Salve, sono Antonio, ho 25 anni. Studio all'università e per farlo, cinque anni fa, sono dovuto partire dalla mia cittadina e spostarmi nella città dove frequento gli studi, che dista 150 km da casa.
Lì, a casa, mi aspettano mamma Agata, che è una bella signora di 50 anni, simpatica, alta e procace, e mia sorella Maria che ha 17 anni e frequenta il 4° anno del liceo scientifico.
Mia madre lavora come segretaria in una azienda che produce materiali in alluminio, si è separata da mio padre quando io avevo 13 anni e Maria era una bambina di appena 5.
Lei ci ha cresciuti tirandoci su bene, senza viziarci e senza permettere ai tanti parenti di farlo.
Essendo stati abbandonati così presto da nostro padre io e Maria siamo cresciuti molto uniti. Un essere uniti un po' strano però il nostro, perché non intendo significare che si sia andati d'amore e d'accordo ma bensì il contrario, e cioè che ci siamo trattati come cani e gatto, e anche adesso che siamo grandi le cose non sono cambiate. Quindi per ''essere cresciuti molto uniti'' intendo che ci siamo sempre 'fatti a pezzi'. Però guai a tenerci lontani e guai se qualcuno dava fastidio ad uno di noi due, in quel caso l'altro accorreva subito in suo aiuto, per poi però riprendere a fare guerra alla prima occasione.
Un pretesto che ho sempre usato per divertirmi a fare intossicare di rabbia mia sorella è stato quello del suo aspetto fisico. Godevo come un matto a prenderla in giro perché da piccola era cicciottella, la chiamavo con vera esagerazione: 'palla di lardo' ed in altri modi altrettanto ignobili, oppure 'scrofa', 'obesa' e via dicendo. Insomma non perdevamo occasione per punzecchiarci, litigare e ringhiarci l'un l'altra proprio come se fossimo cane e gatto.
Nonostante io fossi più grande di lei di otto anni (che sono tantissimi quando si è ragazzi) non mi sono mai dimostrato più maturo e non ho mai lasciato correre, anche se sia nostra madre che altri adulti mi ripetevano di avere più pazienza perché lei era più piccola e il più delle volte mi invitavano a lasciare andare. Io invece non solo non sorvolavo quando lei era in vena di cercare la lite ma addirittura ero io stesso a stuzzicarla, perché ci godevo a vederla arrabbiarsi, disperarsi e piagnucolare.
Bene, Maria naturalmente col tempo si è sviluppata e il corpo si è sfilato e slanciato, le curve si sono mantenute morbide e le sono cresciute un bel paio di tette (porta una terza abbondante) ed ha anche il culo bello sodo. Oltre a studiare va a pallavolo e gli allenamenti hanno contribuito a plasmarle un fisico mozzafiato che la rende la gnocca più desiderata e seguita della sua classe, anche se devo dire che ho visto altre due sue compagne che reggono bene il confronto con lei.
Nonostante sia da tutti considerata una ragazza dal cuore d'oro, dolce, simpatica e molto socievole io le rimarco sempre quanto sia odiosa, stronza, immatura ed insignificante. Adesso che siamo grandi evitiamo di mostrare in pubblico quanto andiamo in disaccordo però quando siamo a casa è un continuo litigare e disprezzarci, e nostra madre ci mette del suo, un po' cercando di fare da paciere ma un po' anche inserendosi nei nostri litigi e mettendosi dalla parte di uno di noi, non facendo che aumentare il rancore nell'altro.
Io, dall'età di 11/12 anni, con lo sviluppo puberale ho iniziato a sfogare questo rancore chiudendomi in bagno o nascondendomi in un angolo della casa e tirandomi delle seghe rabbiose.
Ricordo ancora la prima volta. Avevo preso un sonoro ceffone da nostra madre perché avevo così preso in giro mia sorella sul suo essere cicciona e goffa da farla mettere a piangere, le ho poi fatto il verso dicendole che grugniva anche come un maiale.
Nostra madre quella sera era particolarmente nervosa perché dopo tante insistenze un collega di lavoro, un suo corteggiatore, l'aveva convinta a portarla fuori a cena e lei, tutta agitata, girava per le stanze cambiandosi al volo perché aveva fatto tardi al lavoro restando imbottigliata nel traffico.
