“Dobbiamo essere pronti a sacrificare ogni cosa in nome della libertà”
Aveva detto la Principessa Mirella al Conte Rubico.
“Persino le nostre stesse vite. Persino la mia vita”.
Con queste parole lo aveva convinto ad aderire al suo piano, ed ora lei era lì, completamente nuda insieme ad altre due schiave fuori al palazzo di Mirakthos, l’Ambasciatore Nero, voce e braccio dell’Imperatore nel Regno dell’Est.
La voce del dissenso del Conte Rubico era arrivata alle orecchie sbagliate e l’ambasciatore dell’Imperatore si apprestava ad inviare la notizia della possibile rivolta fino alla Capitale. Così era stato necessario un gesto distensivo. Cosa c’era di meglio di regalare un paio di schiave da letto? Anzi, aveva suggerito Mirella al Conte, facciamo tre. E così si era unita al regalo fingendosi una schiava.
Nessuno l’aveva mai vista in volto grazie alla rigida etichetta dell’Est, così poteva contare sull’anonimato. Le era stato creato un collare che recitava “Fairy Slave” e si era denudata. Le due sue compagne di viaggio ignoravano la sua vera identità e la sua vera missione. Erano due belle donne ormai abituate ad essere scambiate e donate per appianare i dissapori tra i nobili dell’Est. Usate e vendute per la pace tra gli aristocratici. “Lingua Avida” era la più alta, con due grossi seni e una chioma bionda. “Vacca da Monta” invece era più bassa, ma aveva i più grossi seni che Mirella avesse mai visto. Sfidavano le leggi della gravità, grandi, sodi e puntati verso l’alto. Uno spettacolo ipnotico. Fairy Slave spiccava in negativo tra le due, avendo seni piccoli, appena accennati.
Le porte del palazzo di Mirakthos furono aperte e le schiave condotte al suo interno.
- Forza, entrate – disse un soldato Imperiale con la classica armatura nuda sul bacino e con il cazzo duro e svettante.
Fairy Slave camminava con qualche difficoltà, ma cercava di non darlo a vedere muovendosi lentamente, con piccoli passi. Appena dietro di lei la seguivano Vacca da Monta e Lingua Avida. Furono condotte lungo un corridoio colmo di arazzi con gli emblemi imperiali, fino ad una stanza in cui Mirakthos le attendeva.
L’Ambasciatore Nero indossava una vestaglia scura aperta sul davanti, che mostrava le sue nudità. Il cazzo era moscio e penzolava inerme. Sedeva su un grosso letto a baldacchino. Appoggiò un gomito su un ginocchio protendendosi in avanti, ammirando il dono del Conte Rubico.
- Beh, che dire, niente male – ammise guardando Vacca da Monta e Lingua Avida.
Poi si soffermò su Fairy Slave e la sua espressione mutò verso la delusione. La ragazza, piccola e minuta, dai capelli e gli occhi castani, non sembrava spiccare per niente in particolare. Si, era bella, nulla da dire, ma quel seno così piccolo, appena accennato, non deliziava lo sguardo dell’uomo.
- Tu sembri quasi un insulto alla mia persona – disse rivolto alla Principessa sotto mentite spoglie – forse il Conte voleva dileggiarmi con quest’ultimo dono.
La principessa non si perse d’animo e si voltò, chinandosi leggermente, mostrando un culetto semplicemente perfetto, tondo e armonico, in cui sarebbe venuta voglia di affondare il volto e la lingua per giorni.
- Il mio padrone pensava di farti cosa gradita donandoti il mio culo. – disse.
L’ano sembrava già leggermente dilatato, come se fosse già pronto ad essere penetrato. Mirakthos sembrò soddisfatto e, ancora più di lui, il suo cazzo sembrò apprezzare molto. Rapidamente infatti iniziò a gonfiarsi alla vista del culo di Fairy Slave e in pochi attimi era duro e pronto per essere soddisfatto.
Non era un cazzo molto grosso, piuttosto nella media. Nulla a che vedere con il massiccio pene del Re, il padre di Mirella. Le sembrò davvero svilente l’idea di dover sollazzare quel pene così anonimo, ma, del resto, occorreva essere pronti a sacrificare ogni cosa in nome della libertà.
