Jasmine, l'autrice di quel breve comunicato, era una mia vecchia amica dei tempi del liceo. Una settimana prima, fui invitata ad un'escursione per negozi da sua sorella minore con la quale, sovente, gironzolava per la città. Educatamente, senza ricordarmi il suo nome, le dissi che avrei preso una decisione nel corso dell'attuale settimana; come tutti, avevo utilizzato un'attenuante per evitare quell'imbarazzante rimpatrio con la mia vecchia compagna di banco e sua sorella minore.
Alla fine, non ebbi modo di rifiutare e quindi, terminai la conversazione con un'affermazione positiva.
Pur senza voglia, avendo esaurito le discolpe, mi recai di primo mattino all'entrata dei grandi magazzini nella quale avremmo dovuto fare del sano Shopping primaverile. Guardai più volte l'orologio, notando con grande stupore che Jasmine e Sophie avevano un greve ritardo rispetto all'orario stabilito.
Pensai, sollevata, di tornare a casa a perdermi nel ozio del mio giorno libero quindi mi chinai sulla borsa, che ebbi precedentemente adagiato ai miei piedi, per afferrarla e così mettermi in cammino quando, sollevandomi da quella posizione, notai Jasmine corrermi in contro tenendo Sophi stretta per mano:
«Siamo qui! Siamo qui!» Gridò ella sorridendo.
Jasmine era poco più bassa di me e, sul suo volto, elargiva sempre un bellissimo sorriso bianco come latte e lucente come supernova che, sulla sua carnagione bruna, spiccava donando grande tepore ai cuori di coloro alla quale lo regalava.
Il suo viso, di color cioccolato, era ornato con dei bellissimi occhi verdi, vispi e pieni di vitalità brillavano sopra quell'innocente sorriso.
I suoi capelli, raccolti in delle amabili treccine, le davano un tocco selvaggio ma allo stesso tempo elegante. Sophi, allo stesso modo di sua sorella, era bella e delicata nei tratti. Anch'ella, copiando il gene della maggiore, mostrava una pelle mulatta, leggermente più chiara di Jasmine, sulla quale portava degli amabili brillantini Sticker. I suoi occhi erano scuri e i suoi capelli, crespi e spessi, erano raccolti in due simpatici codini. Sophi, a differenza di sua sorella, sorrideva di meno pur essendo più piccola e spensierata; il suo sguardo, a tratti, appariva truce e, pur non essendo una bambina, portava sempre con se una bambola che lasciava pendere dalla sua mano tenendola per la gamba.
Osservai il loro vestiario che, come agli occhi di tutti, mi apparve stravagante ma alla moda. Jasmine indossava una maglietta più grande della sua misura che, con un bellissimo effetto Oversized, le cadeva sulle cosce quasi fino alle ginocchia e le nascondeva il seno.
Dei pantaloni cargo, verdi e neri, sposavano perfettamente con la sua T-Shirt e ai piedi calzava delle scarpe da ginnastica bianche.
Sua sorella minore, indossava una canottiera di colore rosa, sulla quale v'era stampata l'immagine di un grazioso micio nero con il pelo arruffato. Sotto quella sgargiante canotta, portava una gonna di colore scuro e ai piedi, delle bellissime Chunky di colore rosa e nero, sulla quale indossava degli scaldamuscoli arrotolati che le davano un grazioso tocco da scolaretta.
Jasmine afferrò la mia mano e, guardandomi negli occhi, disse:
«Andiamo a provare tanti bei vestiti!»
Pur non essendo timida, non comprendevo il suo entusiasmo e mi sentivo in imbarazzo. Il suo modo di fare era sempre molto affabile pur non avendo un bel passato -infatti, Jasmine e Sophie, nacquero da genitori Congolesi che, per cause di eventi, non poterono dare una casa alle due splendide sorelle che furono adottate da una Famiglia Parigina-.
Entrammo in quel grande centro commerciale in cerca di un negozio che piacesse alle mie compagne d'avventura. Trovammo un bellissimo posto che, in vetrina, esponeva degli enormi cartelli dove annunciavano i saldi e, catturate da quella parola, decidemmo di entrare. Cominciammo, quasi meccanicamente, a caricare gli avambracci di vestiti decidendo di provarli in un secondo momento.
