissimo. È un bel posto, l'ho visitato e ci sono un sacco di piscine e di giochi acquatici!»
«Uuuuhh! Che entusiasmo» Risposi con fare ironico
«Vedrai che sarà così!» Ripeté lui
«Spero non ci siano solo bambini fastidiosi e piagnucolanti» Ipotizzai con fare annoiato
«No, no. Hai letto il Depliant? C'è scritto dai diciassette anni in su» Decretò lui
«Non parlavo di età anagrafica» Ribattei allargando un finto sorriso atto a schernirlo
Scosse la testa sorridendo ed io feci lo stesso rendendomi partecipe della sua felicità.
Rimasi ferma a letto con l'ansia che, già dalla sera prima, mi privò del sonno. La sveglia posata sul comodino alla mia destra cominciò a trillare rimbombando nelle mie orecchie e disturbando i miei angosciosi pensieri. Mi levai dal letto dirigendomi verso il bagno, nel corridoio incrociai mio padre che disse:
«Sei pronta? Hai preparato tutto?»
Lo guardai e, posandogli la mano sul braccio, lo scostai e corsi verso il bagno. Chiusi la porta alle mie spalle e, chinando il capo sulla toilette, cominciai a vomitare -l'ansia, mi aveva sempre fatto quell'effetto. Anche per le piccole cose, ella si presentava come un demone facendomi pressione sulla bocca dello stomaco-. Mi sollevai dalla tazza del bagno e, nel dirigermi verso il lavandino, notai mio padre fermo sulla soglia della porta che aveva spalancato:
«Nel bagno vige la privacy, no?» Dissi guardando il mio riflesso allo specchio affisso sopra il lavandino mentre aprivo l'acqua per sciacquarmi il viso
«Vedi, Christine, è proprio di questo che ti parlavo l'altro giorno. Hai bisogno di socializzare, di conoscere persone e divertirti. È questo il cruccio del chiudersi in se stessi» Imputò con aria seriosa
«Papà! Ti prego, ho detto che farò come vuoi e tra poco sarò pronta a scendere, quindi lasciami stare. Ho solo avuto un'indigestione» Risposi con le mani congiunte sotto il getto dell'acqua pronta a detergermi il viso
Scese le scale borbottando qualcosa che non potei sentire e, quando fu alla fine dei scalini gridò:
«Ti aspetto in macchina! Fatti una doccia veloce e prendi le tue cose, siamo già in ritardo!»
«Il tuo stupido campo estivo non metterà le gambe scappando via! Non siamo in un fottuto film di Tim Burton!» Risposi a voce alta schernendo la sua fretta
Quando ebbi finito di toelettarmi, presi le mie poche borse e mi precipitai di corsa giù dalle scale raggiungendo il mio genitore in macchina:
«Comincio a pensare che tu voglia sbarazzarti di me! Vai così tanto di fretta!» Esclamai in modo ironico
Lui mise in moto l'automobile emettendo un leggero ghigno di complicità.
Tirai fuori l'Eye liner dalla tasca e, servendomi dello specchio retrovisore, cominciai ad applicarlo:
«Christine! Non spostarmi lo specchietto. Non potevi farlo in casa questo?» Rimproverò mio padre
«Non potevi farlo in casa» Risposi imitando il suo tono di voce atto a sbeffeggiarlo mentre, portando la punta dell'Eye Liner all'occhio, cominciai ad applicarlo alla meno peggio.
Scesi dall'auto portando lo zaino alla spalla mentre, mio padre, teneva l'altra mia borsa. Posò la mano sulla mia schiena e, con molta tranquillità, cominciò ad accompagnarmi dinanzi al grosso cancello sulla quale v'era affissa l'insegna «Champ chaud» -La bruttezza di quell'insegna mi fece inorridire-.