Quando è arrivata da me a darmi lo schiaffo (che mi ha fatto letteralmente girare la faccia) si stava mettendo la camicetta e indossava solo il reggiseno a coprirle la parte sopra. L'ho vista arrivare con la mano protesa ma non mi sono riparato perché sono rimasto incantato nel vedere le sue tette belle prosperose così in mostra ballare oscenamente.
Ecco da chi ha preso mia sorella nell'avere due poppe da far girare la testa. Nostra madre è una bella donna, una procace Milf molto desiderabile anche adesso, che ai tempi di quel ceffone aveva sì e no quarant'anni ed era (come anche adesso con dieci in più) un bel pezzo di femmina lasciata troppo presto dal marito.
Appena rifilatomi quello schiaffone si è messa le mani sul petto a coprirsi le tette mentre la camicetta completamente aperta le volteggiava alle spalle. Aveva un'espressione sconcertata quanto me, forse si era resa conto solo dopo di cosa aveva fatto; uscire con quel collega l'aveva innervosita parecchio. Io intanto ero rosso sia dalla umiliazione subita che per l'imbarazzo e l'incredulità di trovarmela mezza nuda e con due tette quasi sbattute in faccia, e sono corso in camera mia fumante di rabbia. Mi sono rannicchiato in un angolo scoprendomi un'erezione che montava tra le gambe e con quella stessa rabbia (mischiata all'eccitazione per la scena appena vista) ho preso a smanettarmi immaginando di sborrare furiosamente su quelle tette grosse e morbide.
Tra me e me la etichettavo come troia, puttana e pompinara (era solo la rabbia per il ceffone a farmi uscire quelle parole, in realtà lei non aveva mai dato adito a quelle situazioni e dopo l'uscita di scena di nostro padre non si era concessa nessun flirt con nessuno) poi all'immaginare che quelle tette erano le stesse mordicchiate e ciucciate da me e mia sorella quando ci allattava sono venuto nei pantaloni ed immediatamente agli sbuffi rabbiosi si è sostituito un profondo senso di vergogna che però durava sempre poco. Infatti da allora un morboso, insano e scabroso sentimento di odio/amore che sguazzava nel desiderio incestuoso si è impossessato di me, diretto verso mia madre e poi verso mia sorella che vedevo crescere e diventare prima una bella ragazzina poi una vera gnocca degna della madre.
Questo sentimento depravato l'ho nutrito costantemente grazie all'atmosfera che ha regnato in casa, specie da quell'episodio.
Posso onestamente dire che l'ambiente di casa è stato l'humus ottimale in cui ho coltivato questa perversione. Una perversione non soltanto mia, visto come si sono poi evolute le cose.

CAP. 2
Adesso sono sul treno che, ogni 2/3 settimane, mi riporta a casa dall'università ed il cazzo è così duro ed impaziente di sborrare che a circa metà percorso sono costretto a chiudermi nella toilette e smanettarlo. E per godere come piace a me chiamo mia madre e mia sorella per una telefonata di gruppo tramite l'app di Skype distogliendole dai loro impegni e costringendole a sentire i miei gemiti, i grugniti e le frasi oscene rivolte a loro.
"Uhmmm, sì belle troie, immaginate che ora stia a sborrarvi sulla faccia e sui vestiti... Sul tuo bel tailleur rosso, mammina. Quello che hai indosso ora, in ufficio... Uhmmm...".
Poi giro il cellulare verso il basso inquadrando la mia cappella turgida ed enorme che butta una serie di schizzi di sborra nella tazza del cesso. Maria accenna ad una risatina, le esce una specie di squittio e si mette la mano sulla bocca, mentre nostra madre guarda verso l'alto con l'espressione di chi usa una benedetta pazienza e seccata sbotta che, come ci ha sempre ripetuto, non dobbiamo disturbarla con le nostre perversioni quando è al lavoro.
"Specialmente tu... porco depravato di merda!", dice rivolta a me, poi rincara la dose: "tu anzi non dovresti permetterti proprio di mostrarti così con tua madre. Sei disgustoso... mi fai schifo!".
Io non rispondo ma ostento un atteggiamento di sufficienza e chiudo la chiamata. Che sono un porco e un depravato me lo dice spesso, anche che sono disgustoso non perde occasione per rimarcarlo, e adesso che sono a casa e lei è appena rientrata dall'ufficio ecco che può buttarmi in faccia le sue rimostranze e sfogare il nervoso che le ho fatto venire con l'episodio della sborrata.
