Come eravamo rimaste d’accordo verso le nove del mattino Lucia busso’ alla porta.
Mi informo’ subito che Salvatore quella mattina era impegnato, gli avevano telefonato sul presto ed era dovuto uscire ad occuparsi di ulteriori problemi legati a quella famosa proprieta’ , problemi che, a suo dire, gli stavano facendo perdere il sonno , ma noi due avremmo potuto cogliere l’occasione per conoscerci meglio aggiunse e, soprattutto, le avrebbe fatto piacere fare amicizia con il mio bimbo piccolo. Quella mattina Lucia indossava un leggero prendisole, era senza calze, ma non aveva rinunciato ad un leggero trucco ed al suo costoso profumo. Cominciava ad affascinarmi quella donna che la sera prima mi aveva fatto scoprire un altro tipo di sesso che , stentavo a crederlo, mi aveva lasciata completamente appagata. Eppure a me piacevano gli uomini. Non avrei mai rinunciato ad essere penetrata da un bel cazzo ma avevo sperimentato con lei un’ altra faccia del piacere. Lucia era una donna di irresistibile sensualita’, mora di quel nero che lampeggia di riflessi azzurrini, fra i suoi capelli, raccolti in crocchia alla nuca, cominciavano ad esserci fili argentati che le davano il fascino della maturita’. Aveva furbi occhi neri che lasciavano intravedere un profondo, sofferto e segreto mondo unito ad una notevole intelligenza. Si muoveva con leggerezza e grazia, con i piedi leggermente divaricati, tanto che sospettai avesse un passato di danzatrice. Lucia non era delle mie parti, parlava con un leggero accento forestiero che non riuscivo a definire, mi ripromisi di chiederle di dove fosse. Aveva una voce piacevole anche se un po’ roca come quella di una accanita fumatrice. Il bimbo dormiva ancora, pertanto ci sedemmo in cucina per parlare un po’. Nel sedersi il prendisole le si era aperto sul davanti, vidi che era nuda sotto, per un attimo avevo di nuovo potuto ammirare le sue belle gambe ed un lampo del suo sesso corvino. Volle sapere di me e di come avevo conosciuto mio marito e con poche e ben poste domande era riuscita , da esperta indagatrice, a farsi raccontare tutto. Incredibilmente le avevo parlato anche dell’adulterio di mia madre al quale da giovanetta avevo assistito non vista, che mi aveva tanto sconvolta e che non avevo mai raccontato a nessuno. Le chiesi di parlarmi di lei e di come avesse conosciuto Salvatore, inaspettatamente non ebbe remore ad aprirsi a me. Lucia era sarda, di un paesino abbarbicato sui monti interni dell’isola, prima di sei figli di una povera famiglia di pastori, a poco meno di venti anni, poco prima che scoppiasse la guerra, aveva lasciato il suo paese per andare a servizio a Cagliari. E continuo’ a raccontarsi:” Per gli eventi bellici la famiglia dove ero a servizio si trasferi’ a Genova ed io la seguii. Per un anno ero stata bene poi, per la morte in combattimento del padrone che era ufficiale di marina, la signora si trovo’ in difficolta’ economiche e fu costretta a licenziarmi. I tempi si stavano facendo sempre piu’ duri e difficili e trovare un altro posto di cameriera era quasi impossibile, ogni cosa era diventata precaria, pure la vita, ancora piu’ precaria di come e’ sempre. Cosi’ ,facendo lavori sempre piu’ precari e sempre meno pagati, giunsi a dover scegliere se mangiare o pagare la camera in affitto. Tornare dai miei era impossibile, credo pure che non mi avrebbero accolta con piacere, in casa dei miei gia’ troppe forchette si contendevano un solo piatto. Fui costretta a prendere una sofferta decisione che qualche amica mi aveva convinta essere la miglior soluzione, a quei tempi, per noi ragazze sole e senza un soldo. Genova e’ una citta’ di mare, all’epoca pullulava di marinai e di soldati, e l’unica sistemazione che mi consentisse di sbarcare il lunario e di avere un tetto sulla testa testa fu in un bordello del centro ad una buona distanza dalla zona portuale battuta dai bombardamenti alleati. Ora sai che la tua vicina ha fatto quel mestiere, non giudicarmi male, non puoi capire in che brutta situazione mi trovavo tu che, per fortuna, non hai vissuto quegli anni. Il bordello al centro era ben frequentato, ufficiali, molti commercianti che si stavano arricchendo con la guerra e nei fine settimana anche qualche marinaio che era appena sbarcato e aveva ritirato il soldo. La situazione era paradossale, io ero ancora vergine ma mi ero messa a fare la puttana. Mi svergino’, la sera stessa che avevo preso servizio, un bottegaio di mezza eta’ che avendo saputo dalla tenutaria che ero ancora vergine pote’ pagare , senza nemmeno discutere il prezzo, la marchetta speciale per essere il primo a rompermela. In un bordello una vergine serve solo per richiamare clienti danarosi, poi quando te l’hanno rotta devi subito mettere al lavoro la fessa e pure il culo e la bocca per guadagnarti il pane. Una domenica pomeriggio al bordello venne pure Salvatore, era davvero un bel ragazzo, la tenutaria, che era napoletana, mi chiamo’ e mi sussurro’: “ Luci’ te lo vuoi fa’ tu a chisto pe’ piacere? Che llati signurine diceno che hanno fatica’ e non se vonno fa sguallaria’ ancora ‘e cchiu’ ‘a fessa. Chillo, ‘u jamme , tene ‘nu guaio mmieze ’e cosce gruosso assaje. Saccio che tu nun te li fai sti problemi”. (Lucia te lo vuoi fottere tu a questo per piacere? Le altre “signorine” dicono che devono lavorare e non si vogliono far devastare ancor di piu’ la fica. Quello, il tipo, ha un “guaio” fra le gambe grosso assai. So che tu non ti fai questi problemi). Il non volersi far “sguallariare” la fessa era una falsa scusa , quando si chiudeva a notte inoltrata l’avevamo tutte molto “sguallariata” e farla riposare e rinfrescarla con un bidet di decotto di camomilla era quello che piu’ desideravamo. Poi quasi mai una donna ha problemi a prendere un cazzo grosso , anche grosso come quello di Salvatore, anzi e’ un piacere e lo sai per esperienza, ma le mie colleghe non volevano perderci tempo a farlo scendere dentro con un po’ di pazienza perche’ dovevano fare quante piu’ marchette potevano col solito sistema : stringi la fica a tempo , fallo sborrare subito e vai con un altro cliente; il lavoro e’ lavoro ed il piacere e’ piacere e quel mestiere, credimi, non si fa per piacere. Come ti ho detto il giovane mi piaceva ed accettai di farmelo. Io non ero avida come le mie colleghe che pero’ avevano anche dei figli da mantenere, se mi capitava il giovane che mi piaceva me lo facevo e se ci ero stata bene a qualcuno cercavo addirittura di rifondere i soldi della marchetta ma quasi nessuno li accettava, forse solo qualche marinaio in bolletta.
Che una puttana non volesse essere pagata per gli uomini era come prendere una medaglia al valore, era motivo di vanto e chi veniva decorato l’avrebbe raccontato per tutta la vita. Quando incontrai Salvatore fu amore a prima vista certo non per il “guaio” che aveva fra le gambe, in un anno di carriera al bordello ne avevo provati altri altrettanto grossi, ma perche’ ci piacemmo subito. Ci innamorammo, Salvatore fece di tutto per togliermi dal bordello ed andammo a vivere insieme. Poi dopo l’insurrezione arrivarono finalmente gli Alleati e pian piano la vita prese una piega migliore, ma abbiamo avuto momenti neri, momenti veramente bui nei quali per qualche tempo, per mettere il piatto a tavola, ho dovuto rimettermi a battere, ma ci siamo sempre amati. Dicendo: “ E questo e’ tutto” concluse il racconto. Mi alzai e corsi in camera che avevo sentito il bimbo che piangeva nella culla. Lucia mi raggiunse, mi aiuto’ a lavare il bambino e a mettergli il ciripa’ pulito, era estate, lo lasciai libero di sgambettare. Era ora della pappa, non lo avevo ancora svezzato del tutto e per farlo star tranquillo mi sedei a dargli la tetta. Lucia mi guardava con tenerezza ma sentivo che un altro sentimento , che non definirei proprio invidia, le attanagliava il cuore. Con gli occhi che brillavano per qualche lacrima trattenuta mi disse: “Come sei bella Maria mentre allatti, io non ho potuto avere questa grazia, quando ero giovane ed eravamo a Genova non volli, non mi potevo permettere di rimanere incinta, quando le cose andarono meglio e avrei potuto una operazione mi rese sterile. Queste zizze mie che hanno dato piacere a tanti non son state buone per dare latte ed amore ad un bambino. Sono stata una stupida egoista, quando potevo, anche se stavamo con le pezze al culo, dovevo farlo un figlio, magari Dio ci avrebbe benedetto che un figlio porta sempre Provvidenza. Ho sbagliato e non c’e’ rimedio. ” Le parole di Lucia mi avevano stretto il cuore e anche se ero certa che la sua non fosse invidia cattiva, strinsi mio figlio piu’ forte al petto quasi a difenderlo. Dovevo appuntargli un “abbatiello” nella camicina, non si poteva mai sapere.. ”L’abbatiello” era un sacchettino di raso nel quale si mettevano immaginette di santi, qualche medaglietta della Madonna, chicchi di grano nati dalle spighe immacolate del Santo Sepolcro perche’ portassero fortuna e qualche foglia di palma benedetta. Si portava dal parroco e si faceva benedire, poi lo si appuntava con una piccola