Entrai all'interno del campo scortata da mio padre e, quando vidi la totale assenza di tranquillità che v'era nell'aria, arrestai di colpo i miei passi e pensai: «Morirò, sicuramente»
Dinanzi ad una larga schiera di ragazzi e ragazze che urlavano bagnandosi con delle pistole a getto d'acqua e palloncini, mio padre, posando la borsa ai miei piedi disse:
«Scricciolo, ci vediamo tra due settimane! Comportati bene e cerca di fare amicizia. Se hai qualche problema chiamami» Accennai un «Sì» con la testa e, guardando mio padre andare via, presi a camminare verso una meta sconosciuta con le borse strette nelle mani.
«Ragazzina! Sì! Dico a te! Proprio a te!» Gridò una donna puntando il dito su di me
«S-s-sì?» Risposi insicura
«Cosa ci fai qui? È proprietà privata!» Esclamò ella portando gli occhiali da vista sulla punta del naso, scrutando la mia figura da sopra gli specchi che aveva abbassato
«I-io sono iscritta: Christine Rosseau» Dissi con fievole voce pronunciando il mio nome attutito dallo schiamazzo che v'era in quel campo
«Ohh! Sì, hai ragione. Perdonami, ma qui entrano sempre tanti intrusi, quindi è giusto chiedere. Stanza 207! Sei con Gerard, è molto simpatico! Ti divertirai. Vieni, seguimi» Incitò afferrando una delle mie borse
Le lasciai prendere il mio bagaglio e cominciai a camminare dietro di lei.
Le camere erano poste in delle cabine fatte di legno dipinto di un colore scuro, tutte attaccate l'una all'altra. La mia scorta mi abbandonò dinanzi la porta della camera 207 e, con leggero tocco, cominciai a bussare. L'inquilino gridò:
«Avanti! È aperto!» Con tono infastidito
Entrai aprendo leggermente la porta e, quando fui dentro, posai le borse sulla moquette che appariva lercia e ricoperta di briciole di cibo. Focalizzai la camera in legno e, con grande stupore, notai che era più grande di quello che sembrava all'esterno.
Al piano inferiore di un letto a castello, v'era sdraiata una figura di sesso maschile che, comprendo il viso, teneva un fumetto attaccato al volto atto a leggerlo:
«C-ciao, io sono Christine, molto piacere» Proposi allungando la mano verso di lui sperando in una semplice presentazione
Egli si levò da quella posizione mettendosi seduto sul letto e ignorando la mia mano disse:
«Christine, in questa camera puoi fare il cazzo che ti pare! Ma ti prego, te lo chiedo per pietà! Non lasciare indumenti sporchi in giro e non ascoltare musica ad alto volume»
Distratta dai tratti del suo viso, mi limitai ad annuire mentre cominciai a scrutare ogni suoi dettaglio. Era di bell'aspetto, ma allo stesso tempo curioso. Aveva un naso pronunciato, dei capelli biondo chiaro e ricci con rasatura ai lati, dei gran bei occhi azzurri; le sue labbra -dio quelle labbra- carnose e rosse come ciliegie.
Dopo aver terminato le sue premesse, si levò dal letto e, abbracciandomi, lasciò due piccoli baci sulle mie guance:
«Qui non si usano strette di mano! Novellina» Disse allargando un sorriso che, scoprendo la sua dentatura perfetta, mi fece sentire inadeguata.
Rimasi in camera da sola tutto il giorno, posando le mie cose con meticolosità nei cassetti che avevo a disposizione. Con il favore del buio, mi addormentai, nel letto superiore, stremata dalla notte insonne che avevo passato il giorno precedente.
Fui destata da un insolito rumore; quelli che pareano dei passionali baci, interruppero sonno. Sollevai la testa e, scorgendomi dal letto, presi a guardare quello al piano terra, notando due figure l'una distesa sopra l'altra scambiarsi piccoli e appiccicosi baci.