Jasmine, presa da un frenetico entusiasmo, raccoglieva vestiti per se e per sua sorella che se ne stava seduta su una di quelle poltrone per provare le scarpe, dinanzi allo specchio.
Quando finimmo la corsa tra gli scaffali, decidemmo di recarci verso i camerini per provare gli indumenti che avevamo arraffato.
Gli spogliatoi erano grandi e in legno, rimasi colpita dalla spaziosità di ogni cabina, avevano una porta che si chiudeva con un piccolo lucchetto di colore oro. Un grosso specchio era appeso sulla parete sotto la quale posava un piccolo sgabello anch'esso in legno. Posai gli abiti sulla seduta e, cominciando a spogliarmi, mi preparavo ad indossare le prime cose. Fui solo con le mutandine quando, con molto stupore, qualcuno cominciò a bussare alla mia porta:
«È-è occupato» Dissi timidamente coprendomi i seni pur se non potevano vedermi
«Sono io» Rispose Sophi con tono scocciato
«Oh, sei tu. La tua sorellona è nel camerino accanto, ma petite» Dissi con tono sollevato.
Ella, come se non avesse sentito la mia risposta, continuò a bussare alla porta del mio camerino. Spinta da quel sommesso bussare, sollevai il piccolo lucchetto e schiusi la porta portando fuori solo la testa e ripetei:
«Sophi, tua sorella è nel camerino accanto»
Ella, facendosi spazio a fatica tra la fessura che avevo creato, entrò nel mio momentaneo rifugio. Chiuse la porta alle sue spalle e, con totale naturalezza, si mise a sedere sulla montagnetta di vestiti che avevo adornato su quel piccolo sgabello:
«C-c-cosa fai?» Le dissi coprendomi i piccoli seni
«Volevo vederti» Disse con aria sfacciata e impassibile
«M-m-ma! Sophi, non puoi» Risposi con tono deciso pur se imbarazzata
«Sono una ragazza anch'io» Ribatté regalandomi un leggero sorriso dalla quale faceva trasparire la sua dentatura.
Scuotendo la testa, cercai di liberarmi da ogni inibizione e abbassando le mani, cominciai ad indossare i primi accessori che erano sfuggiti alle natiche di Sophi, che erano posate proprio sui vestiti che avrei dovuto provare.
«Hai un bel corpo» Disse lei facendomi cadere nuovamente in imbarazzo mentre, tenendo la sua bambola per una gamba, la faceva volteggiare come un'elica
«S-s-sophi!» Risposi con fermezza a quel complimento
Ella sorrise e, balzando in piedi, portò le sue mani sui miei fianchi spingendomi contro la parete in legno del camerino. Non era molto alta, anzi, era decisamente bassa; la sua testa arrivava poco meno al mio sterno e pure, con grande stupore, non ebbi modo di poter uscire da quella stretta che mi costringeva ferma contro quel muro di truciolato.
Lentamente cominciò a percorrere il mio ventre con la punta delle sue dita e, di scattò, potei sentire il tocco della sua mano destra proprio tra le mie gambe atta a masturbare il mio sesso.
Lasciò cadere la bambola che si posò accanto alle mie caviglie e, abbassandosi in ginocchio, portò le mani sull'elastico delle mie mutandine abbassandole con grande velocità.
La guardai negli occhi e, scuotendo il capo, le mimai un «No». Ignorò totalmente la mia negazione e, con scatto improvviso, posò lingua e labbra sulla mia vulva cominciando a coprirla di saliva e tiepidi baci.
Alzai lo sguardo e strinsi gli occhi in una smorfia di sordo piacere quando lei, con fare malizioso, aumentò il fervore con la quale leccava il mio clitoride. Posai la mia mano sul suo capo, i suoi crespi capelli solleticavano il mio palmo mentre, con gran forza, spingevo la sua testa verso il mio sesso. Potei sentire la sua lingua entrare nella mia fica quando, con leggero sorriso, presi a guardare il suo volto.
Le sue piccole mani picchiavano sulle mie sottili cosce, lasciai andare la presa per farla respirare e lei, sollevata, prese una gran boccata d'aria per poi ricominciare meticolosamente a leccare.