spilla da balia agli indumenti intimi del bimbo. La semplice e un po’ pagana religiosita’ della gente comune era convinta che fosse un potente amuleto. Forse per spezzare la tensione emotiva che si era creata Lucia mi propose di salire su alla mansardina dopo che avessi finito di dar la pappa a mio figlio. “Vedrai che vista e che aria si gode dal piano superiore” disse. La mansardina era poco piu’ di un monolocale, una coppia senza figli ci poteva vivere benissimo. La vera meraviglia era che il letto matrimoniale era prossimo alla vetrata scorrevole che si apriva su un terrazzino dal quale si godeva la vista del mare fino all’orizzonte. Stando a letto distesi si poteva godere di quella meraviglia, di notte col cielo stellato di quei tempi e con la citta’ illuminata che si rifletteva nel mare doveva essere un paradiso. Il bambino aveva ripreso sonno e sistemandolo con dei cuscini a lato lo adagiammo su un divanetto mentre noi ci sedemmo sul letto per chiacchierare un po’ . Mentre Lucia parlava di quello che avrebbe preparato per pranzo aprii, per sfacciata curiosita’, lo sportellino dell’unico comodino e mi meravigliai di quello che vi trovai sui ripiani. Pomate varie, flaconi di glicerina, una grossa peretta di gomma, cinghie di cuoio, un piccolo frustino, delle palline legate fra loro da una cordicella come i grani di un grosso rosario, delle manette , un grosso affare che somigliava ad un cazzo stilizzato, oggetti dei quali non mi spiegavo l’uso e la presenza in una camera da letto e molti pacchetti di preservativi come quelli che avevo in casa. Lucia non se ne era avuta a male per questa mia maleducata intrusione e sorridendo della mia perplessita’ disse che spesso lei ed il marito andavano a fottere su quel letto, si poteva fare anche senza oscurare la vetrata perche’ non c’era nessuno di fronte che potesse vedere quello che accadeva in quella stanza.. Chiavare al sole o sotto il cielo stellato era una emozione che avrei dovuto provare. Quegli oggetti poi servivano per aggiungere un pizzico di sale e di peperoncino al solito sesso. Quando fini’ di spiegarmi a cosa servissero le palline legate a mo’ di rosario scoppiammo a ridere e ridendo mi avvicinai al suo volto. Guardandoci negli occhi il sorriso si ci spense, provavo uno strano desiderio, quando Lucia mi si avvicino’ di piu’ con la bocca leggermente aperta e appoggio’ le sue labbra alle mie tremavo tutta, risposi al bacio e incrociammo le nostre lingue in un impeto di passione. Avevo gia’ visto che Lucia non aveva le mutande , lasciando scorrere la mano sulle sue gambe stupende raggiunsi il suo sesso , ne carezzai dolcemente la vulva e cominciai a massaggiarle dolcemente la clitoride. La lingua di Lucia nella mia bocca impazzi’. Quel bacio duro’ un tempo infinito mentre le mie dita penetravano la sua vagina e quelle di Lucia mi accarezzavano la fessa scendendo di tanto in tanto a massaggiare il buco del culo, infilandosi ogni volta sempre un poco di piu’ nello sfintere, e tornando poi su, alla mia clitoride. Per tutto il tempo non smettemmo mai di incrociare le nostre lingue , mai avevo provato bacio piu’ lungo e appassionato. Lucia si sollevo’ verso il centro del letto e apri’ le sue gambe, ancora una volta quella sua fessa nera che ora sapevo tanto vissuta mi affascino’ con le sue piccole labbra brune grandi da sembrar petali che fiorissero dalla sua grossa vulva. Sentivo il suo acre odore di femmina , pensai a quanti cazzi l’ avevano penetrata e a quanto sperma avesse irrorato quell’orifizio. Cominciai a leccargliela e a succhiargliela freneticamente quasi volessi tirarne fuori lo sperma di ogni uomo l’avesse chiavata per assaporarlo nella mia bocca. Lucia si giro’ verso di me e prendemmo la posizione che si usa chiamare del sessantanove. Restammo su quel letto a darci piacere fino a che mio figlio non comincio’ a frignare. Ci rivestimmo e scendemmo giu’ . “La prossima volta ti faccio provare un paio di quegli aggeggi che hai visto” mi minaccio’ sorridendo Lucia, la cosa mi intrigava. Prima che ci salutassimo la invitai col marito a cena da me. Dopo tanta lingua e tante dita dovevo prendere necessariamente il cazzo, volevo farmela “sguallariare “ un po’ , ne avevo impellente bisogno. Quella sera non ci avrei rinunciato per nulla al mondo e se per i problemi che aveva Salvatore non ci fosse stato con la testa.. la mia bocca e quella di Lucia avrebbero provveduto a metterlo in tiro, avevamo bocche capaci di resuscitare i morti..
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