Quando i miei occhi furono schiariti dalla ripresa della razionalità, potei notare due ragazzi completamente nudi; in quell'intreccio di corpi riconobbi Gerard, il mio compagno di stanza.
Con il corpo contratto in una mole di piacere, emetteva piccoli gemiti assecondando con il bacino i movimenti che l'altra figura faceva con la mano tenendo stretto il pene del mio coinquilino.
Focalizzai il viso dell'altro ragazzo, era angelico e privo di ogni impurità; quella scena mi apparve bellissima e, stampandola nella mia mente, tornai al mio posto. Stando distesa di schiena e, con gli occhi rivolti al soffitto, cominciai ad immaginare ciò che stava avvenendo poco sotto di me e, incitata dai gemiti che salivano fino alle mie orecchie, infilai una mano sotto le coperte iniziando una squallida sessione di masturbazione.
Ad ogni gemito, ad ogni bacio, ad ogni loro palpito, cercavo d'immaginare ciò che stesse accadendo, toccandomi in modo iroso.
Sfilai le coperte dal mio corpo riversandole ai piedi del mio letto e feci lo stesso con i miei pantaloni accompagnati dalle mie mutandine. Allargai le gambe e, bagnando i polpastrelli della mia mano sinistra con la mia saliva, cominciai a toccare il mio sesso premendo sul clitoride e muovendo in senso rotatorio. Con la mano destra stringevo i miei piccoli e turgidi capezzoli che, alzando la maglietta sul mio petto, lasciai uscire.
Infilai medio e anulare della mano destra nella vulva mentre, con la mano sinistra, continuavo a massaggiare il mio clitoride. Quando il rumore dei loro gemiti si affievolì, rallentai l'atto per evitare che la tragica onomatopea che provocava la mia fica bagnata dal piacere, arrivasse alle orecchie dei miei lussuriosi coinquilini.
Strinsi gli occhi lasciandomi travolgere dall'odore del sesso e, sbadatamente, impattai con il piede destro i pantaloni che avevo rimosso e che avevo adagiato ai piedi del mio letto. I miei indumenti caddero al suolo emettendo, in quella troppo silenziosa notte, il più sgradito dei suoni che mi fece notare all'istante:
«Cos'era?» Disse sotto voce l'amante di Gerard
«Shhhh» Rispose lui
Tolsi la mano dalla mia vulva e la portai sulle labbra atta a coprirle e ad evitare ogni minimo rumore, spalancando gli occhi, serrai le gambe mentre quella tragica sensazione di nausea che conoscevo bene cominciò a dilaniare il mio stomaco.
Potei sentire i ragazzi levarsi dal letto e, con grande panico, cercai di tirare verso il mio corpo le coperte che posavano ai bordi del mio capezzale -Non avrei potuto afferrarle di colpo, avrei fatto troppo rumore-.
Gerard, salendo sul letto del piano inferiore, si arrampicò posando lo sguardo su di me. In qualche modo, provai a coprire i miei seni e la mia fica con le mani. Egli mi guardò e sorrise ed io, stupidamente, ricambiai il suo sorriso mostrandomi imbarazzata.
Gerard non disse niente, scese e si mise in piedi dinanzi al suo compagno dai capelli lunghi e scuri che, indolente, era rimasto nudo a sedere sul letto del piano inferiore. Mi affacciai e, con grande stupore, notai quell'ignoto ragazzo prostrato in ginocchio dinanzi al mio compagno di camera. Guardai con attenzione quella scena, scrutai con molto interesse il momento in cui, il ragazzo di Gerard, aprì la bocca tirando fuori la lingua atta a far scivolare il pene del mio coinquilino nella gola. Notai l'espressione di piacere sul volto del mio compagno di stanza e, come presa dall'estetica di quell'atto, intercettai con i piedi la scaletta posta ai bordi del mio letto.
Cominciai a scendere piano e, quando fui al piano terra, continuai a tenere lo sguardo su quella dolce copula omosessuale.