Io sono appena uscito dalla doccia, mi sono frizionato per bene il corpo con una lozione fresca e tonificante e mi stravacco sul divano con addosso l'accappatoio di spugna lasciato sfacciatamente aperto.
Mia sorella è all'allenamento di pallavolo e non rincasa prima delle sette; mia madre gira nervosamente per casa poi, con uno sforzo che le traspare dalla voce, mi chiede cosa voglio per cena.
"Ordinerò le pizze, dopo. Tu stappa una bottiglia di vino," rispondo.
Appena entrata camminava spedita sui suoi tacchi eleganti poi mi ha visto, in accappatoio e con la minchia di un buon venticinque centimetri che mi pendeva tra le gambe, l'ha notata attraverso l'apertura dell'accappatoio, si è bloccata, ha deglutito, si è fatta tutta rossa in faccia e avrebbe voluto incenerirmi con gli occhi carichi d'odio, e chissà cos'altro.
Si è controllata e a muso duro ha ripreso a muoversi per casa mentre io la seguo con la coda dell'occhio dal divano.
Si è levata la giacca del tailleur ed è rimasta con la camicetta nera smanicata. Dalla scollatura vedo il solco delle tette (tenute su da un reggiseno rinforzato) e dal tessuto sottile della camicetta vedo il disegno del reggiseno, che sostiene quelle grosse tette, e del gonfiore dei capezzoli che premono.
In momenti come questo inizio subito a pensare che quei capezzoli grossi e puntuti li ho avuti in bocca e succhiati; vedo le mie tenere labbra da poppante appiccicate a quei turgidi capezzoli e nell'immaginarmi a succhiarli goloso il cazzo mi si fa duro.
Penso che lei l'abbia fatto apposta, prima ad insultarmi e trattarmi di merda (davanti a mia sorella), poi a fulminarmi con quello sguardo rancoroso e disgustato, e poi gironzolandomi attorno con quella camicetta che non fa altro che risaltare quelle minnazze da urlo.
Mi dico: sì, è proprio 'na troia, ed ecco che il mio cazzo è ora in tiro, dritto verso l'alto e nerboruto. Si erge pulsante ed io decido che è il momento buono e mentre mia madre mi passa per l'ennesima volta vicino scosto l'accappatoio mostrando spudoratamente la mia mazza svettante. Lei ha un sussulto e mi guarda sbalordita e scandalizzata, io mi alzo e l'afferro per i suoi fianchi larghi e morbidi e la stringo, lei si dimena mollandomi una sberla che mi riporta alla mente l'episodio di anni addietro.
"Non mi fanno più paura i tuoi schiaffi, mammina. Anzi, mi eccitano...", le dico mentre assorbo il colpo, poi la strattono e la tengo stretta cingendola con un braccio.
Con l'altra mano le strappo i primi bottoni della camicetta allargandole la scollatura, poi la affondo fra le sue tette che prendo a tastare con irruenta e smodata avidità.
"Ma cosa fai! Non toccarmi! Sei pazzo... tu sei pazzo! Fermati!...", continua a protestare dibattendosi.
"Uhm, sì mi piace quando fai così... Sì mi piace proprio...", le sussurro forzando la presa.
Ci pieghiamo in avanti, lei è prigioniera della morsa del mio braccio che la cinge con forza e decisione mentre la mano, dopo averle palpato le tette che ora pendono nude e oscene fuori dal reggiseno, si infila sotto la gonna frugando piena di ingordigia tra le sue cosce e le mutande che trovo bagnate! Fa tanta scena ma la porca si eccita allora!
Infoiato ancora di più da questa scoperta tocco la sua bella peluria, dopo averle scostato le mutande, e sento lo spacco carnoso della fica. Le dita si infilano con facilità trovando le pareti calde e bagnate. Sta troia fa tanto la sostenuta ed invece freme all'idea che suo figlio la tocchi, la palpi, la tratti come una puttana in calore.
La sua resistenza va scemando e così il tono con cui mi intimava di smettere. Adesso si limita a dei "no... sei pazzo... sei pazzo...", con la voce sempre più arresa e languida. Gli strattoni con cui si è dimenata cercando, o fingendo, di resistermi, sono ora dei movimenti che (anche se con timidezza) accompagnano i miei.
CONTINUA
(potete contattarmi su pensieriosceni@yahoo.it)
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