- Avanti – le incitò l’uomo – sollazzatemi.
Lingua Avida non se lo fece ripete due volte. Cadde subito in ginocchio tra le gambe dell’uomo seduto sull’orlo del letto e gli prese in bocca il membro avvolgendolo con la sua calda lingua. In pochi attimi il cazzo era ricoperto di saliva e i rumori del risucchio di quel pompino diventavano sempre più forti. La salivazione di Lingua Avida era tale che ben presto i testicoli e il perineo dell’Ambasciatore Nero si inzupparono completamente e perfino il letto sotto di lui iniziò a bagnarsi.
L’uomo sembrava apprezzare molto a giudicare dai gemiti che emetteva. Lingua Avida aveva le mani completamente bagnate di saliva che spalmava su e giù sulla turgida asta, come lucidando un pomello fino a farlo brillare. Intanto con la bocca risucchiava e leccava la cappella, rilasciando sempre più saliva. La lingua carezzava ogni centimetro di pelle della nerchia, ruotando con esperienza e stimolando i punti giusti.
Era palese che l’uomo non aveva mai provato nulla del genere. In pochi minuti si ritrovò a stringere il lenzuolo tra le mani, come a voler trattenere il piacere.
- Basta – disse, ma Lingua Avida sembrava non udire.
- Basta ho detto, vuoi farmi sborrare così presto? – ripeté con voce irata, ma ancora Lingua Avida sembrava non udire e continuava a ricoprire di saliva e attenzioni il cazzo dell’Ambasciatore.
Quest’ultimo fu costretto ad alzare la mano destra e schiaffeggiarla per attirare la sua attenzione. Lo schiocco dello schiaffo interruppe finalmente il pompino della schiava che non si scompose assolutamente.
- Perdonatemi padrone – disse semplicemente chinando il capo e allontanandosi.
- Ora voglio provare le tue tette – disse guardando Vacca da Monta.
Quest’ultima si inginocchiò al posto occupato pochi attimi prima dall’altra schiava e afferrò il cazzo nella sua mano. Quindi lo introdusse tra i suoi seni. Appena fu certa che fosse ben inserito in mezzo alle enormi carnosità, poggiò le mani sui lati delle tette per assicurarsi che il cazzo non sfuggisse e iniziò a muovere il busto su e giù.
Grazie alla saliva di Lingua Avida, il cazzo scivolava facilmente in mezzo a quei seni enormi. La sensazione della carne così soda e piena che avvolgeva il membro dell’Ambasciatore era paradisiaca. Vacca da Monta stringeva le mani sulle sue tette per assicurarsi di offrire la migliore sensazione possibile, in modo che la sua pelle aderisse perfettamente attorno a quel cazzo, stimolandolo completamente.
- Cazzo – disse Mirakthos – sei bravissima…
- Sono onorata mio Signore – rispose Vacca da Monta senza ridurre il ritmo. Tirò fuori la lingua e la lasciò pendere verso il basso, lasciando che lentamente un filo di saliva colasse tra i suoi seni aggiungendosi a quella che già ricopriva il cazzo dell’Ambasciatore, per migliorare ancora di più la lubrificazione.
- Basta ora – disse l’uomo – voglio provarvi tutte e tre prima di venire
- Ma, mio Signore – si lamentò timidamente Vacca da Monta – non desiderate sborrare tra le mie tette? Non volete onorarmi?
- Dopo, forse – disse stizzitò lui, quindi poggiò lo sguardo finalmente su Fairy Slave – non penso tu riuscirai a farmi godere più di loro, ma vediamo che sai fare piccoletta.
Fairy Slave sorrise maliziosamente alle sprezzanti parole e prese il posto di Vacca da Monta. In un istante si infilò l’intero cazzo in gola, fino alle palle, senza un minimo problema. Poi risalì rapidamente fino alla punta per riscendere di nuovo con grandissima velocità. Ripeté quest’operazione diverse volte mentre con la mano carezzava i testicoli bagnati di saliva.