A passo lento, mi diressi verso il compagno di stanza acquisito che posava in ginocchio donando piacere a Gerard. Osservando il volto corrucciato del mio coinquilino, mi portai in ginocchio di fianco al ragazzo dagli angelici tratti. Come fatto di comune accordo, egli afferrò il pene di Gerard con una mano facendolo scivolare via dalla bocca e, guardandomi con le labbra umide, lo portò dinanzi alle mie.
Spalancai le fauci come in virtù della leccornia perfetta e, utilizzando la lingua come scivolo, lo portai nella mia bocca socchiudendo leggermente le labbra intorno a quel grosso e carnoso sesso. Prodiga alla fellatio, fui incitata dal nuovo coinquilino che, poggiando una mano sulla mia testa, incoraggiava i miei movimenti sfidando il mio riflesso faringeo.
Quando ebbi il sentore del grosso arnese di Gerard vicino alla mia gola, cominciai a tossire tirandolo via dalla bocca.
Il lussurioso compagno rise per la mia incapacità e, afferrando il sesso del mio biondo coinquilino, disse:
«È così che devi farlo!» Facendo sparire il pene di Gerard completamente nella bocca
Stampai un sorriso di fastidio e imbarazzo sul mio volto quando, Gerard, con grande impeto, afferrò i polsi miei e quelli del misterioso compagno.
Levata in piedi, dinanzi al mio bel casigliano, cominciai a baciarlo passionalmente mentre, il suo dolce amante, posava dietro di me e, facendomi percepire il suo sesso contro le mie natiche, lasciava dei piccoli bacini umidi sulla mia schiena.
Gerard, chinandosi leggermente in avanti verso di me, posizionò le mani sul mio interno coscia e, poggiandosi le mie gambe sugli avambracci, mi sollevò da terra lasciandomi sospesa per aria sulle sue forti braccia.
Posai le mani dietro la nuca del mio coinquilino, atte ad aumentare la sicurezza della presa mentre, l'ignoto ragazzo, leccava il mio ano lubrificandolo per il seguito.
Gerard, posizionandomi meticolosamente sul suo sesso, lo fece entrare dentro di me con grande calma; sentivo il suo caldo perimetro farsi spazio nel mio basso ventre e, ad occhi stretti, godevo del momento.
Il ragazzo alle mie spalle si levò e, con un po' di difficoltà, infilò la sua cappella nel mio posteriore donandomi una sensazione di dolore che sposava perfettamente quella di piacere che mi regalava Gerard.
Investita dal calore dei loro corpi, gemevo e godevo contraendo ogni muscolo del mio.
Al culmine del piacere, potei sentire, con surreale coordinazione, i loro caldi fluidi emergere nel mio corpo contemporaneamente, tuttavia la copula terminò solo qualche ora dopo, quando stremati, ci addormentammo tutti e tre sul letto a pian terreno.
Il giorno dopo la sveglia del mio cellulare suonò, mi destai dal sonno guardando quei due angelici e puerili ragazzi dormire di fianco a me. Mi sollevai e, per non svegliarli, feci in fretta a disattivare l'assurdo cinguettio che avevo impostato come sveglia.
Andai al bagno e, seduta sul gabinetto, decisi di mandare un messaggio al mio insistente padre:
«Papii! Avevi ragione, questo posto è magnifico ;) ♥»
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Aggiunto: 5 anni fa
Utente:
«Decisamente ben scritto. La lettura è davvero piacevole soprattutto per la tua maestria e capacità di giocare con le parole. Ma anche lo svolgimento è ben congeniato. Lo immagino come sceneggiatura per un fumetto erotico. Tavole disegnate da una buona matita con la tua "regia" sarebbero degne dei migliori fumetti di questo genere. Brava.»
«Bellissimo!!! Un vero crescendo di sensazioni!!!»
«Bello anche se io non capisco la parte gay bisex se pur minima»