I miei gemiti, da muti, cominciarono a diventare dei veri e propri leggeri versi appena udibili. La porta emise un fievole suono e, posando gli occhi a guardarla, mi accorsi che non avevo chiuso il lucchetto che la serrava:
«Dorothée, Dorothée! Sophi è lì con te? Non c'è qui fuori!» Esclamò Jasmine preoccupata da dietro la porta
«A-ah-ahh c-c-chi?» Risposi persa nei gemiti
«Sophi! Mia sorella! Dorothée, stai bene?!» Rispose ella
«S-s-s» Non terminai la frase che ella aprì la porta e si intrufolo all'interno scoprendo quell'orribile delitto nella quale ero stata costretta
«Ma che diavolo significa?!» Chiese Jasmine a gran voce.
Sophi si sollevò in piedi e, con una mano, tappò la bocca di sua sorella guardandola negli occhi e disse:
«Jasmin, zitta. Va tutto bene, vieni» Afferrando la sorella maggiore per la mano, si posò di nuovo in ginocchio dinanzi a me che, con gli occhi pieni di lacrime e mossa dai sensi di colpa, ero rimasta impietrita nell'angolo in cui ero stata costretta.
Jasmin si posò sulle ginocchia accanto a sua sorella che, intanto, aveva ripreso a leccare il mio sesso mentre, con sguardo bieco, guardava il mio volto:
«Io non c'entro niente, non c'entro niente» Le dissi a voce bassa lacrimando
«Sai quant-» Jasmine cercò di terminare la risposta quando fu interrotta dalla mano della sua impure affine che, posandosi sulla sua testa, la spingeva contro il mio sesso.
«Zitta e lecca!» Disse Sophi staccandosi dalla mia vulva per dare spazio alla sua sorellona.
Posai lo sguardo su quell'atto e, guardandole, notai le mani di Sophi posate a forza sulla testa della sorella maggiore che, spinta con la lingua nel mio sesso, leccava affannata.
«Basta» Pregai Sophi con fievole voce
Ella, creandosi spazio accanto alla sorella, cominciò anche lei il solito rituale. Entrambe, come in simbiosi, leccavano il mio clitoride avvolgendolo tra le loro umide lingue; coprendomi con una spirale di vergognoso imbarazzo, leccavano spasmodicamente con una coordinazione eccellente.
Sophi terminò l'atto e, dolcemente, posò il pollice della sua mano destra sul mio clitoride mentre, sua sorella, imitandola fece lo stesso -massaggiavano il mio clitoride con i polpastrelli dei loro pollici mentre scambiavano sguardi e sorrisi di divertimento l'una con l'altra-.
Ansimai forte guardandole entrambe e, in quel preciso momento, potei percepire un senso di frivolo inganno; una concreta messa in scena atta a spogliarmi delle mie vergogne.
Jasmine afferrò le mie mani e, tirandomi in avanti, staccò il mio corpo dalla parete facendolo posare in piedi al centro della stanza mentre, gattonando, Sophi passò tra le mie gambe portandosi dietro di me con la faccia rivolta verso le mie natiche, in ginocchio.
Jasmine guardava la mia vulva mentre, la sua impura sorellina, allargava le mie natiche con le sue mani.
«1.. » Sophi
«2.. » Jasmine
«3.. » Sophi - Jasmine
Prese in una sciocca e coordinata conta, le due sorelle attaccarono il mio corpo con le loro lingue. Sophi, priva di ogni pudore, cominciò a leccare con fervore il mio culetto mentre, sua sorella Jasmine, divorava la mia vulva con fare iroso.
Affranta in quell'incommensurabile piacere, conclusi le mie forze in un'ultimo e lungo gemito. Caddi al suolo quando, le due sorelle soddisfatte, terminarono quell'atto.
Inerme su quel polveroso pavimento, le vidi varcare la porta e andare via. Uscite dal camerino, con fare irrisorio, intercettarono un membro dello Staff di quel posto e potei sentirle dire:
«Non ci serve nulla!» disse Jasmine
«Abbiamo già preso tutto» Aggiunse Sophi ridendo
«Alla nostra amica serve qualcosa, sembra svenuta!» Conclusero insieme ghignando
Cominciai a sentire qualcuno dirigersi verso gli spogliatoi quando, come presa da un gran sonno, chiusi gli occhi perdendo i sensi.
«Ti ringrazio! »
«molto bello e scritto stupendamente ,ti da quel senso di partecipazione veramente bello brava»
«Grazie mille »
«veramente bello scritto bene brava, alla prossima»
«bello»