- Porca troia! – urlò l’Ambasciatore agguantando di nuovo il lenzuolo. Nessuna gliel’aveva mai succhiato con tanta foga, vigore e passione come quella schiava. Sembrava come se volesse ingoiarglielo tutto, fino alle palle, come se non le bastasse mai. Il risucchio delle sue labbra quasi gli strappava via la sborra direttamente dalle palle.
- Ragazzina ti ho sottovalutata – ammise Mirakthos mentre Fairy Slave continuava ad andare su e giù rapidamente lungo l’asta – sei la troia più puttana che abbia mai preso il mio cazzo in bocca. Ti sei meritata di assaggiare la mia sborra, vai avanti fino a farmi venire… Fammi scoppiare!
Mentre Mirella continuava a succhiare e con una mano giocava con i testicoli dell’Ambasciatore, con l’altra mano scese tra le proprie cosce, verso il proprio ano. Iniziò a giocherellarci per qualche secondo poi, appena fu certa che lui fosse troppo impegnato dal piacere per notare i suoi movimenti, ci infilò un dito dentro. Avvertì subito la presenza che stava cercando, quindi iniziò a rilassare i muscoli dell’ano e spinse per farla uscire fuori. Si trattava di un oggetto oblungo e piuttosto spesso, avvolto in foglie di banano lubrificate da olio di cocco. Non fu facile farlo uscire tutto mentre ancora succhiava il cazzo di quell’uomo. Piano piano quella presenza che era stata dentro di lei tutto quel tempo uscì fuori. Fu una liberazione anche se in questo momento sentiva il proprio culo completamente dilatato e pronto ad accogliere.
Con la mano libera piano piano rimosse le foglie di banano mostrando un coltello appuntito. Nuda com’era, non aveva possibilità di portarlo in nessun altro modo se non nel proprio culo. Ci aveva messo non poco ad infilarselo, ma ne era valsa la pena. Ora l’Ambasciatore era alla sua mercé.
- Sto venendo! – urlò lui.
Fairy Slave per tutta risposta smise il proprio pompino e fece uscire il cazzo dalla propria bocca, assicurandosi che il coltello fosse fuori dalla vista dell’uomo.
- Che cazzo fai! – urlò mentre copiosi fiotti di sborra uscivano dal cazzo lasciato al suo destino. Frustrazione e rabbia si dipinsero sul volto dell’uomo per via dell’orgasmo rovinato – Cazzo, no, così no! Ti punirò troietta, ti punirò terribilmente! Non sai cosa facciamo alle schiave disubbidienti nella Capitale!
- Non credo proprio – rispose Fairy Slave.
Mentre ancora il cazzo di lui era steso sul ventre e riversava copiosi fotti di sperma, la Principessa tirò fuori il coltello e lo infilò con violenza tra le palle e l’ano dell’Ambasciatore, dritto nel perineo. Il suo urlo di dolore fu lancinante, ma mai come quello che seguì quando Fairy Slave tirò con violenza in alto il coltello, quasi completamente evirando l’uomo. L’ultimo colpo di coltello fu riservato direttamente alla gola, mettendo fine alle sofferenze di Mirakthos per sempre.
Vacca da Monta e Lingua Abile urlarono sconvolte alla vista di tutto quel sangue e rapidamente due guardie fecero irruzione.
Fairy Slave, completamente nuda e coperta di sangue, diede un calcio a Lingua Abile, spingendola con forza verso le guardie che la aspettavano a lame sguainate. La freddarono senza pensarci su, ma diedero il tempo alla Principessa Mirella di abbracciare Vacca da Monta e lanciarsi con lei dalla finestra.
Il volo fu alto e Fairy Slave fece in modo che ad atterrare sotto fosse proprio Vacca da Monta. Le ossa della schiava scrocchiarono in maniera inquietante all’impatto col terreno e dalla sua bocca uscì un fiotto di sangue. Il suo corpo, tuttavia, aveva attutito la caduta e Fairy Slave si alzò in piedi senza un graffio.
Nel palazzo già iniziavano a sentirsi urla di allarma e ben presto sarebbero corse fuori tutte le guardie per cercarla e ucciderla. Vacca da Monta era al suolo, agonizzante, con le ossa rotte e qualche brutto trauma interno. Sarebbe stato più umano porre fine alla sua vita rapidamente, ma purtroppo non ne aveva il tempo. Quindi fuggì al punto di incontro con l’uomo che doveva riportarla al castello.
Tutti dovevano essere pronti a sacrificare ogni cosa in nome della libertà, anche Vacca da Monta. Doveva essere felice che il suo sacrificio sarebbe servito a liberare l’Est.

Zoe e Cunya erano inginocchiate al centro della grossa sala delle udienze dell’Alchimista. Cunya, come di consueto, era nuda con le sue abbondanti forme e i capelli biondi corti e tirati indietro sul capo. Zoe portava invece capelli rossi, corti fino alle spalle come un caschetto. Questo era il suo colore naturale quando non se li rasava a zero. Da quando erano arrivate dall’Alchimista, infatti, aveva scelto di farseli crescere. Il suo corpo, in seguito all’esperimento subito il primo giorno, era pian piano tornato quello di prima. Non aveva più pettorali muscolosi, ma rotondi e sodi seni. Non più un sedere maschile, ma un culetto rotondo e morbido. Non più cosce muscolose, ma gambe sinuose ed atletiche. Solo un dettaglio non era ritornato come prima. Solo una parte di lei era rimasta maschile e non era tornata femminile come un tempo: il cazzo. Tra le sue cosce infatti svettava un possente pene costantemente in erezione.
L’Alchimista aveva detto che era un effetto collaterale che poteva succedere. Non si spiegava però come mai quel cazzo stesse sempre dritto e duro. Aveva provato a far sfogare Zoe con tutte le donne del suo harem, nel tentativo di calmare la sua lussuria, ma il pene era sempre duro e pronto. Appena sborrava, un attimo dopo era pronto a ricominciare. Zoe aveva dovuto imparare a convivere con questa costante sensazione di eccitazione. Tale era la situazione, che l’Alchimista le aveva concesso quattro schiavi, due donne e due uomini, pronti a soddisfare ogni sua esigenza quando il desiderio era troppo grande.
Finalmente l’Alchimista entrò nella sala delle udienze e prese posto sul suo trono ricoperto d’oro e gemme, dietro la possente scrivania.
- Vi ho convocate – disse – perché ho finalmente ciò che mi avete chiesto. L’armo per sconfiggere l’Imperatore.
Detto ciò estrasse dalla lunga tunica una boccetta con un liquido scuro e denso.
- Grazie mille – esclamò incredula Cunya che aveva quasi perso le speranze.
- Si tratta di un veleno – aggiunse l’Alchimista – dovrete cospargerne una lama e colpire l’Imperatore. Egli verrà immobilizzato per diverse ore, dando il tempo all’Eletta di ucciderlo.
- L’eletta è morta – sussurrò quasi con rabbia Cunya, chinando il capo verso il basso.
- No, ti sbagli – disse l’Alchimista sbuffando – Ti sbagli di grosso. L’Eletta è viva e vegeta e guida i ribelli.
Cunya e Zoe si scambiarono uno sguardo rapidamente.
- Clotilde? – si domandarono a vicenda, in coro.
- Zoe – continuò l’Alchimista porgendo la boccetta – va, portale il veleno. Ti farò dare un cavallo perché il tuo viaggio risulti più rapido e sicuro.
Zoe si alzò in piedi e si protese oltre la scrivania prendendo la boccetta che le veniva offerta.
- Un cavallo? Non potresti darcene due? – chiese Cunya.
- Ve ne darei due se entrambe lasciaste la mia dimora, ma solo Zoe andrà via. Tu resterai qui con me. Questo è il prezzo per il mio aiuto.
- Rimanere qui? – chiese Zoe – Perché? Che vuoi farle?
- Silenzio! – tuonò irato l’Alchimista – Non sono cose che ti riguardano. Prendere o lasciare. La boccetta in cambio di Cunya.
- Non possiamo cedere a questi ricatti – urlò Zoe.
- Zoe – disse finalmente Cunya sorridendo amara – Va, non preoccuparti. Me la caverò. Ora è più importante sconfiggere l’Imperatore.
- Ma non posso lasciarti qui.
- Va! – disse infine l’ex capo dei ribelli – è il mio ultimo ordine.
Zoe annuì e fu accompagnata fuori, da uno schiavo che indossava una maschera integrale di metallo a forma di testa di cane.
Quando Zoe fu uscita, uno degli schiavi con la maschera di metallo si avvicinò a Cunya e le avvolse il collo con un collare nero di cuoio da cui pendeva una pesante catena. L’Alchimista si alzò in piedi e si allontanò lungo il corridoio da cui era giunto, altrettanto fece lo schiavo tirando con la catena Cunya dietro di se.
- Che vuoi farmi? – chiese la donna senza ottenere risposta.
Alla fine del corridoio vi era una scala a chiocciola che saliva e che scendeva. L’Alchimista la imboccò verso il basso, scendendo rapidamente i gradini e, altrettanto, fecero lo schiavo e Cunya. Scesero moltissime scale, fino ad arrivare in una segreta molto profonda. L’Alchimista estrasse una chiave di metallo dalla tunica ed aprì una pesante porta di ferro al cui interno fece condurre Cunya.
All’ex capo dei ribelli furono legati i polsi e, quindi assicurati al soffitto con una catena. SI trovò così, nuda, con le mani legate in alto e completamente alla mercé di chiunque volesse approfittare di lei, tuttavia nella stanza vi erano solo lo schiavo, l’Alchimista e… una porta più piccola e bassa, proprio davanti a lei.
- Vedi, ho molte creature qui sotto, frutto di mie creazioni – disse l’Alchimista – e hanno bisogno di essere soddisfatte. Il problema è che io non so come soddisfarle. Oggi lo scopriremo insieme.
Detto ciò fece un cenno allo schiavo che aprì la piccola porta e scappò via, allontanandosi, rimanendo vicino alla porta d’ingresso dove sostava anche il grosso omone in tunica.
- Che vuoi farmi? – chiese Cunya iniziando a spaventarsi – Che cosa sta per entrare?
Nessuno rispose.
- Alchimista, non puoi farmi questo – Cunya iniziò ad urlare dal terrore appena vide qualcosa di viscido e oblungo sporgersi attraverso la porta – Cosa è quella cosa? Che vuole farmi?
- Zittiscila, non riesco a concentrarmi – ordinò l’Alchimista.
Lo schiavo corse nuovamente all’interno della stanza e infilò in bocca alla donna una pallina rossa, assicurandola alla nuca con un laccio di cuoio. Con questa imbavagliatura, Cunya non poteva fare altro che mugugnare, con forza e terrore, mentre “qualcosa” entrava nella stanza.
Piano piano, strisciando, fece capolino un enorme polipo blu con otto lunghi tentacoli. Al termine di ogni tentacolo svettava una possente nerchia. L’abominio sembrò notare subito la presenza di Cunya che mugugnava di terrore e paura e iniziò a muoversi in sua direzione.
In pochi secondi il primo tentacolo avvinghiò la coscia di Cunya che ebbe un sussulto, continuando ad urlare mugugnando disperata. Il tentacolo risalì la coscia, fino al sedere. La nerchia si fece spazio tra le sue natiche e, in pochi attimi, forza il suo ano.
Cunya sentì il tentacolo culminante nella nerchia farsi largo in lei sempre di più, sempre più profondo, mentre un secondo tentacolo le agguantò l’altra coscia.
Con gli occhi sgranati e impossibilitata a chiedere aiuto si voltò verso l’Alchimista che sembrava molto interessato all’evolversi degli eventi ma per nulla interessato ad intervenire.


Come di consueto, tra il 15° e il 16° Capitolo è disponibile un terzo interludio. Se lo vuoi, ti basterà richiederlo alla mail menestrello00@gmail.com. Aspetto inoltre commenti, domande, dubbi ma, soprattutto, suggerimenti! Grazie.
Visualizzazioni: 3 184 Aggiunto: 5 anni fa Utente: